Aspetti
Socio-Umanitari
In questa parte del
lavoro parleremo dei personaggi che hanno contribuito a salvare la vita di chi
era destinato alla morte e piccole testimonianze di giovani ragazzi e adulti, che in prima persona hanno vissuto l’esperienza
dei campi di concentramento.
Giorgio Perlasca
l’italiano che si finse diplomatico spagnolo
Italiano, di famiglia
borghese, aderì inizialmente al fascismo con entusiasmo e, dopo aver
abbandonato gli studi, partì volontario per l’Abissinia.
Nel
1963 si recò in Spagna per combattere a fianco dei franchisti,
ma alla fine ritornò deluso e critico nei confronti di Mussolini
e di Hitler.
Dopo varie peripezie, alla fine del 1942 Perlasca si stabilì a Budapest dove lavorò come impiegato
per conto di un’azienda italiana che commerciava carni, la SAIB, Società
Anonima Importazione Bovini. Dopo l’occupazione tedesca dell’Ungheria, avvenuta
nei primi mesi del 1944, Perlasca finì con l’essere
ricercato dai nazisti, ma egli riuscì abilmente ad avere dall’ambasciatore
spagnolo un passaporto ed un certificato con la qualifica di funzionario di quell’ambasciata. Con altri diplomatici neutrali egli
inizia a radunare parecchi ebrei ungheresi in edifici di propietà
delle ambasciate per proteggerli dalla follia nazista.
Il
29 novembre l’ambasciatore spagnolo Angel Sanz Briz fuggì da Budapest
lasciando l’ambasciata in balia dei tedeschi, e così Perlasca
decise di prendere il suo posto, fingendosi un diplomatico spagnolo; da questo
momento in poi egli lavora incessantemente insieme ad
i suoi aiutanti per fornire agli ebrei
assistenza, cibo e documenti spagnoli falsi.
Questa
situazione precaria si protrasse fino all’arrivo a Budapest delle truppe
sovietiche, che liberarono la città dai tedeschi; la vicenda di Perlasca è, dunque, significativa
perché riguarda un uomo comune che, anziché fuggire alle prime avvisaglie di
pericolo, si inventa un ruolo come diplomatico di uno stato neutrale che lo
porta a rischiare più volte la propria vita.
Giorgio Perlasca restò praticamente sconosciuto fino al 1987, quando qualcuno si
ricordò di lui, e così egli fu insignito di molte riconoscenze, ma in
particolare fu riconosciuto “giusto tra i giusti” dall’Istituto Yad Vashem di Gerusalemme, dove
si recò anche per piantare un albero nel “Parco dei Giusti”, nel quale migliaia
di piante ricordano i nomi di tutti coloro che aiutarono gli ebrei durante gli
anni dello Sterminio.
Il suo albero fu piantato in un luogo di grande prestigio, vicino a quello di Simon Wiesenthal, il “cacciatore” dei criminali nazisti.
Nel 1995 venne scritto, poi, da Enrico Deaglio
un libro che narrava la sua storia, intitolato:”La banalità del bene”, proprio
per evidenziare che il bene può essere fatto da chiunque, anche da una persona
semplice come Perlasca,che con la sua semplicità e
spontaneità riuscì a salvare migliaia di ebrei da morte certa.
Giorgio Perlasca è morto a
Padova nel 1992.
Oskar Schindler
un uomo alto ed elegante
Un uomo alto e elegante si appoggiò alla scrivania del ragioniere e disse
con voce leggermente alterata dall'alcol: "Domani si comincia. Per primo tocca alla Via Jozefa e
la Via Izaaka." Il ragioniere ebreo guardò
incredulo l'uomo biondo e elegante con il grande
distintivo del partito nazista sulla giacca. Sapeva veramente qualcosa e se
sapeva, perché rischiava per avvertirlo? Oppure stava
minacciando, per fargli capire dove era il suo posto in quel mondo dominato da
una mentalità malata. In ogni caso non credette a questo uomo d'affari che stava per comprare una fabbrica
espropriata a degli ebrei e che era venuto a Krakovia
solo per fare soldi. Piuttosto ci vedeva la previsione generica di un futuro
oscuro per gli ebrei europei.
Il giorno dopo gli
appartamenti degli ebrei nella via Josefa
e la via Izaaka furono saccheggiati e la sinagoga
incendiata dopo che le SS avevano costretto prima gli ebrei presenti a sputare
sulla t'ora e poi li avevano fucilati. Questo gesto fu tipico di Oskar Schindler, che era
arrivato a Cracovia sulla scia degli occupanti nazisti per arricchirsi e finì
invece per salvare più di 1200 ebrei, destinati a morire nell'inferno di Auschwitz. Ebbe contatti con alti ufficiali e funzionari
nazisti con i quali beveva per corromperli, gli
procurava sigarette, cognac e altri articoli di lusso difficilmente reperibili
in tempi di guerra. Ma sin dall'inizio sentiva un
forte orrore davanti al terrore nazista, e, pur continuando a fare affari - più
sul mercato nero che con lo stato tedesco - cominciò a boicottare il sistema
nazista e a salvare più ebrei che poteva. Perdendo tutto quello che aveva
guadagnato si trasferì insieme alla sua fabbrica davanti all'avanzata della armata rossa più a ovest nella sua città natale di Brünnlitz (oggi nella Repubblica Ceca). Riuscì addirittura
a tirare fuori dopo quattro settimane le 300 donne che per un errore
burocratico erano finite a Auschwitz.
Oskar Schindler,
che salvò più di 1200 ebrei dalla morte sicura nelle camere di gas di Auschwitz, visse come uno
sconosciuto nel dopoguerra.
Al grande
pubblico è noto per il film realizzato negli anni Novanta dal regista Steven Spielberg, pellicola che a
sua volta si ispira al libro omonimo, "La lista di Schindler"
dell'australiano Thomas Keneally.
Nelle enciclopedie dove si
trovano i nomi terribili dei criminali di guerra, mancano quelli dei giusti fra i popoli, come vengono chiamati in Israele chi salvò gli ebrei. I giusti vengono onorati con degli alberi d'ulivo nella strada dei
giusti a Gerusalemme dove esiste il museo e il centro di ricerca Yad Vashem che continua anche cinquant'anni dopo la fine della guerra a cercare le
persone che hanno salvato ebrei durante quei terribili anni. Schindler poté piantare il suo albero nel 1959 e solo anni dopo, dietro la spinta dei 'suoi' ebrei, che
ancora oggi si autodefiniscono 'gli ebrei di Schindler'
ricevette anche in Germania una medaglie e una pensione minima.
Don Francesco Repetto
il sacerdote genovese che aiutò gli ebrei
Tra coloro che si adoperarono per contrastare lo sterminio degli ebrei
attuato da Hitler un ruolo fondamentale
venne svolto da Don Francesco Repetto. Giovane
sacerdote, segretario del Cardinale di Genova, Pietro Boetto,
egli si adoperò enormemente per nascondere e difendere, alloggiandoli presso
conventi e privati, sia gli ebrei genovesi che quelli profughi giunti in città
dagli altri paesi d’Europa. La sua attività di aiuto
agli ebrei lo fece diventare ben presto un ricercato dai tedeschi, e per questo
motivo egli dovette trascorrere l’ultimo periodo della guerra da clandestino,
sotto falso nome.
Nel 1982 Don
Francesco Repetto fu riconosciuto “giusto tra i
giusti” dall’Istituto Yad Vashem
di Gerusalemme. E’ importante sottolineare poi, che
nessuna delle persone aiutate dal sacerdote italiano fu mai invitata da lui a
convertirsi al cattolicesimo.
un avvocato che tradì "la razza"
"Questo
é il signor Calmeyer, un giorno sarà famoso per i
suoi ebrei" così venne presentato nel mezzo della
guerra al generale SS Hanns Albin
Rauter un giovane avvocato tedesco.
Questo
uomo giusto, tuttora sconosciuto in Germania, salvò più del doppio di ebrei di Schindler. Fu onorato
solo vent'anni dopo la sua morte. Hans
Georg Calmeyer era al capo
di un ufficio in Olanda, che decideva in casi di dubbi sulla razza degli ebrei.
Tolse la stella gialla a tutti quelli per i quali fu
possibile. Accettò documenti falsi, qualsiasi pseudoperizia
che trasformava un ebreo in un ariano. Quelli che non poté aiutare
direttamente, li avvertì in modo che avessero occasione di fuggire.
Diversamente da Schindler, che dopo la guerra si
trovò in famiglia con le persone da lui salvate, Calmeyer
non volle mai vedere di persona gli ebrei che salvò, perché credeva che bisognava
agire per un senso di diritto contro gli aguzzini, e non per interesse o
amicizia per le persone. Fino alla fine della sua vita questo
uomo così integro visse in disperazione nel vedere le stesse
"bestie" - come egli le chiamò che avevano agito in Olanda -adesso
vivere agiatamente con una pensione statale o fare carriera come uomini
d'affari, malgrado lui avesse testimoniato contro di loro.
Raoul Wallemberg
l’uomo che salvò 20.000 ebrei
Raoul Wallemberg nacque a Stoccolma nel 1912, diplomatico
proveniente da una facoltosa famiglia svedese, durante la seconda guerra
mondiale si impegnò ad aiutare gli ebrei ungheresi,
perseguitati dai nazisti. Nell'ambito del crescente sforzo delle potenze
occidentali per aiutare gli ebrei perseguitati, il Comitato per i rifugiati di
guerra con sede negli Stati Uniti chiese alla Svezia una persona per
organizzare un'azione umanitaria in Ungheria. Gli svedesi scelsero Wallenberg, che arrivò a Budapest
il 9 luglio 1944 con il compito di salvare quanti più ebrei fosse possibile,
usando qualunque mezzo potesse ottenere o inventare. Alla fine della sua
“missione”, riuscì a salvare oltre 20.000 ebrei.
il cacciatore dei criminali nazisti
Simon Wiesenthal nacque a Bucac nel 1908, ebreo austriaco, di origini polacche; dedicò la sua vita alle indagini per individuare i criminali di guerra. Wiesenthal venne arrestato e tra il 1941 e il 1945 fu destinato al campo di concentramento di Mauthausen. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, fondò i Centri di documentazione ebraica di Linz e di Vienna e ne divenne direttore dal 1947 al 1961; fu anche presidente dell’Associazione degli ebrei perseguitati dal regime nazista e si impegnò nella ricerca dei responsabili dell’Olocausto. Le sue indagini furono determinanti per l’arresto di Adolf Eichmann, ex ufficiale nazista delle SS, rifugiatosi in Argentina.
l’uomo che fermò Hitler
Peschev era un democratico, ma si era illuso che un
regime autoritario senza partiti potesse
risolvere il problema della corruzione e del degrado della politica. Era
diventato fautore dell'alleanza con la Germania nazista,
attratto non tanto dalla figura di Hitler, ma
dall'idea che la Germania potesse ridare al suo paese i territori
"ingiustamente" perduti dopo le disgraziate guerre balcaniche degli anni 1912-13. Per questo non si fece
troppe remore quando i tedeschi chiesero al suo paese di approvare le leggi
razziali. Morto il re improvvisamente nell'agosto del 1943,
Peshev riscoprì i valori democratici e si batté per
un cambiamento politico del paese e per il riallineamento della Bulgaria con
l'occidente. Fece però il "grave errore" di denunciare pubblicamente
in parlamento il comportamento dei partigiani, che stavano consegnando il paese
ai russi. Ciò gli costò molto caro al momento dell'occupazione della Bulgaria
da parte dell'Armata Rossa. Nel corso del processo
l'accusa arrivò a insinuare che avesse salvato gli
ebrei in cambio di denaro. Tale accusa fu categoricamente
smentita dagli ebrei giunti appositamente da Kjustendil
per difenderlo. Peshev ebbe così solo 15 anni
di carcere e dopo un anno fu rilasciato. Dopo la guerra Peshev
visse dimenticato da tutti. Gli ebrei, nel '49, lasciarono in massa la Bulgaria
per trasferirsi in Israele.
Primo Levi nacque a Torino 31 luglio del 1919, da un’agiata famiglia ebrea,
egli si laureò in chimica nel 1941 (la chimica gli sembrava “la chiave”
per comprendere l’universo). Nel 1943 Levi si unì ai partigiani della Val
d’Aosta, militando in un gruppo di
“Giustizia e Libertà”; catturato dai fascisti, fu prima rinchiuso nel campo di
concentramento di Carpi-Fossopoli, presso Modena, e, successivamente, internato dai tedeschi nel lager di Auschwitz-Birkenau.
Fu tra i pochi sopravvissuti
alla sistematica operazione di sterminio attuata da Hitler
e riuscì, con un viaggio avventuroso che descrisse più tardi in “La
tregua”(1963) a rientrare a Torino, dove riprese il suo lavoro come chimico
industriale nel 1946; ma si ritirò nel 1974, per dedicarsi interamente alla
scrittura. I profondi strascichi psicologici dell'internamento nel campo di
sterminio furono probabilmente la causa del suo suicidio, avvenuto nel 1987.
In particolare, Primo Levi
affermò più volte di non poter sopportare il fatto che
egli fosse riuscito a sopravvivere allo sterminio, mentre sei milioni di
persone erano morte, e probabilmente fu anche questo che lo indusse a togliersi
la vita.
Esistevano
tanti altri uomini in tutti i paesi occupati dai nazisti, che si opposero al
regime di Hitler e rischiarono la propria vita
salvando i perseguitati. Sono maggiormente personaggi sconosciuti per diversi
motivi: loro stessi non amano parlare di quello che hanno fatto, sia per
modestia che per paura di conseguenze nella Germania
del dopoguerra che assimilava senza problemi ex-nazisti ma che trattava gli
oppositori del regime come paria. Anche le vittime non
amano parlare molto di questo periodo, fatto comprensibile se si pensa agli
orrori dei quali furono testimoni e vittime.
Infine il problema più grosso, quello dei tedeschi stessi, che dopo la
guerra coprirono il loro senso di colpa con la scusa
che non sapevano niente e che in ogni caso non era possibile opporsi allo stato
totalitario di Hitler. Così tanti degli oppositori al
regime di Hitler dopo la guerra sono
rimasti sconosciuti, alcuni vissero in miseria – come sarebbe toccato a Schindler se non l’avessero mantenuto i suoi amici ebrei –
ed altri ancora se ne andarono dalla appena nata repubblica federale come lo
stesso Schindler che cercò la sua fortuna in
Argentina. Paradossalmente la stessa terra, dove trovarono rifugio moltissimi
criminali di guerra.
Testimonianze
“ Ti
perseguito perché sei ebreo, tu non sei contento di questa persecuzione e
cominci a detestare il fascismo, allora io ti arresto e ti privo della libertà“.
Un ragazzo che fu privato
delle sue libertà fu Sergio De Simone.
La vicenda di Sergio De
Simone, EBREO NAPOLETANO, è una delle storie rimaste sconosciute. Aveva sette
anni quando fu catturato a Fiume, insieme alla madre Gisella Perlow, in seguito deportato prima alla Risiera di San
Sabba e, poi, ad Auschwitz.
Insieme a 19 bambini, fu
sottoposto ad esperimenti medici da un’ equipe guidata
da Kurt Heissmeyer.
A tutte le povere creature fu iniettata la T.B.C. e poi furono impiccati.
Nel 1965 fu ritrovata una
scatola di latta contenente i dati degli esperimenti fatti alle piccole cavie.
Kurt Heissmeyer fu processato e condannato all’ergastolo.
Ragazzi
in guerra
E’ il testo di narrativa quest’anno utilizzato che ci ha dato ulteriori
informazioni sulle persecuzioni razziali.
Tra le storie analizzate
ricordiamo quella di Kim Malthe-Bruun, un ragazzo diciottenne danese, che cominciò il suo diario
nel 1941, quando fu ingaggiato nella marina mercantile.
Facendo scalo in vari porti dell’ Europa, vide le atrocità commesse contro gli ebrei,
così decise di aiutare a fermare l’oppressione. Nel1944 abbandonò la marina ed
entrò a far parte della Resistenza.
Kim e
suoi compagni furono arrestati dai nazisti nel 1945 e condannati a morte.
Dopo la liberazione fu
trovata una parte del suo diario, nascosta nel muro della prigione, dove fu torturato e ucciso.
Un’altra testimonianza
analizzata (tra le tante), è quella di Janina
Hesheleaveva.
Janina Hesheleaveva aveva quasi dodici anni quando cominciò a
scrivere il suo diario, proprio il giorno in cui i tedeschi occuparono Lvov, la città polacca dove viveva. Poco dopo suo padre fu
preso dai nazisti e non tornò più. Lei e sua madre cambiarono nome, cercarono
di nascondersi dalla Gestapo, ma nonostante ciò,
furono scoperte e imprigionate nel campo di sterminio
di Janowska. Un gruppo di prigionieri che erano
rimasti impressionati dai suoi scritti, decisero che il suo talento era così
notevole che non poteva essere bruciato dai nazisti.
Bella
Ciao Storia
Questo canto ci riporta alla
seconda guerra mondiale: i partigiani che avevano organizzato la Resistenza,
avendo sempre il desiderio di conquistare la Libertà anche al costo di perdere
la vita, denunziavano, attraverso le
parole di questa canzone, la condizione di sfruttamento delle mondine nelle
risaie del Nord.
La storia di questa canzone
è controversa, qualcuno pensa che sia stata composta dopo la guerra, tuttavia
essa è diventata un simbolo della resistenza italiana.
Bella
Ciao Testo
Questa
mattina mi sono alzato
o bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
questa mattina mi sono
alzato
e ho trovato l'invasor.
O
partigiano portami via
o bella ciao...
o partigiano portami via
ché mi sento di morir.
E se muoio da partigiano
o bella ciao...
e se muoio da partigiano
tu mi devi seppellir.
E seppellire lassù in montagna
o bella ciao...
e seppellire lassù in montagna
sotto l'ombra di un bel fior.
E le genti che passeranno
o bella ciao...
e le genti che passeranno
e diranno "oh, che bel fior"
E'
questo il fiore del partigiano
o bella ciao...
è questo il fiore del partigiano
morto per la libertà.