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Cosa fare se le incontrate
Tartarughe in Mediterraneo: come riconoscerle
La tartaruga verde
La Caretta
Una nuova generazione
Il Mediterraneo e le tartarughe
Il punto sulle tartarughe
1999: tartarughe in discoteca
Scheda di avvistamento

INTRODUZIONE
Sono tre le specie di tartaruga marina presenti in Mediterraneo: quella più comune - o meglio, la meno rara - Caretta caretta pare costituisca una delle popolazioni più numerose al mondo ed è geneticamente quasi del tutto isolata; ad essa si aggiungono giovani tartarughe caretta provenienti dall'Atlantico, che trascorrono diversi anni tra le Baleari e il mare di Alboran, per ritornare poi in quell'oceano e lì riprodursi. Ben più rare sono la tartaruga verde, Chelonia mydas, confinata a poche spiagge dell'estremo bacino -orientale, e la gigantesca tartaruga liuto (Dermochelys coriacea), visitatrice passeggera proveniente forse dalle coste della Guyana francese, dove ritorna dopo un periodo passato da noi in mare aperto. Altre due specie sono state segnalate, la tartaruga di Kemp e quella embricata, ma con tutta probabilità si è trattato di esemplari entrati nel nostro mare solo per errore.
l prestigio del marchio "Mediterraneo DOC" porta con sé, insomma, per le tartarughe come per molti altri animali esclusivamente mediterranei, un notevole elemento di rischio: isolati rispetto ai conspecifici dell'Atlantico, questi animali possono contare esclusivamente sulle proprie forze per sopravvivere. Assediate dall'uomo e minacciate da reti e palangari, inquinamento e indifferenza, e incapaci di affrontare con elasticità i rapidi cambiamenti impressi dall'uomo sull'ambiente, le tartarughe marine hanno bisogno di una mano per superare indenni il prossimo secolo.
Sono però sempre meno numerose e sempre maggiori i pericoli che si trovano ad affrontare..

COSA FARE SE LE INCONTRATE
L'avvistamento di uno o più esemplari di tartaruga marina viva e in buone condizioni di salute è di solito associato all'abitudine che questi rettili hanno di sostare per lunghi periodi in superficie. Questo tipo di comportamento sembra dipendere dalla necessità di catturare i raggi diretti del sole, sia per aumentare la temperatura corporea (quindi il metabolismo) sia per attivare la vitamina D coinvolta nei fattori di crescita e di calcificazione. Normalmente gli avvistamenti avvengono in condizioni di mare calmo o quasi calmo e non è insolito avvistare gruppi di tartarughe che si spostano passivamente, tutte nella stessa direzione, portate dalla corrente in mezzo a detriti galleggianti. Al contrario la tartaruga liuto (Dermochelys coriacea), che gode di un riscaldamento corporeo endogeno chiamato "gigantotermia", non sembra avere l'abitudine di sostare in superficie.
Come avvicinarsi e cosa osservare
Se avete la fortuna di incontrare una tartaruga in mare, avvicinatevi cercando di ridurre al minimo il disturbo arrecatole. Rallentate la velocità dell'imbarcazione.
Nella maggioranza dei casi l'avvicinamento provoca una reazione di fuga da parte della tartaruga: avvertito il rumore dei motori, la tartaruga si immerge rapidamente in verticale. Occhio quindi a cercare di determinare la specie già dal momento in cui l'esemplare viene avvistato, utilizzando un binocolo; si deve tener conto della stessa accortezza anche per la raccolta della documentazione iconografica (tradotto: obbiettivo zoom sia per macchina fotografica che per video).
Durante l'osservazione si dovrà cercare di osservare ripetutamente le pinne anteriori e quelle posteriori cercando di identificare un'eventuale targhetta (metallica o di plastica colorata). La presenza di questo oggetto sta ad indicare che l'esemplare è marcato e che è già entrato in contatto con qualche programma di conservazione. In nessun modo però si deve stressare l'animale con l'intento di leggere la sigla presente sulla targhetta. Nel caso sia stato possibile l'identificazione della sigla, questa verrà riportata sulla scheda presentata.
E ovviamente... scriveteci!
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LE TARTARUGHE NEL MEDITERRANEO: COME RICONOSCERLE
Sono tre le specie di tartaruga marina presenti in Mediterraneo: la meno rara Caretta caretta pare costituisca una delle popolazioni più numerose al mondo ed è geneticamente quasi del tutto isolata; ad essa si aggiungono giovani tartarughe caretta provenienti dall'Atlantico, che trascorrono diversi anni tra le Baleari e il mare di Alboran, per ritornare poi in quell'oceano e lì riprodursi. Ben più rare sono la tartaruga verde, Chelonia mydas, confinata a poche spiagge dell'estremo bacino orientale, e la gigantesca tartaruga liuto (Dermochelys coriacea), visitatrice passeggera proveniente forse dalle coste della Guyana francese, dove ritorna dopo un periodo passato da noi in mare aperto. Altre due specie sono state segnalate, la tartaruga di Kemp e quella embricata, ma con tutta probabilità si è trattato di esemplari entrati nel nostro mare solo per errore.
Caretta caretta
Carapace con 5 scudi costali (in grigio), di cui il primo sempre in contatto con lo scudo nucale
Chelonia mydas
Carapace con 4 scudi costali (in grigio), nessuno dei quali è in contatto con lo scudo nucale
Dermochelys coriacea
Carapace senza scudi
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LA TARTARUGA VERDE
Merita certo il marchio "Mediterraneo DOC" la tartaruga verde (Chelonia mydas), una specie che popola quasi esclusivamente le acque tropicali e subtropicali di tutto il mondo e che in Mediterraneo non s'allontana mai dalle coste orientali turche e cipriote, non a caso quelle che registrano le temperature più alte del bacino. Da qui l'Atlantico non potrebbe essere più lontano; di fatto vivono in un totale isolamento che non permette di attuare uno dei dogmi su cui si basa una sana evoluzione: il rimescolamento genetico. Sono solo poche centinaia i nidi deposti ogni anno, e se consideriamo che ogni femmina depone da due o quattro nidiate a stagione, anche se probabilmente ad anni alterni, è facile capire che le fila delle tartarughe verdi non potrebbero essere più sottile, una situazione davvero critica per una popolazione che non può contare sull'apporto di "sangue nuovo" dall'esterno.
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LA CARETTA
La Caretta caretta del Mediterraneo, dal canto suo, ha sviluppato un corredo genetico per alcuni aspetti unico a dimostrazione che, nonostante il gran numero di tartarughe di provenienza atlantica, la popolazione mediterranea è sostanzialmente indipendente e isolata. Più piccola rispetto alle conspecifiche di altri mari (eccezionalmente arriva al metro per massimo 140 kg. di peso, e ancor più piccole sono le tartarughe di Cipro, le più minute al mondo), la caretta è onnivora: pesci, crostacei, molluschi, meduse, ricci e persino animali morti, purché non decomposti, fanno parte della sua dieta; è di bocca buona, insomma, ma ciò rende la Caretta caretta assai sensibile all'inquinamento: nei loro stomaci è stato trovato di tutto, dalle buste di plastica, assai simili alle meduse, a tappi, preservativi, bambole, portachiavi, bottoni, penne Biro e posate di plastica.
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UNA NUOVA GENERAZIONE
Abbandonate le zone di alimentazione, maschi e femmine si danno convegno in estate nelle zone di riproduzione, al largo delle spiagge dove le prime sono probabilmente nate (a proposito: maschi si distinguono dalle femmine per la lunga coda che si sviluppa con il raggiungimento della maturità sessuale). Dopo una serie di accoppiamenti con maschi diversi (la tartaruga colleziona il seme dei suoi partner, per poi fecondare le successive nidiate della stagione) la femmina attende per qualche giorno in acque calde e poco profonde la notte propizia per deporre.
È sospettosa e facilmente disturbata dalla presenza di persone, animali, luci troppo brillanti e movimenti sulla spiaggia. Giunta con una certa fatica oltre il livello dell'alta marea inizia a scavare, con una destrezza davvero sorprendente, una cavità nella sabbia dove depone un centinaio di uova grandi come palline da ping pong. Quindi ricopre con cura il nido, per garantire una temperatura di incubazione costante e per nascondere la sua presenza a volpi e sciacalli - predatori naturali -, per poi tornare al mare. È un rito che potrà ripetere a intervalli di 10-20 giorni diverse volte, fino a sette, nella stessa stagione.
Occorreranno circa due mesi perché il calore del sole faccia maturare i piccoli. Se la temperatura del nido, salirà, in una determinata fase dello sviluppo degli embrioni, oltre i 30°C, nelle uova si svilupperanno soprattutto femmine; in caso contrario si avrà una prevalenza di maschi. Grazie a sistemi non ancora del tutto chiari, le uova schiudono tutte nello stesso momento ma alcune, circa il 20%, non schiuderanno mai uccise da muffe e batteri; nel conto rientrano anche quelle rotte al momento della deposizione o che non sono state fecondate. Per uscire dal guscio i piccoli utilizzano una struttura particolare, il "dente da uovo" che verrà poi riassorbito in un paio di settimane. Saranno necessari dai due ai sette giorni perché essi riescano a erodere lo strato di sabbia che sormonta il nido e raggiungere la superficie; solo quando la temperatura della sabbia scenderà sotto una certa soglia - col calare della sera, quando gran parte dei predatori sono già ritirati - ritroveranno l'energia per rompere l'ultimo, sottile tetto di sabbia che copre il nido. In un attimo la spiaggia si ricopre di tartarughini diretti verso la maggiore fonte di luce che coincide, in mancanza di lampioni o discoteche nelle vicinanze (vedi box), con la superficie del mare. Giunte a mare nuotano ininterrottamente per oltre 24 ore per allontanarsi dalla costa, dove troppo numerosi sono i predatori, e raggiungere l'orlo della piattaforma continentale, dove le correnti concentrano una gran quantità di nutrienti. Dove esattamente trascorrano i primi anni della loro vita è un mistero che i biologi non hanno ancora svelato; dopo alcuni anni in mare aperto, ormai protette dalle loro stesse dimensioni, potranno far ritorno lungo le coste.
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IL MEDITERRANEO E LE TARTARUGHE
Dal punto di vista delle tartarughe il Mediterraneo è diviso nettamente in due bacini: quello occidentale, dove si trovano soprattutto esemplari giovani e di provenienza atlantica, e il bacino orientale dove, probabilmente grazie anche alle temperature più elevate dell'acqua (ancora una volta la temperatura gioca un ruolo fondamentale), si registra la maggiore concentrazione di tartarughe pronte alla riproduzione. Con le sole eccezioni dell'Adriatico e dell'Egeo settentrionale, quasi ovunque lungo le coste sabbiose orientali si trovano nidi: in Grecia, soprattutto, come in Turchia e a Cipro. L'Italia costituisce una barriera oltre la quale le tartarughe gravide raramente si spingono. Pochissime fra di esse scelgono le nostre spiagge per la deposizione: solo sei i nidi segnalati quest'estate, ed è stata un'ottima annata in confronto al passato più recente. Andava certamente meglio anche solo un quarto di secolo fa, quando molte delle spiagge siciliane e calabre offrivano ancora tranquillità a questi rettili, ma tutto sommato il nostro paese non è mai stato frequentatissimo.
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IL PUNTO SULLE TARTARUGHE MEDITERRANEE
Qual è insomma la situazione delle tartarughe in Mediterraneo? Lo abbiamo chiesto a Guido Gerosa, consulente per il Programma Ambientale delle Nazioni Unite e membro del Marine Turtle Specialist Group dello IUCN. presidente e responsabile scientifico delle ricerche di Chelon, uno fra i maggiori gruppi di ricerca europei in questo campo, e uno degli autori del Piano d'Azione Nazionale (PAN) per le tartarughe marine dell'ICRAM-Ministero dell'Ambiente.
"Con i dati al momento in possesso della ricerca, l'unica cosa che possiamo dire con certezza è che la diminuzione di nidificazioni, in gran parte causata dallo sconsiderato sviluppo del turismo di massa (ancora troppo poco compatibile con l'ambiente) e la cattura più o meno accidentale degli esemplari adulti - con conseguente decesso di questi -stanno impartendo un duro colpo al delicato equilibrio delle popolazioni di tartarughe presenti nel Mare Nostrum. Bisogna inoltre non sottovalutare che siamo di fronte ad una specie longeva e che gli effetti di ciò che sta accadendo oggi li vedremo solo tra una decina di anni. E' quindi indispensabile che ci si attivi subito, tutti, per non costringere i nostri nipoti a viaggiare verso spiagge lontane per poter ancora osservare uno dei più begli spettacoli che la natura può offrire: l'amorevole deposizione di una tartaruga che, non dimentichiamolo, è presente sul nostro pianeta da ben centodiecimilioni di anni."
Impossibile fare una stima del numero di tartarughe presenti in Mediterraneo. Il numero di nidi indica che quella mediterranea è una delle popolazioni più numerose al mondo; ma si tratta pur sempre di cifre assai contenute. Ovunque il numero di nidi è in declino, di pari passo con lo sviluppo del turismo; di contro il numero di tartarughe che finisce incidentalmente nelle reti sia a strascico sia da posta e nei palangaresi rimane sempre troppo elevato. Fondamentale un programma efficace di protezione, indispensabile soprattutto per la tartaruga verde, a serio rischio d'estinzione. Perché le misure di conservazioni siano efficaci però è necessaria una strategia comune a tutti i paesi rivieraschi.
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1999: TARTARUGHE IN DISCOTECA
È la triste fine che han fatto molti dei piccoli di tartaruga Caretta nati a fine luglio 1999 a Marina di San Lorenzo, in provincia di Reggio Calabria: attirati dalle luci della pista, i piccoli anziché dirigere in mare si sono ritrovati sulla strada fra le ruote delle automobili. C'è un risvolto positivo in tutta questa vicenda: l'eco della loro sorte è stato grande e ha consentito ai ricercatori di venire a conoscenza di altri due nidi calabresi; un numero sorprendente, visto che negli ultimi anni in Italia le deposizioni si contano sulle dita di una mano e che rarissimamente sono avvenute su spiagge della penisola. Volontari dell'ANPANA, un'associazione naturalistica locale presieduta da Vittorio Cotroneo, si sono assunti il compito della protezione dei nidi, deposti il 13 di giugno a Marina di Galati e il 4 luglio a Brancaleone. La notte del 5 agosto è nata gran parte dei piccoli del primo nido; una settimana dopo, lo scavo della cavità che accoglieva le uova - previsto dal protocollo scientifico ed effettuato da Gianpaolo Montinaro, ricercatore di Chelon - liberava dalla sabbia tredici tartarughini ancora vivi che, dopo esser stati controllati e misurati, sono stati liberati la sera stessa. Delle uova ancora sane e non schiuse, una ha poi dato vita a un piccolo, nato con ancora un residuo esterno del sacco vitellino. Il tartarughino è nato a Policoro, il nuovo centro di recupero per le tartarughe marine di Chelon all'interno del Circolo Velico Lucano, ed è stato battezzato Lucania. Dopo quattro giorni il sacco vitellino è scomparso e il piccolo è stato liberato di notte. La schiusa del terzo nido di Brancaleone è avvenuta ai primi di settembre e ha dato alla luce trentanove frenetici tartarughini. Oltre ai tre nidi calabresi, nel '99 sono stati segnalati due nidi a Lampedusa e uno a Pietra Grande, Agrigento.
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