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A circa due km dall' abitato,cui è collegata da un lungo e moderno ponte,
immersa tra gli eucaliptus,sorge l'antica chiesetta campestre di
S.Maria circondata per tre lati da loggiati e ubicata vicino a dove, sino
a non molti anni fa,era la confluenza del torrente Leni nel fiume Mannu.
Ora che i due corsi d'acqua sono stati spostato ed arginati, rimane più
lontana da entrambi.
La chiesa si
trova menzionata già nel 1089 nella donazione che il giudice Costantino
di Lacon, figlio di Arzone,ne fece ai monaci benedettini dell' Abbazia di
San Vittore di Marsiglia. Quando gli aragonesi vennero in Sardegna nel XIV
secolo la chiesa, che apparteneva al popoloso centro di Santa Maria del
Leni ed era dedicata alla Natività della Vergine (ed è in questa
ricorrenza che viene ancora oggi festeggiata), venne intitolata alla
Madonna di Monserrato molto venerata in Spagna. Nelle memorie del 1778 del
parroco Francesco Ignazio Mastio è riportato che la chiesa fu riedificata
sulle rovine di una più antica che formava il titolo della canonica di
Serramanna nel capitolo della primaziale di Cagliari.
Durante gli scavi
per le fondazioni della nuova sacrestia della chiesa, eseguiti nel 1843,
furono rinvenute numerose testimonianze che attestano la presenza di una
cospicua popolazione nella zona: sepolture a due metri di profondità,
monete puniche, vasi, lacrimatoi, avanzi d'armi e stoviglie colorate,
cisterne e rottami diversi ora al museo di Cagliari; ma anche fondamenta
ciclopiche di costruzioni nuragiche. Sino a pochi anni fa, massi nuragici
di arenaria si trovavano nel muretto a secco che circondava il cortile
della chiesetta e alla base di una colonna con croce, posto vicino alla
strada sulla sinistra della chiesa (visibile nella foto in alto).
A S.
Maria è dedicata la festa più sentita dai serramannesi. In tempi non
lontani, ma già con abitudini e mezzi molto diversi dagli attuali, quando
si partecipava alla festa arrivando dal paese in costume o con il migliore
abito della festa, con gli ormai spariti carri e carrette a cavallo
addobbati (is tracas), si tenevano a cura del comitato (is
obreris), nelle
vicinanza della chiesa e tra un nugolo di polvere che si appiccicava agli
abiti, le corse e le pariglie dei cavalli, nei terreni dove ancora non
erano state bruciate le stoppie del grano e dove il percorso era segnato da un solco d'aratro
(s'arringu).
La sera non mancavano mai spettacolari fuochi artificiali e più tardi le
gare di poesia dialettale (is cantadas) molto care non solo alle persone
di una certa età ma pure a molti appassionati giovani, in mancanza delle
quali, e senza l'intervento di bravi conosciuti cantadores, il Comitato
non poteva dire di avere bene organizzato i festeggiamenti soddisfacendo
le aspettative di tutta la popolazione. Erano tante le chiassose comitive
di amici, ma soprattutto di famiglie intere, che nei giorni della festa
arrivavano sui carri e si trattenevano a mangiare sotto le tettoie e nelle
capanne di frasche (is barraccas), nei vicini agrumeti, o al fresco degli
alberi in prossimità delle fresche acque del Leni. La chiesa era tutta abbellita
all'esterno da pergolati di mirto e da grandi arbusti a palla coltivati
apposta negli orti vicini, sradicati ed appesi. Erano numerosi i torronai
ed i venditori di nocciole, di castagne secche e di mostaccioli, che
provenivano perlopiù da Tonara e da Aritzo e montavano le loro bancarelle
nel piazzale attorno alla chiesa.
La festa religiosa inizia con la
partenza della processione che accompagna il simulacro della santa, nel
pomeriggio del 7 settembre, dalla parrocchia di san Leonardo alla chiesa
di santa Maria e si conclude con la messa e il panegirico; celebrazione di
messe l' 8 settembre giorno della festa e la mattina del 9, e rientro in
parrocchia all'imbrunire, con una lunga processione accompagnata dal lume
delle candele e delle torce, più emozionante sino agli anni scorsi, meno
ora che si provvede ad illuminare il tragitto sul ponte con addobbi di
lampadine multicolori. I festeggiamenti si concludono il 10 di settembre
con la festa degli ortolani (così chiamata una volta perché organizzata
dai contadini che coltivavano i numerosi orti della zona), con una messa,
la processione nei campi attorno alla chiesa e semplici spettacoli
popolari: tiro alla fune, albero di cuccagna, scorpacciate di spaghetti,
corse nei sacchi, corse di asinelli...
Sostanzialmente la festa religiosa
è rimasta invariata almeno nel corso dell'ultimo secolo, se si eccettuano
alcuni ammodernamenti come quello tentato nel 1957 e portato avanti per
pochi anni, quando venne utilizzata per le processioni la nuova statua
della Madonna Immacolata (ora custodita nella cappella si S. Maria in
parrocchia) che non aveva niente a che vedere con quella
tradizionale di Monserrato con le caratteristiche vesti di tessuto,
venerata per secoli e ereditata dalla dominazione catalana. Quando nel
1971 sorse la parrocchia di San Ignazio da Laconi, ci furono lunghe
diatribe per decidere a quale delle due parrocchie appartenesse la
chiesetta e a chi dovessero quindi spettare i festeggiamenti di S. Maria.
Si arrivò ad uno strano compromesso: per qualche anno le due parrocchie
si sono avvicendate nei festeggiamenti: un anno a S.Leonardo e un anno a
S. Ignazio. E' proprio in questo periodo che compare nelle processioni che
partono da S. Ignazio un'altro simulacro, quello della Madonna nera
spagnola di Montserrat, intagliata nel legno,ma completamente diversa da
quella che è stata sempre venerata dai nostri avi. Dopo anni di litigi,
di dispetti, di parole pesanti, di compromessi e di trattative, spesso al
limite del ridicolo, l'Arcivescovo di Cagliari, con suo provvedimento del
6 agosto 1992, per porre fine a tutte le diatribe, ha eretto Santuario
diocesano la chiesa di S. Maria ed ha nominato come rettore dello stesso
il parroco pro-tempore della parrocchia di San Leonardo, affidandone alla
sua persona tutte le incombenze. Spiace ricordarlo, perché se così fosse
sarebbe una cosa imperdonabile, ma pare che da allora alle funzioni
religiose per santa Maria, pur con la devota presenza di molti
parrocchiani di s. Ignazio, non si sia più notato il loro parroco.
In occasione del Giublileo
del 2000, l'arcivescovo di Cagliari Ottorino Pietro Alberti, aveva incluso
la chiesa di s.Maria tra i Santuari
diocesani presso i quali si In occasione del In
Nell' occasione del Giublileo
dell'anno 2000, l'arcivescovo di Cagliari mons. Ottorino Pietro Alberti
aveva incluso la chiesa di s. Maria tra i Santuari diocesani presso i
quali si potevano lucrare le indulgenze.
Per
concludere, ricordo che il giorno di S. Maria segnava la data d'
inizio della nuova annata agraria, con la scadenza e il rinnovo di tutti i
contratti, non solo di quelli dell'agricoltura ma anche degli altri, come quello
delle domestiche fisse che finivano in tale giorno l'anno e dovevano
decidere se restare nella stessa famiglia o cambiare.
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