Il 27 luglio 1854, in
nome di Sua Maestà Vittorio Emanuele II re di Sardegna, la Corte
d'Appello di Cagliari, sedente in classe criminale, ha emanato
quella che si ritiene sia stata l'ultima condanna a morte eseguita
a Serramanna. Dal 1890 è stata abolita in Italia la pena di morte,
sostituita con quella dell'ergastolo. Il
patibolo per l'impiccagione veniva montato nella località su
molinu alla periferia nord dell'abitato, grossomodo dov'era
quello che veniva chiamato il Parco delle Rimembranze
alberato con piante di eucaliptus messe a dimora dai
ragazzi della scuola (allora c'erano solo le elementari) per la
Festa degli Alberi, in memoria dei Caduti della prima guerra
mondiale e che oggi è la piazza Matteotti.
Il patibolo veniva eretto nell'angolo della piazzetta dove si
trova ora lo zampillo.
La sentenza passò in giudicato,
avendo rigettato la Corte di Cassazione il 29 settembre 1854 il
ricorso dei condannati, e l'esecuzione avvenne molto probabilmente
in quel sito, potendosi interpretare "da eseguirsi nel luogo
del reato" come: da eseguirsi nel paese dove si consumò il
reato.
Riporto di
seguito, quasi integralmente, la sentenza. Mi è sembrato
interessante farlo anche per ricordare come si viveva 150 anni fa
a Serramanna quando, pure le persone benestanti, nascondevano i
soldi in solaio entro il cumulo del grano per la semina, o sotto
il letto, o dentro una pentola. C'erano allora i servi ed i
conservi, gli asini tenuti al pascolo nell'aia di giorno e
che si riportavano la sera a casa, e tanti altri piccoli
particolari di un passato che ci sembra già remoto.
La sentenza era stata emessa
nella causa contro BF, servo di anni 36, FF falegname di anni 23
e MS fabbro ferraio di anni 31, tutti domiciliati in Serramanna,
accusati di grassazione accompagnata da omicidio, con
depredazione di denari ed altri effetti, ai danni della vedova
Gioacchina Cireddu nata Pillitu, in Serramanna, nella casa
d'abitazione della vittima.
Dalla lettura degli atti e dalla "perizia del
cadavere" risultò che la vedova "donna possidente
economa e denarosa sia stata uccisa a maleficio per grassarla e
derubarla del denaro che possedeva" come dimostrarono
"lo sconvolgimento della roba ed il secchio di rovere
trovato con sei pezzi di carta che servirono per involgere delle
monete buttati per terra ed il grano del solaio sconvolto, ove
si hanno delle tracce che tenesse nascosto del denaro che non vi
si trovò". Dalle indagini risultò che sin dal carnevale
precedente l'omicidio BF e MS "ed altri due individui
combinavano di grassare la Cireddu e toglierle i denari che
possedeva, massimo quelli del granaio indicati dallo stesso BF.
Nell'imbrunire del 1°maggio 1854, sera del reato, essendo
assenti gli altri due conservi, mandati per dormire in campagna
alla custodia del bestiame, fu inviato lo stesso BF dalla
padrona ved. Cireddu per avvisare il fabbro falegname a
ricondurre in casa gli asini che trovavansi al chiuso
dell'aia".
Appena sortito da casa BF "fu trovato da un incognito il
quale incaricò di entrare in casa e di aspettarlo fino al suo
ritorno, come questo fece, introducendosi nel portone: che
nonostante sia stato slegato il cane, e chiuso il portone, e
risulti che tale bestia non potea sortire se non aprendo la
porta, al momento della grassazione il cane trovasi fuori casa,
motivo per cui bisognerebbe dire che il cane sia stato mandato
via da persona della stessa casa prima di commettere il reato.
Il BF fu trovato "legato a mani e piedi con piccole
cordicelle di canapa" come anche la padrona "ed indi
attorcigliati ambidue con una fune molto più lunga". Sopra
il cadavere della vittima, ma non sul BF, venne posto un
materasso piegato in due. "I legami del BF erano molto
leggeri e fatti in modo da non recargli non solo del danno, ma
neanche dolore", "la gran fune era inutile dopo che
erano stati legati separatamente onde e bisogna dire, che siano
stati ambedue in tal modo con questa fune uniti unicamente per
fare credere che esso BF non fosse per niente conscio del
reato". Risulta poi che poco tempo dopo la grassazione il
BF venne derubato di denari, pare oltre cento scudi, che teneva
in casa della madre. Avutasi notizia di questo furto venne
perquisita la casa della madre e vi si trovò sotto il letto un
cassone sfasciato e, dentro una pentola, la somma di lire nuove
77 e centesimi 92 che
il BF voleva nascondere. Tra le monete si trovò "uno scudo
di Francia detto di tre gigli, già da dieci anni e più fuori
corso in Sardegna e che non potea di conseguenza essere
posseduto da persone che avevano bisogno di mettere giornalmente
in circolazione i pochi soldi che avevano".
Il BF, dopo essere stato derubato negò in un primo tempo di
avere conosciuto i ladri, ma disse poi di avere riconosciuto MS,
FF ed un altro ormai defunto, per poi affermare nel dibattimento
di averli semplicemente rassomigliati, questo "per
debilitare i forti sospetti che contro di lui potevano nascere
rendendosi pubblico d'aver sofferto un furto di denaro così
vistoso".
Per quanto riguarda FF "oltre la sua unione ed intima
amicizia col MS prima e dopo questo reato, oltre le orme di
scarpe signorili, di cui secondo il detto di qualche testimone
solea in quel tempo far uso" risultò che
"nell'inverno precedente avea bisogno e si fece realmente
pochi denari per campare la vita" ma "pochi giorni
dopo successo il reato venne a Cagliari ove acquistò gran
quantità di legname" e "nonostante queste spese già
fatte" a detta di testimoni "teneva entro un cassone
una somma di scudi da cinque franchi non inferiore a cento, e
tutto ciò senza che siasi potuto sapere né immaginare altra
provenienza in lui di questi denari, salvo questa
grassazione". Per fare deviare queste prove FF "cercò
di stabilire un alibi avendo a tale oggetto parlato vari
testimoni i quali deposero... di non averlo visto in quella
notte".
Per quanto riguardo MS "la Corte ritenne la propalazione
del BF ed i concerti presi per eseguire questo reato in casa
dell' OA e l'unione in casa del FF e dello stesso MS col quale
sortirono assieme la notte stessa del reato avviandosi verso la
casa Cireddu e di essere stati in casa del FF la mattina
immediata fin dalle cinque ed infine il sensibile miglioramento
di fortuna e gli acquisti di ferro in notabile quantità fatti
in Cagliari, pochi giorni dopo il reato".
"A tutto ciò si aggiunga le loro qualità personali ed il
contegno da rei massimo nell'escludere i testimoni che più gli
gravavano, ai quali nulla seppero opporre di rilevante in questa
udienza. Che tutti in seno alla Corte contribuirono
all'esecuzione del reato, il BF come complice gli altri come
autori". Convinta la Corte che senza la complicità del BF
non si sarebbe potuto commettere il reato, si arrivò alla
condanna di BF, FF e MS "alla pena di morte da
eseguirsi nel luogo del reato, colla perdita dei diritti civili,
indennità verso gli eredi della grassata e nelle spese,
mandando restituirsi ai medesimi i denari sequestrati e
stamparsi, pubblicare ed affiggersi la presente nei modi e
luoghi soliti".
|