« HOME  

Normativa | Uffici | Avvisi | Informazioni

* Sindaco
* Giunta Comunale
* Consiglio Comunale
* Statuto
* Regolamenti
* Ordinanze
* Delibere
 * Sede
 * Servizio_civile
 * Servizi al cittadino
 * Servizi alle imprese
 * Contributi
 * Concorsi
 * Dove siamo
 * L'ambiente
 * Storia
 * La cultura e l'arte
 * La casa rustica
 * Le colture agrarie
 * Scuola
 * Sanità
 * Chiese
 * Trasporti
 * Numeri utili
 
 
 
 

LA CASA RUSTICA

Le case d'abitazione hanno, in Sardegna, caratteri distintivi da zona a zona: le dimore rurali sono un elemento dinamico collegato con la vita dei contadini e dei mandriani, costruite in modo sempilice ed elementare, secondo l'antico schema degli edifici monocellulari circolari o rettangolari a usi plurimi, che, col tempo, si sono ampliati con l'aggiunta di altri vani.

Nei Campidani la casa si è evoluta in senso orizzontale, con un'alta recinzione sul lato della strada, col patio centrale, il pozzo, il loggiato e la corte sul retro. Più evoluta è la casa della Trexenta e della Marmilla dove la corte ha uno sviluppo notevole anche per soddisfare le necessità economiche, e conferisce agli edifici di questi paesi un carattere di ruralità accentuata.

In periodo cartaginese, quando sugli altipiani era in auge il sistema nuragico, nel Campidano e nelle zone cerealicole meridionali, come la Trexenta, si incominciarono a edificare dimore meno dispendiose adoperando argille locali.

Queste zone hanno adattato la casa assai prima della caduta della civiltà nuragica.

Nei villaggi dell'interno, l'uso dell'unico vano continuò più a lungo, rispetto alla zona in esame, ove dimore costituite da un unico vano non ne esistevano più, neanche isolate in campagna.

Un elemento valido in favore dello sviluppo della casa è la fertilità delle pianure meridionali: è qui che si trova, infatti, oggi, nella sua compiutezza, in forme elaborate lentamente attraverso i secoli.

Attraverso queste, si può intravvedere il successivo sviluppo della tipica casa campidanese, che si articola nel gioco dei cortili, spazi aperti della dimora, che è disimpegnata dall'immancabile porticato: "sa lolla".

Nelle case modeste il cortile è piccolo e minimo il portichetto, ridotto quasi a una veranda.

La capanna tipica delle campagne meridionali è rettangolare, a due falde; probabilmente il porticato ha avuto origine dalla necessità di proteggere il bestiame domestico.

La dimora del contadino è tanto più vasta quanto più egli è facoltoso e l'ampiezza del cortile è in ragione del bestiame domestico posseduto, nonché degli attrezzi da lavoro.

La nascita del cortile ha origine dall'aia antistante la dimora, poi recintata.

Il carattere spiccatamente medioevale della conformazione dei villaggi, il loro tessuto urbanistico, ci dimostra che, forse, anche prima dell'età giudicale, ma certamente in questo periodo, la casa campidanese era già definita nella sua fisionomia tipica, ed è, quindi, anteriore al periodo spagnolo.

Le case in ladiri sono in genere basse a causa del basso coefficiente di schiacciamento del materiale. Le dimensioni dei mattoni crudi ladiri -dal latino later = mattone- di terra argillosa impastata con acqua e paglia tritata poi essicata al sole, sono pressochè le stesse dei mattoni adoperati nell'antico Egitto e lo schema planimetrico delle case modeste del Campidano, si avvicina allo schema della casa egizia. Tuttavia, la casa meridionale ebbe, almeno,un primo sviluppo durante il dominio romano. La dimora romana, come in genere la dimora dei popoli antichi, aveva poche aperture sulla strada, molto spesso la sola porta d'accesso. E, per molto tempo, in Sardegna, si continuò a costruire senza altre aperture. Occorre riportarsi al periodo spagnolo per notare lo sviluppo della "ventana", e nello stesso periodo, lo sviluppo del piano superiore, spesso col balcone: sviluppo che si è generalizzato in questo secolo.

Fino al secolo scorso, del resto, l'organizzazione del villaggio e della sua economia era prettamente medioevale. Le case si sono evolute lentamente, mentre il villaggio si è conservato medioevale, con insediamento compatto, anche perchè la comunità fosse in grado di affrontare i nemici di sempre: i pastori nomadi.

In Trexenta, ancora nel 1951, c'era una percentuale del 2,33% di case sparse, in prevalenza abitate temporaneamente da guardiani o custodi, o del tutto disabitate o adibite ad ovile temporaneo.

Il villaggio è sempre dominato dalla parrocchiale e dal suo campanile, innalzati, per la maggior parte, da maestranze aragonesi o comunque con forme spagnolesche (tardo-gotiche, come nel caso di Selegas, o barocche).

Nella casa si accede da un ampio portale dalla caratteristica apertura sormontata da un arco, che immette in un ampio cortile, in fondo al quale si trova l'abitazione.

La porta carraia trova ancora, in Trexenta, esempi cospicui. Qui è possibile osservare grossi portoni, "su pottaui", di buona fattura, improntati ad una certa omogeneità per l'aspetto architettonico, nel quale sono, generalmente, introdotti archi a tutto sesto, non privi di eleganza e molto stabili.

La corte "sa prattsa", regolarmente antistante, in Trexenta è vasta. I rustici sono collocati presso il muro di cinta: il loggiato per i buoi "sa lolla 'e bois", con l'attiguo ambiente per la paglia "dom'e palla". Una stalla modesta ospitava il cavallo "s'accungia de su quaddu", un'altra il maiale "s'accungia de su proccu". Talvolta era presente anche il somarello ospitato in "s'accungia de su burrincu".

Il proprietario di vigneti ha anche il tinello "magasinu" per effettuarvi tutte le operazioni inerenti la lavorazione e la conservazione dei vini. Gli arnesi da lavoro trovano posto presso le botti, a meno che l'azienda non sia così vasta ed efficiente da richiedere un ambiente indipendente "sa domu de is ainas". Il pozzo "sa funtana" non manca quasi mai, con vicino il "laccu" caratteristico.

Il profilo della dimora è simile a quello della casa campidanese, formato da un corpo di fabbrica sopraelevato e dall'antistante loggiato. L'arco della "lolla" trexentese è pesante ed il pilastro non ha molto slancio, rimanendo soffocato da una costruzione massiccia; essa, tuttavia, nonostante qualche tenace persistenza, può ritenersi scomparsa in Trexenta: Gli archi della lolla sono in genere ostruiti e si lascia lo spazio per una finestra o una porta: la chiusura della lolla è stata resa possibile anche dall'apertura di finestre nelle camere.

La stanza ex lolla, rimane ancora integra nella sua lunghezza, fungendo da stanza di disimpegno.

Il primo ambiente al quale si accede dal cortile è la cucina, con il focolare costituito dall'immancabile camminetto. Fino al secolo scorso, in molte case, gli uomini e i servi dormivano su stuoie di sala, con i piedi contro il focolare centrale. Le stuoie al mattino venivano arrotolate e, pertanto, le cucine erano piuttosto vaste. Oggi tutti dormono su letti, che un tempo erano rari: in legno, poi in ferro; molto alti.

Giulio Angioni fa una distinzione tra le case dei braccianti, le case dei piccoli e medi proprietari e quelle dei maggiori proprietari. Le prime erano e sono principalmente formate da locali abitativi: cucina, stanze da letto, cortiletto, spesso orticello, piccola lolla, a volte qualche piccolo magazzino per i cereali e per i combustibili, legnaia nel cortile, forno a cupola nel cortile, a volte qualche appartato per animali da cortile: come pollame, e, di solito, per il maiale: spesso sistemato nella "domu de su forru". Le case dei piccoli

e medi proprietari differiscono da quelle dei braccianti principalmente per gli annessi agricoli -stalle, pagliai, ecc.-. Nella parte adiacente ad abitazione della famiglia le differenze sono per lo più qualitative: stanze più ampie e spesso più curate e meglio arredate, maggior numero di locali. In generale queste case sono a due piani. Nel piano di sopra stanno i magazzini per i cereali e una o più stanze da letto. Soprattutto nelle case dei medi proprietari si riscontra la lolla aperta sul davanti, e che dà al cortile. La casa dei maggiori proprietari è separata con un marciapiede privato dalla strada pubblica su cui dà con una facciata che ha finestre con inferriate in ferro battutto nel pianoterra, con balconi al piano superiore. Il portoncino padronale chiude un varco ad arco, con cornice a bugnata. Il piano terra è adibito alla vita diurna, quello superiore a quella notturna e al riposo. Non c'è lolla, ma un andito su cui danno le porte di tutte le stanze. Il primo cortile immediatamente sul retro della casa è separato da questa da un piccolo giardino; da questo cortile si accede al cortile agricolo con le varie stalle; ed infine, da questo, ad un'altro cortile su cui danno il letamaio ricoperto da una legnaia, un pagliaio e una grande stalla per le pecore. Una grande tettoia è adibita a rimessa di attrezzi e per la sosta di buoi.

Oggi, mentre la casa padronale non ha subito modificazioni notevoli nella struttura, tutto il complesso rustico è stato riadattato per le esigenze dell'agricoltura meccanizzata, e alcuni locali sono scomparsi per essere sostituiti da appartamenti e negozi.