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La
Nuova Sardegna
venerdì
07 giugno 2002
Archeologi
in allarme per i lavori nell'area della caserma dei carabinieri di San
Bartolomeo
Ruspe
sulla storia antica della città
"Distruggono
le tracce della nostra vita preistorica"
Roberto Paracchini
CAGLIARI. Scempio archeologoco? L'allarme parte dal livello più alto.
Enrico Atzeni, già direttore del dipartimento di archeologia
dell'università e professore ordinario di archeologia sarda, con una
matita disegna il luogo dove ha visto «quella cosa» che l'ha «fortemente
scosso». Al lato della strada che conduce al borgo Sant'Elia, alla fine
del muro della caserma di San Bartolomeo vi sono lavori in corso, con
terra portata da una cava che erode il colle e le grotte dei primi segni
di vita preistorica della zona.
«È molto grave che quella terra venga presa dal retro, dove ci sono cave
non più utilizzate». E dove ci trovano segni evidenti di «celle
artificiali», grotte create dall'uomo, testimonianze importanti della
storia della città. Enrico Atzeni allarga le braccia. In qualità di
ispettore onorario della sovrintendenza ai Beni archeologici, si chiede
che cosa stia capitando e come è possibile che uno dei
luoghi-testimonianza dei primi insediamenti umani del luogo, sia trattato
con tanta superficialità: «Chiedo di sapere se sono stati dati tutti i
permessi ed, eventualmente, chi li ha rilasciati? E perchè, con quali
motivazioni? È possibile che i militari agiscano senza alcun controllo?».
Enrico Atzeni è amareggiato, assieme a tanti altri studiosi, sa che in
quella zona ci sono tracce archeologiche importantissime. Non lo afferma
sulla base di ipotesi, bensì di studi già fatti e documentati, con tanto
di reperti e pubblicazioni scientifiche. Anche perchè la parte più
importante di questi scavi li ha condotti proprio lui, Atzeni, negli anni
sessanta. Le prime esplorazioni archeologiche furono realizzate,
addirittura, agli inizi del Novecento («dal Taramelli»), poi da Atzeni.
Gli scavi dicono che proprio in qualla zona esiste la grotta di San
Bartolomeo, detta anche del Bagno penale che esisteva in quell'area sino
agli anni Venti del Novecento. In quella grotta (d'abitazione e sepolcro)
del neolitico medio (seimila anni fa) sono stati rilevati importanti
reperti: armi, utensili, tra cui un vaso con decorazioni quasi intatto.
Nelle cavità di Capo Sant'Elia, in pratica, sono satati trovati i primi e
più antichi indizi di vita preistorica cagliaritana.
Ora i militari stanno danneggiando proprio quell'area. Di fronte alle oper
citate c'è un cartello che recita «Lavori di ampliamento per la
realizzazione di un autoparco e di uno spazio per l'addestramento delle
unità cinofile». Il tutto per il comando generale dell'arma dei
carabinieri.
Nelle settimane scorse il senatore Mariano Delogu (An) ha presentato
un'interrogazione al ministro competente per sapere come mai la scelta di
fare un autoparco e un centro addestramento per cani proprio in un'area
così pregiata. Ma la risposta deve ancora arrivare.
La decisione, di fatto, è stata presa nel Comitato paritetico
Stato-Regione, che ha dato parere positivo all'intervento proposto dai
militari. All'incontro era presente anche il comune di Cagliari ma solo -
come previsto per legge - con parere consultivo. In quell'occasione, si
rileva dagli atti, Cagliari domandò che si chiedesse il parere della
soprintendenza. Il responsabile dei beni archeologici, Vincenzo Santoni,
diede parere favorevole ai lavori, pur ammettendo che nell'area ci sono
delle «celle artificiali». Poi la questione si è ulteriormente
complicata. L'amministrazione comunale, già perplessa per «l'inopportunità
di quegli interventi», oggi lo è ancora di più. Pare, infatti, che le
opere che si stanno facendo, tra le altre cose, vadano ben oltre quello
che era stato promesso in sede di Comitato pariterico.
«Ma come si fa - lamenta Antonio Romagnino, presidente onorario di Italia
nostra - a operare in una zona così delicata e archeologicamente ricca,
senza sentire lo studioso, Andrea Atzeni, che più di ogni altro ha
studiato quella zona. Possibile che Cagliari ripeta insistentemente gli
stessi errori, prima con l'anfiteatro romano, poi con la bruttura degli
ascensori, ora con questa nuovo intervento? Possibile che nessuno sappia
difendere il paesaggio della città». Anche l'archeologo e accademico dei
Lincei, Giovanni Lilliu, è sconcertato e rimanda all'autorità del
settore, Andrea Atzeni. Perchè il comitato paritetico Stato-Regione non
l'ha consultato?
Allarme anche da parte di Legambiente: «Per molto tempo i militari -
sottolinea il presidente regionale, Vincenzo Tiana - hanno protetto il
territorio da lottizzazioni selvagge. Ora, però, vogliono espandere la
loro attività. Mentre la sensibilità ambientale è tale che tutti devono
rispettare il paesaggio, militari compresi: anche loro devono
assoggettarsi alle norme di tutela territoriale che regolano questa
materia».
Andrea Atzeni e, come lui, tanti altri studiosi si sentono smarriti in una
città che progetta mostri, «come quando si è parlato di una funivia da
piazzare sulla Sella del Diavolo», (poi rientrata). «Che cosa sta
capitando?». Anche il Centro culturale anziani di Sant'Elia è allarmato.
«A nessuno - conclude Romagnino - deve essere permesso irridere e
offendere la memoria e la storia della città».
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