Circolo Speleologico Sesamo 2000   Specus News 

Specus News numero due

 

La cisterna di Palazzo Vitelleschi.

  di Gianluca Padovan

Presidente dell'Associazione S.C.A.M. (Speleologia Cavità Artificiali Milano)

 

Dati di identificazione:

N° di Catasto: CA 01043 LA VT

Denominazione: Cisterna di Palazzo Vitelleschi

Regione: Lazio

Provincia: Viterbo

Comune: Tarquinia

Ubicazione: cortile del Palazzo Vitelleschi

Cartografia: Regione Lazio, C.T.R., Sez. N° 354100, Tarquinia Nord

Coordinate: 11° 45' 24'', 42° 15' 17.5''; 1. 727.360, 4. 681. 640

Quota: 113 m s.l.m.

Rilevamento: Associazione S.C.A.M.  

Inquadramento storico e geologico.

L'odierna Tarquinia non è la città etrusca che fu uno dei più potenti centri dell'Etruria, ma la medievale Corneto. Per quanto se ne sospetti comunque un'origine etrusca, Corneto presenta un impianto medievale e rinascimentale, caratterizzato da numerose torri (18 sono tutt'oggi visibili, mentre di 20 se ne conservano solo le basi) e diviso nettamente in due parti dall'attuale Corso Vittorio Emanuele, che ricalca il vecchio tracciato delle mura medievali, oggi scomparse. L'edificio più importante è Palazzo Vitelleschi, sede del Museo Nazionale Tarquiniese. I lavori per la sua costruzione vennero iniziati nel 1436, ad opera del Cardinale Giovanni Vitelleschi. Allievo del Tartaglia nelle 'arti belliche', si distinse per l'attitudine tanto al comando e alla strategia, da avere il comando dell'esercito pontificio, quanto come uomo politico. Ma non godette a lungo della prestigiosa dimora, a causa di drammatiche vicende che lo travolsero assieme alla famiglia. Il palazzo, conservatosi sostanzialmente integro fino ai giorni nostri, ha una caratteristica facciata che ne movimenta le forme, accostando tre

distinte zone. Al suo interno un elegante porticato ad archi acuti si sviluppa su due lati, lasciando al centro il puteale in marmo bianco decorato con lo stemma cardinalizio del Vitelleschi.

Il lungo rilievo che si protende in direzione del mare, e di cui Corneto occupa la punta estrema, è costituito da un calcare organogeno denominato localmente 'macco'. Se la conformazione geologica non dovrebbe dare luogo a sorgenti, in realtà a mezza costa vi sono alcune fonti. La più importante è quella di Fontana Antica (meglio conosciuta come Fontana Nova), la cui acqua esce da un cunicolo scavato nella roccia. La Fonte dell'Ortaccio, come attesta la lapide posta sopra la bocchetta del fontanile, raccoglie anch'essa l'acqua di un cunicolo. E da cunicoli, purtroppo solo in parte praticabili a causa d'interri e obliterazioni, escono le acque di Villa Falgari, della Gabelletta e del Fontanile da noi denominato "del rospo". Questo fa presupporre l'esistenza di opere sotterranee destinate alla captazione, al trasporto e alla distribuzione di acqua, che servivano principalmente Corneto e le coltivazioni che si estendevano sui fianchi e alla base della rupe.

Non si sa in quale momento storico siano state scavate, ed essendo questo lavoro diretto all'indagine condotta nella cisterna di Palazzo Vitelleschi, mi limiterò a rilevare che, almeno nel caso del cunicolo di Fontana Antica, i pozzi che lo connettono alla superficie della città è forse possibile fossero sconosciuti in età medievale, quindi non utilizzati per il sollevamento e la distribuzione dell'acqua. Oppure, per motivazioni funzionali, è probabile si sia operata nel tempo la costruzione di cisterne per la raccolta e lo stoccaggio delle acque meteoriche per l'approvvigionamento idrico principale o alternativo.  

La cisterna

All'interno del cortile di Palazzo Vitelleschi, in posizione non esattamente centrale, fa bella mostra di sè un puteale ottagono in marmo bianco, alto 1.13 m. E' composto da otto lastre separate da semicolonnine, il cui unico elemento decorativo è uno stemma gentilizio in altorilievo che orna la faccia posta a 145° in direzione dell'ingresso. Queste poggiano su un basamento che ne ripete la forma e sono sormontate da una cornice lavorata con bordo superiore rilevato, formata da otto sezioni  congiunte da grappe metalliche fissate col piombo. Due sono rotte per il senso della larghezza e non tutte le grappe si sono conservate. Tra i lati opposti della cornice la misura esterna è 2.18 m e quella interna 1.33 m. Il bordo interno della cornice è rientrante, pertanto la gola viene a misurare 1.48 m, proseguendo senza apprezzabili variazioni per l'intera canna del pozzo. Questa, anch'essa di forma ottagonale, è rivestita da conci a vista di pietra locale posti in corsi regolari. Nel primo filare sono inseriti

quattro ganci metallici a sostegno della grata che chiude la gola. Misura in totale, dal bordo interno, 7.86 m di profondità; il suo piano è costituito da uno spesso strato di monete: è possibile che al di sotto esista, o esistesse, un fondo in sabbia, ghiaia, o altro materiale  generalmente impiegato nelle conserve d'acqua. A 0.82 m, dall'attuale fondo, vi sono quattro tubature fittili, in asse tra loro, comunicanti con la cisterna propriamente detta.

I solchi prodotti dall'attrito delle corde o delle catene sulla cornice superiore del puteale fanno pensare che non esistesse, o che sia mancata per un lungo periodo, la struttura dotata di carrucola per il sollevamento delle secchie. Tale trascinamento ha segnato in modo evidente le stesse pareti del pozzo, data la scarsa compattezza e durezza del 'macco'.

Nelle immediate vicinanze del puteale vi sono tre tombini quadrati, due dei quali li abbiamo ispezionati dopo averli rotti e asportati, data l'impossibilità di poterli sollevare a causa della ruggine e dei detriti che cementavano le connessure tra la sede e il tombino, e fatta tagliare la grata metallica saldata sotto il tombino stesso.

Il primo, orientato a 235°, scende lungo il alto minore della camera adibita a cisterna. Trattasi di un ambiente a pianta quadrangolare ( 4.7 x 6.93 x 5.1 x 6.72 m ) le cui pareti maggiori sono rivestite con malta idraulica fino all'imposta di volta, la quale misura 4.27 m d'altezza. Le pareti di tamponamento sono rivestite con la medesima malta fino al culmine di volta, che misura 5.5 m al lato minore e 5.56 all'altro (  5.1 m );  sette incavi per parte seguono l'arco di volta e dovevano servire all'alloggiamento delle capriate.

La superficie della volta a botte non è affatto regolare, presentando un'impasto color bruno scuro, assai grossolano e con inclusione di pietre. E' supponibile che sopra questo fosse presente un rivestimento. In prossimità dei piedritti vi sono due incavi rettangolari per parte e tubi fittili posti a intervalli irregolari: cinque lungo il lato misurante 6.93 m e sei in quello opposto. Uno di questi, come si puo' notare nella planimetria, è visibile nella camera di filtraggio.

Nella volta s'inserisce la struttura a base rettangolare ( 2.12 x 2.38 m ) che contiene la canna del pozzo, rivestita con malta idraulica. Lungo i lati minori, in prossimità della volta, vi sono tre incavi quadrangolari per parte, sotto i quali si legge chiaramente il massimo livello raggiunto dall'acqua: rimanendo ben al di sopra dell'imposta di volta, si può dedurre che l'opera non sia dotata di sfioratore o che questo sia rimasto occluso nel tempo. A filo del pavimento della cisterna, anch'esso rivestito, escono dalla struttura le quattro tubature fittili sopraccitate.

Sul fondo vi è poco sedimento e questo confermerebbe la notizia che l'ambiente sia stato vuotato e ripulito in tempi recenti, e più precisamente ai primi degli anni '80.

Il secondo tombino, orientato a 330°, sempre rispetto l'asse del pozzo, dà accesso a un pozzetto che mette in comunicazione con una camera  ( forma e dimensioni sono visibili nella

planimetria ) adibita a vasca di filtraggio. Il fondo, a tre differenti livelli come osservabile nel rilievo planimetrico, è costituito da ghiaia e ciottoli, da cui emerge la curvatura, impermeabilizzata, della sottostante volta della cisterna, e parte della canna poligonale del pozzo, non perfettamente regolare nel suo esterno rivestimento in conci a vista. Le pareti sono rivestite con malta fin quasi alla sommità dei piedritti. A lato dell'accesso salgono nella volta due pozzetti: il primo è chiuso da una lastra in pietra, mentre il secondo comunica con una tubatura fittile che corre in direzione 20°.

E possibile che il terzo tombino dia accesso ad una vasca di filtraggio analoga a quella rilevata.

Complessivamente lo stato di conservazione dell'opera è buono e, soprattutto, non presenta alcun segno di cedimenti strutturali. Il puteale risente invece dell'usura del tempo.  

Il lavoro d'esplorazione e di rilevamento.

Per avere un più significativo quadro dello sviluppo di un tessuto urbano nel tempo occorre considerare non esclusivamente le sue parti immediatamente visibili, ovvero gli alzati di edifici e monumenti, ma anche le parti celate: quelle sotterranee.

Queste possono rivelare tracce di costruzioni su cui si sono successivamente innestate edificazioni più recenti, fornire dati sulle opere di approvvigionamento idrico, di drenaggio e di smaltimento delle acque reflue, oppure su eventuali sistemi ipogei connessi alle opere difensive. Non ultimo come importanza, è l'individuare e rilevare cave o altri ambienti sotterranei prossimi alla superficie, che potrebbero compromettere la staticità dell'area soprattutto se urbanizzata.

In particolare, pozzi, cisterne e fonti d'acqua potabile in generale, hanno avuto attinenza diretta con la vita quotidiana della gente fino alla seconda metà del secolo scorso, e ancora, in vari casi, fino a tempi più recenti. I documenti riguardanti queste opere possono fornire informazioni sulla storia del sito ed essere esse stesse fonte d'informazione storica e archeologica.

Nell'ambito delle operazioni di ricerca e di catalogazione delle opere ipogee situate nel territorio di Tarquinia (VT), che l'Associazione S.C.A.M. (Speleologia Cavità Artificiali Milano) conduce dal 1988 in collaborazione con la Cattedra di Etruscologia e Archeologia Italica dell'Università degli Studi di Milano (1), abbiamo effettuato la ricognizione speleosubacqua nel pozzo in oggetto nell'agosto 1993 (condotta da G. Padovan con supporto esterno di K.P.Wilke e C. Ghezzi), per comprendere come si articolasse l'opera. Nell'agosto del 1996 é stato

effettuato il rilevamento planimetrico e il servizio fotografico della camera adibita a cisterna (operazione speleosubacquea condotta da D. Padovan con supporto di G. Padovan e C. Ghezzi). Infine, nel gennaio del 1997 é stato effettuato il rilevamento planimetrico e il servizio fotografico nella vasca di filtraggio e una seconda immersione nel pozzo per rilevarlo (operazione speleosubacquea condotta da Valerio Vitali, con supporto di D. Padovan, G. Padovan, C. Belli e C. Ghezzi). E' stato inoltre sollevato un tombino in prossimità dell'angolo sud del cortile, seguendo l'informazione secondo cui doveva dare accesso a una galleria, ma sotto vi è solo un pozzetto profondo poco meno di cinquanta centimetri, con cavi elettrici.  

Ringraziamo, per la gentile collaborazione, gli operatori del Museo e in particolare i signori A. Magrini, U. Magrini e S. Ciambella.  

1) Giovanna Bagnasco Gianni : "La gestione delle acque in area etrusca: il caso di Tarquinia" e Gianluca Padovan: "Speleologia e Cavità Artificiali" in: Acque interne: Uso e gestione di una risorsa; a cura di M. Antico Gallina; Centro Studi Beni Culturali e Ambientali; Edizioni ET, 1996.  

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Dasti Luigi 1878 (ristampa del 1991): "Notizie storiche archeologiche di Tarquinia e di Corneto"; Tarquinia.  

Marchese Leonida, 1974: "Tarquinia nel Medioevo"; Cassa di Risparmio di Civitavecchia.  

Traversi Giovanni Claudio, 1970: "Tarquinia. Relazione per una storia urbana"; Comune di Tarquinia, Assessorato alla Cultura.