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La Nuova Sardegna
domenica 17 febbraio 2002
CAGLIARI CRONACA
CAGLIARI
CRONACA
I
segreti delle grotte della Cagliari sotterranea
L'acqua
dei tubi colabrodo?
Finisce nella cavità di Su stiddiu,
un vero lago sotto piazza d'Armi
Marcello Polastri
CAGLIARI. Si dice che le grotte nascondano sempre un segreto.
Indubbiamente quelle di Cagliari, estese centinaia di metri e
affascinanti giacché create nel corso di secoli, di misteriosi
e sanguinose dominazioni, hanno dato luogo a leggende, storie
incredibili e aneddoti tra cui spiccano le dicerie popolari su
un oscuro lago celato nelle viscere della città. In realtà nel
sottosuolo non è presente un unico specchio d'acqua, ma tanti
rimarranno sorpresi nel venire a conoscenza di quel groviglio di
vene acquifere, canali e bacini che si nascondono sotto le
trafficate strade e alimentano non poche caverne.
Nell'area vicino a piazza d'Armi ad esempio, si insinuano
spettacolari cave di pietra allagate da limpide acque di incerta
provenienza. Non a caso, l'appellativo "Su Stiddiu"
attribuito dai vecchi cagliaritani al sotterraneo situato alla
confluenza tra viale San Vincenzo e viale Buoncammino, rievoca
dal profondo della memoria popolare la presenza del liquido
vitale al suo interno. La grotta "Su Stiddiu" o
"della goccia" è infatti un ipogeo pluricamerale
scavato nel calcare miocenico del colle di Buoncammino e si
specchia nelle acque di un grande lago naturale. Il bacino,
residuo di una cava d'età antica forse riadattata in cisterna,
è costantemente alimentato dalle acque perse dalla malridotta
rete idrica: dalle volte della grotta, situata a meno dieci
metri di profondità ed estesa fin sotto il carcere di
Buoncammino, goccia dopo goccia cade uno stillicidio
intermittente che provoca tonfi sinistri e suggestivi gorgoglii,
quasi a volerci indicare che la soprastante coltre rocciosa non
solo è fessurata, ma ricca d'acqua. Di recente, il liquido
contenuto in questa celebre cavità è stato oggetto di uno
studio edito dalla rivista "Specus News" di
Monserrato, che viene distribuita gratuitamente tra i diversi
gruppi speleologici della città: le analisi delle acque
prelevate nel lago di "Su Stiddiu" ed in quelli che
occupano il fondo della limitrofa cavità di piazza d'Armi,
hanno rivelato la presenza del cloro residuo al loro interno e
sono risultate potabili. Peccato che nessuno ha ipotizzato il
loro utilizzo, almeno per alleviare i disagi in quelle zone
arredate a verde che, specie in questi giorni, sembrano
risentire delle pressanti ed oramai frequenti restrinzioni.
Le cavità che gravitano nei pressi di viale Merello non sono le
sole a destare stupore per via dell'acqua. In tal senso anche S'Avanzada,
imponente caverna nascosta dal muraglione che costeggia il
tratto terminale di viale Regina Elena fino alle porte del
turrito Castello e si addentra sotto la Cittadella dei Musei,
riserva non pochi segreti: due tra i suoi sei cameroni sono
inaccessibili, causa l'acqua che sommerge i rispettivi passaggi
e ha reso precari gli angoli di cava concepiti nel corso della
dominazione romana di Karalis. A quei tempi era infatti
consuetudine, per gli schiavi condannati "ad metalla",
divenire cavatori obbligati ad estrarre dal sottosuolo la roccia
utile per l'edilizia e cunicolare in cerca di falde acquifere.
Non a caso, le numerose cisterne ed i manufatti scavati nei
diversi settori urbani, sono testimoni d'una manodopera faticosa
che sfiora i 2000 anni di storia se pensiamo ai romani quando ad
esempio, durante periodo Imperiale costruirono a Cagliari
straordinarie opere pubbliche, strade lastricate conducenti al
foro e agli edifici di prestigio, sempre e comunque dotati di
riserve idriche ausiliarie ai complessi termali ed ai ninfei.
Tra le più intime curiosità della "città del buio"
spicca il plurisecolare utilizzo della grotta "Su
stiddiu" che, secondo le fonti archivistiche ed i
manoscritti, è stata usata dall'antichità fino al 1892, quando
la ditta produttrice della squisita birra Ferrero Barisonzo, vi
collocò un insolito, fresco deposito di bottiglie. Con i lavori
stradali che cominciarono negli anni successivi, la cavità subì
diverse modifiche, specie nella parte orientata a nord, lungo
viale San Vincenzo, danneggiata dal lavoro estrattivo di una
vicina cava di pietra: le volate di mina e gli sbancamenti
distrussero anche la Grotta del Buon cammino, e appena un secolo
più avanti quella di Su Stiddiu venne ridotta e parzialmente
coperta dalle macerie prodotte nelle operazioni di assestamento
in piazza d'Armi e via Marengo. Allora fu risparmiato solo un
piccolo ingresso, in seguito rinforzato con il cemento, che è
stato percorso dai rifugiati durante l'ultima guerra mondiale ed
oggi dimenticato nonostante le vecchie generazioni di
cagliaritani prelevarono dal suo interno l'acqua ancor prima
della seconda metà dell'Ottocento, tempo in cui una società
inglese, la "Company Water and Gas", creò il nuovo
acquedotto che ancor oggi, seppure con opere più recenti e
nuovi sistemi per l'erogazione dell'acqua, rifornisce i nostri
rubinetti.
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