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L'Unione
Sarda
giovedì 21 settembre 2002, pagina 6
Al
via l’opera per collegare le miniere con il capoluogo. Pili: una
sfida per raggiungere standard europei |
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Scorre
veloce l’acqua per Cagliari |
Cantieri
aperti giorno e notte, il 19 ottobre rubinetti aperti |
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Iglesias Nelle viscere
della terra di Iglesias, sotto rocce vecchie cinquecento milioni di
anni, scorre l’acqua che disseterà Cagliari il prossimo inverno.
Nelle campagne tra il Sulcis e il Campidano, uomini e ruspe
lavorano, con il sole e sotto le stelle, per costruire la condotta
che dalla miniera sboccherà nel “serbatoio” di Genna Is Abis.
Il fiume da dieci milioni di metri cubi, al ritmo di 300 litri al
secondo, inizierà a fluire il 19 ottobre, in tempo-record.
L’altra sera, verso mezzanotte, di fronte a un pubblico
impolverato e delle grandi occasioni, è stata celebrata la posa del
primo tubo. Si unirà ad altri che stanno arrivando a raffica via
mare su duecento tir e alle condotte che già esistono. Ed è la
prima volta in Sardegna che si dà il via a una grande opera (1
milione 667 mila euro) da concludere in cinquanta giorni, con cento
persone impiegate a rotazione in tre turni, cantieri aperti giorno e
notte. È una scommessa: per la Regione, per le società coinvolte,
per gli operai e i tecnici, per tutta l’Isola. Quando sarà aperto
il rubinetto si brinderà a champagne e si potrà pensare di
applicare lo stesso sistema iperveloce anche per risolvere altri
drammi.
Il presidente della Giunta e Commissario straordinario per
l’emergenza idrica, Mauro Pili, ha organizzato un tour lungo la
strada che farà l’acqua. Obiettivi: constatare di persona
l’andamento dell’impresa, dire grazie a chi ha deciso che vale
la pena impegnarsi per qualcosa di utile, illustrare - non soltanto
in teoria - ad amministratori e cronisti la portata del progetto.
Dalla fonte al traguardo. Dai pozzi minerari, a Campo Pisano,
all’agro di Villamassargia, comprensorio del Cixerri, lungo la
provinciale fino al bivio di Vallermosa e poi in territorio di Uta,
fino alla diga.
Appuntamento martedì, alle sette di sera, a Monteponi. Negli
spogliatoi della Sala compressori si indossano tute, caschetti e
stivali di gomma: il corteo è pronto per scendere in miniera. Pili
guida, dietro di lui gli assessori al Turismo, Roberto Frongia, ai
Lavori pubblici, Silvestro Ladu, all’Industria, Giorgio La Spisa,
il sindaco di Iglesias Paolo Collu. A seguire funzionari regionali e
tecnici dell’Igea (la società che si occupa del pompaggio e del
controllo della qualità) della Opere pubbliche (che ha vinto
l’appalto per sistemare venti chilometri di tubazioni) della Saint
Gobain (che fornisce i materiali), del Consorzio di bonifica del
Cixerri, dell’Esaf e dell’Eaf. Più tardi arriverà anche il
primo cittadino di Cagliari, Emilio Floris, accompagnato
dall’assessore comunale al Bilancio Francesco Lippi.
Il presidente-minatore spiega: «Questa era l’unica soluzione
possibile per approvvigionare Cagliari in tempi rapidi». Insomma: i
bacini sono quasi asciutti, nonostante la pioggia di fine agosto
avremo acqua fino a metà del mese prossimo. Con l’ordinanza
firmata da Pili a luglio, in forza dei poteri straordinari che gli
ha dato il ministro dell’Interno, il capoluogo e l’hinterland
potranno bere l’acqua delle miniere e affrontare senza traumi la
stagione fredda. «Voglio ringraziare tutti i protagonisti di questa
sfida», ha aggiunto, «in particolare i sindacati e le maestranze».
Pili sottolinea che «non è mai successo niente di simile, cantieri
sempre aperti, uomini al lavoro 24 ore su 24, sette giorni su sette,
festivi compresi. Dimostreremo che anche in Sardegna, se c’è la
volontà, è possibile fare le cose importanti in poco tempo, e
raggiungere gli standard europei».
La galleria Vesme è lunga poco meno di un chilometro, ha
un’altezza massima di un metro e novanta ed è larga due metri. È
umida, fredda e fangosa. «Da qui si estraevano piombo, zinco e, in
minime quantità, argento», spiega Ilio Salvadori, presidente
dell’Igea e profondo conoscitore della dura e affascinante storia
delle miniere in Sardegna. «Hanno iniziato i fenici, in seguito i
pisani prendevano la galena, gli aragonesi hanno un po’
abbandonato, poi nel 1850 si è ricominciato a livello industriale,
fino al 1950». In un secolo Monteponi (che apparteneva ai gruppi
Ifi-Fiat, Pirelli e Italgas) ha regalato tre milioni di tonnellate
di metallo. Poi è arrivata una crisi feroce e pian piano si è
arrivati a qualcosa di simile a una riconversione. Oggi, dai pozzi
(Sella e T) che hanno vissuto una visita del Papa e un’occupazione
di lavoratori socialmente utili di un anno capeggiata dal
consigliere regionale Giampiero Pinna, saranno presi 30 mila metri
cubi d’acqua al giorno, da una profondità di duecento metri sotto
terra. Saranno convogliati verso il polo di accumulo di Campo
Pisano, attraverseranno terreni privati e pubblici, costeggeranno la
strada provinciale 2 e saranno scaricate a Genna Is Abis (Uta). Qui,
alla fine del percorso, martedì a mezzanotte circa, tra facce
emozionate e tanta polvere, il primo (nuovo) tubo di ghisa,
circonferenza sessanta centimetri, è stato calato nel fosso. «Sei
chilometri e mezzo di scavi sono già fatti, ne mancano tredici
circa. Il 18 ottobre saranno consegnati i lavori», promette il
direttore tecnico, Antonio Vento. E il giorno dopo l’acqua prenderà
la via di Cagliari.
Cristina Cossu
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