Serramanna, paese agricolo-industriale in provincia di Cagliari, è posto al
centro della fertile pianura del Campidano. Dista dal capoluogo 32 km ed è
servito dalla ferrovia Cagliari- Portotorres / Olbia, dalla Strada Statale 196D che
taglia il paese in due e lo collega a Nord con Samassi (km 8) ed a Sud con
Villasor (km 6). Ottime strade provinciali portano a Nuraminis (km 8) ed a
Serrenti (km 10). Strade comunali asfaltate collegano il paese alla S.S. 196,
da dove si possono raggiungere Villacidro (Km 20) e Vallermosa (Km 17).
Il centro abitato è a m. 38 s.l.m., le sue
coordinate geografiche sono: latitudine 39°26' Nord, longitudine 8° 56' Est.
La popolazione residente è in continuo leggero
aumento con un rallentamento negli ultimi decenni, come si deduce dai dati dei diversi
censimenti.
Nel 1951 gli abitanti erano 6.656, nel 1961 erano 7.701, nel 1971 8.578,
nel 1881 9.420 e nel censimento del 1991
erano 9.837 abitanti divisi
in 2.934 famiglie, con una media quindi di 3,5 componenti per famiglia ed una
densità demografica di 117,26 abitanti per Km2 (contro quella
piuttosto modesta di 64 ab. della Sardegna). Non si conoscono ancora i dati del
censimento del 2001.
Il territorio è nel complesso pianeggiante, con una
altitudine massima di m.
93 s.l.m. ed una minima di 26. Ha una superficie di 83,89 Kmq.; confina con Sanluri, Samassi, Serrenti, Nuraminis, Villasor e Villacidro. È
tagliato in due, da nord a sud dal Fiume Mannu e da ovest ad est, nella parte ad
ovest del Mannu,
dal torrente Leni.
Il clima è quello tipico del Campidano meridionale,
subtropicale tendente al semiarido; la temperatura media annua oscilla tra i 14°C e
i 18°C. Le escursioni diurne sono molto basse e le minime invernali
oscillano intorno ai 6°. Le precipitazioni sono concentrate soprattutto nei
mesi invernali, distribuite mediamente in 50/60 giorni, e non
superano mai i 600 mm annui.
Il vento predominante è il maestrale, proveniente da Nord-Ovest, che si
incanala nella fossa tettonica del Campidano che collega il golfo di Oristano
con quello di Cagliari. E' spesso violento e soffia un pò in tutte le
stagioni.
La
parte antica dell'abitato è caratterizzata dalle tradizionali case campidanesi in
mattoni crudi ad uno o due piani, con finestre piccole, loggiati, alti muri di cinta anche alla
strada e ampio portale d'ingresso, separate spesso dalla strada da un
cortile. Il centro abitato, rimasto invariato per tanti anni, solo dopo la seconda guerra
mondiale ed il boom economico e demografico degli anni '60, si è sviluppato in modo notevole. Il paese si è allargato
in pochi anni soprattutto nelle
zone verso Samassi, il cimitero e Villasor, ed al di là
della ferrovia. Nel centro storico si cerca ancora di salvare, o di mantenere
comunque la tipologia delle vecchie case,
ma per le nuove costruzioni sono cambiati rapidamente
i criteri ed i materiali impiegati e così, mentre subito dopo la guerra si
impiegava per le murature esclusivamente il blocchetto di cemento, si è passati poi ai laterizi ed a
materiali e metodi
di costruzione sempre più evoluti. Anche la movimentazione, la disposizione, i disimpegni e
le rifiniture delle abitazioni sono cambiati notevolmente: nessuna casa è priva delle comodità
più moderne. e non mancano mai i servizi igienici, la veranda ed i
balconi, con grandi finestre che consentono un migliore ricambio dell'aria ed
una migliore illuminazione degli ambienti. Le case non sono più nascoste dagli
alti muri di cinta, e non esistono più le stalle, i
magazzini per la paglia e le sementi ed i vani per la macina del grano manovrata
dall'asino e per la lavorazione della farina (sa domu de sa farra), caratteristici delle vecchie case agricole
che dovevano ospitare anche il carro, il cavallo, i buoi, l'asino, il maiale e
le galline. Di cavalli, asini buoi e carri non c'è più traccia, e
le nuove
generazioni hanno poche occasioni per conoscere, stando qui a Serramanna, queste
bestie una volta molto comuni.
Serramanna è un paese
ad economia prettamente agricola, basata tradizionalmente sulla coltivazione
degli agrumi, dei cereali, carciofi, pomodori, barbabietola da zucchero,
ortaggi in genere, e sull'allevamento del bestiame, soprattutto ovino e suino.
Sino ad una decina di anni fa era ricca di vigneti, ormai quasi tutti estirpati
a seguito della crisi del vino, delle vicissitudini della Cantina Sociale e dei
contributi dell'Unione Europea per favorire le estirpazioni. Ha poche industrie: quella alimentare (Casar) e poche altre
artigianali, soprattutto
meccaniche e del legno.
Una panacea per
l'agricoltura?
Nel gennaio del 2002
L'Unione Sarda
ha pubblicato una
corrispondenza di Valeria Putzolu dove si
parla di un progetto del Consorzio Intercomunale Salvaguardia Ambientale (Cisa)
per risolvere l'approvvigionamento dell'acqua con
cinque milioni di metri cubi all’anno di questo prezioso
elemento, ricavati dal trattamento delle acque provenienti dalle
fogne, da distribuire alle campagne assettate dei comuni del consorzio fognario.
Si dice nell'articolo che permetterebbero di impiantare mille ettari di barbabietole, una delle colture
che necessita di più acqua per essere prodotta. La soluzione sarebbe appunto nella
realizzazione del progetto presentato e approvato dalla Regione, che prevede che
la struttura del depuratore venga adeguata con gli impianti necessari affinché
possano recuperarsi le acque reflue per distribuirle agli agricoltori
tramite il consorzio di Bonifica.
Consalvo
Atzori, presidente della Cisa, promette agli agricoltori
che, «avendo a disposizione l’acqua senza limiti per tutto l’anno, potranno
variare le colture, non limitandosi più alle poche di adesso. La resa sarà
maggiore, perché l’acqua non verrà più razionata e garantita solo per
alcuni cicli, ma per l’intera produzione, dalla semina alla raccolta. Di
conseguenza si potranno aprire le porte di nuovi mercati, andandosi ad
aggiungere a quelli già esistenti». Inoltre, anche il prezzo dell’acqua potrà
essere soggetto a una diminuzione. Se oggi in media l’agricoltore paga
ottocentomila lire a ettaro, in futuro, grazie a una resa economica migliore,
l’ente di gestione dell’acqua guadagnerà più “clienti” (ovvero più
persone saranno motivate a lavorare in agricoltura facendo richiesta di acqua)
dividendo, quindi, i costi di gestione in più parti. (Sono infatti questi che
determinano il prezzo finale)». «Sono quasi nulle le possibilità che
l’opera, una volta conclusa deluda le aspettative», dice l'ing. Mauro Musio
dipendente della Cisa «L’acqua, una volta recuperata, potrà essere
riutilizzata e nuovamente riciclata, costituendo così il ciclo integrato
dell’acqua». Un’opportunità concreta, per risollevare le sorti
dell’agricoltura. I lavori dovrebbero iniziare entro pochi mesi. La spesa
ammonta a quaranta miliardi.
http://www.lunionesarda.it
Un progetto veramente ambizioso, una panacea per la nostra agricoltura: pronta
realizzazione dell'opera, acqua a
volontà, maggiore resa delle colture , minor prezzo dell'acqua . Speriamo che
gli obbiettivi vengano presto raggiunti con piena soddisfazione di tutti.
|