Che cos'è l'emofilia? L'emofilia è una malattia ereditaria
dovuta ad un difetto della coagulazione del sangue. La coagulazione è il
processo con cui, in caso di fuoriuscita dai vasi sanguigni, il sangue forma un
"tappo" composto da piastrine, cellule del sangue e fibrina, un
componente del plasma.
La coagulazione è un processo complesso, che comporta l'attivazione di numerose
proteine del plasma in una specie di reazione a catena. Due di queste proteine,
il fattore VIII ed il fattore IX -che vengono prodotte dal fegato- sono assenti
o difettose nelle persone affette da emofilia.
A causa di questo deficit le persone affette subiscono facilmente emorragie
esterne ed interne più o meno gravi.
La deficienza di fattore VIII causa l'emofilia A.
La deficienza di fattore IX causa l'emofilia B.
I sintomi delle due malattie sono praticamente identici e solo tramite gli
esami di laboratorio, o conoscendo la storia familiare, il medico può
differenziare questi due tipi di emofilia. Questa differenza è importantissima
ai fini della terapia, perché determinerà quale dei fattori bisognerà
eventualmente somministrare alla persona affetta.
Entrambe le emofilie colpiscono solo i maschi, mentre le femmine possono essere
portatrici sane. Solo in rarissimi casi le femmine possono presentare i sintomi
della malattia.
Esiste un'altra malattia simile all'emofilia (la malattia di von Willebrand)
che colpisce sia i maschi che le femmine.
Si tratta di un difetto in un altro fattore della coagulazione (il fattore di
von Willebrand) e di solito non provoca sintomi molto gravi.
I due tipi di
emofilia A e B sono causate dall'alterazione di due geni diversi, situati
entrambi sul cromosoma X. Si conoscono diverse alterazioni in questi
geni, ma tutte portano alla produzione di fattore VIII o IX difettosi, oppure
ne impediscono del tutto la produzione.
Il test di laboratorio più utilizzato è chiamato tempo di tromboplastina
parziale (PTT). Nelle persone affette da emofilia il tempo di tromboplastina
parziale risulta più lungo del normale.
Altri valori, come il tempo di emorragia, il tempo di protrombina e la conta
delle piastrine, sono normali.
La conferma e la tipizzazione dell’emofilia (se di tipo A o B, se lieve,
moderata o severa) viene poi avvalorata dal dosaggio delle proteine plasmatiche
carenti (il fattore VIII o il fattore IX), metodica ora abbastanza diffusa nei
laboratori analisi di molti ospedali del territorio nazionale.
L'emofilia si manifesta essenzialmente in 2 forme:
Forma grave, in cui
l'attività coagulativa è inferiore all'1% del normale. Le persone affette dalla
forma grave rischiano di avere gravi emorragie in seguito ad estrazioni
dentarie, operazioni chirurgiche o ferite.
Un pericolo serio è la possibilità di emorragie interne apparentemente spontanee,
anche dopo traumi talmente lievi da passare quasi inosservati.
Microtraumi possono causare ripetute emorragie nelle articolazioni (chiamate
emartri), causando dolori e rigidità articolare.
Altri sintomi più rari sono la presenza di sangue nelle urine (ematuria) o
emorragie intracraniche, che sono estremamente pericolose. La forma grave
colpisce circa il 60-70 per cento delle persone affette da emofilia ed i primi
sintomi si verificano in genere quando il bambino comincia a camminare.
Forma moderata o
lieve, in cui le emorragie spontanee sono molto meno frequenti, così
come i problemi articolari. Alcune persone hanno una forma talmente lieve di
emofilia che può passare inosservata ed essere diagnosticata per caso in età
adulta.Il trattamento per l'emofilia consiste nella terapia sostitutiva, cioè
nella somministrazione del fattore mancante (fattore VIII nell'emofilia A,
fattore IX nella B). Fino a pochi anni fa questa era una pratica necessaria ma
rischiosa, perché l'unico modo per ottenere questi fattori era quello di
concentrarli partendo dal sangue di molti donatori, con un elevato rischio di
contrarre virus come l'HIV o l'HCV (responsabile di epatite). In anni passati,
molti emofiliaci sono stati contagiati da questi virus presenti nel sangue dei
donatori; oggi questa possibilità è improbabile, grazie ai maggiori controlli
ed al trattamento del sangue dei donatori.
Inoltre, oggi le tecniche di ingegneria genetica permettono di ottenere gli
stessi fattori in grande quantità, senza la necessità di ricorrere a donatori,
evitando così ogni pericolo di infezione: una parte sempre maggiore di questi
fattori sostitutivi viene prodotta tramite ingegneria genetica.
La complicazione principale della terapia sostitutiva è la comparsa, nel sangue
dei riceventi, di anticorpi diretti contro il fattore VIII o IX, che ne
neutralizzano l'effetto, e che possono rendere difficile la terapia.
Tutti i farmaci, come l'aspirina, che hanno un effetto negativo sulla
coagulazione, devono essere sempre evitati.
La frequenza della terapia sostitutiva va decisa dal medico in funzione del
caso specifico. In genere, le persone affette da forma grave necessitano di una
terapia continua, mentre nelle forme lievi la terapia sostitutiva si effettua
generalmente in seguito a traumi, o in previsione di eventi come operazioni
chirurgiche, estrazioni dentarie.
Molti centri hanno organizzato programmi domiciliari che consentono ai pazienti
di ricevere l'infusione ai primi sintomi.
Nelle forme lievi di emofilia A, per episodi emorragici minori si può usare la
desmopressina, un farmaco capace di determinare un aumento del 25-30 per cento
del fattore VIII nel plasma.
La trasmissione della malattia è legata al sesso: colpisce solo i maschi,
mentre le femmine sono portatrici sane. Una madre portatrice sana avrà ad ogni
gravidanza 1 probabilità su 2 di concepire un figlio maschio malato, e 1 su 2
di avere una figlia portatrice.
Non esistono maschi portatori sani. I figli (maschi) di uomini malati sono sani
(se la madre non è portatrice) mentre le figlie saranno tutte portatrici.
Nelle famiglie in cui siano presenti casi di emofilia è possibile sottoporre le
femmine all'analisi del DNA, che si effettua a partire da un normale
prelievo di sangue, per stabilire se siano portatrici.
E' anche possibile effettuare la diagnosi prenatale nelle gravidanze a
rischio.
Alcune donne portatrici hanno un'attività coagulativa più bassa del normale e
possono presentare alcuni lievi sintomi, come ad esempio la tendenza a perdere
molto sangue durante le mestruazioni.
Questo succede in circa 1 caso su 3 di emofilia A. In questi casi l'alterazione
genica si è verificata al momento della formazione degli spermatozoi o degli
ovuli. Se gli esami indicano chiaramente che nessuno dei genitori è portatore,
le possibilità di avere un altro figlio ammalato è bassa.
Le coppie che temono di poter trasmettere l'emofilia ai propri figli possono
rivolgersi ad un centro di consulenza genetica, dove nel corso di un
colloquio potranno essere informati in modo preciso sulle possibilità di dare
alla luce figli malati o portatori, dopo aver eventualmente eseguito gli esami
ritenuti opportuni.