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PROBLEMI DI DATAZIONE DELLE CAVITA' ARTIFICIALI A CAGLIARI di Antonello
Fruttu
Uno
degli aspetti più complessi nello studio delle cavità artificiali è la
loro datazione.Le fonti archivistiche solo raramente forniscono notizie
utili,per cui spesso occorre procedere per analisi comparative delle
tecniche di scavo,operazione tutt'altro che facile se si tiene conto che
le tecniche di asportazione di materiale dal sottosuolo sono rimaste
pressocchè identiche dal tempo dei cartaginesi alla fine del 1700.
Quando
invece le cavità sono adibite alla raccolta dell'acqua o alla
conservazione di derrate alimentari,esse ricevono trattamenti
particolari,quasi sempre di coibentazione alle superfici,la cui tecnica è
preziosa nella datazione,specialmente se è già noto il quadro
complessivo delle diverse tecniche utilizzate nelle varie epoche.Un tale
lavoro,centrato su una attenta analisi
delle diverse malte cementizie,a Cagliari è ancora tutto da avviare,anche
se il risveglio innegabile di interesse verso il sottosuolo della città
lascia ben sperare per l'immediato futuro.
Da
ultimo,complesso problema nella datazione della cavità è l'esatta
identificazione dei vari usi e riusi effettuati nel corso dei secoli,e la
loro corretta collocazione su scala cronologica.Infatti ampliamenti e
modifiche spesso interessano la medesima cavità artificiale,anche a
grande distanza di tempo,con scopi e tecniche di esecuzione diverse. A
questo punto si ritiene utile segnalare le acquisizioni già possedute,e
le possibili direzioni d'indagine per la datazione cronologica delle
principali cavità artificiali cagliaritane. Grotta
di Santa Restituta
E'
l'unica cavità cagliaritana già oggetto di attento studio (cifr.AA.VV.Domus
et Carcer Sanctae Restitutae,Cagliari,Pisano 1988) essendo stati
eseguiti scavi archeologici prima degli interventi di restauro preliminari
alla riapertura al culto.Gli scavi hanno restituito materiali
significativi di un arco di tempo di oltre tremila anni (da una mazza
nuragica ad una baionetta dell'ultimo conflitto mondiale) ed il
responsabile dei lavori,l'architetto Osvaldo Lilliu,propone anche tre
distinte planimetrie della cavità:quella tardo antica,quella
bizantino-medioevale,e quella seicentesca-moderna.Altri studiosi dei vari
settori analizzano nel volume sopra citato i reperti materiali rinvenuti
nel 650 metri cubi di terra setacciata duran5e i lavori. Grotta
di Porta s'Avanzada
La
grande cavità,che fu oggetto di imponenti lavori di consolidamento
all'inizio degli anni '70 per sostenere
il peso della sovrastante Cittadella dei MUsei,conserva su una parete
diverse nicchiette porta lucerne,di un tiopo datato,ai tempi della
scoperta,alla fine del III secolo dopo Cristo.Da anni la cavità
chiusa,ed è stata addirittura saldata la porticina metallica
d'accesso. Acquedotto
romano
La
datazione tradizionalmente accreditata poggia sulla scoperta di alcuni
mattoni con bollo,datati dal loro scopritore Francesco Elena al I-II
secolo dopo CRisto e dalla considerazione che,intersecando un ramo
dell'acquedotto l'area cimiteriale punica a metà del colle di
Tuvixeddu,la zona doveva già aver smesso da tempo la sua funzione di zona
sepolcrale.Le informazioni topografiche dell'Angius e dello Spano furono
riprese dalla Piredda (1975) in un suo studio sul percorso dell'acquedotto
(Studi Sardi,Vol.XXIII) che dovrebbe essere oggetto di una attenta
revisione critica sulla scorta delle ultime scoperte archeologiche.E'
impressione infatti dello scrivente che la situazione
dell'approvvigionamento idrico a Cagliari a mezzo di acquedotti sia un
fenomeno molto complesso,iniziato addirittura nel periodo cartaginese,ampliato
dai Romani,e ripreso in epoca bizantina e gfiudicale,con la captazione di
sorgenti non solo a Caput Aquas di Villamassargia,ma nelle più
limitrofe aree montuose di Soleminis-Sinnai,col ciclico uso-abbandono-restauro-ripristino
degli stessi tratti d'acquedotto.L'interazione tra lo studio delle fonti
archivistiche,delle malte di coibentazione,delle nicchie portalucerna,degli
sviluppi planimetrici e dei reperti in ceramica,frequenti nei depositi di
terra all'interno degli acquedotti stessi,è la chiave d'indagine
fondamentale per ricostruire la secolare storia del rifornimento idrico in
una città perennemente assetata come Cagliari. Grotta
di Tuvumannu
Una
imponente cava a cielo aperto è in cima al colle di Tuvumannu,e
probabilmente ha dato il nome alla collina.La cava si sviluppa poi nel
sottosuolo,dando luogo a grandi ambienti dalle volte altissime.Nota alla
Spano,che aveva usato il termine "latomia" per
descriverla,in riferimento alle omonime cave siracusane,non offre elementi
certi di datazione senza un'indagine archeologica dei reperti contenuti
negli stati più profondi del terreno caduto dentro,e quindi successivi al
suo abbandono.Nonostante la mole del terreno d'ingombro,la profondità
della cava stessa garantisce
stratigrafie utilissime.Negli ambienti ipogei si osservano tecniche di
estrazione dei blocchi con l'impiego di cunei e pali di legno,comuni ad
altre cavità del sottosuolo cagliaritano,ma non datate con esatezza.Alcuni
elementi architettonici alle pareti del grande salone sotterraneo,a cui si
accede dal fondo della cava a cielo aperto,suggeriscono un temporaneo
utilizzo come luogo di culto ipogeo punico,rendendo ancora più
problematica la datazione dell'intero complesso. Cavita'
di via Vittorio Veneto
Alcune
cavità si aprono su via Vittorio Veneto,con volte di sei o sette metri
sostenute da pseudo-pilastri risparmiati nel tufo.Richiamano per certi
elementi elementi archittetonici le non lontane cripte di Santa Restituta
e Sant'Efisio,ma ne è problematica sia la datazione che loa destinazione
originaria,avendo conosciuto vari utilizzi fino al secondo conflitto
mondiale.Magazzini per la conservazione di granaglie alimentari?Luoghi di
culto di comunità monastiche?Frantoi per la lavorazione dell'olio,secondo
la tradizione molto diffusa nel Mediterraneo di spremere le olive nel
sottosuolo?Per nostra fortuna le attuali quote di pavimento di queste
cavità sono state notevolmente sopraelevate rispetto a quelle
originali,per cui anche qui l'indagine stratigrafica e lò'analisi dei
reperti a contatto con i pavimenti originali dovrebbe dare informazioni
sui tempi del loro abbandono. Ciaterne
nell'orto della Casa di riposo Vittorio Emanuele II Tra
le cavità artificiali più importanti e spettacolari del sottosuolo
cagliaritano è il grande cisternone con accesso dall'Orto della casa di
riposo Vittorio Emanuele II,ancora in buone condizioni,che è al centro di
un complesso sistema di gallerie e cisterne,di cui alcune di grandi
dimensioni.
Il canonico Spano,alla metà del secolo scorso,ne attribuiva
la realizzazione ai Cartaginesi e ne apprezzava il buono stato di
conservazione.Qualcuna di quelle cisterne ancora oggi continua ad
assolvere il suo compito raccogliendo acque di incerta origine.Se la mano
cartaginese nella realizzazione del grande complesso idraulico è da
dimostrare,rimane certa quella romana.Un condotto di circa ottanta metri
collega la cisterna all'arena dell'anfiteatro (datato alla metà del II
d.C.) forse per consentire le naumachie,i giochi gladiatorii che
simulavano le battaglie navali.Ad un certo punto però i giochi finirono e
l'acqua fu lasciata scorrere solo dal condotto verso la cisterna.E siccome
tra i due vi era un dislivello di quasi otto metri,furono realizzati dei
gradoni spezza-acqua per
limitare l'effetto della caduta.Le pareti sono rivestite accuratamente in
cocciopesto,fino a tre metri dalla volta,e l'analisi delle malte di
coibentazione è quasi certamente l'approccio migliore alla corretta
datazione del cisternone principale e degli ambienti attigui. Cavità
della frana a Piazza d'Armi
Concludiamo
con un breve riferimento alla grande cavità "riscoperta"
dopo lo sprofondamento,avvenuto a maggio del 1987,del pavimento di una
palazzina in una cavità (di cui ci si era dimenticati dell'esistenza)
all'altezza del numero civico 4 di via Is Mirrionis,quasi di fronte
all'ingresso della Facoltà di Magistero.La vasta cavità si sviluppa in
buona parte sotto Piazza d'Armi e sotto via Marengo.In una zona presenta
addirittura due piani sovrapposti,ed il piano superiore è retto da pseudo
pilastri risparmiati nel tufo analoghi a quelli delle cavità di via
Vittorio Veneto,di datazione problematica senza il conforto dello scavo
stratigrafico nell'abbondante terreno di colmata. Anche
la tecnica di asportazione dei blocchi è piuttosto sui generis,e
lascia alle pareti un gioco di superfici rettangolari,impostate
verticalmente lungo linee a zigzag.La stessa tecnica si
osserva,analoga,in alcune grandi cavità sul versante nord del colle di
San Michele,e su cui finora non sono state formulate indicazioni
cronologiche.Dal momento che le quote originali sono molto più in basso
degli attuali piani di calpestio,anche qui l'indagine sui reperti negli
strati di interramento potrebbe rivelarsi preziosa. |