I° Servizio Psichiatrico
Diagnosi Cura - Ospedale Civile Maggiore- Azienda Ospedaliera Verona
INTRODUZIONE
L’abuso e la dipendenza da alcol sono tra i più
comuni disturbi da abuso di sostanze psicoattive.
In Italia i così detti “consumatori regolari”
rappresentano il 59% della popolazione al di sopra dei 19 anni.
I “bevitori eccessivi” (consumo eccessivo ripetuto
negli ultimi tre mesi) 7 % (3,2 milioni).
I “bevitori più a rischio di dipendenza” (più di una
intossicazione negli ultimi tre mesi), 2% (0,8 milioni).
L’abuso e la dipendenza da alcol viene in genere
denominato “Alcolismo”; tuttavia questo termine non viene usato nel DSM IV o in
altri sistemi diagnostici ufficialmente riconosciuti (1).
Tra i clinici si parla sempre di più di “bevitori
problematici” o di situazioni problematiche correlate all’alcol di cui
l’alcoldipendenza è solo uno degli aspetti presenti.
Tenendo come sistema diagnostico di riferimento il
DSM IV, in questo troviamo elencati i Disturbi Correlati all’alcol e i Distrubi
Indotti dall’alcol (Intossicazione alcolica, astinenza alcolica, ...).
Con
l’avvento e la diffusione dei vari manuali diagnostici (in particolare col DSM
IV e i suoi assi diagnostici), ha ricevuto sempre più attenzione da parte dei
clinici il problema della comorbilità psichiatrica cioè la presenza di più
disturbi contemporaneamente presenti in un soggetto. Al di là delle riserve che
tale concetto in psichiatria solleva (per esempio se sia più indicato parlare
di comorbilità o di doppia diagnosi) tale correlazione rende più complicato il
quadro clinico peggiorando la risposta ai trattamenti farmacologici e rendendo
meno sicura la prognosi.
In accordo con i criteri del DSM IV nel 32% delle
femmine e nel 24% dei maschi la Dipendenza da Alcol si associa ad un altro
disturbo di Asse I o Asse II.
Per quanto riguarda poi l’associazione tra la
Dipendenza da Alcol e l’Asse II (Disturbi di Personalità) la letteratura è
concorde nell’affermare che il concetto di “personalità alcolica” è da
ritenersi non giustificato. Non vi è dubbio che alcuni tratti di personalità
siano frequentemente ricorrenti tra questi soggetti: 1) intolleranza alla
monotonia, 2) intolleranza alla frustrazione, 3) ricerca continua di emozioni
forti e di esperienze nuove con conseguente propensione per i rischi fisici,
psicologici e sociali, ma questi aspetti sono tuttavia comuni ad ogni tipo di
dipendenza.
Attualmente
si parla quindi di dipendenza da alcol e di disturbi di personalità
evidenziando, a seconda dei tipi di personalità patologica, modalità
diverse nell’assunzione di bevande
alcoliche in particolare per quanto riguarda il Disturbo Antisociale di
Personalità, la dipendenza si caratterizza per una assunzione di alcol elevato
e persistente già prima dei 20 anni seguita rapidamente da problemi fisici e
psichici. Tale disturbo, che risulta più comune negli uomini, si associa
inoltre con estrema frequenza ad una polidipendenza.
La risposta al trattamento è meno favorevole con
risultati positivi in circa il 12% dei soggetti a fronte dei dati molto più
incoraggianti riferiti a pazienti con comorbilità per Disturbo Dipendente di
Personalità o senza alcun disturbo di personalità di rilevanza clinica.
Nel Disturbo Dipendente di Personalità l’esordio
della dipendenza è più tardivo, intorno ai 30 anni, forse correlato con le
osservazioni di carattere clinico che mostrano un peggioramento di tale
patologia col trascorrere degli anni. L’assunzione dell’alcol tende ad essere
continuativa ma raramente si associa ad una polidipendenza.
Nel Disturbo Borderline di Personalità l’età di
esordio della dipendenza è intermedia rispetto ai primi due e l’assunzione di
alcol è intermittente, per cui la diagnosi di Abuso è più frequente e più
protratta e può anche non giungere a quella definitiva di Dipendenza (2).
·
Con allucinazioni
Il disturbo psicotico con allucinazioni indotto da alcol rappresenta una grave complicanza psicorganica dell’alcoldipendenza cronica ed interessa il 3% degli alcoldipendenti.
Malgrado il disturbo sia
stato considerato da sempre nell’ambito della patologia psicotica
alcol-correlata, tuttora non esistono elementi eziopatogenetici definiti che
consentano di stabilire la chiara relazione con l’abuso alcolico cronico.
·
Con delirio
Nel disturbo psicotico con deliri indotto da alcol prevalgono fenomeni deliranti, vissuti senza coscienza di malattia, la cui comparsa è messa in stretta relazione con quadri di intossicazione a distanza e la cui durata non eccede un periodo di qualche settimana.
Il disturbo così descritto, presenta caratteristiche
assai differenti da quadri deliranti a decorso cronico, di non rara
osservazione in corso di alcoldipendenza, caratterizzati dalla presenza di idee
deliranti sistematizzate, incontrollabili, lucide.
Le idee deliranti croniche
degli alcoldipendenti vengono classificate in tre gruppi:
·
Deliri di interpretazione: sono riferiti in questo
ambito il classico delirio di gelosia (paranoia alcolica) che rappresenta la
forma clinica più nota di questi disturbi e quadri deliranti a contenuto
persecutorio con temi di nocumento e veneficio;
·
Deliri allucinatori: sono quadri deliranti correlati
al disturbo psicotico allucinatorio indotto da alcol.
·
Deliri
paranoidi: sono sviluppi deliranti simili a quelli della schizofrenia (più
rari) (Tab. 1) (3, 4).
·
CON ALLUCINAZIONI (ALLUCINOSI ALCOLICA)
DELIRIO DI GELOSIA DELIRIO
PERSECUTORIO DELIRIO DI NOCUMENTO DELIRIO DI VENEFICIO ·
CON DELIRI DI INTERPRETAZIONE ALLUCINATORI PARANOIDI
|
Le indicazioni dell’uso di antipsicotici riguardano
prevalentemente stati di agitazione psicomotoria o delirium e disturbi ideativi
di tipo delirante (Tab. 2). Nelle condizioni di acuzie vanno preferiti i
farmaci maggiormante sedativi come le fenotiazine alifatiche (Cloropromazina e
Promazina) e piperidiniche (Tioridazina) o le dibenzo-x-azepine (Clotiapina).
Nelle situazioni croniche deliranti sono
consigliabili i Butirroferoni (Aloperidolo), le fenotiazine piperaziniche
(Perfenazina), e tutti gli antipsicotici della nuova generazione (Clozapina,
Risperidone, Olanzapina, Quetiapina, Ziprasodone, …).
Nelle
condizioni di alcoldipendenza cronica viene anche consigliato l’uso di
complessi del gruppo delle Benzamidi sostituite (Tiapride, Sulpride,
Levosulpride, Amisulpride) che hanno effetto neurolettico senza esercitare
eccessiva attività sedativa.
In particolare per l’”Allucinosi Alcolica” sono da
preferire i neurolettici più incisivi (Butirroferoni). Bisogna tener presente
che il dosaggio di questi farmaci è strettamente individuale e può variare in
funzione dell’età, della tollerabilità, delle condizioni generali del paziente.
È da valutarsi l’uso di anti parkinson per ridurre gli effetti collaterali
extrapiramidali (Tab. 3). Possono essere associati anche gli ansiolitici a
seconda della necessità.
Nella
“Paranoia Alcolica” (delirio di gelosia) non sembra, in effetti, esistere un
trattamento specifico: si ricorre all’uso di neurolettici classici e di nuova
generazione (atipici) per controllare eventuali comportamenti violenti o
aggressivi oltre che alla possibilità di “spegnere l’attività delirante”,
comunque non sono rare le remissioni complete ed eventuali esacerbazioni dei
sintomi psicotici.
Per le “Sindromi Deliranti Allucinatorie” si può
ricorrere all’uso di tutti i tipi di antipsicotici: in queste sindromi, al
contrario delle forme deliranti croniche, la terapia antipsicotica appare
maggiormente efficace.
Un adeguato trattamento farmacologico con neurolettici tipici ed atipici è
assolutamente necessario per i pazienti alcoldipendenti con una diagnosi in
comorbilità per la schizofrenia.
In qualsiasi caso di uso di neurolettici con
l’aggiunta di Disulfiram il paziente dovrebbe essere controllato più
frequentemente per poter valutare possibili esacerbazioni di sintomi psicotici
(secondari alla inibizione della dopamina-b-idrossidasi) che
necessiterebbe di un aumento del dosaggio del neurolettico usato.
Gli effetti dell’interazione tra alcol ed
antipsicotici sono dovuti all’effetto sinergico reciproco e quindi alla
depressione sul S.N.C. Alcuni studi biochimici hanno evidenziato che l’alcol
determina un aumento della concentrazione plasmatica delle catecolamine,
soprattutto della noradrenalina (5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13).
CLASSE DI APPARTENENZA |
PRINCIPIO ATTIVO |
SPECIALITA’ COMMERCIALE |
Fenotazine alifatiche Fenotiazine piperidiniche Fenotiazine pipiraziniche Butirrofenoni Difenilbutilpiperone Tioxanteni Dibenzoxapine Benzamidi sostituite Benzisoxazoli Altri nuovi AP |
Clorpromazina Levomepromazina Propericiazina Tioridazina Flufenzina Perfenazina Trifluperazina Aloperidolo Benperidolo Bromperidolo Droperidolo Pipamperone Trifluperidolo Pimozide Clopentixolo Zuclopentixolo Clotiapina Clozapina Amisulpride Levosulpiride Sulpiride Sultopride Tiapride Risperidone Olanzapina Quetiapina Sertindolo Ziprasidone |
Largactil, Prozin Nozinan Neuleptil Melleril, Mellerette Anatensol, Moditen (depot) Trilafon (depot) Modalina Haldol (depot), Serenase Psicoben Impromen Sintodian Piperonil Psicoperidol Orap Sordinol Clopixol (depot) Entumin Leponex Deniban Levopraid,
Levobren Dobren,
Equilid, ecc. Barnotil Sereprile, Italprid Belivon, Risperdal Zyprexa Seroquel Serdolect (ritirato dal commercio) non in commercio in Italia |
Bellantuono e coll. 1999
Tab. 3 FARMACI ANTICOLINERGICI (AC)
PRINCIPIO ATTIVO |
NOME COMMERCALE |
DOSAGGIO GIORNALIERO |
Biperidone Triesilfenilide Triciclamolo Orfenadrina Metixene |
Akineton Artane Kemadrin Disipal Tremaril |
fino a 8 mg/die 6- 15 mg/die 15- 30 mg/die 100- 150 mg/die 15-45 mg/die |
RISCHI LEGATI ALL’USO COMBINATO DI AC ED AP ·
aumento degli effetti anticolinergici centrali: stato confusionale,
peggioramento delle funzioni cognitive (memoria, attenzione, …), soprattutto
nell’anziano ·
aumento degli effetti anticolinergici periferici: ritenzione
urinaria, ileo paralitico, … ·
rallentamento della peristalsi intestinale con ridotto assorbimento
AP, maggiore rischio di insorgenza DT · possibili fenomeni di abuso e dipendenza dopo uso prolungato |
Bellantuono e
coll. 1999
L’alcol determina un acuto incremento del rilascio di serotonina, fornendo così un sollievo temporaneo all’umore disforico. Il consumo cronico di alcol può comunque esacerbare il deficit serotoninergico che insieme con l’effetto disinibente dell’alcol stesso aumenta ulteriormente la propensione al comportamento impulsivo e violento (Tab. 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10 – Fig. 1) (14, 15).
Tab. 4 LOW SEROTONIN SYNDROME
Nuclei del rafe dorsale e mediano
5HT
nucleo
soprachiasmatico
Ritmi circadiani
Disagio
Insulina
Glucagone
Disforia
Metabolismo del
Glucosio
Glicemia
Consumo di alcol Impulsività
(aggressività, violenza)
|
Tab. 5 FATTORI DI RISCHIO
“GENETICO” PER IL COMPORTAMENTO VIOLENTO
·
GIOVANE ETA’ ·
SESSO MASCHILE ·
ABUSO DI SOSTANZE
PSICOATIVE ·
BASSO Q.I. ·
BASSA SCOLARITA’ E BASSO
STATUS SOCIO-ECONOMICO ·
VIVERE IN AMBIENTI URBANI
RISPETTO A QUELLI RURALI ·
STORIA DI “ABUSI” NELL’INFANZIA ·
STORIA PERSONALE,
FAMILIARE E AMBIENTALE DI COMPORTAMENTO ·
VIOLENTO ·
DETERIORAMENTO DEL
FUNZIONAMENTO SOCIALE ED EMARGINAZIONE |
Tab. 6 CORRELATI
PSICOPATOLOGICI DEL COMPORTAMENTO VIOLENTO
·
ELEVATO LIVELLO DI DISORGANIZZAZIONE CONCETTUALE, ALLUCINAZIONI,
INUSUALE CONTENUTO DEL PENSIERO, ANSIA PSICOTICA ELEVATA (Yesevage et al., 1991;
Tardiff, 1984) ·
IDEAZIONE PARANOIDE (Benzech et al., 1981; Addad 1990) ·
SENTIMENTI DI PAURA, RABBIA, ANSIA (Junginger, 1996) ·
ALTERAZIONE DEL TONO DELL’UMORE (Junginger, 1996) |
Tab. 7 SEQUENZA
DELL’AGGRESSIONE
La sequenza (Maier e Van Ryboroek, 1995)
DIAGNOSI, TRATTAMENTO
PREAGGRESSIONE AGGRESSIONE CONCLUSIONE
VALUTAZIONE,
GESTIONE |
Tab. 8 INTERVENTI IN
SITUAZIONI ACUTE DI VIOLENZA
® assumere un
atteggiamento positivo ® mantenere
una distanza utile ® stabilire
un contatto verbale ® usare frasi
brevi, dal contenuto molto chiaro ® tono di
voce caldo e rassicurante ® usare il
nome personale del paziente ® mostrarsi
d’accordo con le sue affermazioni ® non
polemizzare o contrastare ® fare subito
le proprie prescrizioni ® porlo di
fronte a scelte alternative ® porre
crescenti limiti |
Tab. 9 FARMACI COMUNEMENTE UTILIZZATI NEL TRATTAMENTO DEL COMPORTAMENTO VIOLENTO
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Tab. 10 RACCOMANDAZIONI PER IL TRATTAMENTO DEL COMPORTAMENTO AGGRESSIVO NEI DISTURBI DI PERSONALITA’
Fig. 1 M.M.G. E CRITERIO
DECISIONALE PER INVIO ALLO SPECIALISTA O RICOVERO (16)
Invio Specialista
Si No
Invio Specialista/Ricovero
Disintossicazione
Persistenza/
Aggravamento
|
Invio Specialista/Ricovero
No
Alcol e Medico di Famiglia O.
Brignoli, M. Cibin 1998
DISTURBI
D’ANSIA ALCOL-CORRELATI
Nei soggetti dediti alle bevande alcoliche possono
insorgere disturbi d’ansia differenziabili da forme primarie per
caratteristiche cliniche e prognostiche.
Il quadro clinico può prevedere la presenza di
fenomeni psicopatologici con prevalenti sintomi ansiosi generalizzati (DAG),
oppure con aspetti ossessivi compulsivi (DOC) e fobici (F.S.), o, in altri
casi, con una predominante componente d’ansia panica (DAP).
Relativamente alla frequente comorbilità con
disturbi d’ansia primari, è sempre opportuno operare la diagnosi differenziale
con forme morbose simili che generalmente fanno la loro comparsa in periodi
precedenti l’abuso e che presentano caratteristiche di decorso del tutto
indipendente dall’abuso alcolico; questi stessi disturbi, d’altra parte, sono
stati spesso riconosciuti come fattore eziopatogenetico o di rischio per
l’alcoldipendenza.
Più frequentemente quadri d’ansia clinicamente
rilevante caratterizzano la fase di astinenza, soprattutto nella forma acuta,
ove nell’80% dei casi si possono osservare attacchi di panico, talora di
notevole entità clinica.
La
fenomenica ansiosa di solito assume caratteristiche diverse rispetto a fasi
successive del periodo di sospensione; così nei primi giorni compaiono più
frequentemente disturbi ansiosi caratterizzati da sintomi acuti, mentre nel
periodo successivo prevalgono condotte di evitamento e un discreto disagio
relazionale riconducibili a forme di fobia sociale o di agorafobia. Tuttavia
sintomi ansiosi, possono persistere per periodi molto lunghi durante la fase di
sospensione con astinenza: in questi casi, inquadrabili come forme d’ansia
generalizzata, spesso si assiste ad una remissione spontanea.
TRATTAMENTO:
IMPIEGO DI ANSIOLITICI
Nel trattamento di pazienti alcoldipendenti con DAG,
DAP o altri disturbi correlati all’ansia, l’ansiolitico non dovrebbe
interferire con i processi cognitivi o con l’abilità manuale del paziente, né
ostacolare la guarigione di un paziente che è probabile abusi di un farmaco che
induce assuefazione, il composto dovrebbe essere adatto, se necessario, per un
uso prolungato senza rischi indebiti e quindi non dovrebbe produrre nè
tolleranza a dosi elevate, nè sintomi di astinenza dovuti a dipendenza ai
dosaggi normali.
La riduzione dell’ansia che deriva dalla terapia
intensiva disponibile per i pazienti alcoldipendenti potrebbe mascherare i
vantaggi terapeutici supplementari derivanti dalla farmacoterapia. L’uso delle
benzodiazepine (BDZ) per ridurre l’ansia in pazienti alcoldipendenti durante la
fase di mantenimento dell’astinenza è controverso, se il clinico ritiene
necessario utilizzare una BDZ, una regola di buon senso consiste nel
pianificare la durata della terapia per non più di 4-6 settimane.
Le BDZ sono utili ed efficaci nella sindrome da
astinenza da alcolici, meno chiaro è invece il loro ruolo nell’alcoldipendenza
cronica.
Si presume che l’ansia sintomatica possa avere un
significativo valore eziologico nella genesi dell’abuso di alcol e della
dipendenza.
In
genere, inizialmente, vanno utilizzati farmaci caratterizzati da basso rischio
di dipendenza. Gli antagonisti recettoriali b-adrenenergici o il
buspirone sono spesso una valida alternativa di prima scelta in particolar modo
nel DAP e in alcune forme di fobia sociale.
Le benzodiazepine più diffuse si distinguono in
composti Pronordiazepam-simili (Diazepam, Clordiazepossido, Desmetildiazepam,
Bromazepam, ecc) e Oxazepam-simili (Alprazolam) Oxazepam (Lorazepam,
Lormetazepam, Oxazepam) (Tab. 11). I Pronordiazepam-simili subiscono un destino
metabolico che comprende la formazione di un metabolita comune (per
desmetilazione), il Pronordiazepam, poi con un processo di idrossilazione lenta
ad Oxazepam ed infine una coniugazione con acido glucuronico. Il metabolismo di
questi composti determina la formazione di metaboliti attivi che si possono
accumulare nell’organismo dopo un trattamento prolungato, generando uno stato
di rischio costante nel caso di assunzione concomitante di alcolici.
I composti Oxazepam- simili vengono invece
direttamente coniugati con l’Acido glucuronico formando metaboliti inattivi che
vengono eliminati con le urine.
Alterazioni della funzionalità epatica che si possono verificare negli
alcoldipendenti compromettono i processi di desmetilazione ed idrossilazione
con grave modificazioni del metabolismo delle BDZ. Questo riguarda
prevalentemente le BDZ Pronor diazepam simili, mentre la cinetica di
eliminazione delle BDZ Oxazepam-simili, che subiscono un destino metabolico
"a valle” della idrossilazione, non viene modificata.
Per le BDZ il meccanismo dell’interazione con
l’alcol è quindi sia di tipo farmacodinamico (sinergismo di azione), come per
gli antidepressivi e i neurolettici, sia di tipo farmacocinetico (significativa
alterazione del catabolismo).
L’assunzione prolungata di alcol determina una
induzione degli enzimi microsomiali epatici (Cit. P 450) ed una maggiore
velocità dei processi di idrossilazione (più per i Pronordiazepam-simili). Per
questo motivo negli etilisti cronici si nota una maggiore tolleranza alle BDZ.
Si può quindi riassumere che in “acuto” le due
sostanze potenzino le reciproche attività farmacologiche (sinergia), “in
cronico” si sviluppa una tolleranza alle BDZ (induzione enzimatica).
Nelle condizioni di alcoldipendenza cronica si
aggiungono effetti dell’alterata funzionalità catabolica epatica, con
possibilità quindi di accumulo e di tossicità da BDZ. Risulta quindi che sono
da preferire le BDZ ad emivita breve (Lorazepam, Oxazepam, Temazepam) o
brevissima (Alprazolam, Triazolam).
Nel trattamento “in acuto” i dosaggi possono essere
simili a quelli utilizzati nelle altre patologie psichiatriche, nel trattamento
“in cronico” va considerato il possibile effetto di induzione enzimatica
(fenomeno della tolleranza) che può rendere necessario un aggiustamento del
dosaggio.
Anche gli antidepressivi possono risultare
importanti e più incisivi in alcune forme di ansia (sia primarie che indotte)
in particolar modo DAP, DAG, Fobie Sociali, Fobie Semplici, PTSD. In questi
casi sono utilizzati e con ottimi risultati vari antidepressivi: SSRI, NASSA,
NARI, RIMA, IMAO, TCA sedativi; va ricordato che nel paziente alcoldipendente
un’overdose di antidepressivi può abbassare la soglia convulsivante e può
determinare serie conseguenze in termini di morbilità e anche di mortalità (5,
6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13).
COMPOSTI
EMIVITA PLASMATICA
|
BDZ pronordiazepam- simili (emivita
medio-lunga) Bromazepam 10-20
ore Clobazam
10-50 ore (desmetilCBZ: 50 ore) Clorazepato non dosabile
(desmetilDZ: 50- 129 ore) Clordesmetildiazepam 50-140 ore
(lorazepam: 10- 20 ore) Clordiazepossido 5-30 ore (N-
desmetil CDZ: 50- 120 ore) Desmetildiazepam 50-120 ore
(oxazepam: 5- 25 ore) Flurazepam
0.5- 1 ora (desalchilFRZ: 40- 190) Halazepam 9-25 ore (desmetilDZ: 50- 120 ore) Ketazolam
2 ore (desmetilDZ: 50- 120 ore) Medazepam 1-2
ore (desmetilDZ: 50- 120 ore) Pinazepam
10-15 ore (desmetilDZ: 50- 120 ore) Prazepam non
disponibile (desmetilDZ: 50- 120 ore) Quazepam 25-40 ore
(N- desalchilFRZ: 40- 100 ore) Nitro- BDZ (emivita
medio-lunga)
Flunitrazepam
24-48 ore Nitrazepam
24-48 ore BDZ oxazepam- simili (emivita breve) Lorazepam
10-20 ore Lormetazepam
10-15 ore Oxazepam
5-24
ore Temazepam
10-12 ore Triazolo- BDZ (emivita breve-ultrabreve) Alprazolam 6-16
ore Estazolam
8-24 ore Etizolam 5-7
ore Triazolam
2-5 ore Tieno- BDZ (emivita breve-ultrabreve) Brotiazolam 3-5
ore Clotiazepam
2- 2 ore |
Bellantuono e coll. 1999
DISTURBI DEL
SONNO ALCOL-CORRELATI
L’insonnia rappresenta il disturbo del sonno più
frequentemente osservabile in pazienti alcoldipendenti. Durante la fase di
intossicazione viene soppressa principalmente la fase di sonno REM e vengono
ridotte le fasi 3 e 4, caratteristiche del sonno profondo. Generalmente si ha
la sensazione soggettiva di un sonno frammentario, non “ristoratore” cui segue
al risveglio un senso di spossatezza e “disagio fisico”classicamente descritto
come “hangover”; inoltre, caratteristicamente, dopo la fase di ipersonnia
iniziale, può far seguito un sonno agitato ricco di sogni angosciosi, in quanto
nella seconda fase del sonno si può avere un rebound del sonno REM. Oltre a
questo aspetto i principali disturbi del sonno da alcol, sembra possano essere
determinati anche dall’azione della sostanza su alcune ammine biogene centrali
come la serotonina e la noradrenalina.
Altre
cause sono le fasi d’astinenza e i disturbi dell’umore che concomitano nella
malattia alcolica; in particolare durante la crisi d’astinenza il sonno è molto
disturbato, frammentario, e, dal punto di vista E.E. grafico, caratterizzato da
una prevalenza di fasi REM; nei casi più gravi questa componente può
rappresentare la variabile predominante del quadro neurofisiologico,
determinando i classici vissuti oniroidi del delirium.
Secondo i criteri del DSM IV (Disturbo del Sonno
Indotto da Alcol) oltre alla correlazione etiologica con l’uso della sostanza,
il disturbo deve essere clinicamente più grave dei disturbi del sonno che
normalmente si osservano.
TRATTAMENTO DEI DISTURBI DEL SONNO
Si possono usare le stesse sostanze indicate nei
disturbi ansiosi e con le stesse cautele. Nel caso che l’insonnia si presenta
isolata (o associata) anche i nuovi ipnoinducenti come Zoplicone (a struttura
ciclopirrolinica) e lo Zolpidem (Imidazopiridine) sono indicati.
Qualunque
sia la BDZ utilizzata, essa può fornire, tuttavia, un supporto sintomatico e
limitato, pertanto bisogna usare tali farmaci nel periodo breve e dove la
necessità è elevata (5, 6, 7, 8, 9,10, 11, 12, 13).
DISFUNZIONI
SESSUALI ALCOL-CORRELATE
Contrariamente a quanto generalmente viene creduto,
l’alcol aggiunto in maniera eccessiva e per periodi prolungati non solo non
aumenta la “virilità” e il desiderio sessuale bensì è in grado di determinare
una compromissione della funzione sessuale di gravità variabile.
Secondo i criteri diagnostici dell’A.P.A. la
disfunzione sessuale può riguardare: il desiderio, l’eccitamento, l’orgasmo, o
la presenza di dolore sessuale, etiologicamente correlabile all’uso di sostanze
e differenziabile da altre disfunzioni di origine primaria per caratteristiche
di insorgenza e di decorso. In tal senso il disturbo solitamente insorge
durante l’intossicazione o entro un periodo di un mese dalla stessa; l’entità
del problema sessuale è tale da poter essere differenziato da quanto più
frequentemente si osserva nel quadro sintomatologico proprio dell’episodio di
intossicazione (1). Anche in questi casi la diagnosi è più agevole per i
soggetti che non hanno mai manifestato disturbi sessuali prima dell’uso di
sostanze alcoliche (Tab. 12).
L’alcol può causare problemi reversibili della sfera
sessuale, che tendono a risolversi con l’astinenza e con la completa
disintossicazione, oppure può precipitare con disfunzioni irreversibili o solo
parzialmente reversibili.
MOTIVI DI DISFUNZIONI SESSUALI INDOTTE DA ALCOL
(DESIDERIO , ECCITAMENTO,
EREZIONE, ORGASMO) ·
Disturbi dell’erezione per azione diretta dell’alcol sulla prostata
(prostatiti) ·
Diminuzione della spermatogenesi e del tasso ormonale per danni
atrofici sul testicolo ·
Danni indiretti determinati dall’epatite con conseguente
dismetabolismo ormonale ·
Sbilanciamento ormonale con un aumento relativo degli ormoni sessuali
femminili nei maschi.
|
Generalmente
nei maschi i problemi maggiori sono rappresentati dall’impotenza sulla cui
genesi nel tempo può influire significativamente la neuropatia periferica
(Disturbo di Erezione, Anorgasmico, …).
Nelle donne i disturbi si
manifestano prevalentemente
con una diminuzione del desiderio, irregolarità del ciclo mestruale e
diminuzione della lubrificazione vaginale (con conseguente dolore sessuale).
Dato che l’esperienza soggettiva del piacere può
essere profondamente influenzata se non
mediata dalla stimolazione dei recettori dopaminergici mesolimbici, non è
sorprendente che così tante delle sostanze psicoattive d’abuso possano avere un
chiaro impatto su questo sistema neuronale. Queste sostanze psicoattive
comprendono gli stimolanti cocaina e amfetamina, che agiscono a livello
presinaptico per causare direttamente un aumento della disponibilità di
dopamina, e molte altre sostanze d’abuso che sembrano agire attraverso stimoli
sui dentriti del neurone dopaminergico mesolimbico. Così l’alcol, gli oppiacei
e la nicotina possono avere tutti un impatto su questo neurone attraverso un
imput sinaptico sui corpi cellulari dopaminergici mesolimbici e sui dentriti.
La Tab. 13 illustra un modello neurobiologico della psicofarmacologia del
piacere. Quando la liberazione di dopamina è aumentata lungo questa via da
meccanismi anche diversi tra loro, si prova piacere. Ciò costituisce un
rinforzo all’uso della sostanza psicoattiva e produce un ripetuto uso della
sostanza stessa ed infine, in alcuni casi, dipendenza dalla sostanza
psicoattiva. Inoltre, poiché il sistema dopaminergico può desensibilizzarsi di
fronte ad una eccessiva stimolazione,
esso può praticamente “desensibilizzare il piacere”. Questo potrebbe portare a
sensazioni spiacevoli una volta che gli effetti della sostanza svaniscono o
quando l’apporto della sostanza è stato interrotto.
Tab. 13 MODELLO
NEUROBIOLOGICO DEL PIACERE
IL CONTROLLO
FARMACOLOGICO DEL CRAVING
Il craving, può essere
definito come: “il desiderio dell’effetto conosciuto di una sostanza
psicoattiva. Questo desiderio può divenire irresistibile e può aumentare in
presenza di stimoli interni ed esterni (scatenanti), e con la percezione della disponibilità della sostanza. Esso è
caratterizzato da un comportamento finalizzato all’ottenimento della sostanza e
nell’uomo, da pensieri che si concentrano sulla sostanza” (UNDCP, Meeting, Vienna 1992) (Tab. 14 e
15)(17, 18, 19).
CRAVING
1a ASSUNZIONE PERDITA DI CONTROLLO RIPETUTE ASSUNZIONI CONTROLLO AUMENTO DEL CRAVING RICADUTA |
§
Acamprosato (Calcio Omotaurinato) §
Agonisti dopaminergici (Bromocriptina) §
Acido Gamma- idrossibutirrico (GHB) §
Inibitori degli oppiacei (Naltrexone, Nalmefene) §
Inibitori del reuptake della serotonina (SSRI: Fluoxetina,
Paroxetina, Sertralina, Citalopram, …) § Nassa: Mirtazapina |
Da tempo sono stati messi in evidenza rapporti
clinici tra alcoldipendenza e disturbi dell’umore (Tab. 16). Molti autori hanno
inquadrato, sia sul versante della “automedicazione” che su quello
“dell’equivalente depressivo”, l’alcoldipendenza associata alla patologia
dell’umore. Pur ritenendosi tradizionalmente che i disturbi depressivi siano i
frequenti antecedenti dell’alcoldipendenza e dell’abuso di alcol, attualmente
in letteratura si sottolinea come l’alcoldipendenza e depressione possano
coesistere ad origine e l’alcoldipendenza non sia necessariamente un sintomo
della depressione. “L’Alcoldipendenza e il Disturbo Depresssivo Maggiore sono
entità distinte: esse sono espressioni differenti della medesima condizione di
base; mentre l’alcoldipendenza è di rado una conseguenza della depressione,
molti alcolici inducono sintomi depressivi o il complesso sindromico della
Depressione Maggiore” (Depressione in Medicina Generale).
È stato osservato, mediante studi prospettici
longitudinali, come l’alcoldipendenza possa svilupparsi con consistente
prevalenza prima della depressione e come questa sia una conseguenza dell’abuso
alcolico piuttosto che il contrario. Al riguardo, Schuckit sottolinea come la
maggior percentuale dei disturbi dell’umore sia successiva e secondaria
all’instaurarsi dell’abuso di alcol. L’uso dell’alcol, che rappresenta una
sostanza farmacologicamente attiva sul SNC, ed in particolare per la sua azione
depressiva (sulla corteccia, sul sistema limbico, sul cervelletto e sulla
formazione reticolare del tronco e del midollo allungato), può rappresentare il
fattore eziologico di specifici disturbi dell’umore. Il disturbo dell’umore indotto
interessa il 30%, 40% dei pazienti con pregresse ripetute intossicazioni
alcoliche, ma solo il 5% degli uomini e il 10%, 15% delle donne manifestano
sintomi di Depressione Maggiore (20).
È tuttavia utile ricordare come tale quesito non sia
ancora soddisfacentemente chiarito e come la rilevazione percentuale dei
disturbi dell’umore in alcoldipendenti dipenda sia dai criteri clinici che
dagli strumenti epidemiologici utilizzati per diagnosticarli.
Pertanto, sebbene la distinzione tra disturbo
primario e secondario rimanga un aspetto importante, molti sono i fattori che
possono rendere difficile la diagnosi differenziale e tra questi:
1.
L’alcol
può ingenerare sintomi depressivi anche in persone non predisposte;
2.
Una
grave, se pur breve, depressione fa seguito frequentemente ad un prolungato
abuso di alcol;
3.
Sintomi
depressivi e problematiche alcol-correlati possono presentarsi in associazione
con disturbi psichiatrici;
4.
Una
discreta proporzione di pazienti affetti da Disturbo Bipolare presenta una
storia di alcoldipendenza indipendente dal disturbo affettivo (Goodwine e coll.
1990).
A questo proposito è suggestiva l’ipotesi che
considera l’alcol come “tranquillante o rilassante” nei pazienti Bipolari con
umore disforico come tentativo autoterapeutico.
Una interessante osservazione sulla natura
dell’umore più frequentemente associata all’abuso alcolico ci è fornita da
Murray e coll. 1984, i quali, studiando le abitudini alcoliche di una
popolazione di pazienti psichiatrici, hanno individuato una sottopopolazione di
“bevitori eccessivi” comprendente prevalentemente pazienti Ciclotimici e
pazienti con Disturbo Distimico (Tab. 17) (21).
Alcuni dati biografici e clinici sono utili per
formulare la diagnosi di Disturbo Depressivo Maggiore Primario e Disturbo
Bipolare (Tab. 18).
1. Un
disturbo affettivo precedente all’esordio dell’Alcoldipendenza o una storia di
Disturbo Affettivo verificatosi durante periodi di astinenza prolungati;
2. Una
storia di Ansia da Separazione, comportamento fobico o di nevrastenia prima
dell’infanzia;
3. Un
episodio ipomaniacale o maniacale come reazione all’uso di antidepressivi;
4. Una
storia familiare di Disturbo Bipolare;
5. Una
storia familiare di malattia affettiva in due o più generazioni consecutive;
6. Un
test positivo per la soppressione al Desametazone dopo che il paziente ha
osservato un’astinenza per più di 4 settimane (Gallant 1987).
·
Disturbo depressivo maggiore: - episodio singolo - episodio ricorrente
- più recente episodio
ipomaniacale - più recente episodio
misto - più recente episodio
depressivo - più recente episodio NAS
|
A. umore depresso per
almeno 2 anni (almeno 2 sintomi fra i
seguenti) -
Appetito ridotto o eccessivo -
Insonnia o ipersonnia -
Fatica o bassa energia -
Bassa autostima -
Scarsa concentrazione o indecisione -
Sentimenti di perdita della speranza B. Il paziente non è mai stato libero dai sintomi
per più di 2 mesi. C. I sintomi causano una sofferenza o una
compromissione “clinicamente significativa” nel
funzionamento
sociale, lavorativo o in altre importanti aree |
A. 5 o più dei seguenti sintomi sono stati presenti contemporaneamente per un periodo di almeno due settimane (almeno 1 dei sintomi è umore depresso o perdita di interessi) -
Umore depresso -
Marcata diminuzione di interesse -
Modificazioni ponderali -
Insonnia o ipersonnia -
Agitazione o rallentamento psicomotorio -
Faticabilità o mancanza di energia -
Sentimenti di autosvalutazione o di colpa -
Difficoltà di pensiero o di concentrazione -
Pensieri di morte B. I sintomi causano disagio “clinicamente significativo”o compromissione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti. C. I sintomi non sono dovuti agli effetti di una
sostanza o di una condizione medica
generale |
SUICIDIO
ALCOL-CORRELATO
Il
rischio di suicidio nei soggetti alcoldipendenti è allarmante; in uno studio
prospettico della durata di 30 anni su 1312 alcoldipendenti è stato riscontrato
che 88 (il 16%) dei 537 decessi erano suicidi certi (Berglud 1984). La più alta
frequenza di suicidi è stata rilevata durante gli anni immediatamente
successivi alla dimissione dell’ospedale: ciò costituisce un ulteriore dato in
grado di sottolineare l’importanza della valutazione della comorbilità per
diagnosi psichiatrica quando un paziente alcolista intraprende per la prima
volta un programma terapeutico.
La maggior parte delle stime di prevalenza del
suicidio alcol-correlato varia tra il 10% e il 15% (Ispes 1989) (Tab. 19).
Tab. 19 SUICIDIO
ALCOL-CORRELATO
Correlazione tra abuso
alcolico e suicidio in Italia Anno
Suicidi
Da Alcol Totali 1974 581 (25%) 2326 1981 688 (25%)
2755 1983 712 (25%)
2851 1984 793 (25%) 3173 1985 920 (25%)
3679 |
Secondo alcuni autori la Depressione Primaria si differenzia dalla Secondaria per una maggiore gravità dei sintomi, mentre altri A.A. identificherebbero nella presenza di un disturbo dell’umore secondario all’alcoldipendenza, una situazione ad elevato rischio suicidario più nel sesso maschile, in particolare anziani. L’abuso di alcol con varie modalità rappresenta quindi un alto fattore di rischio suicidario (5 volte superiore a quello della popolazione in generale). Spesso gli alcoldipendenti minacciano il suicidio, comunque l’alto rischio per l’attuazione è caratterizzato frequentemente con la presenza di conflitti e relative rotture nelle relazioni interpersonali “esperienze di perdita” (A. Caneva- D. De Leo 1999) (Tab. 20, 21, 22).
·
Tentativo improvviso: durante lo stato di intossicazione con
angoscia, aggressività, violenza ed intensa stimolazione affettiva
|
·
Rottura di una relazione sentimentale ·
Espulsione dal nucleo familiare ·
Morte di una persona cara
-
Problemi legali -
Probelmi fisici gravi derivanti dall’alcoldipendenza |
1.
Segnali interni ed esterni che spingono a bere 2.
Aspettativa di un sollievo dalla tensione 3.
Conseguente peggioramento dell’umore 4.
Amnesia per la depressione nei momenti di sobrietà 5. Crescente senso di colpa e bassa autostima con promozione dell’assunzione di alcol che alla fine può esitare in suicidio |
Prima di discutere sulle specifiche farmacoterapie antidepressive per i
pazienti alcoldipendenti, dovrebbe essere sottolineato il fatto che qualsiasi
composto che richieda l’ossidazione da parte del fegato, può avere
farmacocinetiche differenti se somministrato ad un alcoldipendente durante la
fase iniziale della malattia (induzione enzimatica) rispetto a quando è
somministrato durante la fase più avanzata dell’alcoldipendenza (possibile
cirrosi epatica) che causa una conseguente riduzione degli enzimi metabolici
disponibili (diminuisce il catabolismo).
In linea generale se la sintomatologia affettiva è
primaria, è necessario curare il disturbo interessato (Disturbo Affettivo
Bipolare o Episodio Depressivo Maggiore Ricorrente, Ciclotimia, Distimia). Se è
secondario ad un’assunzione eccessiva di alcol ed ai fallimenti esistenziali
che vi si associano, il Disturbo Affettivo dovrebbe risolversi in un periodo di
qualche settimana man mano che l’astinenza si protrae.
Questi pazienti, solitamente, non necessitano di un
intervento psicofarmacologico specifico. Tuttavia, se tale malattia dello
spettro affettivo persiste più di uno o due mesi nonostante i tentativi
psicoterapici di alleviarne il disagio, allora si rende necessario iniziare una
terapia psicofarmacologica per evitare una ripresa dell’uso dell’alcol o un
tentativo di suicidio secondari alla sintomatologia affettiva.
Fino ad oggi non è stato rilevato che alcuno degli
antidepressivi in commercio sia più efficace degli altri per l’impiego in
pazienti alcoldipendenti con episodi depressivi maggiori. (Tab. 23).
Gli errori più comunemente commessi nell’uso degli
antidepressivi consistono nel prescrivere un dosaggio troppo basso per un
periodo di tempo troppo breve e nell’interruzione prematura della cura una
volta che si sia verificata una risposta terapeutica adeguata.
Nell’effettuazione di diversi studi sull’utilizzo
degli antidepressivi nel trattamento dell’Alcoldipendenza i risultati non sono
stati incoraggianti in termini di astinenza o di riduzione del potus al di là
dell’azione specifica sulla depressione. L’intuizione e la scoperta di
alterazioni della funzione serotoninergica negli alcoldipendenti ha indotto a
condurre studi con gli SSRI ma i risultati in termini di riduzione del potus
sono stati modesti e di breve durata.
Il sistema serotoninergico è stato oggetto di una
serie di studi, non solo in relazione all’esordio della depressione ma anche
alla diminuzione dell’assunzione dell’alcol sia negli animali che nell’uomo
(Gatto e al. 1990, Naranajo 1986, Pitrajzec 1997): la concentrazione ematica
della Serotonina era significativamente ridotta dopo il consumo di alcol.
Il ritmo diurno della Serotonina in soggetti che
avevano bevuto alcol il giorno prima era abbastanza differente da quello del
gruppo di controllo ma molto simile a quello dei pazienti con depressione; gli
Autori suggeriscono che il meccanismo della depressione dopo il consumo di
alcol potrebbe essere correlato alla funzione della Serotonina.
Le caratteristiche dei pazienti alcoldipendenti
(scarsa compliance, impulsività, alto rischio di ricaduta, insonnia, ecc.)
impongono di seguire degli accorgimenti nella scelta del farmaco da impiegare
nel trattamento del disturbo dell’umore (Tab. 24) (5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12,
13).
Tab. 23 CLASSIFICAZIONE,
CARATTERISTICHE CLINICHE E FARMACOCINETICHE DEGLI ANTIDEPRESSIVI IN COMMERCIO
IN ITALIA (le molecole sono
in ordine alfabetico)
CLASSE FARMACOLO GICA |
MOLECOLA |
NOME COMMERCIALE |
RANGE POSOL. (mg/die) |
EMIVITA MEDIA |
Triciclici IMAO(irrevers.) IMAO (revers.) IMAO (revers.) SSRI SNRI NASSA NARI “Atipici”
o di 2a generazione |
Amitriptilina Cloripramina Desimipramina Dotepina Imipramina Nortriptilina Trimipramina Tranilcipromina Moclobemide Toloxatone Citalopram Fluoxetina Fluvoxamina Paroxetina Sertralina Venlafaxina Mirtazapina Reboxetina Adenometionina Amisulpride Maprotilina Mianserina Nefazodone Trazodone |
Laroxyl,Adepril Anafranil Nortimil Protiaden Tofranil Noritren Surmontil Parmodalin Aurorix Umoril Seropram Elopram Prozac Fluoxaren Maveral, Fevarin, Dumirox Seroxat, Sereupin Zoloft, Serad Efexor Remeron Edronax, Davedax Samyr; Isimet Denibam Ludiomil Lantanon Reseril Trittico |
75- 250 75- 250 75- 250 75- 100 75- 250 75- 250 75- 250 10- 30 200- 600 400- 600 20 40 20- 60 100- 300 20- 60 50- 200 75- 375 15- 45 4- 12 400- 1600 50- 100 50- 150 60- 120 300- 600 75- 300 |
h 24 24 18 35 22 26 12 2 2 2 33 24- 140 13- 22 24 24 10 30 12 1.5 10 40 15 3 6 |
Bellantuono e coll. 1999
Tab. 24 SCELTA DELL’ANTIDEPRESSIVO IDEALE PER
PAZIENTI CON DEPRESSIONE E ALCOLDIPENDENZA
·
·
Antidepressivo che richieda monosomministrazione (migliora la
compliance) ·
Sicurezza dell’antidepressivo in termini di alto indice terapeutico
(prevenzione tentativi autosoppressivi) ·
Le interazioni con l’alcol devono essere preferibilmente assenti. ·
Antidepressivo che possibilmente non subisca metabolismo ossidativo
epatico (effetto di induzione enzimatica microsomiale) ·
Antidepressivo sedativo-ansiolitico (per ridurre l’ansia e migliorare
l’insonnia) · Antidepressivo che non influisca negativamente sulla sessualità, piuttosto che corregga il problema.
|
Tab. 25 CARATTERISTICHE CLINICHE DEI PRINCIPALI
REGOLATORI DELL’UMORE IN COMMERCIO
Litio
(Carbolithium) Carbamazepina (Tegretol) Acido Valproico (Depamide, Depakin) |
Il dosaggio è individuale e deve essere sufficiente
a raggiungere una concentrazione plasmatica compresa tra 0,7 e 1,2 meq/l. Effetti collaterali: sete eccessiva, poliuria e
tremori (ridurre il dosaggio fino al limite inferiore del range plasmatico),
aumento del peso (dieta), ipotiroidismo (eventuale associazione T3), nausea
(generalmente transitoria). Il dosaggio terapeutico va raggiunto gradualmente
iniziando con 200 mg fino a raggiungere 1000- 1200 mg/die. Effetti collaterali: lieve leucopenia
(monitoraggio sospensione se i GB scendono al di sotto dei 4000), riduzione
del T3 e T4, modesta iponatremia e ipocalcemia, raro aumento degli enzimi
epatici (se persiste sospendere), rallentamento della conduzione cardiaca AV
(evitare la somministrazione nei pazienti cardiopatici), esantemi cutanei (il
15% dei pazienti, sospendere e poi riprovare). Il dosaggio terapeutico va raggiunto gradualmente
iniziando con 300- 400 mg/die fino a raggiungere 1500- 2000 mg./die. Effetti collaterali: nausea (rara), ematomi
spontanei (rari, monitoraggio delle piastrine e del tempo di
coagulazione) |
Fra le diverse molecole dotate di efficacia
antidepressiva vengono ritenute più idonee le seguenti: SAME, SSRI, Doxepina,
Mianserina, Trazodone, NARI, NASSA (Mirtazapina). Inoltre vengono utilizzati
anche gli stabilizzatori dell’umore (Tab. 25).
L’antidepressivo che secondo il nostro parere
risponde a tutti i criteri di scelta ideale è la Mirtazapina, per tali
considerazioni: è il capostipite di una nuova classe di antidepressivi NASSA,
antidepressivo noradrenergico e serotoninergico specifico. La Mirtazapina
blocca i recettori a2 presinaptici che
esercitano un controllo inibitorio sulla liberazione di Noradrenalina e
Serotonina, potenziando la trasmissione noradrenergica e serotoninergica;
azione che determina la sua attività antidepressiva. Inoltre esercita una
potente azione di blocco sui recettori 5HT2 e 5HT3 serotoninergici per cui la
serotonina liberata va ad agire sui recettori 5HT1a.
Questa
specificità recettoriale determina il buon profilo di tollerabilità al farmaco
con assenza di effetti collaterali serotoninergici (nausea, vomito, disturbi
sessuali eccetera). La Mirtazapina blocca anche i recettori H1 (istaminergici)
pertanto induce sedazione, utile spesso in pazienti agitati ed insonni. La
Mirtazapina dovrebbe avere, anche se ancora non vi sono lavori specifici,
attività anticraving (nella nostra esperienza su 18 casi è stata confermata
tale attività); infine presenta un profilo di interazione farmacologica molto
favorevole dovuto alla caratteristica di non interferire con l’attività degli
Isoenzimi del Cit. P 450 (molto spesso gli alcoldipendenti hanno gravi
insufficienze epatiche).
L’interesse di studio da parte di numerosi
tossicologi, psicologi, psichiatri, sociologi, … di tutto il mondo in questi ultimi
anni hanno fornito elementi cardine per la prevenzione e cura dei “bevitori
problematici” con o senza doppia diagnosi. Tralasciando e rimanendo ancora
aperto il problema di relazione tra assunzione di alcool e disturbi
psichiatrici è opportuno e corretto l’approccio farmacologico in un trattamento
che a buon diritto deve essere denominato “multimodale, integrato,
multidisciplinare,…” senz’altro la combinazione di vari trattamenti
(psicoterapici, psicofarmacologici, supporto sociale, gruppi di autoaiuto come
i clubs e A.A., …) hanno già dato ottimi risultati. I recenti progressi della
neurofisiologia del piacere all’alcol e ad altre sostanze psicoattive d’abuso
hanno permesso di iniziare approcci farmacologici innovativi, che avranno
significativo interesse per gli studiosi del settore e la possibilità di
utilizzo nella clinica alcologica pratica. Tutto ciò senza mai prescindere
dagli interventi complessi e strutturati comprensivi di assistenza costante e
supporto sociale adeguato.
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