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GLI AVVISTAMENTI DEL 2002

Squali Cetacei Tartarughe Foca monaca






Squali
Non sarà satata un'annata spettacolare come quella del 2001 (ben 60 segnalazioni di squali elefante!) ma anche nel 2002 l'Adriatico ci ha regalato molti avvistamenti, e si segnala "pieno" di squali. Un super-grazie a Tiziano Pegorer, il più fedele e attento "informatore" di Osservatorio mediterraneo.


Squalo elefante o cetorino
Fra i molti cetorini ci piace mostrarvi prima di tutto l'unico vivo e vegeto, fotografato il 16 marzo dalla barca di Alberto Habeler e Gian Del Vi mentre si dedica a una bella scorpacciata di plancton.

Era lungo 9 metri questo squalo incappato in una rete a Lignano il 7 aprile.

E infine era solo un cucciolo, anche se... di 4 metri, il cetorino finito nelle reti ad Amendolara (Taranto)




Squalo bianco
Anche quest'anno qualche fortunato è riuscito a vedere lo squalo bianco in mediterraneo!
Questa splendida foto non lascia dubbi: è proprio un bianco lo squalo fotografato a Porto San Giorgio da Glauco Micheli.

Questo il racconto di una deco... da brivido! Tre subacquei in decompressione sotto la barca si vedono arrivare un grande squalo bianco. Qui un estratto della loro esperienza.

Dal Ciglio di terra sulle secche di Vada (Li), lunedì 07 ottobre 2002
"Volendo tirare un po' le somme degli incontri e avvistamenti avvenuti durante le escursioni subacquee, effettuate sulle Secche di Vada a bordo dei Mariagiustina, anche quest'anno non posso proprio lamentarmi. Oltre a Corvine e qualche trigone curioso al seguito di sub in risalita, voglio segnalare la ricomparsa in più punti di grossi esemplari di Cernie nonché l'avvistamento di Barracuda sul relitto dei Tabarca. Ancora oggi nell'ennesima immersione sul Ciglio di terra - tra Aragoste di varie taglie, un bell'Astice e tanti Saraghi di buone dimensioni - chi avrebbe mai immaginato cos'altro ancora poteva capitarci di vedere.
Eravamo i soliti dei lunedì :il Comandante Paolo Spinelli detto "il Tarzan" , Franco Salomone , Alessandro Bariettani "il Barlettani" ed io, "Paolino" (quando posso e che fortuna aver potuto oggi .... ). Avevo terminato per primo la deco, e scambiati i soliti segnali con gli altri, sono risalito in barca. Mi ero appena liberato dei gruppo (operazione rapida e sicura sul Mariagiustina) quando ho notato Tarzan riemergere sulla dritta a tre quarti circa di barca. Strano - ho subito pensato - lui esce sempre direttamente alla scaletta; forse starà ispezionando lo scafo.
Neppure ho avuto tempo di completare la mia riflessione: Alessandro è saltato letteralmente in barca come fosse un missile - nonostante la pesante attrezzatura - e terrorizzato urlava a squarciagola: < il Bianco!... Il Bianco! ...>"

....continua a leggere l'esperienza di Paolo Virnicchi sul sito web della Maria Giustina

E ancora...
Passeggiando sulla spiaggia di Lido di Camaiore nei giorni di Pasqua Paolo Bastoni si imbatte in una carcassa di squalo spiaggiata.

La foto dello squalo volpe preso in tonnara a S. Antioco, in Sardegna.





Un bel volpe pescato sul litorale laziale.







maggio 2002: di nuovo nella baia degli squali!
E' passato un anno e siamo di nuovo in Turchia a osservare gli squali plumbei. Questa volta siamo in compagnia di Simona Clò e Milena Modena dell'ICRAM (Istituto Centrale per la Ricerca applicata al Mare) che cominceranno a studiare dal punto di vista scientifico questa straordinaria situazione. Leggete il nostro "diario di bordo"!


Febbraio 2002: va in onda su Discovery Channel il documentario sugli squali in Mediterraneo al quale hanno contribuito Eleonora de Sabata e Osservatorio Mediterraneo.









Cetacei
Due cetacei decisamente insoliti hanno nuotato nei nostri mari quest'anno. Possiamo osservarli entrambi in queste foto del Centro Studi Cetacei .A proposito: se doveste imbattervi in un cetaceo spiaggiato contattate il Centro Studi Cetacei al 02-58.241 Il loro centralino è operativo 24 ore su 24.
L'8 settembre sulla spiaggia di Eraclea Minoa, in Sicilia, si spiaggia una Cogia di Owen (Kogia simus). L'animale è ancora vivo e viene assistito dal Gruppo di Pronto Intervento del Museo di Comiso, ma muore nei giorni seguenti. Si tratta della seconda segnalazione lungo le coste italiane: l'altro risale al 1988 lungo le coste toscane.
Gianni Insacco del del Museo di Comiso ha coordinato gli interventi, con la cooperazione di Antonio di Natale (Centro Studi Cetacei e Acquario di Genova). Le operazioni sul posto son state coordinate da Alessandro Bortolotto, Lara Papini (entrambi dell'Università di Padova), e Gianni Pavan (Università di Padova).












Il 4 agosto, la Fondazione Cetacea ha seguito il caso di una Megattera, Megaptera novaeangliae (Borowski, 1781) avvistata 2 miglia al largo di Senigallia (AN). Si tratta ovviamente di un evento eccezionale; la prima segnalazione in questo bacino.


Il 21 settembre Arnaldo Lisarelli e Serena Ventieri incrociano a Capo Linaro tre balenottere. Sono due adulti e un piccolo, viaggiano verso sud a poca distanza dalla costa. Scattano molte foto che ci inviano, e che rigiriamo subito a Sabina Airoldi di Tethys. Che comenta: "Le righe rosso-marroncini che vedi (le foto mi pare siano tutte dello stesso animale a parte una in controluce della pinna dorsale) simili a tagli da lontano sono" penelle", crostacei parassiti che si attaccano a balene, altri cetacei, pesci luna ecc. succhiando loro il sangue. L'individuo fotografato ne è strapieno e questo non è certo indice di buona salute. E' tipico infatti di animali malaticci essere "invasi" da questi parassiti.



"ECCO COS'HANNO VISTO I NOSTRI AMICI DI TETHYS .... (TETHYS o.n.l.u.s. è un istituto non-profit dedito alla ricerca scientifica sui grandi mammiferi marini, specialmente del Mediterraneo, finalizzata alla tutela degli animali e del loro ambiente. Organizza spedizioni di ricerca cui possono partecipare volontari. Date un'occhiata al loro sito web, scrivete a tethys@tethys.org e per iscriversi alla loro mailing list mandate una mail a maudebacialli@tiscali.it

BALENOTTERE SOTT'ACQUA - MEDITERRANEAN FIN WHALE PROJECT (MFWP)
L'estate appena trascorsa ha prodotto nuovi affascinanti dati sul comportamento in immersione delle blenottere comuni. Finalmente, dopo due estati di tentativi infruttuosi, siamo di nuovo riusciti (come già nel 1999) ad applicare sul dorso di due balenottere un sensore, il v-TDR (velocity-time-depth-recorder) in grado di registrare la profondità raggiunta durante le immersioni, la velocità del nuoto, oltre a parametri ambientali quali la temperatura dell'acqua e la concentrazione di luce. I dati sono stati raccolti in due giorni consecutivi, grazie anche al prezioso contributo dei partecipanti al workshop (quello dedicato alla ricerca in ambiente pelagico) e a due balenottere particolarmente "collaborative". La prima, avvistata il 19 luglio, è stata "marcata" con il TDR alle 13:50. La reazione all'attacco con la ventosa è stata nulla, e la balenottera non ha modificato il suo comportamento, caratterizzato da brevi immersioni (2-4 minuti) e nuoto lento. Abbiamo seguito per tutta la durata del pomeriggio il grosso cetaceo. Verso le 17 abbiamo notato un drastico cambiamento nel comportamento, con immersioni molto più lunghe (12-15 minuti) e repentini cambi di direzione. Le ore trascorrevano e improvvisamente ci siamo accorti che iniziava a imbrunire - ma la balenottera continuava a portare sul dorso il nostro prezioso strumento. È praticamente impossibile seguirla di notte al buio, e così, verso le 22, ormai rassegnati a perdere il TDR con i dati raccolti, abbiamo spento il motore di "Gemini Lab". Ma poco dopo abbiamo iniziato a sentire, grazie alla radio VHF, i caratteristici "bip" del trasmettitore sulla balenottera, ma con frequenza continua, indicazione che lo strumento si era staccato e si trovava ora in superficie. Siamo quindi rimasti alla deriva per tutta la notte e il mattino seguente, per mezzo dell'antenna direzionale, siamo riusciti a recuperare lo strumento e il suo "bottino" di dati scientifici.

Ma non era ancora tutto: poche ore dopo abbiamo avvistato una seconda balenottera che a sua volta è stata "marcata" intorno a mezzogiorno. Questa balena è stata seguita fino alle 18, quando lo strumento si è staccato intorno ai 400 metri di profondità, e recuperato poco dopo essere giunto in superficie.
I dati raccolti sono di grande importanza scientifica, in quanto ad oggi il comportamento della balenottera comune non è ben conosciuto; questa tecnica rappresenta un metodo non invasivo (gli strumenti vengono applicati tramite una ventosa) in grado di fornire informazioni difficilmente ottenibili altrimenti. I dati raccolti durante la passata estate, uniti a quelli di tre anni fa, consentiranno una descrizione dettagliata delle attività delle balenottere nei quartieri estivi.
Simone Panigada

AVVISTAMENTI NEL MAR LIGURE - SQUID LOVING ODONTOCETES PROJECT (SLOPE)
Mar Ligure. L'estate un po' "difficile" dal punto di vista meteorologico ha condizionato le attività dello SLOPE (la parte della ricerca, condotta a bordo di "Gemini", specificatamente dedicata agli odontoceti come grampi, stenelle e capodogli). Ciononostante si contano circa 80 avvistamenti di stenella, 6 di balenottere, 9 di capodoglio, 4 di grampo, 2 di zifio. Molti di questi sono stati registrati con mare "negativo", cioè brutto, o con onda lunga, il che rende maggiormente onore allo sforzo generoso di volontari e ricercatori. E proprio a causa della "stranezza" dell'annata, i dati raccolti saranno particolarmente interessanti da analizzare e confrontare con le altre stagioni.

STUDIOMARE, ISCHIA
Un'estate strana, con temporali e maltempo, ha caratterizzato anche le attività di Studiomare (che collabora con Tethys) nel Golfo di Napoli. La bella barca a vela di Barbara Mussi e Angelo Miragliuolo, però, in qualche caso ha lavorato anche con forza sei, e i risultati non sono mancati. Ecco cosa ci riferisce Barbara, in ordine sparso.
Stenelle - Gli avvistamenti sono stati caratterizzati dalla presenza di moltissimi neonati! È incredibile, ma quasi tutti i sottogruppi sembravano delle vere e proprie nurseries. Sono stati riavvistati alcuni degli individui focali del cosiddetto branco di Cuma (composto a circa 200 stenelle), tra cui "Pinna mozza" e "Capa ianca" (Testa Bianca) a conferma della fedeltà al sito di Ischia.


Delfini comuni - Gli avvistamenti stati rari e abbiamo registrato una diminuzione nelle dimensioni dei gruppi. Tuttavia, le pessime condizioni del mare hanno impedito, in alcuni casi, di valutare numericamente i branchi. Non ci sono stati avvistamenti "misti" a stenella, come negli altri anni. In compenso abbiamo scoperto che, oltre a quello di "Cuma", utilizzano anche un altro canyon, il "Dohrn", che è situato proprio al centro del Golfo di Napoli.

Whale watching e disturbo - Sfortunatamente nell'area di studio non esiste ancora una coscienza della presenza dei cetacei, e tanto meno delle norme per avvicinarli senza danni. Così talvolta gli incontri finiscono male: anche quest'anno si è raccolta una documentazione fotografica che testimonia come i delfini siano vittime di collisioni. L'impressione, purtroppo, è che un po' tutti i cetacei appaiano "stressati": abbiamo notato un forte aumento della diffidenza nei branchi di delfini, tanto è vero che spesso trovavamo gli animali già in compagnia di barche, o se ne avvicinavano altre durante gli avvistamenti.



Globicefali - Dei 6 individui che formavano il gruppo nel 1995, da 2000 riavvistiamo solamente "Pan" e "Cagliostro", che però ritornano puntuali all'appuntamento autunnale. Quest'anno abbiamo finalmente conferma del sesso di "Pan" che è indubbiamente un maschio. Il giovane globicefalo si è infatti "esibito" sotto prua, dando prova della sua virilità. Dopo due anni di silenzio, siamo riusciti a registrare nuovamente le vocalizzazioni degli animali - e c'è ora il materiale necessario per studiare l'evoluzione del fischio-firma del piccolo "Pan A quest'ultimo è stato anche applicato un TDR durante la spedizione del team dello SLOPE (vedi sopra). La reazione dell'animale, checercava di togliersi quella strana ventosa dal dorso avvitandosi su se stesso e facendo salti acrobatici, è stata diversa da quella deiglobicefali precedentemente "marcati" in Mar Ligure da Tethys. Anche il comportamento di "Cagliostro" si è rivelato inconsueto: si è infatti cimentato in numerosissimi "spy-hop", ovvero osservava con la testa fuor d'acqua. Il TDR ha resistito a lungo prima di staccarsi ed essere recuperato dai ricercatori. Tra l'altro, anche la comparazione dei diversi comportamenti all'applicazione dei TDR porterà interessanti risultati.

Sabina Airoldi, capo-progetto di SLOPE, assieme a Diego Fasano e Nicolò Gavazzi, hanno fatto alla fine della stagione una "puntata" nel Golfo di Napoli, ospiti della barca di "Studiomare". Obiettivo: marcare con un TDR i globicefali, impresa che ha avuto pieno successo.

8 ottobre 2002. Durante un avvistamento dei due globicefali "consueti" nella zona, poco prima delle 4 del pomeriggio, vediamo, a circa un paio di miglia da noi, dei "muri" d'acqua che si alzano: sono sicuramente salti di grossi cetacei, ripetuti una decina di volte. Attiviamo la cassa esterna collegata all'idrofono per sentire i suoni emessi dagli animali che ancora non riusciamo a identificare a distanza. Incredibile! Ci sono parecchi capodogli: 6, 7, o anche di più. Percorso circa un miglio o due, ci spuntano di fianco alla barca tre individui: un piccolo di circa 5 metri, un adulto di 10-11, e un giovane sui 7 metri. I primi due non si avvicinano molto e scompaiono dopo pochi minuti. Il "giovanotto" rimane invece per quasi un'ora a pochissimi metri dalla barca, in superficie per la maggior parte del tempo, curiosissimo. Ha l'aria di essere interessato ai bipedi a bordo (e forse anche quadrupedi - i due cani di Barbara). Ogni tanto scende di qualche metro per un paio di minuti e inizia ad emettere numerosissimi clicks ravvicinati, i cosiddetti creak, messi da molti studiosi in relazione all'individuazione delle prede, e altri strani suoni del tutto nuovi. Le vocalizzazioni sono molto forti e capiamo che il capodoglio è vicinissimo all'idrofono. Alcune brevi immersioni e... ad un tratto il silenzio! Alato velocemente il piccolo array con un idrofono terminale notiamo qualcosa di strano: una depressione della forma del dente del capodoglio. Viene calato un nuovo strumento per la registrazione. Il capodoglio si immerge ancora, clicca come un forsennato; ad un tratto si sente un fischio insopportabile. Tiriamo su il secondo idrofono e notiamo che è stato staccato !!!!! Ogni tentativo di recupero ci vede impreparati - del resto il fondale in quel punto è sugli 800 metri. Sabina Airoldi





Tartarughe
L'anno si è aperto con lo spiaggiamento di 55 tartarughe Caretta caretta nell'Adriatico meridionale nell'arco di 15 giorni, dal 20 dicembre- 2001 al 22 gennaio '02. Venti di queste erano morte, le altre erano completamente "rintontite" dal freddo. In quei giorni infatti un fronte freddo di eccezionale intensità aveva fatto abbassare la temperatura dell'aria a una media di 1.5°C. E' la prima volta che si registra in Mediterraneo uno spiaggiamento di massa provocato dalle basse temperature, evento già segnalato per l'oceano Atlantico e il Golfo del Messico. Recuperate dalla Capitaneria di Porto, le tartarughe sono state trasportate al CNR di Lesina e controllate e marcate dai volontari del Centro Turistico Studentesco (CTS) quindi traferite per la riabilitazione a diversi istituti fra cui la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli. Tranne due, tutte le altre erano giovani immaturi. Scaricate il lavoro scientifico di Flegra Bentivegna, Paolo Breber & Sandra Hochscheid pubblicato su Marine Turtle Newsletter cliccando sulla foto a destra (pesa 616 KB).


Notizie positive arrivano a luglio: una tartaruga sale a deporre le uova sulla spiaggia di Baia Domitia, nel comune di Cellole. Un evento eccezionale, da anni non si registravano deposizioni in questo tratto di costa campano. «Ero scettica, non pensavo che una Caretta fosse riuscita a spingersi fin sulle nostre coste per deporre le uova» - ha detto Flegra Bentivegna della Stazione Zoologica Anton Dohrn - ma, una volta verificato l'eccezionale evento abbiamo predisposto un progetto che ha dato i suoi frutti. Il nido è stato tenuto sempre sotto controllo e protetto anche dalla pioggia e dagli sbalzi di temperatura. Poi l'abbiamo spostato di alcuni metri. Delle circa 90 uova depositate, 37 erano state invase dall'acqua del mare ed erano andate perdute, le altre, invece, le abbiamo trovate in buono stato». Due mesi dopo, il 14 e il 15 settembre, 44 tartarughini emergono finalmente dalla sabbia.

Daniela Freggi del centro di recupero tartarughe del WWF a Lampedusa spiega in questo articolo l'attività del centro di Lampedusa: "Qualche volta sono ferite, ma la maggior parte delle volte stanno bene e basta un controllo di 24-48 ore per considerale pronte al rilascio per riprendere il mare. L'isola delle tartarughe, grazie al prezioso contributo di pescatori che collaborano alla loro difesa, festeggia così ogni anno circa 400-500 rilasci" . Proprio a Lampedusa l'anno scorso ben sette hanno deposto uova, sulla Spiaggia dei conigli, mentre una ha preferito la spiaggia della Pozzolana di ponente a Linosa. Il 28 ottobre 70 piccole tartarughe sono emerse dall'ultimo nido e si son dirette verso il mare.


COSA CI FA UN TARTARUGHINO IN ADRIATICO?
E' l'11 dicembre e su una spiaggia vicino ad Ascoli Piceno arranca una tartarughina di 9 centimetri di lunghezza. I ricercatori la portano alla Fondazione Cetacea dove per un po' nuota tranquillamente nelle vasche. Cosa ci faccia un animale così piccolo nell'Adriatico è un mistero, come conferma Marco Affronte: "La sua presenza così a nord apre una serie di interrogativi. Non si conoscono areee di deposizione in Adriatico, se si eccettuano vecchie segnalazioni di Robert Basso lungo la costa pugliese e l'ipotesi dell'esistenza di spiagge nella Croazia meridionale. Quindi, a meno che non ci siano state delle deposizioni in Puglia, il piccolo è arrivato qui dalla Grecia, cioè 850km. in linea d'aria e molti di più considerando il gioco delle correnti, che corrono verso nord lungo la costa albanese e slava e verso sud lungo la costa italiana. Proprio l'andamento della corrente lungo le nostre coste porterebbe a escludere l'ipotesi della nascita pugliese". Lucky, com'è stato soprannominato il piccolo, morirà qualche tempo dopo. Ma qualcosa di strano sta accandendo in Adriatico: dopo meno di un mese a Rimini, 160 km più a nord, si spiaggia un altro tartarughino, questa volta morto. Le analisi genetiche dei due piccoli, pronte a breve, potranno forse spiegare l'origine dei tartarughini.




Foca monaca
Spettacolare!! Una foca monaca davanti alla spiaggia: è rimasta a nuotare per un quarto d'ora davanti a una folla di persone incredule. E' successo a fine maggio a Policoro, sulla costa jonica. Era un giovane, "errante" come lo definiscono i ricercatori cioè in una fase in cui le giovani foche si allontanano anche di molto dai luoghi di riproduzione.
Ecco com'è andata dal resoconto di Emanuele Coppola del Gruppo Foca Monaca:

"Due fratelli pescatori hanno avvistato la foca per la prima volta alle ore 7 di mattina del 23 maggio. La foca nuovava a pochi metri dalle loro due imbarcazioni mentre stavano salpando le reti presso la foce del fiume Sinni, dove si trova il Bosco di Policoro che è una splendida Oasi WWF. Uno dei due pescatori collabora da anni con il WWF che gestisce localmente anche un CRAS. Questo pescatore ha compreso immediatamente l'importanza dell'avvistamento, che si è protratto per circa quindici minuti, e ha subito avvisato il responsabile WWF locale, Antonio Colucci. Successivamente i due, insieme ad altri attivisti, hanno cercato per tutta la mattinata di ritrovare l'animale, ma senza alcun esito. In questo frangente hanno anche avvisato un altro pescatore che lavorava ad alcuni chilometri di distanza in direzione di Taranto, senza specificare di aver visto una foca ma solo che c'era qualcosa di strano e non identificato in mare. Terminate le ricerche infruttuose Colucci e il pescatore tornavano in paese e alle due e trenta circa dello stesso giorno l'ultimo pescatore li raggiungeva trafelato comunicando di aver visto qualcosa di strano presso la sua imbarcazione.
A questo punto tutti si recavano nel luogo indicato dove trovarono l'esemplare a poche decine di metri dalla costa, apparentemente poco attivo, ma comunque vivo, perchè non si spostava ma in alcuni casi si girava su se stesso rimanendo per brevi periodi a pancia all'aria. Da questo momento Colucci ha iniziato a parlare al cellulare con Massimiliano Rocco e si ipotizzava un problema di salute o forse di difficltà a nuotare magari per una rete: questa fase si è protratta per circa quindici minuti. Colucci con altre quattro persone (inclusi i due pescatori) si decideva ad avvicinare l'animale con un'imbarcazione, mentre altre persone seguivano la scena dalla spiaggia, ma a pochi metri di distanza la foca si attivava e iniziava a nuotare allontanandosi dalla barca. - Gli spostamenti avvenivano con un nuoto in superficie (a mò di delfino), intervallati da spostamenti in completa immersione; quando l'animale era fuori dall'acqua osservava frequentemente la linea di costa, ritengo si trattasse di un modo per verificare la propria posizione in relazione alla fonte del disturbo e mantenere così un controllo della situazione, che certamente deve aver provocato un certo disagio all'animale. Questo tipo di contatto si è protratto per circa 45 minuti, poi il gruppo ha deciso di lasciare in pace l'animale che da allora non è più stato osservato
."

In vacanza in Grecia, patria con la Turchia delle ultime foche monache del Mediterraneo, il mio amico Fabio Bontempi (mitico riparatore di macchine fotografiche e ottimo fotografo lui stesso) si è infilato in una grotta col suo gommone. E ha trovato un cucciolo di foca! Ecco il suo racconto:

"In vacanza nelle Sporadi Orientali, in una piccola isola abitata solo da dieci famiglie. Nel fare il giro dell'isola ci incuriosisce una piccola apertura nella roccia. Entriamo con il gommone. All'interno si apriva una piccola grotta con una spiaggietta sul fondo. Mentre i miei occhi si abituavano alla penombra sentivo un respiro profondo e sbuffante, con immensa meraviglia vedo una foca monaca con il suo cucciolo immobili ed esausti, probabilmente dalle fatiche del parto avvenuto poco prima. E' stata tale l'emozione che mi sono ritrovato, senza neanche accorgermi, con la mia macchina fotografica fra le mani in un equilibrio precario sul gommone per tentare di immortalare questo momento per me indimenticabile."

Dopo questo scatto Fabio e i suoi amici si sono subito allontanati per non disturbare madre e piccolo.



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