Farnese: si pensa subito ai Farnese, la famiglia-bene della Tuscia Viterbese che ha lasciato il marchio ovunque durante il periodo di maggior prestigio (prima metà del Cinquecento). Farnese coi Farnese: i rapporti d’intimità dureranno circa quattrocento anni, a partire dal trecento, con punte record sotto la protezione del ducato di Castro creato da Paolo III. Iniziamo dal nome. La radice sembra essere la “farnia”, una specie di quercia un tempo molto diffusa nel territorio. Le fonti storiche non ci aiutano molto, sono scarse e poco attendibili.L'archeologo annota che la zona subì un processo di colonizzazione nell'età del bronzo(XII-X sec. A.c. ). Tracce di  villaggi un po' ovunque (il "Crostoletto"  la "Strompia", la "Roccoia") ma soprattutto alle sorgenti della nova, un pagus in grotte artificiali  su una superficie di quasi dodici ettari. Insediamenti nel bronzo anche nell'attuale abitato e in località "Soropiche" a ridosso del centro storico.
 Del periodo etrusco e romano, poco o niente: si sa solo che la zona doveva far parte della potente città-stato di Vulci. E' tuttavia evidente l'intervento etrusco nella vecchia fortezza protostorica di Rofalco: rimarchevole la tomba etrusca a camera   del "Gottimo".
Le prime notizie del "castrum" medievale risalgono all XI- XII secolo, quando il potere era nelle mani dei signori di Farneto (come allora si chiamava il paese) impiegati nella lotta per le investiture tra chiesa e impero. In quegli anni il feudo godeva della protezione di Orvieto. Poi i Farnese: vengono citati per la prima volta in un documento degli inizi del Trecento. Il loro lungo dominio su tutta la zona verrà consacrato dalla creazione del ducato di Castro, la città sepolta dopo le distruzione del 1649.
Infine, la terribile Selva del Lamone: oltre duemila ettari su un tavolato di lave del vulcano Vulsinio di circa 50.000 anni fa. Boschi a volte impenetrabili, di cerri e di latifoglie, querce e lecci, tra "murce" (piccole alture laviche su avvallamenti bui), anfratti spinosi, inghiottitoi e crateri d'esplosione simili ad anfiteatri lavici. 
 
  Notizie utili 

DOVE STA:
A Nord-Ovest di Viterbo lungo la strada che conduce alle campagne della vicina Toscana da cui confina la Selva del Lamone.
L'abitato è arroccato su uno sperone tufaceo segnato a valle dal corso dell'Olpeta un emissario del laghetto di Mezzano. Ad Est si apre la conca craterica del lago di Bolsena da cui Farnese dista una quindicina di chilometri. Il mar Tirreno (Montalto di Castro) è a mezz'ora di auto.

COME SI ARRIVA
 Dalla statale Cassia nel tratto Viterbo-Siena, deviazione al km 88 (a Nord di Viterbo) e prosecuzione per Marta, Valentano e Ischia di Castro. Da Grosseto statale Aurelia fino a Montalto di Castro e, quindi, verso Canino. Da Roma via Cassia in direzione di Viterbo e via Aurelia verso Tarquinia e Montalto di Castro. Dall'autostrada casello di Orvieto (quindi statale verso San Lorenzo Nuovo e Grotte di Castro) e casello di Orte (poi raccordo per Viterbo).

IN BUS
Collegamenti Co.Tra.L. con Viterbo (13 corse nei giorni feriali e 2 nei festivi). Farnese dista da Roma 116 Km, da Viterbo 33 Km, da Montalto di Castro 40 Km e da Maciano 30 Km.

DOVE DORMIRE
Sul posto non vi sono alberghi; occorre per tanto fare riferimento a Gradoli o Bolsena. Possibilità comunque di alloggiare in  accglienti agriturismi negli immediati dintorni del paese.

DA ACQUISTARE
Olio di oliva, formaggio di pecora, fagioli gialli, salumi.

DA VEDERE
Il museo "F. Rittatore Vonwiller", nel palazzo comunale, con plastici, pannelli, reperti sulle origini (fin dall'età del Bronzo) e ceramiche di varie epoche.   
Il dentro
è un modo singolare di chiamare il centro storico cui si accede dalla porta accanto al viadotto seicentesco che troneggia in piazza Umberto I a ricordare i Signori Farnese che l'utilizzavano per raggiungere dal palazzo ducale, il parco della 'Selva" (oggi scomparso). Subito appresso, la parrocchiale del Salvatore la cui facciata settecentesca ha subito un discutibile intervento di restauro negli anni Cinquanta. Nell'interno si fanno notare le edicole del XVI sec. presso l'altare della Madonna del Rosario, alcune tele di Antonio Maria Panico e Orazio Gentileschi e un Ciborio ligneo del Seicento; notevole la vecchia campana (1685), posta in un angolo della chiesa, con esaurienti didascalie che ricordano i lavori di restauro fìnanziati da alcuni pellegrini giapponesi. Di fronte, il palazzo Ducale della Rocca risalente al XIII sec. e più volte ampliato e ristrutturato: del tutto originale il  portale di stile vignolesco.  Ed eccoci immersi nel centro storico, un labirinto di tufo che da subito una gradevole sensazione di pulizia, come se le stradine e le viuzze fossero (ma lo sono verarnente) naturali "suites" a cielo aperto delle abitazioni su cui gravano, evidenti, i segni della storia. Stemmi, edicole, balconi fioriti, minuscole finestrelle, spezzoni di colonnine e capitelli, singolari portali, secolari cantine, tetti con ordinate file di tegole e coppi alla romana ed improvvisi belvedere sulla campagna e gli orti a ridosso delle mura. E poi la gente, cortese e civile che ha il raro dono dei sorriso e di un saluto cordiale
I LUOGHI DELLA FEDE
Alla processione di Santa Maria delle Grazie (ultima domenica di maggio) ci sono tutti: viene trasportata per le vie del paese l'immagine della Madonna, contenuta in una ricca gloria di legno: si tratta di un affresco proveniente dalla vicina città di Castro (la traslazione risale al 1695) che all'origine venne trovato dipinto su un masso in strada Cava. L'immagine è sistemata nella piccola cappella delle Grazie poco fuori il paese; ma quando c'è stato bisogno della sua intercessione (colera, epidemie, guerre ed altro) si è subito portata nella chiesa parrocchiale per suppliche più dirette e immediate.
Per una preghiera a Sant'Isidoro Agricoltore (protettore di Farnese) occorre entrare nella chiesa parrocchiale dove si venera la sua immagine riprodotta in un prezioso busto d'argento. Nel giorno della sua festa (10 Maggio) viene trasportato in processione su un 'Carro trionfale" trainato da buoi.
La costruzione della chiesa campestre di Sant'Anna, lungo la strada per Castro, è legata al parto felice della moglie di Mario Farnese nel 1613.  La Santa è la protettrice delle giovani partorienti.
Escursioni
Castro (10 km lungo la strada per Pitigliano) è una città sepolta, rasa al suolo nel 1649 dalle truppe pontificie di Innocenzo X. La storia ci ricorda che fu Capitale dell'omonimo Ducato istituito nel 1537 da Paolo III Farnese per il figlio Pierluigi. I ruderi, avvolti dalla vegetazione, appartenevano a monumentali edifici di impianto cinquecentesco in gran parte progettati di Antonio da Sangallo il Giovane. Di grande sii gestione gli eremi medioevali di Poggio Conte e  di Chiusa del Vescovo: si tratta di insediamenti rupestri formati dalla chiesa e da ambienti abitativi (per la visita è consigliabile rivolgersi al Comune, tel. 0761/458741).
Il lago di Mezzano (10 km a nord di Farnese) sorge a 400 metri di altitudine in un'oasi naturale di rara bellezza. Ha una superficie modesta (appena 48 ettari) e una profondità massima di una trentina di metri. Per alcuni è il "lacus Statoniensis" descritto da Seneca e da Plinio. Recenti ricerche subacquee hanno permesso di delimitare due insediamenti antropici con palafitte infisse sul fondale.
Il lago di Bolsena (15 km ad Est di Farnese) è il più grande d'Italia fra quelli di origine vulcanica (114 kmq) e fra i più spettacolari. Stupendo il panorama che si ammira da Valentano da cui si scende ai centri rivieraschi di Bolsena (nel versante orientale) e Capodimonte e Marta lungo la strada per Viterbo. Le due isole Bisentina e Martana, raggiungibili con battelli dal porticciolo più prossimo di Capodimonte, sono resti di coni vulcanici avvolti da rigogliosa vegetazione.
 

Farnese nel Piatto
Alla base di tutto olio di oliva e formaggi di pecora. Le specialità del posto verificabili in un antica osteria lungo la strada per Viterbo, risentono di queste saporite prerogative e propongono bruschette in varie versioni (salmì, crema di olive, pomodoro), salumi, pappardelle al cinghiale, fettuccine ai funghi, stringoli all'arrabbiata, acquacotta (tipica zuppa della Maremma), cinghiale al bujone, agnello allo scottadito, formaggio pecorino (fresco e stagionato) e dolci a base di ricotta (zuppone)
Gli artigiani
Il primo lo abbiamo incontrato per caso nella strada di Pinocchio che nel 1971 fece da sfondo allo sceneggiato televisivo di Luigi Comencini sulle avventure del famoso burattino di legno con Manfredi e la Lollobrigida. Il suo laboratorio di restauro di mobili antichi si trova in una delle ex stalle lungo la via. Francesco Meloni lavora invece la ceramica in via San Magno, ma nasce come pittore; la sua bottega è ricca di graziosi souvenirs, tutti decorati a mano, fra cui alcune preziose  statue del presepe.