Circolo Speleologico Sesamo 2000   Specus News 

Specus News numero due

 

LA SPELEOLOGIA URBANA E' AL SERVIZIO DEI CAGLIARITANI!

             Una proposta per salvare qualche cavità abbandonata all'incuria del tempo e degli uomini.

                                               di Marcello Polastri

In questi ultimi anni "praticare" Speleologia Urbana nel capoluogo isolano, ha permesso al patrimonio storico-culturale della città di Cagliari, un ulteriore arricchimento su tanti aspetti che finora non erano del tutto noti.

Validi esempi sono rappresentati dalle scoperte fatte all'interno di ambienti sotterranei conosciuti da tempo, però mai esplorati completamente, e da numerose cavità riscoperte e successivamente rilevate dagli appassionati.

Anche i libri, gli opuscoli, gli articoli e in generale le pubblicazioni riguardanti la cosiddetta "città sotterranea", sono in notevole aumento e coinvolgono un sempre più crescente pubblico che sembra apprezzare, pur se limitatamente in campo editoriale che su quello pratico, le ricerche speleologiche.

Inoltre, tramite parecchi corsi tenuti dai singoli gruppi e grazie ai mass media, molte persone sono consapevoli che a Cagliari esistono numerosi "speleo" che si occupano dello studio del sottosuolo, e attualmente, al contrario di quel che accadeva fino a qualche anno fa, devo dire sorridendo che molti cittadini non si stupiscono più di tanto nel vedere persone con un abbigliamento particolare intente a "scendere in grotta".

Praticamente anche i cagliaritani si sono abituati alla presenza degli speleologi urbani!

Da molto tempo si parla, anche se attualmente in minor misura degli scorsi anni, della valorizzazione di una serie di cavità cittadine, però, mentre gli enti che potrebbero far tanto, stanno a sbrigare altre faccende, gli stessi siti vengono danneggiati in modo irreparabile da diversi fattori a dir poco negativi.

Cagliari, come molti sapranno, possiede un'infinità di cavità artificiali che costituiscono estesi complessi sotterranei di grande interesse, invidiati in tutto il resto del nostro paese.

L'imponente Necropoli Fenicio-Punica del colle di Tuvixeddu, con centinaia di tombe a pozzo scavate nella candida roccia calcarea, ci offre un valido esempio di una preziosa area archeologica ancora abbandonata e sottoposta, come ho denunciato più volte in diverse pubblicazioni, alle devastanti e indiscriminate azioni dei tombaroli .

Sembra assurdo che proprio nel capoluogo isolano, perdipiù in una zona limitrofa a due grandi e trafficate arterie stradali, quali il viale Sant'Avendrace e la via Is Maglias, siano in azione molti individui senza scrupoli che per impossessarsi illegalmente di reperti,  pur essendo alle soglie del terzo millennio, scendono nel sottosuolo con il piccone, proprio come facevano i cavatori tanti secoli addietro, anche se questi ultimi erano "spinti" da necessarie motivazioni utili alla risoluzione di fastidiosi problemi.

Quella di Tuvixeddu viene considerata a buon titolo la più grande necropoli Cartaginese d'Europa, eppure tanti cagliaritani che hanno la facoltà di agire, almeno per alleviare lo stato di abbandono del sito, non vogliono rendersi conto dell'importante tesoro che stanno ignorando.

Così, come Tuvixeddu ha subito un'ingiusta condanna consistente nel restare ancora in una degradante situazione, altri siti e ipogei particolarmente affascinanti sono stati occultati dall'espansione edilizia.

Una delle ultime perdite è stata registrata nel mese di Febbraio 1998, quando nello spiazzo situato tra via Is Maglias e via Castelfidardo, durante i lavori di scavo finalizzati per ospitare le fondamenta di un nuovo edificio, sono state riportate alla luce alcune cavità artificiali appartenenti al quasi scomparso colle Tuvumannu, che purtroppo, per motivi non del tutto chiari, a pochi giorni di distanza dalla loro casuale scoperta, sono state ricoperte da una colata di cemento. Quindi attualmente non sono visibili neanche le tracce superficiali che ci testimoniano la loro passata presenza.

La stessa sorte, stando a quel che affermano numerosi cagliaritani, è prevista per altri sotterranei situati in diverse aree urbane.

Nell'antico quartiere Stampace, come dovrebbe indicare il suo particolare nome derivato dal dialetto (Stampaxi da stampu, ovvero buco, cavità) è presente una miriade di ambienti sotterranei sconosciuti alla cittadinanza.

Ultimamente sono al centro dell'attenzione pubblica alcune cisterne situate nel campetto tra via Fara e via Santa Margherita.

Una di queste cavità è stata rilevata da Antonello Floris, Marcello Polastri e Diego Scano, il 29 marzo 1995, e si presentava in buono stato di conservazione.

L'imbocco quadrato, misurante cm 60 per cm 60, è stato scoperto nel 1994, dopo la demolizione di una serie di vecchi edifici che per la cronaca, in quanto lesionati durante i bombardamenti aerei del 1943, erano stati dichiarati pericolanti.

Tale imbocco è situato quattro metri più in alto rispetto alla terra di risulta accumulatasi nel fondo al serbatoio sotterraneo, e per motivi di sicurezza, nel 1996 è stato chiuso con una botola in ferro siglata dal Comune di Cagliari con la scritta: fognatura.

Si tratta di una cisterna a damigiana scavata nel declivio roccioso Stampacino e successivamente rivestita con la solita malta impermeabilizzatrice.

Nella parte alta,  più precisamente nel punto in cui la volta si presenta curva per incontrare il già citato imbocco, sono presenti fistole in terracotta inserite nelle canalette sotterranee, alcune delle quali sono state smaltate nel secolo scorso, un tempo utili al convogliamento dell'acqua meteorica dalle soprastanti abitazioni demolite pochi anni or sono.

Oltre a questa cavità presumibilmente risalente alla dominazione romana, ne sono state scoperte altre che presentano gli ingressi nascosti da cumuli di macerie.

La terra e il materiale cementizio presente all'interno di  questi sotterranei è stato prodotto al termine dei lavori di demolizione e stranamente è "andato a finire" nel sottosuolo in una successiva fase di pulizia e sgombero.

Quindi, anche da questa situazione è deducibile l'abbandono di altri ambienti sotterranei che sono stati riutilizzati nel corso dei secoli un'infinità di volte e al giorno d'oggi sono stati "quasi" dimenticati.

Dico quasi perché duemilacinquecento firmatari chiedono giustamente, con una petizione inviata al sindaco, che il campetto continui ad esistere e non che al suo posto, come previsto da un antipatico progetto, vengano realizzati parcheggi coperti e nuovi edifici soprastanti.

Ci sono tante motivazioni che non solo a parer mio, dovrebbero scoraggiare una simile proposta consistente nella solita edificazione delle poche aree rimaste in città.

Logicamente l'area in oggetto è interessante oltre che dal punto di vista speleologico urbano, anche da quello archeologico per la probabile presenza di reperti e antichità celate sottoterra.

In tal caso non dobbiamo dimenticare che questa zona è situata al centro di una serie di testimonianze del nostro passato: la Grotta o Cripta di Santa Restituta e di Sant'Efisio, le cisterne scoperte qualche anno fa in piazza Jenne, le caverne del Fosso di San Guglielmo, le condotte romane situate sotto l'Ospedale San Giovanni di Dio, le cavità limitrofe a via San Giorgio e via Porcell, sono solo alcuni dei siti di rilevante interesse storico, archeologico e culturale circostanti la porzione di terreno non ancora edificata, facilmente visibile da coloro che percorrono via Santa Margherita.

Inoltre, affiancato a quest'area è un campetto di calcio realizzato dalla scorsa generazione di Stampacini, ancora utilizzato dai loro figli e non, per trascorrere spensieratamente qualche ora, cogliendo l'occasione di stare fra amici e divertirsi allo stesso tempo rincorrendo un pallone nell'unico spazio disponibile per fare attività sportive nel quartiere.

Per non imbattermi in altri discorsi che preferisco evitare in quanto dovrei elencare anche antipatiche vicende politiche, credo sia importante dire che quella porzione di terreno con le cavità precedentemente analizzate, dovrebbero essere elementi preziosi per il capoluogo isolano, da proteggere al più presto, magari con la realizzazione di un giardino pubblico.

La costruzione di una pavimentazione, l'inserimento di qualche panchina e dei soliti elementi di arredo urbano (steccati, cestini, lampioni) circostanti qualche pianta, offrirebbero un nuovo spazio verde che sorgerebbe al posto di un soffocante palazzo.

Recuperare quella zona con la realizzazione di un giardinetto non significherebbe arricchire Cagliari  con il solito "spazio verde"; ma con la pulizia delle profonde cisterne, la chiusura degli imbocchi con un grosso vetro e l'illuminazione interna data da qualche faretto (come proposto più volte dallo speleologo Antonello Floris per tante cavità abbandonate) costituirebbe oltre che un'attrattiva e un bel "biglietto da visita" per coloro che vedranno la nostra città, anche un'occasione per recuperare quel che in antichità è stato creato con tanti sacrifici e che successivamente, anno dopo anno, generazione dopo generazione, è stato trascurato a tal punto da essere dimenticato per  un'ostinata e vergognosa ignoranza collettiva.

Credo che in tempi brevi molte persone si renderanno conto di aver perso una serie di testimonianze uniche, mentre noi speleologi potremmo avvertire l'inconfondibile amarezza data da un triste fatto: non aver saputo difendere questi grandi tesori per farli pervenire, magari un domani, ai nostri figli e quindi alle generazioni future.

Probabilmente molti cagliaritani che nel frattempo sono indaffarati a svolgere le loro attività quotidiane, ignoranti di quel che tra breve accadrà nel cuore del centro storico, si accontenteranno di avere al posto delle cisterne, un vago ricordo del patrimonio che, perché cancellato da una sovrapposizione edilizia, sarà rimpianto per sempre.

A questo punto mi resta da dire che per fortuna ci troviamo di fronte a una sovrapposizione non ancora compiuta, ma annunciata da un futuro che non è poi tanto lontano.

Quel futuro che ahimè... è realmente situato tra l'oggi e il domani!