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L'Unione Sarda

domenica 3 marzo 2002,pagina 25

L’Igea ha concluso i lavori sistemando un percorso da fiaba fra trenino e gallerie illuminate
Sottoterra c’è un paradiso
Santa Barbara, aperta ieri la grotta unica in Europa

dal nostro inviato
Iglesias Un gioiello unico in Europa. Uno straordinario spettacolo del sottosuolo. La grotta che racchiude lo zoccolo duro, la roccia madre dell’Isola, da ieri ha rivisto la luce. Quella dei faretti che restituiscono al pubblico un monumento destinato a diventare uno dei fiori all’occhiello di un Parco Geominerario che peraltro deve ancora nascere e imparare a camminare. Era rimasta chiusa cinquant’anni. Quasi inviolata, perché le incursioni dei predatori sono riuscite a scalfire solo in minima parte la bellezza di questo buco che si apre nella montagna di San Giovanni - proprio di fronte alle rosse discariche di Monteponi - da dove fino a sei anni fa si estraevano ancora piombo e zinco ma anche significative percentuali di argento. Era anche difficile da raggiungere. Ora è uno straordinario percorso di archeologia mineraria. Che si aggiunge alle altre perle - Porto Flavia, Galleria Henry, Ingurtosu, Monteveccchio - alcune già ristrutturate, altre dove presto cominceranno i lavori prima che la ruggine e i vandali compromettano questa ricchezza che può soltanto in parte compensare il disastro dello sfascio postminerario.
Trenino lungo i 500 metri della galleria Lheraud, ascensore, scala a chiocciola per raggiungere questo pezzo di paradiso. Con poco più di un miliardo di lire, l’Igea ha fatto rinascere un percorso di grande suggestione. Ieri l’ha presentato a una delegazione della Confindustria sarda. La reazione? Tutti sbalorditi. «Guardate che meraviglia, inimmaginabile, vero?», esordisce il presidente Ilio Salvadori accompagnando gli ospiti tra cunicoli e gallerie. Ma non poteva essere diversamente. Santa Barbara è un mondo di fiaba che le viscere dell’Iglesiente hanno custodito e plasmato per milioni di anni.
Un mondo unico. Non solo perché i complessi meccanismi chimici che l’hanno generata si perdono nella notte dell’universo: la cavità vera e propria si è sviluppata 200 milioni di anni fa, quando le Alpi cominciavano a depositarsi. Ma soprattutto perché c’è uno spettacolo che non ha paragoni. Dapprima sembrano macchie scure nella volta e nelle pareti, come se la roccia si facesse improvvisamente più scura tra la calcite bianca. Ma non si tratta di macchie. Sono milioni di cristalli tubolari di barite bruno-rossastra: lamelle che sembrano infisse nella roccia una per una. Una gigantesca infiorescenza che tappezza la grotta dei minatori tra le gigantesche colonne e le concrezioni a canne d’organo. «Un fenomeno di queste proporzioni è unico in tutta Europa, ecco perché la grotta di Santa Barbara è considerata dagli speleologi un fenomeno - spiega con entusiasmo Angelo Naseddu, vice presidente nazionale della Società speleologica italiana - una grotta che non è stata depredata come tante altre del Sulcis-Iglesiente».
Di grande valore scientifico e anche commerciale, se è vero che un decimetro quadrato di questi cristalli spunterebbe sul mercato dei collezionisti prezzi interessanti: ma questo è un tema sul quale è meglio sorvolare.
La buona notizia è che lo scrigno gode di ottima salute. Per capire come reagirà alla presenza dei visitatori dopo anni di silenzio e di buio sono stati installati diversi sensori per l’umidità e il calore. Poi si tireranno le conclusioni e si deciderà meglio come e quando Santa Barbara potrà essere aperta al pubblico. E intanto i cancelli dell’antro con le gigantesche statue che impressionarono i minatori-speleologi di cinquant’anni fa si apriranno subito due volte al mese.
Un piccolo assaggio di paradiso. «Molti investimenti sono stati fatti - osserva Salvadori - ora occorre creare le strutture ricettive. E mandare avanti l’asta internazionale per affidare e vendere gli edifici da destinare al turismo». Un fatto è certo: l’archeologia mineraria piace. Agostino Tolu, capocantiere a San Giovanni e a Porto Flavia, snocciola dati lusinghieri sull’affluenza alla galleria che si affaccia sul Pan di zucchero: settemila visitatori da agosto a dicembre. «Ma quando finiscono la visita, chiedono dove andare a pranzo, dove dormire, vorrebbero acquistare un ricordo, una lampada o un casco da minatore, e questo è impossibile». Il Geoparco che ancora non c’è prima o poi ci dovrà pensare.

Lello Caravano