AVVISTAMENTI 2000

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2001

2000

1999 e '98

FOCA MONACA

È stata l'estate della FOCA MONACA, dopo che le foto scattate da Alberto Fini a Villasimius hanno fatto il giro d'Italia. Giulia Mo, coordinatrice del Piano d'Azione Nazionale per la foca monaca dell'ICRAM conferma: " E' il dorso di una foca con varie cicatrici bianche e segni di interazioni con altri individui (morsi?) sulla schiena. Forse si tratta di un animale che proviene dalla Tunisia, forse girava (con altri) intorno ai mari della Sardegna, cercando prede da consumare e località tranquille dove riposare".

"PAPÀ, UNA FOCA"

Era in barca vicino all'isola dei Cavoli, nei dintorni di Villasimius in Sardegna, Alberto Fini, insieme alla figlia Benedetta di sei anni e al cognato Mirko Dell'Acqua. "Abbiamo sentito un soffio - racconta a "La Nuova Sardegna" l'imprenditore di Biella- il primo pensiero è stato per un delfino. Poi è comparso quel musetto, solo qualche secondo. Ci ha guardato, mia figlia è stata la prima a identificarla."

Due avvistamenti a distanza di un'ora l'uno dall'altro: "Eravamo fermi all'ormeggio, la prima volta è saltata fuori alle otto e mezzo, la seconda alle nove e mezzo. Abbiamo potuto guardarla bene, è uscita dall'acqua e si è immersa almeno quattro volte. La pellicola era quasi finita, ho scattato subito, senza pensarci troppo. Mi è sfuggito il muso, ma è una foca".

Solo pochi minuti della vita di questo timido animale, inconsapevole che la foto del suo dorso fa il giro d'Italia e scatena una mobilitazione generale delle autorità locali (l'Isola dei Cavoli è inserita in un parco marino), della comunità scientifica (Giulia Mo dell'Icram Istituto Centrale per la Ricerca Applicata al Mare, viene immediatamente inviata sull'isola) e dei diportisti. Che, dopo un primo momento di entusiasmo e di affollamento, hanno accolto il richiamo al senso di responsabilità per offrire alla foca condizioni di tranquillità, accettando senza alcuna protesta la riduzione della velocità massima per i natanti, da dieci a cinque nodi.

Ecco il commento di Giulia Mo, coordinatrice del Piano d'Azione Nazionale per la foca monaca e del programma specie protette dell'ICRAM " Si tratta di una foto di un dorso di una foca scura con varie cicatrici bianche e segni di interazioni con altri individui (morsi?) sulla schiena. Si intravede a malapena la coda e la parte superiore delle pinne posteriori, la testa invece è sott'acqua.

Ho fatto 8 giorni di appostamenti sugli scogli sopra la zona dell'avvistamento ma senza risultati.

È possibile che l'animale sia in zona, che si sposti per alimentarsi da una parte all'altra e che si fermi ogni qualvolta e in qualsiasi posto dove trovi un po' di tranquillità e di pace.

Alcuni dettagli di altri avvistamenti fanno pensare che l'animale si sia trovato in zona per qualche giorno prima dell'avvistamento e forse anche di più - segno che il loro essere passeggeri di transito non è legato ad una sosta temporanea di qualche giorno ma forse di un periodo più lungo. Il messaggio finale? Se gli animali non sono disturbati, non sono inseguiti, non sono avvicinati (a terra e in acqua), non sono uccisi dai pescatori, e trovano un luogo a terra dove sostare e pesce da mangiare, questa specie può transitare e fermarsi anche a lungo lungo le coste italiane."

Da dove proveniva? "Forse si tratta di un animale che proviene dalla Tunisia ma forse di un animale che gira (con altri ) intorno ai mari della Sardegna, cercando prede da consumare e località tranquille dove riposare. Il messaggio? Dobbiamo lasciare in pace qualche angolo di costa anche per questi animali: loro hanno bisogno di coste, rocce e anfratti tranquilli dove riposare e sostare più di quanto noi abbiamo bisogno di attraccare i nostri gommoni, motoscafi o barche lungo le coste isolate. Le immersioni le possiamo fare lontano dalle coste dove si immergono per alimentarsi (cioè le secche in prossimità degli scogli rocciosi) e dove si avvicinano per riposare. Le foche monache sono parte del nostro bagaglio naturalistico tanto quanto i reperti storici, archeologici e artistici, fanno parte del nostro bagaglio culturale di esseri "italiani-mediterranei". conclude la ricercatrice, "ma dobbiamo anche investire nel restauro del loro habitat e garantire che le loro necessità di esistenza siano accettate da tutti: pescatori, diportisti, subacquei e turisti compresi. Siamo pronti a garantire le loro necessità?"


IL COMMENTO DI GIUSEPPE NOTARBARTOLO DI SCIARA, presidente dell'Icram

Dunque la foca monaca si è fatta rivedere in Italia quasi a voler smentire chi l'ha già dichiarata estinta nelle nostre acque. L'ha fatto in maniera plateale, scegliendo un momento di massiccia presenza turistica in Sardegna, e soprattutto scegliendo un luogo particolarmente appropriato, la Riserva Marina di Capo Carbonara - Villasimius, di recente istituzione, aiutando in tal modo a santificare l'esistenza stessa della Riserva. La quale ha saputo cogliere al volo il segnale, sollecitando l'intervento immediato dell'Icram e mettendo in cantiere con quest'ultimo ente una serie di iniziative che, si spera, favoriranno un giorno l'eventuale ritorno stabile della foca nei nostri lidi.

Ciò è davvero molto incoraggiante, e la prima nota vagamente positiva in una storia - quella della presenza della foca monaca in Italia - che da decenni ha saputo assumere unicamente toni funerei. Riusciremo davvero a capovolgere la situazione, e a invertire la tendenza inesorabile all'estinzione della specie? Per vincere la scommessa la ricetta è semplicissima nel concetto ma difficilissima nell'esecuzione.

Primo: la foca monaca va tutelata in maniera reale dove ancora ne esistono nuclei riproduttivi - soprattutto in Grecia e Turchia, ma forse anche in Tunisia, Libia e Algeria. Sappiamo che questi pinnipedi sono in grado di compiere importanti spostamenti, e quindi occorre aumentare al massimo la naturale capacità di "esportazione" di nuovi esemplari dai nuclei rimanenti. Questa strada sembra finalmente essere stata imboccata, per lo meno in Grecia, dove per esempio la tendenza al declino della colonia delle Sporadi settentrionali, nell'Egeo, sembra essersi recentemente invertita.

Secondo: ricreare in Italia, nelle zone che tradizionalmente erano abitate dalle foche, le condizioni accettabili per la sua presenza, eliminando quei fattori che inizialmente l'hanno spodestata: esclusione a colpi di dinamite e schioppettate da parte della piccola pesca costiera, e degrado dell'habitat per troppo affollamento turistico nel periodo riproduttivo. È qui che la faccenda si complica, non tanto, secondo me, per i via dei pescatori con i quali oggi è molto più facile ragionare di una volta, quanto perché quella dei gommoni che tra luglio e settembre si intrufolano dappertutto appare ormai come una invincibile quanto inarrestabile Armada.

Un passo iniziale, ma di grande importanza, potrebbe essere quello di convincere le Riserve Marine, nelle quali si trovano gli habitat appropriati per le foche, della necessità di costituire Zone "A" (dove non è consentita la presenza umana) all'interno di tutte le grotte marine che costituiscono l'ultimo rifugio del perseguitato pinnipede.

Giuseppe Notarbartolo di Sciara, Presidente ICRAM

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TARTARUGHE

Relativamente numerose le segnalazioni di TARTARUGHE: le "danze" si aprono con Alessandro Bertelli, del diving Pianeta Mare di Castiglione della Pescaia, che in giugno incontra una tartaruga Caretta alle Formiche di Grosseto. Più insolite le due tartarughe liuto finite nelle reti o nei palangari - e poi curate e rilasciate - a Scicli (Ragusa) e Policoro (Matera) dove tra l'altro si è tenuto il primo Meeting Italiano sulla biologia e conservazione delle tartarughe marine. ... torna al sommario

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SQUALI

Davvero straordinari i tre capopiatto (fra essi, una grossa femmina di quasi tre metri di lunghezza), squali di profondità filmati nello Stretto di Messina con la collaborazione di Gianmichele Iaria di Oloturia Sub. Grazie a Salvatore Platania abbiamo poi raccolto immagini di altri squali (mako, volpe e persino un bianco del lontano 1967) catturati negli anni dalle tradizionali imbarcazioni dello Stretto.

Eccezionale poi la cattura di un mako gigantesco dal peschereccio "Europa 2" in settembre, quando il congresso dei ricercatori europei di elasmobranchi fa il punto della situazione di questi pesci nel Mediterraneo.

Da Scilla viene la foto di un grosso squalo martello, scattata da Paolo Barone dello Scilla Diving Center In piena estate giungono le foto di Luciano Basile di questo minuscolo squalo mako pescato a Cetrara.

Chiude la stagione la segnalazione di Sofia Mencorero, che ci ha inviato foto e bellissimi disegni di un piccolo centroforo trovato all'Isola del Giglio.

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CETACEI

Le stenelle hanno accompagnato con i loro balzi le crociere di molti di noi; non sono mancati, soprattutto nel Santuario dei Cetacei, avvistamenti di balenottere, capodogli e grampi.

Proprio questi ultimi, come ci hanno raccontato sono stati però sfortunati protagonisti di un incontro con molti diportisti campani . Ecco la testimonianza di Barbara Mussi e Angelo Miragliuolo, ricercatori di Studiomare: "Domenica 27 agosto scorso, alle 10.00 circa, alcuni pescatori dilettanti avvistano un branco di circa una ventina di grampi a poco meno di un miglio dalla costa meridionale di Ischia. Gli animali sono in spostamento lungo la batimetrica dei 300 m.

Intorno alle 11.00 il corteo di diportisti e curiosi che segue i cetacei comincia ad ingrossarsi e raccoglie sempre nuovi natanti durante il percorso. Alle 12.00 viene allertata la Capitaneria di Porto che a sua volta chiede il nostro aiuto per poter prevenire danni agli animali. Utilizzando il gommone della Guardia Costiera riusciamo a raggiungere i grampi intorno alle 13.00. Nel frattempo gli animali si sono spostati sul versante nord dell'isola superando l'ostacolo del porto maggiore di Ischia, collegato alla vicina Napoli da un continuo flusso di aliscafi e traghetti e catamarani ad alta velocità.

Abbiamo trovato il branco di grampi di fronte a Lacco Ameno, una grande baia e spiaggia popolare dove erano ancorate circa 400 imbarcazioni. I cetacei erano circondati da più di cento piccoli natanti con il motore acceso. Tutte queste imbarcazioni infastidivano gli animali dirigendosi a forte velocità direttamente su di loro ogni qualvolta emergevano per respirare, i motoscafi cambiavano ripetutamente la rotta nel tentativo di fotografare, filmare e toccare gli animali.

I grampi sono stati "spinti" dalle imbarcazioni all'interno dell'insenatura e bloccati su un fondale di appena tre metri. Tutti gli individui del gruppo mostravano segni di stress e sembravano incapaci di orientarsi. Nuotavano a ranghi serratissimi scontrandosi l'uno con l'altro, il nuoto era velocissimo ma senza una direzione precisa. Un piccolo, nel gruppo erano presenti almeno tre neonati, è stato visto nuotare a cerchio su se stesso, temporaneamente distaccato dal resto del gruppo. "Breachings", "surfings", "head stands", "tail slaps" e "spy hops" venivano eseguiti ripetutamente da più individui adulti. Le apnee erano brevi (60 secondi circa).

Per prevenire uno spiaggiamento di massa abbiamo interposto il nostro gommone tra gli animali e la spiaggia, il branco si è così diviso in due sottogruppi, in uno di questi erano presenti i tre piccoli.

Nessuno degli occupanti le barche sembrava realizzare che cosa stava accadendo, tutti erano eccitati dall'occasione di fotografare e filmare gli animali così da vicino. In due ore di lavoro, siamo riusciti ad aprire un varco tra i diportisti che si gettavano come invasati a motore sugli animali terrorizzati, i grampi si sono decisi ad attraversare il varco quando questo è stato largo circa 400 mt., ricompattandosi in un'unica formazione. Abbiamo "scortato" da lontano il branco che si è diretto lentamente verso il largo, in acque più sicure. Alle 16.00 abbiamo abbandonato gli animali, ormai quasi fuori vista per il mare in aumento. Ironia della sorte, i giornali nazionali e la televisione il giorno successivo riportavano l'avvenimento con toni entusiastici, descrivendo un'irreale "festa dei delfini" nelle acque di Ischia."

"L'occorrenza di queste drammatiche interazioni tra uomini e cetacei sta diventando una vera routine nel traffico dei mesi estivi", prosegue la ricercatrice. "Il giorno precedente l'osservazione sopra riportata un piccolo di grampo è stato trovato nel porto di Mergellina (Napoli), l'animale era anche in questo caso stressato e disorientato ed è stato molestato dalle imbarcazioni da diporto per più di due ore. L'ultimo fine settimana di agosto di è infine concluso con il ritrovamento di un'esemplare di stenella (Stenella coeruleoalba) con il cranio spaccato da un elica di motoscafo. Era un maschio di circa 20 giorni, misurava appena 80cm." Attenzione quindi, e al solito, un richiamo al buonsenso: perché il troppo amore, a volte, può essere una condanna.


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