IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI PSICHIATRICI ASSOCIATI ALL’ALCOLDIPENDENZA

 

Aldo Felice Bilone, Alessandro Norsa, Maria Concetta Nicotra

I° Servizio Psichiatrico Diagnosi Cura - Ospedale Civile Maggiore- Azienda Ospedaliera Verona

 

INTRODUZIONE

L’abuso e la dipendenza da alcol sono tra i più comuni disturbi da abuso di sostanze psicoattive.

In Italia i così detti “consumatori regolari” rappresentano il 59% della popolazione al di sopra dei 19 anni.

I “bevitori eccessivi” (consumo eccessivo ripetuto negli ultimi tre mesi) 7 % (3,2 milioni).

I “bevitori più a rischio di dipendenza” (più di una intossicazione negli ultimi tre mesi), 2% (0,8 milioni).

L’abuso e la dipendenza da alcol viene in genere denominato “Alcolismo”; tuttavia questo termine non viene usato nel DSM IV o in altri sistemi diagnostici ufficialmente riconosciuti (1).

Tra i clinici si parla sempre di più di “bevitori problematici” o di situazioni problematiche correlate all’alcol di cui l’alcoldipendenza è solo uno degli aspetti presenti.

Tenendo come sistema diagnostico di riferimento il DSM IV, in questo troviamo elencati i Disturbi Correlati all’alcol e i Distrubi Indotti dall’alcol (Intossicazione alcolica, astinenza alcolica, ...).

Con l’avvento e la diffusione dei vari manuali diagnostici (in particolare col DSM IV e i suoi assi diagnostici), ha ricevuto sempre più attenzione da parte dei clinici il problema della comorbilità psichiatrica cioè la presenza di più disturbi contemporaneamente presenti in un soggetto. Al di là delle riserve che tale concetto in psichiatria solleva (per esempio se sia più indicato parlare di comorbilità o di doppia diagnosi) tale correlazione rende più complicato il quadro clinico peggiorando la risposta ai trattamenti farmacologici e rendendo meno sicura la prognosi.

In accordo con i criteri del DSM IV nel 32% delle femmine e nel 24% dei maschi la Dipendenza da Alcol si associa ad un altro disturbo di Asse I o Asse II.

Per quanto riguarda poi l’associazione tra la Dipendenza da Alcol e l’Asse II (Disturbi di Personalità) la letteratura è concorde nell’affermare che il concetto di “personalità alcolica” è da ritenersi non giustificato. Non vi è dubbio che alcuni tratti di personalità siano frequentemente ricorrenti tra questi soggetti: 1) intolleranza alla monotonia, 2) intolleranza alla frustrazione, 3) ricerca continua di emozioni forti e di esperienze nuove con conseguente propensione per i rischi fisici, psicologici e sociali, ma questi aspetti sono tuttavia comuni ad ogni tipo di dipendenza.

Attualmente si parla quindi di dipendenza da alcol e di disturbi di personalità evidenziando, a seconda dei tipi di personalità patologica, modalità diverse  nell’assunzione di bevande alcoliche in particolare per quanto riguarda il Disturbo Antisociale di Personalità, la dipendenza si caratterizza per una assunzione di alcol elevato e persistente già prima dei 20 anni seguita rapidamente da problemi fisici e psichici. Tale disturbo, che risulta più comune negli uomini, si associa inoltre con estrema frequenza ad una polidipendenza.

La risposta al trattamento è meno favorevole con risultati positivi in circa il 12% dei soggetti a fronte dei dati molto più incoraggianti riferiti a pazienti con comorbilità per Disturbo Dipendente di Personalità o senza alcun disturbo di personalità di rilevanza clinica.

Nel Disturbo Dipendente di Personalità l’esordio della dipendenza è più tardivo, intorno ai 30 anni, forse correlato con le osservazioni di carattere clinico che mostrano un peggioramento di tale patologia col trascorrere degli anni. L’assunzione dell’alcol tende ad essere continuativa ma raramente si associa ad una polidipendenza.

Nel Disturbo Borderline di Personalità l’età di esordio della dipendenza è intermedia rispetto ai primi due e l’assunzione di alcol è intermittente, per cui la diagnosi di Abuso è più frequente e più protratta e può anche non giungere a quella definitiva di Dipendenza (2).

 

 

DISTURBI PSICOTICI ALCOLCORRELATI

·         Con allucinazioni

Il disturbo psicotico con allucinazioni indotto da alcol rappresenta una grave complicanza psicorganica dell’alcoldipendenza cronica ed interessa il 3% degli alcoldipendenti.

Malgrado il disturbo sia stato considerato da sempre nell’ambito della patologia psicotica alcol-correlata, tuttora non esistono elementi eziopatogenetici definiti che consentano di stabilire la chiara relazione con l’abuso alcolico cronico.

 

·         Con delirio

Nel disturbo psicotico con deliri indotto da alcol prevalgono fenomeni deliranti, vissuti senza coscienza di malattia, la cui comparsa è messa in stretta relazione con quadri di intossicazione a distanza e la cui durata non eccede un periodo di qualche settimana.

Il disturbo così descritto, presenta caratteristiche assai differenti da quadri deliranti a decorso cronico, di non rara osservazione in corso di alcoldipendenza, caratterizzati dalla presenza di idee deliranti sistematizzate, incontrollabili, lucide.

Le idee deliranti croniche degli alcoldipendenti vengono classificate in tre gruppi:

·         Deliri di interpretazione: sono riferiti in questo ambito il classico delirio di gelosia (paranoia alcolica) che rappresenta la forma clinica più nota di questi disturbi e quadri deliranti a contenuto persecutorio con temi di nocumento e veneficio;

 

·         Deliri allucinatori: sono quadri deliranti correlati al disturbo psicotico allucinatorio indotto da alcol.

 

·         Deliri paranoidi: sono sviluppi deliranti simili a quelli della schizofrenia (più rari) (Tab. 1) (3, 4).

 

 

Tab. 1 DISTURBI PSICOTICI INDOTTI DALL’ALCOL

 

 

·         CON ALLUCINAZIONI (ALLUCINOSI ALCOLICA)

DELIRIO DI GELOSIA

DELIRIO PERSECUTORIO

DELIRIO DI NOCUMENTO

DELIRIO DI VENEFICIO

 

 
 


·         CON DELIRI DI          INTERPRETAZIONE

                                            ALLUCINATORI

                                            PARANOIDI

                                                                                 

                                  

 

TRATTAMENTO: IMPIEGO DI ANTIPSICOTICI 

Le indicazioni dell’uso di antipsicotici riguardano prevalentemente stati di agitazione psicomotoria o delirium e disturbi ideativi di tipo delirante (Tab. 2). Nelle condizioni di acuzie vanno preferiti i farmaci maggiormante sedativi come le fenotiazine alifatiche (Cloropromazina e Promazina) e piperidiniche (Tioridazina) o le dibenzo-x-azepine (Clotiapina).

Nelle situazioni croniche deliranti sono consigliabili i Butirroferoni (Aloperidolo), le fenotiazine piperaziniche (Perfenazina), e tutti gli antipsicotici della nuova generazione (Clozapina, Risperidone, Olanzapina, Quetiapina, Ziprasodone, …).

Nelle condizioni di alcoldipendenza cronica viene anche consigliato l’uso di complessi del gruppo delle Benzamidi sostituite (Tiapride, Sulpride, Levosulpride, Amisulpride) che hanno effetto neurolettico senza esercitare eccessiva attività sedativa.

In particolare per l’”Allucinosi Alcolica” sono da preferire i neurolettici più incisivi (Butirroferoni). Bisogna tener presente che il dosaggio di questi farmaci è strettamente individuale e può variare in funzione dell’età, della tollerabilità, delle condizioni generali del paziente. È da valutarsi l’uso di anti parkinson per ridurre gli effetti collaterali extrapiramidali (Tab. 3). Possono essere associati anche gli ansiolitici a seconda della necessità.

Nella “Paranoia Alcolica” (delirio di gelosia) non sembra, in effetti, esistere un trattamento specifico: si ricorre all’uso di neurolettici classici e di nuova generazione (atipici) per controllare eventuali comportamenti violenti o aggressivi oltre che alla possibilità di “spegnere l’attività delirante”, comunque non sono rare le remissioni complete ed eventuali esacerbazioni dei sintomi psicotici.

Per le “Sindromi Deliranti Allucinatorie” si può ricorrere all’uso di tutti i tipi di antipsicotici: in queste sindromi, al contrario delle forme deliranti croniche, la terapia antipsicotica appare maggiormente efficace.

Un adeguato trattamento farmacologico  con neurolettici tipici ed atipici è assolutamente necessario per i pazienti alcoldipendenti con una diagnosi in comorbilità per la schizofrenia.

In qualsiasi caso di uso di neurolettici con l’aggiunta di Disulfiram il paziente dovrebbe essere controllato più frequentemente per poter valutare possibili esacerbazioni di sintomi psicotici (secondari alla inibizione della dopamina-b-idrossidasi) che necessiterebbe di un aumento del dosaggio del neurolettico usato.

Gli effetti dell’interazione tra alcol ed antipsicotici sono dovuti all’effetto sinergico reciproco e quindi alla depressione sul S.N.C. Alcuni studi biochimici hanno evidenziato che l’alcol determina un aumento della concentrazione plasmatica delle catecolamine, soprattutto della noradrenalina (5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13).

 

Tab. 2 PRINCIPI ATTIVI E NOMI COMMERCIALI DEGLI ANTIPSICOTICI (AP)

 

CLASSE DI APPARTENENZA

PRINCIPIO ATTIVO

SPECIALITA’ COMMERCIALE

Fenotazine alifatiche

 

 

Fenotiazine piperidiniche

 

 

Fenotiazine pipiraziniche

 

 

 

Butirrofenoni

 

 

 

 

 

 

Difenilbutilpiperone

 

Tioxanteni

 

 

Dibenzoxapine

 

 

Benzamidi sostituite

 

 

 

 

 

Benzisoxazoli

 

Altri nuovi AP

 

Clorpromazina

Levomepromazina

 

Propericiazina

Tioridazina

 

Flufenzina

Perfenazina

Trifluperazina

 

Aloperidolo

Benperidolo

Bromperidolo

Droperidolo

Pipamperone

Trifluperidolo

 

Pimozide

 

Clopentixolo

Zuclopentixolo

 

Clotiapina

Clozapina

 

Amisulpride

Levosulpiride

Sulpiride

Sultopride

Tiapride

 

Risperidone

 

Olanzapina

Quetiapina

Sertindolo

Ziprasidone

Largactil, Prozin

Nozinan

 

Neuleptil

Melleril, Mellerette

 

Anatensol, Moditen (depot)

Trilafon (depot)

Modalina

 

Haldol (depot), Serenase

Psicoben

Impromen

Sintodian

Piperonil

Psicoperidol

 

Orap

 

Sordinol

Clopixol (depot)

 

Entumin

Leponex

 

Deniban

Levopraid, Levobren

Dobren, Equilid, ecc.

Barnotil

Sereprile, Italprid

 

Belivon, Risperdal

 

Zyprexa

Seroquel

Serdolect (ritirato dal commercio)

non in commercio in Italia

 

                                                                                                                                        Bellantuono e coll. 1999

 

Tab. 3 FARMACI ANTICOLINERGICI (AC)

 

PRINCIPIO ATTIVO

NOME COMMERCALE

DOSAGGIO GIORNALIERO

Biperidone

Triesilfenilide

Triciclamolo

Orfenadrina

Metixene

Akineton

Artane

Kemadrin

Disipal

Tremaril

                       fino a 8 mg/die

                       6- 15 mg/die

                       15- 30 mg/die

                       100- 150 mg/die

                       15-45 mg/die

 

RISCHI LEGATI ALL’USO COMBINATO DI AC ED AP

 

·         aumento degli effetti anticolinergici centrali: stato confusionale, peggioramento delle funzioni cognitive (memoria, attenzione, …), soprattutto nell’anziano

 

·         aumento degli effetti anticolinergici periferici: ritenzione urinaria, ileo paralitico, …

 

 

·         rallentamento della peristalsi intestinale con ridotto assorbimento AP, maggiore rischio di insorgenza DT

 

·        possibili fenomeni di abuso e dipendenza dopo uso prolungato

 

                                                   Bellantuono e coll. 1999

 

COMPORTAMENTO AGGRESSIVO E VIOLENTO ALCOL-CORRELATO

L’alcol determina un acuto incremento del rilascio di serotonina, fornendo così un sollievo temporaneo all’umore disforico. Il consumo cronico di alcol può comunque esacerbare il deficit serotoninergico che insieme con l’effetto disinibente dell’alcol stesso aumenta ulteriormente la propensione al comportamento impulsivo e violento (Tab. 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10 – Fig. 1) (14, 15).

Tab. 4 LOW SEROTONIN SYNDROME

 
Nuclei del rafe dorsale e mediano

         5HT

 

 

 

 


nucleo soprachiasmatico

 


  

 

 

           Ritmi circadiani                                                                                 

                      

                 

 

                

 


                          Disagio                                                                     Insulina

                                                                                    

 

                                                                                                    Glucagone

 


               Disforia

                

 

                                                                                         Metabolismo del

                                                                                         Glucosio

 

 


                                                                                                               

                                                                                                            Glicemia

 

                                                                                                                 

                                                                                                  

 

   

              Consumo di alcol                                                          Impulsività

                                                                                         (aggressività, violenza)

                                                                                                         

 

 

Tab. 5 FATTORI DI RISCHIO “GENETICO” PER IL COMPORTAMENTO VIOLENTO

 

            

·         GIOVANE ETA’

·         SESSO MASCHILE

·         ABUSO DI SOSTANZE PSICOATIVE

·         BASSO Q.I.

·         BASSA SCOLARITA’ E BASSO STATUS SOCIO-ECONOMICO

·         VIVERE IN AMBIENTI URBANI RISPETTO A QUELLI RURALI

·         STORIA DI “ABUSI” NELL’INFANZIA

·         STORIA PERSONALE, FAMILIARE E AMBIENTALE DI COMPORTAMENTO

·         VIOLENTO

·         DETERIORAMENTO DEL FUNZIONAMENTO SOCIALE ED EMARGINAZIONE

 

 

Tab. 6 CORRELATI PSICOPATOLOGICI DEL COMPORTAMENTO VIOLENTO

 

 

·         ELEVATO LIVELLO DI DISORGANIZZAZIONE CONCETTUALE, ALLUCINAZIONI, INUSUALE CONTENUTO DEL PENSIERO, ANSIA PSICOTICA ELEVATA (Yesevage et al., 1991; Tardiff, 1984)

·         IDEAZIONE PARANOIDE (Benzech et al., 1981; Addad 1990)

·         SENTIMENTI DI PAURA, RABBIA, ANSIA (Junginger, 1996)

·         ALTERAZIONE DEL TONO DELL’UMORE (Junginger, 1996)

 

 

Tab. 7 SEQUENZA DELL’AGGRESSIONE

 

 

 

La sequenza (Maier e Van Ryboroek, 1995)

                                                                                          

                                                                                                           DIAGNOSI, TRATTAMENTO

PREAGGRESSIONE      AGGRESSIONE      CONCLUSIONE    

 

 

 


                                                                                VALUTAZIONE, GESTIONE

 

 

Tab. 8 INTERVENTI IN SITUAZIONI ACUTE DI VIOLENZA

 

 

® assumere un atteggiamento positivo

® mantenere una distanza utile

® stabilire un contatto verbale

® usare frasi brevi, dal contenuto molto chiaro

® tono di voce caldo e rassicurante

® usare il nome personale del paziente

® mostrarsi d’accordo con le sue affermazioni

® non polemizzare o contrastare

® fare subito le proprie prescrizioni

® porlo di fronte a scelte alternative

® porre crescenti limiti

 

 

Tab. 9 FARMACI COMUNEMENTE UTILIZZATI NEL TRATTAMENTO DEL COMPORTAMENTO VIOLENTO

 

 

  • Antipsicotici tipici

 

  • Litio
  • Antipsicotici atipici
  • Antidepressivi
  • Anticonvulsivanti
  • Antiandrogeni
  • Benzodiazepine
  • Precursori della serotonina
  • Beta-bloccanti

 

 

 

Tab. 10 RACCOMANDAZIONI PER IL TRATTAMENTO DEL COMPORTAMENTO AGGRESSIVO NEI DISTURBI DI PERSONALITA’

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Fig. 1 M.M.G. E CRITERIO DECISIONALE PER INVIO ALLO SPECIALISTA O RICOVERO (16)

Casella di testo: Paziente con sintomi psichiatrici
 

 

 

 

 

Casella di testo: Anamnesi positiva
per SDA attuale

Invio

Specialista

 
 

 

 

 


                       Si                                No

 

 

Casella di testo: Sintomi area psicotica

Invio

Specialista/Ricovero

 
Casella di testo: Sintomi area 
·	Ansiosa
·	Depressiva

Disintossicazione

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Persistenza/ Aggravamento

 
 

 


Scomparsa

 
                                                                    

 

 

 


                                                                      

Invio

Specialista/Ricovero

 
 

 


                                                                                                             No

 

Alcol e Medico di Famiglia O. Brignoli, M. Cibin 1998

 

DISTURBI D’ANSIA ALCOL-CORRELATI

Nei soggetti dediti alle bevande alcoliche possono insorgere disturbi d’ansia differenziabili da forme primarie per caratteristiche cliniche e prognostiche.

Il quadro clinico può prevedere la presenza di fenomeni psicopatologici con prevalenti sintomi ansiosi generalizzati (DAG), oppure con aspetti ossessivi compulsivi (DOC) e fobici (F.S.), o, in altri casi, con una predominante componente d’ansia panica (DAP).

Relativamente alla frequente comorbilità con disturbi d’ansia primari, è sempre opportuno operare la diagnosi differenziale con forme morbose simili che generalmente fanno la loro comparsa in periodi precedenti l’abuso e che presentano caratteristiche di decorso del tutto indipendente dall’abuso alcolico; questi stessi disturbi, d’altra parte, sono stati spesso riconosciuti come fattore eziopatogenetico o di rischio per l’alcoldipendenza.

Più frequentemente quadri d’ansia clinicamente rilevante caratterizzano la fase di astinenza, soprattutto nella forma acuta, ove nell’80% dei casi si possono osservare attacchi di panico, talora di notevole entità clinica.

La fenomenica ansiosa di solito assume caratteristiche diverse rispetto a fasi successive del periodo di sospensione; così nei primi giorni compaiono più frequentemente disturbi ansiosi caratterizzati da sintomi acuti, mentre nel periodo successivo prevalgono condotte di evitamento e un discreto disagio relazionale riconducibili a forme di fobia sociale o di agorafobia. Tuttavia sintomi ansiosi, possono persistere per periodi molto lunghi durante la fase di sospensione con astinenza: in questi casi, inquadrabili come forme d’ansia generalizzata, spesso si assiste ad una remissione spontanea.

 

TRATTAMENTO: IMPIEGO DI ANSIOLITICI

Nel trattamento di pazienti alcoldipendenti con DAG, DAP o altri disturbi correlati all’ansia, l’ansiolitico non dovrebbe interferire con i processi cognitivi o con l’abilità manuale del paziente, né ostacolare la guarigione di un paziente che è probabile abusi di un farmaco che induce assuefazione, il composto dovrebbe essere adatto, se necessario, per un uso prolungato senza rischi indebiti e quindi non dovrebbe produrre nè tolleranza a dosi elevate, nè sintomi di astinenza dovuti a dipendenza ai dosaggi normali.

La riduzione dell’ansia che deriva dalla terapia intensiva disponibile per i pazienti alcoldipendenti potrebbe mascherare i vantaggi terapeutici supplementari derivanti dalla farmacoterapia. L’uso delle benzodiazepine (BDZ) per ridurre l’ansia in pazienti alcoldipendenti durante la fase di mantenimento dell’astinenza è controverso, se il clinico ritiene necessario utilizzare una BDZ, una regola di buon senso consiste nel pianificare la durata della terapia per non più di 4-6 settimane.

Le BDZ sono utili ed efficaci nella sindrome da astinenza da alcolici, meno chiaro è invece il loro ruolo nell’alcoldipendenza cronica.

Si presume che l’ansia sintomatica possa avere un significativo valore eziologico nella genesi dell’abuso di alcol e della dipendenza.

In genere, inizialmente, vanno utilizzati farmaci caratterizzati da basso rischio di dipendenza. Gli antagonisti recettoriali b-adrenenergici o il buspirone sono spesso una valida alternativa di prima scelta in particolar modo nel DAP e in alcune forme di fobia sociale.

Le benzodiazepine più diffuse si distinguono in composti Pronordiazepam-simili (Diazepam, Clordiazepossido, Desmetildiazepam, Bromazepam, ecc) e Oxazepam-simili (Alprazolam) Oxazepam (Lorazepam, Lormetazepam, Oxazepam) (Tab. 11). I Pronordiazepam-simili subiscono un destino metabolico che comprende la formazione di un metabolita comune (per desmetilazione), il Pronordiazepam, poi con un processo di idrossilazione lenta ad Oxazepam ed infine una coniugazione con acido glucuronico. Il metabolismo di questi composti determina la formazione di metaboliti attivi che si possono accumulare nell’organismo dopo un trattamento prolungato, generando uno stato di rischio costante nel caso di assunzione concomitante di alcolici.

I composti Oxazepam- simili vengono invece direttamente coniugati con l’Acido glucuronico formando metaboliti inattivi che vengono eliminati con le urine.  Alterazioni della funzionalità epatica che si possono verificare negli alcoldipendenti compromettono i processi di desmetilazione ed idrossilazione con grave modificazioni del metabolismo delle BDZ. Questo riguarda prevalentemente le BDZ Pronor diazepam simili, mentre la cinetica di eliminazione delle BDZ Oxazepam-simili, che subiscono un destino metabolico "a valle” della idrossilazione, non viene modificata.

Per le BDZ il meccanismo dell’interazione con l’alcol è quindi sia di tipo farmacodinamico (sinergismo di azione), come per gli antidepressivi e i neurolettici, sia di tipo farmacocinetico (significativa alterazione del catabolismo).

L’assunzione prolungata di alcol determina una induzione degli enzimi microsomiali epatici (Cit. P 450) ed una maggiore velocità dei processi di idrossilazione (più per i Pronordiazepam-simili). Per questo motivo negli etilisti cronici si nota una maggiore tolleranza alle BDZ.

Si può quindi riassumere che in “acuto” le due sostanze potenzino le reciproche attività farmacologiche (sinergia), “in cronico” si sviluppa una tolleranza alle BDZ (induzione enzimatica).

Nelle condizioni di alcoldipendenza cronica si aggiungono effetti dell’alterata funzionalità catabolica epatica, con possibilità quindi di accumulo e di tossicità da BDZ. Risulta quindi che sono da preferire le BDZ ad emivita breve (Lorazepam, Oxazepam, Temazepam) o brevissima (Alprazolam, Triazolam).

Nel trattamento “in acuto” i dosaggi possono essere simili a quelli utilizzati nelle altre patologie psichiatriche, nel trattamento “in cronico” va considerato il possibile effetto di induzione enzimatica (fenomeno della tolleranza) che può rendere necessario un aggiustamento del dosaggio.

Anche gli antidepressivi possono risultare importanti e più incisivi in alcune forme di ansia (sia primarie che indotte) in particolar modo DAP, DAG, Fobie Sociali, Fobie Semplici, PTSD. In questi casi sono utilizzati e con ottimi risultati vari antidepressivi: SSRI, NASSA, NARI, RIMA, IMAO, TCA sedativi; va ricordato che nel paziente alcoldipendente un’overdose di antidepressivi può abbassare la soglia convulsivante e può determinare serie conseguenze in termini di morbilità e anche di mortalità (5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13).

 

 

 

 

Tab. 11 CLASSIFICAZIONE  DELLE BENZODIAZEPINE (BDZ)

 

COMPOSTI                                                                        EMIVITA PLASMATICA

 

BDZ pronordiazepam- simili (emivita medio-lunga)

 

Bromazepam                                                                                                      10-20 ore

Clobazam                                                                       10-50 ore (desmetilCBZ: 50 ore)

Clorazepato                                                        non dosabile (desmetilDZ: 50- 129 ore)

Clordesmetildiazepam                                              50-140 ore (lorazepam: 10- 20 ore)

Clordiazepossido                                              5-30 ore (N- desmetil CDZ: 50- 120 ore)

Desmetildiazepam                                                       50-120 ore (oxazepam: 5- 25 ore)

Flurazepam                                                                 0.5- 1 ora (desalchilFRZ: 40- 190)

Halazepam                                                                 9-25 ore (desmetilDZ: 50- 120 ore)

Ketazolam                                                                       2 ore (desmetilDZ: 50- 120 ore)

Medazepam                                                                  1-2 ore (desmetilDZ: 50- 120 ore)                                

Pinazepam                                                                10-15 ore (desmetilDZ: 50- 120 ore)

Prazepam                                                        non disponibile (desmetilDZ: 50- 120 ore)

Quazepam                                                        25-40 ore (N- desalchilFRZ: 40- 100 ore)

 
Nitro- BDZ (emivita medio-lunga)

 

Flunitrazepam                                                                                                    24-48 ore

Nitrazepam                                                                                                         24-48 ore

BDZ oxazepam- simili (emivita breve)

 

Lorazepam                                                                                                          10-20 ore

Lormetazepam                                                                                                    10-15 ore

Oxazepam                                                                                                             5-24 ore

Temazepam                                                                                                         10-12 ore

 

Triazolo- BDZ (emivita breve-ultrabreve)

 

Alprazolam                                                                                                           6-16 ore

Estazolam                                                                                                             8-24 ore

Etizolam                                                                                                                 5-7 ore

Triazolam                                                                                                               2-5 ore

 

Tieno- BDZ (emivita breve-ultrabreve)

 

Brotiazolam                                                                                                            3-5 ore

Clotiazepam                                                                                                           2- 2 ore

 

 

                                                                                                                                     Bellantuono e coll. 1999

 

DISTURBI DEL SONNO ALCOL-CORRELATI

L’insonnia rappresenta il disturbo del sonno più frequentemente osservabile in pazienti alcoldipendenti. Durante la fase di intossicazione viene soppressa principalmente la fase di sonno REM e vengono ridotte le fasi 3 e 4, caratteristiche del sonno profondo. Generalmente si ha la sensazione soggettiva di un sonno frammentario, non “ristoratore” cui segue al risveglio un senso di spossatezza e “disagio fisico”classicamente descritto come “hangover”; inoltre, caratteristicamente, dopo la fase di ipersonnia iniziale, può far seguito un sonno agitato ricco di sogni angosciosi, in quanto nella seconda fase del sonno si può avere un rebound del sonno REM. Oltre a questo aspetto i principali disturbi del sonno da alcol, sembra possano essere determinati anche dall’azione della sostanza su alcune ammine biogene centrali come la serotonina e la noradrenalina.

Altre cause sono le fasi d’astinenza e i disturbi dell’umore che concomitano nella malattia alcolica; in particolare durante la crisi d’astinenza il sonno è molto disturbato, frammentario, e, dal punto di vista E.E. grafico, caratterizzato da una prevalenza di fasi REM; nei casi più gravi questa componente può rappresentare la variabile predominante del quadro neurofisiologico, determinando i classici vissuti oniroidi del delirium.

Secondo i criteri del DSM IV (Disturbo del Sonno Indotto da Alcol) oltre alla correlazione etiologica con l’uso della sostanza, il disturbo deve essere clinicamente più grave dei disturbi del sonno che normalmente si osservano.

 

TRATTAMENTO DEI DISTURBI DEL SONNO

Si possono usare le stesse sostanze indicate nei disturbi ansiosi e con le stesse cautele. Nel caso che l’insonnia si presenta isolata (o associata) anche i nuovi ipnoinducenti come Zoplicone (a struttura ciclopirrolinica) e lo Zolpidem (Imidazopiridine) sono indicati.

Qualunque sia la BDZ utilizzata, essa può fornire, tuttavia, un supporto sintomatico e limitato, pertanto bisogna usare tali farmaci nel periodo breve e dove la necessità è elevata (5, 6, 7, 8, 9,10, 11, 12, 13).

 

DISFUNZIONI SESSUALI ALCOL-CORRELATE

Contrariamente a quanto generalmente viene creduto, l’alcol aggiunto in maniera eccessiva e per periodi prolungati non solo non aumenta la “virilità” e il desiderio sessuale bensì è in grado di determinare una compromissione della funzione sessuale di gravità variabile.

Secondo i criteri diagnostici dell’A.P.A. la disfunzione sessuale può riguardare: il desiderio, l’eccitamento, l’orgasmo, o la presenza di dolore sessuale, etiologicamente correlabile all’uso di sostanze e differenziabile da altre disfunzioni di origine primaria per caratteristiche di insorgenza e di decorso. In tal senso il disturbo solitamente insorge durante l’intossicazione o entro un periodo di un mese dalla stessa; l’entità del problema sessuale è tale da poter essere differenziato da quanto più frequentemente si osserva nel quadro sintomatologico proprio dell’episodio di intossicazione (1). Anche in questi casi la diagnosi è più agevole per i soggetti che non hanno mai manifestato disturbi sessuali prima dell’uso di sostanze alcoliche (Tab. 12).

L’alcol può causare problemi reversibili della sfera sessuale, che tendono a risolversi con l’astinenza e con la completa disintossicazione, oppure può precipitare con disfunzioni irreversibili o solo parzialmente reversibili.

 

Tab. 12 DISFUNZIONI SESSUALI ALCOL-CORRELATE

 

 

MOTIVI DI DISFUNZIONI SESSUALI INDOTTE DA ALCOL

(DESIDERIO , ECCITAMENTO, EREZIONE, ORGASMO)

 

·         Disturbi dell’erezione per azione diretta dell’alcol sulla prostata (prostatiti)

·         Diminuzione della spermatogenesi e del tasso ormonale per danni atrofici sul testicolo

·         Danni indiretti determinati dall’epatite con conseguente dismetabolismo ormonale

·         Sbilanciamento ormonale con un aumento relativo degli ormoni sessuali femminili nei maschi.

 

 

Generalmente nei maschi i problemi maggiori sono rappresentati dall’impotenza sulla cui genesi nel tempo può influire significativamente la neuropatia periferica (Disturbo di Erezione, Anorgasmico, …).

Nelle donne i disturbi si manifestano prevalentemente con una diminuzione del desiderio, irregolarità del ciclo mestruale e diminuzione della lubrificazione vaginale (con conseguente dolore sessuale).

 

CRAVING ALCOLCORRELATO

Dato che l’esperienza soggettiva del piacere può essere  profondamente influenzata se non mediata dalla stimolazione dei recettori dopaminergici mesolimbici, non è sorprendente che così tante delle sostanze psicoattive d’abuso possano avere un chiaro impatto su questo sistema neuronale. Queste sostanze psicoattive comprendono gli stimolanti cocaina e amfetamina, che agiscono a livello presinaptico per causare direttamente un aumento della disponibilità di dopamina, e molte altre sostanze d’abuso che sembrano agire attraverso stimoli sui dentriti del neurone dopaminergico mesolimbico. Così l’alcol, gli oppiacei e la nicotina possono avere tutti un impatto su questo neurone attraverso un imput sinaptico sui corpi cellulari dopaminergici mesolimbici e sui dentriti. La Tab. 13 illustra un modello neurobiologico della psicofarmacologia del piacere. Quando la liberazione di dopamina è aumentata lungo questa via da meccanismi anche diversi tra loro, si prova piacere. Ciò costituisce un rinforzo all’uso della sostanza psicoattiva e produce un ripetuto uso della sostanza stessa ed infine, in alcuni casi, dipendenza dalla sostanza psicoattiva. Inoltre, poiché il sistema dopaminergico può desensibilizzarsi di fronte  ad una eccessiva stimolazione, esso può praticamente “desensibilizzare il piacere”. Questo potrebbe portare a sensazioni spiacevoli una volta che gli effetti della sostanza svaniscono o quando l’apporto della sostanza è stato interrotto.

Tab. 13 MODELLO NEUROBIOLOGICO DEL PIACERE

 

 

IL CONTROLLO FARMACOLOGICO DEL CRAVING

Il craving, può essere definito come: “il desiderio dell’effetto conosciuto di una sostanza psicoattiva. Questo desiderio può divenire irresistibile e può aumentare in presenza di stimoli interni ed esterni (scatenanti), e con la percezione della  disponibilità della sostanza. Esso è caratterizzato da un comportamento finalizzato all’ottenimento della sostanza e nell’uomo, da pensieri che si concentrano sulla sostanza”  (UNDCP, Meeting, Vienna 1992) (Tab. 14 e 15)(17, 18, 19).

 

Tab. 14 MECCANISMO DI RICADUTA LEGATO AL CRAVING

 

 


CRAVING

                       

                          1a   ASSUNZIONE                 PERDITA DI CONTROLLO          RIPETUTE ASSUNZIONI

 

 

CONTROLLO                                        AUMENTO DEL CRAVING                              RICADUTA

 

 

 

 

Tab. 15 TERAPIA FARMACOLOGICA DEL CRAVING

 

§         Acamprosato (Calcio Omotaurinato)

§         Agonisti dopaminergici (Bromocriptina)

§         Acido Gamma- idrossibutirrico (GHB)

§         Inibitori degli oppiacei (Naltrexone, Nalmefene)

§         Inibitori del reuptake della serotonina (SSRI: Fluoxetina, Paroxetina, Sertralina, Citalopram, …)

§         Nassa: Mirtazapina

 

DISTURBI DELL’UMORE ALCOL-CORRELATI

Da tempo sono stati messi in evidenza rapporti clinici tra alcoldipendenza e disturbi dell’umore (Tab. 16). Molti autori hanno inquadrato, sia sul versante della “automedicazione” che su quello “dell’equivalente depressivo”, l’alcoldipendenza associata alla patologia dell’umore. Pur ritenendosi tradizionalmente che i disturbi depressivi siano i frequenti antecedenti dell’alcoldipendenza e dell’abuso di alcol, attualmente in letteratura si sottolinea come l’alcoldipendenza e depressione possano coesistere ad origine e l’alcoldipendenza non sia necessariamente un sintomo della depressione. “L’Alcoldipendenza e il Disturbo Depresssivo Maggiore sono entità distinte: esse sono espressioni differenti della medesima condizione di base; mentre l’alcoldipendenza è di rado una conseguenza della depressione, molti alcolici inducono sintomi depressivi o il complesso sindromico della Depressione Maggiore” (Depressione in Medicina Generale).

È stato osservato, mediante studi prospettici longitudinali, come l’alcoldipendenza possa svilupparsi con consistente prevalenza prima della depressione e come questa sia una conseguenza dell’abuso alcolico piuttosto che il contrario. Al riguardo, Schuckit sottolinea come la maggior percentuale dei disturbi dell’umore sia successiva e secondaria all’instaurarsi dell’abuso di alcol. L’uso dell’alcol, che rappresenta una sostanza farmacologicamente attiva sul SNC, ed in particolare per la sua azione depressiva (sulla corteccia, sul sistema limbico, sul cervelletto e sulla formazione reticolare del tronco e del midollo allungato), può rappresentare il fattore eziologico di specifici disturbi dell’umore. Il disturbo dell’umore indotto interessa il 30%, 40% dei pazienti con pregresse ripetute intossicazioni alcoliche, ma solo il 5% degli uomini e il 10%, 15% delle donne manifestano sintomi di Depressione Maggiore (20).

È tuttavia utile ricordare come tale quesito non sia ancora soddisfacentemente chiarito e come la rilevazione percentuale dei disturbi dell’umore in alcoldipendenti dipenda sia dai criteri clinici che dagli strumenti epidemiologici utilizzati per diagnosticarli.

Pertanto, sebbene la distinzione tra disturbo primario e secondario rimanga un aspetto importante, molti sono i fattori che possono rendere difficile la diagnosi differenziale e tra questi:

1.       L’alcol può ingenerare sintomi depressivi anche in persone non predisposte;

2.       Una grave, se pur breve, depressione fa seguito frequentemente ad un prolungato abuso di alcol;

3.       Sintomi depressivi e problematiche alcol-correlati possono presentarsi in associazione con disturbi psichiatrici;

4.       Una discreta proporzione di pazienti affetti da Disturbo Bipolare presenta una storia di alcoldipendenza indipendente dal disturbo affettivo (Goodwine e coll. 1990).

A questo proposito è suggestiva l’ipotesi che considera l’alcol come “tranquillante o rilassante” nei pazienti Bipolari con umore disforico come tentativo autoterapeutico.

Una interessante osservazione sulla natura dell’umore più frequentemente associata all’abuso alcolico ci è fornita da Murray e coll. 1984, i quali, studiando le abitudini alcoliche di una popolazione di pazienti psichiatrici, hanno individuato una sottopopolazione di “bevitori eccessivi” comprendente prevalentemente pazienti Ciclotimici e pazienti con Disturbo Distimico (Tab. 17) (21).

Alcuni dati biografici e clinici sono utili per formulare la diagnosi di Disturbo Depressivo Maggiore Primario e Disturbo Bipolare (Tab. 18).

1.       Un disturbo affettivo precedente all’esordio dell’Alcoldipendenza o una storia di Disturbo Affettivo verificatosi durante periodi di astinenza prolungati;

2.       Una storia di Ansia da Separazione, comportamento fobico o di nevrastenia prima dell’infanzia;

3.       Un episodio ipomaniacale o maniacale come reazione all’uso di antidepressivi;

4.       Una storia familiare di Disturbo Bipolare;

5.       Una storia familiare di malattia affettiva in due o più generazioni consecutive;

6.       Un test positivo per la soppressione al Desametazone dopo che il paziente ha osservato un’astinenza per più di 4 settimane (Gallant 1987).

 

Tab. 16 CLASSIFICAZIONI DEI DISTURBI DELL’UMORE SECONDO IL DSM IV

 

·         Disturbo depressivo maggiore: - episodio singolo

                                                              - episodio ricorrente

  • Disturbo distimico
  • Disturbo depressivo non altrimenti specificato (NAS)
  • Disturbo bipolare I:  - episodio maniacale singolo

- più recente episodio ipomaniacale

- più recente episodio misto

- più recente episodio depressivo

- più recente episodio NAS

  • Disturbo Bipolare II
  • Disturbo ciclotimico
  • Disturbo Bipolare non altrimenti specificato (N.A.S.)
  • Disturbo dell’umore dovuto a condizione medica generale
  • Disturbo dell’umore indotto da sostanze

 

Tab. 17 CRITERI DIAGNOSTICI PER IL DISTURBO DISTIMICO

 

A. umore depresso per almeno 2 anni

(almeno 2 sintomi fra i seguenti)

-          Appetito ridotto o eccessivo

-          Insonnia o ipersonnia

-          Fatica o bassa energia

-          Bassa autostima

-          Scarsa concentrazione o indecisione

-          Sentimenti di perdita della speranza

 

B. Il paziente non è mai stato libero dai sintomi per più di 2 mesi.

 

C. I sintomi causano una sofferenza o una compromissione “clinicamente significativa”

     nel funzionamento 

     sociale, lavorativo o in altre importanti aree

 

Tab. 18 CRITERI DIAGNOSTICI PER L’EPISODIO DEPRESSIVO MAGGIORE

 

A. 5 o più dei seguenti sintomi sono stati presenti contemporaneamente per un periodo di almeno due settimane (almeno 1 dei sintomi è umore depresso o perdita di interessi)

-          Umore depresso

-          Marcata diminuzione di interesse

-          Modificazioni ponderali

-          Insonnia o ipersonnia

-          Agitazione o rallentamento psicomotorio

-          Faticabilità o mancanza di energia

-          Sentimenti di autosvalutazione o di colpa

-          Difficoltà di pensiero o di concentrazione

-          Pensieri di morte

 

B. I sintomi causano disagio “clinicamente significativo”o compromissione del                                 funzionamento sociale, lavorativo o di

altre aree importanti.

 

C. I sintomi non sono dovuti agli effetti di una sostanza o di una condizione medica    generale

 

SUICIDIO ALCOL-CORRELATO

Il rischio di suicidio nei soggetti alcoldipendenti è allarmante; in uno studio prospettico della durata di 30 anni su 1312 alcoldipendenti è stato riscontrato che 88 (il 16%) dei 537 decessi erano suicidi certi (Berglud 1984). La più alta frequenza di suicidi è stata rilevata durante gli anni immediatamente successivi alla dimissione dell’ospedale: ciò costituisce un ulteriore dato in grado di sottolineare l’importanza della valutazione della comorbilità per diagnosi psichiatrica quando un paziente alcolista intraprende per la prima volta un programma terapeutico.

La maggior parte delle stime di prevalenza del suicidio alcol-correlato varia tra il 10% e il 15% (Ispes 1989) (Tab. 19).

 

Tab. 19 SUICIDIO ALCOL-CORRELATO

 

 

Correlazione tra abuso alcolico e suicidio in Italia

                                 Anno                                              Suicidi

                      Da Alcol                                                    Totali

1974               581 (25%)                                                 2326

1981               688 (25%)                                                 2755

1983               712 (25%)                                                 2851

1984               793 (25%)                                                 3173

1985               920 (25%)                                                 3679

 

Secondo alcuni autori la Depressione Primaria si differenzia dalla Secondaria per una maggiore gravità dei sintomi, mentre altri A.A. identificherebbero nella presenza di un disturbo dell’umore secondario all’alcoldipendenza, una situazione ad elevato rischio suicidario più nel sesso maschile, in particolare anziani. L’abuso di alcol con varie modalità rappresenta quindi un alto fattore di rischio suicidario (5 volte superiore a quello della popolazione in generale). Spesso gli alcoldipendenti minacciano il suicidio, comunque l’alto rischio per l’attuazione è caratterizzato frequentemente con la presenza di conflitti e relative rotture nelle relazioni interpersonali “esperienze di perdita” (A. Caneva- D. De Leo 1999) (Tab. 20, 21, 22).

 

Tab. 20 TIPOLOGIA DEL COMPORTAMENTO SUICIDARIO

 

·         Tentativo improvviso: durante lo stato di intossicazione con angoscia, aggressività, violenza ed intensa stimolazione affettiva

  • Tentativo meditato: durante la fase di astinenza con grave depressione dell’umore

 

 

Tab. 21 PERDITE “SIGNIFICATIVE” E PROBLEMATICHE PIU’ FREQUENTI CHE POSSONO INDURRE UN COMPORTAMENTO SUICIDARIO

 

 

  • Separazione o divorzio

 

·         Rottura di una relazione sentimentale

 

·         Espulsione dal nucleo familiare

 

·         Morte di una persona cara

 

  • Altri:  -    Perdita di un lavoro con conseguenti problemi finanziari  

-          Problemi legali

-          Probelmi fisici gravi derivanti dall’alcoldipendenza

 

 

   

Tab. 22 SEQUENZA DI MODELLO INTEGRATO DELLA RELAZIONE TRA ALCOL E SUICIDIO

 

1.       Segnali interni ed esterni che spingono a bere

2.       Aspettativa di un sollievo dalla tensione

3.       Conseguente peggioramento dell’umore

4.       Amnesia per la depressione nei momenti di sobrietà

5.      Crescente senso di colpa e bassa autostima con promozione dell’assunzione di alcol che alla fine può esitare in suicidio

 

TRATTAMENTO: IMPIEGO DI ANTIDEPRESSIVI

Prima di discutere sulle specifiche farmacoterapie antidepressive per i pazienti alcoldipendenti, dovrebbe essere sottolineato il fatto che qualsiasi composto che richieda l’ossidazione da parte del fegato, può avere farmacocinetiche differenti se somministrato ad un alcoldipendente durante la fase iniziale della malattia (induzione enzimatica) rispetto a quando è somministrato durante la fase più avanzata dell’alcoldipendenza (possibile cirrosi epatica) che causa una conseguente riduzione degli enzimi metabolici disponibili (diminuisce il catabolismo).

In linea generale se la sintomatologia affettiva è primaria, è necessario curare il disturbo interessato (Disturbo Affettivo Bipolare o Episodio Depressivo Maggiore Ricorrente, Ciclotimia, Distimia). Se è secondario ad un’assunzione eccessiva di alcol ed ai fallimenti esistenziali che vi si associano, il Disturbo Affettivo dovrebbe risolversi in un periodo di qualche settimana man mano che l’astinenza si protrae.

Questi pazienti, solitamente, non necessitano di un intervento psicofarmacologico specifico. Tuttavia, se tale malattia dello spettro affettivo persiste più di uno o due mesi nonostante i tentativi psicoterapici di alleviarne il disagio, allora si rende necessario iniziare una terapia psicofarmacologica per evitare una ripresa dell’uso dell’alcol o un tentativo di suicidio secondari alla sintomatologia affettiva.

Fino ad oggi non è stato rilevato che alcuno degli antidepressivi in commercio sia più efficace degli altri per l’impiego in pazienti alcoldipendenti con episodi depressivi maggiori. (Tab. 23).

Gli errori più comunemente commessi nell’uso degli antidepressivi consistono nel prescrivere un dosaggio troppo basso per un periodo di tempo troppo breve e nell’interruzione prematura della cura una volta che si sia verificata una risposta terapeutica adeguata.

Nell’effettuazione di diversi studi sull’utilizzo degli antidepressivi nel trattamento dell’Alcoldipendenza i risultati non sono stati incoraggianti in termini di astinenza o di riduzione del potus al di là dell’azione specifica sulla depressione. L’intuizione e la scoperta di alterazioni della funzione serotoninergica negli alcoldipendenti ha indotto a condurre studi con gli SSRI ma i risultati in termini di riduzione del potus sono stati modesti e di breve durata.

Il sistema serotoninergico è stato oggetto di una serie di studi, non solo in relazione all’esordio della depressione ma anche alla diminuzione dell’assunzione dell’alcol sia negli animali che nell’uomo (Gatto e al. 1990, Naranajo 1986, Pitrajzec 1997): la concentrazione ematica della Serotonina era significativamente ridotta dopo il consumo di alcol.

Il ritmo diurno della Serotonina in soggetti che avevano bevuto alcol il giorno prima era abbastanza differente da quello del gruppo di controllo ma molto simile a quello dei pazienti con depressione; gli Autori suggeriscono che il meccanismo della depressione dopo il consumo di alcol potrebbe essere correlato alla funzione della Serotonina.

Le caratteristiche dei pazienti alcoldipendenti (scarsa compliance, impulsività, alto rischio di ricaduta, insonnia, ecc.) impongono di seguire degli accorgimenti nella scelta del farmaco da impiegare nel trattamento del disturbo dell’umore (Tab. 24) (5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13).

 

Tab. 23 CLASSIFICAZIONE, CARATTERISTICHE CLINICHE E FARMACOCINETICHE DEGLI ANTIDEPRESSIVI IN COMMERCIO

IN ITALIA (le molecole sono in ordine alfabetico)

 

 

CLASSE FARMACOLO

GICA

MOLECOLA

 

NOME COMMERCIALE

RANGE POSOL.

(mg/die)

 

EMIVITA MEDIA

 

 

Triciclici

 

 

 

 

 

 

IMAO(irrevers.)

 

IMAO (revers.)

 

IMAO (revers.)

 

SSRI

 

 

 

 

 

 

 

SNRI

 

NASSA

 

NARI

 

 

 

“Atipici”

 o di 2a generazione

 

 

Amitriptilina

Cloripramina

Desimipramina

Dotepina

Imipramina

Nortriptilina

Trimipramina

 

Tranilcipromina

 

Moclobemide

 

Toloxatone

 

Citalopram

 

Fluoxetina

 

Fluvoxamina

 

Paroxetina

Sertralina

 

Venlafaxina

 

Mirtazapina

 

 

Reboxetina

 

 

 

Adenometionina

Amisulpride

Maprotilina

Mianserina

Nefazodone

Trazodone

 

Laroxyl,Adepril

Anafranil

Nortimil

Protiaden

Tofranil

Noritren

Surmontil

 

Parmodalin

 

Aurorix

 

Umoril

 

Seropram

Elopram

Prozac

 Fluoxaren

Maveral, Fevarin, Dumirox

Seroxat, Sereupin

Zoloft, Serad

 

Efexor

 

Remeron

 

 

Edronax, Davedax

 

 

Samyr; Isimet

Denibam

Ludiomil

Lantanon

Reseril

Trittico

 

 

75- 250

75- 250

75- 250

75- 100

75- 250

75- 250

75- 250

 

10- 30

 

200- 600

 

400- 600

 

20 40

 

20- 60

 

100- 300

 

20- 60

50- 200

 

75- 375

 

15- 45

 

 

4- 12

 

 

 

400- 1600

50- 100

50- 150

60- 120

300- 600

75- 300

 

         

          h 24

24

18

35

22

26

12

 

2

 

2

 

2

 

33

 

24- 140

 

13- 22

 

24

24

 

10

 

30

 

 

12

 

 

 

1.5

10

40

15

3

6

 

 Bellantuono e coll. 1999

 

Tab. 24 SCELTA DELL’ANTIDEPRESSIVO IDEALE PER PAZIENTI CON DEPRESSIONE E ALCOLDIPENDENZA

 

·          

·         Antidepressivo che richieda monosomministrazione (migliora la compliance)

·         Sicurezza dell’antidepressivo in termini di alto indice terapeutico (prevenzione tentativi autosoppressivi)

·         Le interazioni con l’alcol devono essere preferibilmente assenti.

·         Antidepressivo che possibilmente non subisca metabolismo ossidativo epatico (effetto di induzione enzimatica microsomiale)

·         Antidepressivo sedativo-ansiolitico (per ridurre l’ansia e migliorare l’insonnia)

·        Antidepressivo che non influisca negativamente sulla sessualità, piuttosto che corregga il problema.

 

 

Tab. 25 CARATTERISTICHE CLINICHE DEI PRINCIPALI REGOLATORI DELL’UMORE IN COMMERCIO

 

 

Litio

(Carbolithium)

 

 

 

 

 

Carbamazepina

(Tegretol)

 

 

 

 

 

 

 

Acido Valproico

(Depamide, Depakin)

 

Il dosaggio è individuale e deve essere sufficiente a raggiungere una concentrazione plasmatica compresa tra 0,7 e 1,2 meq/l.

Effetti collaterali: sete eccessiva, poliuria e tremori (ridurre il dosaggio fino al limite inferiore del range plasmatico), aumento del peso (dieta), ipotiroidismo (eventuale associazione T3), nausea (generalmente transitoria).

 

Il dosaggio terapeutico va raggiunto gradualmente iniziando con 200 mg fino a raggiungere 1000- 1200 mg/die.

Effetti collaterali: lieve leucopenia (monitoraggio sospensione se i GB scendono al di sotto dei 4000), riduzione del T3 e T4, modesta iponatremia e ipocalcemia, raro aumento degli enzimi epatici (se persiste sospendere), rallentamento della conduzione cardiaca AV (evitare la somministrazione nei pazienti cardiopatici), esantemi cutanei (il 15% dei pazienti, sospendere e poi riprovare).

 

Il dosaggio terapeutico va raggiunto gradualmente iniziando con 300- 400 mg/die fino a raggiungere 1500- 2000 mg./die.

Effetti collaterali: nausea (rara), ematomi spontanei

(rari, monitoraggio delle piastrine e del tempo di coagulazione)

 

 

Fra le diverse molecole dotate di efficacia antidepressiva vengono ritenute più idonee le seguenti: SAME, SSRI, Doxepina, Mianserina, Trazodone, NARI, NASSA (Mirtazapina). Inoltre vengono utilizzati anche gli stabilizzatori dell’umore (Tab. 25).

L’antidepressivo che secondo il nostro parere risponde a tutti i criteri di scelta ideale è la Mirtazapina, per tali considerazioni: è il capostipite di una nuova classe di antidepressivi NASSA, antidepressivo noradrenergico e serotoninergico specifico. La Mirtazapina blocca i recettori a2 presinaptici che esercitano un controllo inibitorio sulla liberazione di Noradrenalina e Serotonina, potenziando la trasmissione noradrenergica e serotoninergica; azione che determina la sua attività antidepressiva. Inoltre esercita una potente azione di blocco sui recettori 5HT2 e 5HT3 serotoninergici per cui la serotonina liberata va ad agire sui recettori 5HT1a.

Questa specificità recettoriale determina il buon profilo di tollerabilità al farmaco con assenza di effetti collaterali serotoninergici (nausea, vomito, disturbi sessuali eccetera). La Mirtazapina blocca anche i recettori H1 (istaminergici) pertanto induce sedazione, utile spesso in pazienti agitati ed insonni. La Mirtazapina dovrebbe avere, anche se ancora non vi sono lavori specifici, attività anticraving (nella nostra esperienza su 18 casi è stata confermata tale attività); infine presenta un profilo di interazione farmacologica molto favorevole dovuto alla caratteristica di non interferire con l’attività degli Isoenzimi del Cit. P 450 (molto spesso gli alcoldipendenti hanno gravi insufficienze epatiche).

 

CONCLUSIONI

L’interesse di studio da parte di numerosi tossicologi, psicologi, psichiatri, sociologi, … di tutto il mondo in questi ultimi anni hanno fornito elementi cardine per la prevenzione e cura dei “bevitori problematici” con o senza doppia diagnosi. Tralasciando e rimanendo ancora aperto il problema di relazione tra assunzione di alcool e disturbi psichiatrici è opportuno e corretto l’approccio farmacologico in un trattamento che a buon diritto deve essere denominato “multimodale, integrato, multidisciplinare,…” senz’altro la combinazione di vari trattamenti (psicoterapici, psicofarmacologici, supporto sociale, gruppi di autoaiuto come i clubs e A.A., …) hanno già dato ottimi risultati. I recenti progressi della neurofisiologia del piacere all’alcol e ad altre sostanze psicoattive d’abuso hanno permesso di iniziare approcci farmacologici innovativi, che avranno significativo interesse per gli studiosi del settore e la possibilità di utilizzo nella clinica alcologica pratica. Tutto ciò senza mai prescindere dagli interventi complessi e strutturati comprensivi di assistenza costante e supporto sociale adeguato.

 

BIBLOGRAFIA

 

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3. Kaplan H. I., Sadock B. Psichiatria clinica. Centro Scientifico Internazionale, Torino, 1997.

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