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   La storia moderna

 
"La Grande guerra (1915-1918) nei paesi della palude"

di Carlo Luigi Abbenda

Primi del '900

Poco dopo la dichiarazione di guerra dell'Italia all'Austria (24/5/1915) tutte le comunità d'Italia furono messe in stato d'allarme e di gran fermento sociale per l'introduzione di un'economia di guerra. Lo stato di guerra depauperò, in breve, quasi tutti i comuni del regno, e naturalmente anche i nostri comuni pontini, che si videro privati di tutte quelle risorse accumulate a fatica nei primi anni del secolo. Gli ammministratori locali furono quindi costretti a perseguire una politica di estremo rigore economico e sociale, dovendo forzatamente imporre un pesante fardello ai cittadini ridotti a sostenere dei sacrifici inaspettati. 

Nel nostro territorio pontino, cosi come in tutto il regno, furono in breve tempo creati degli organismi sociali per favorire l'organizzazione e la gestione di tutti quegli interventi necessari ovunque per favorire un'economia soggetta ad uno stato di guerra. Sorsero quindi, fra gli altri, dei Comitati a favore dei figli dei contadini morti in guerra, delle Società di mutuo soccorso fra artigiani e campagnoli nonché dei Consorzi agrari provinciali. Naturalmente le prime "ricchezze" messe sotto regime d'austerità e quindi in certo senso "calmierate", furono l'energia elettrica, il legname, il carbone, nonché il grano ed il granoturco e tutti i generi di prima necessità.

Gli ufficiali dell'Esercito cominciarono a requisire il grano mentre il Commissario Generale dei combustibili nazionali requisiva vaste aree boschive per ricavarne legna e carbone. A tale scopo furono eseguiti tagli indiscriminati di selve boschive, lasciando in piedi soltanto poche aree verdi di piante scadenti. Molte volte i danni alle piante furono provocati "dal malvolere e dall'inesperienza degli operai, in gran parte prigionieri di guerra, addetti ai lavori". Il peso di tutti questi problemi bellici, durante il primo anno di guerra, si percepì poco nelle deliberazioni comunali dei nostri paesi pontini ma dal 1916 in poi le impostazioni d'austerità economica assunsero un onere rilevante per la già povera società civile. 

L'illuminazione pubblica dei nostri centri abitati, a partire dal l' novembre 1916, fu ridotta della metà fino alle 22.30 e di tre quarti dalle 22.30 fino all'alba, termine di spegnimento delle luci. A Sezze, per esempio, il comune aveva una dotazione pubblica di ben 4500 "candele" (lampade): la giunta , per rigore di austerità, dovette disattivarne 2893 (cioè il 64%) lasciandone in funzione solo 1607 dalle 16.30 fino alle 06.30 del giorno successive. Per decreto, e della stessa data del suddetto provvedimento, fu ridotto il canone di fruizione dell'energia elettrica. Tutto ciò, come fu segnalato al prefetto, era motivato dal fatto che "Sezze, quale paese eminentemente agricolo, ha bisogno sempre, anche nelle ore cosiddette piccole, della stessa quantità di luce..." .

Riguardo al razionamento di generi alimentari i comuni pontini, sui prodotti di maggiore consumo, applicarono un calmiere che stabiliva il prezzo e la quantità pro-capite da distribuire; Tale misura generò purtroppo inevitabilmente il cosiddetto "mercato nero" il quale non fece altro che rifornire di pane, pasta, grano, farina, grassi, ecc. ecc., soltanto le famiglie più agiate e ricche. I rifornimenti all'ingrosso e la distribuzione vennero posti sotto il controllo diretto del Comune o di propri delegati. Alcuni comuni si rifornivano di grano e granoturco presso il Consorzio Agrario Provinciale, altri invece ricorrevano direttamente ai produttori.

Sezze, a più riprese, fece consistenti acquisti di tali cereali presso il Consorzio Agrario cui aveva aderito. Nel corso del 1917 tuttavia, il sindaco, più di una volta, fu incaricato dal consiglio "di requisire e pagare tutto il grano che è possibile trovare in Paese". Ad ottobre del 1917 il razionamento diventa ancor più pesante con la "distribuzione razionale dei generi di prima necessità" (Comune di Sezze, delibera di giunta n'192/1917 - "Razionamento dei generi alimentari"). A Sezze vengono assegnati, al mese, 1000 quintali di grano, 133 di pasta e 67 di riso, su una popolazione di circa 15000 abitanti. 

Furono esclusi da questa distribuzione sociale soltanto 566 persone (o perché produttori dei beni o familiari conviventi o dipendenti dei produttori stessi). Su 15000 abitanti solo 14434 erano in possesso del cosiddetto "bono di famiglia" e potevano contare su una razione che "in base all'assegnazione", era di 231 grammi di farina, 30 di pasta e 15 di riso. La giunta setina però, considerando che la farina era insufficiente, ne fissò la relativa razione a 300 grammi a persona, lasciando invariata quella della pasta e del riso. La situazione invece della "popolazione fluttuante", secondo la stima della giunta calcolata in numero di 500 persone, era veramente tragica e la prospettiva immediata era una dura fame.Per tali persone fu chiesta una razione supplementare.

La situazione riguardo al consumo dello zucchero in Sezze, sempre nel corso del 1917, era un poco migliore di quella del pane: la quota assegnata era di 12,50 quintali al mese. Nell'estate del 1916, -comunque, per avere un quadro del mercato alimentare pontino, a Sezze e nei mercati degli altri paesi pontini (con qualche lieve differenza) i prezzi dei generi di prima necessità erano cosi calmierati: pasta di qualità 0,80 lire al kg.; carne di bovino 1,50 lire al kg.; un litro d'olio lire 2,30; uno di latte 0,50; un uovo lire 0,10. Nell'estate del 1917 nei primi posti del listino prezzi del calmiere alimentare c'erano il formaggio reggiano e il burro, rispettivamente a lire 4,80 e a lire 6,05 al chilogrammo.

Come surrogati della costosa carne bianca la popolazione consumava carne di rana ed invece del caffè si aveva una tazza d'orzo, molto meno raro e costoso. In conclusione nel triennio 1916 - 1918 i prezzi subirono aumenti vertiginosi che videro alcuni prodotti raddoppiare, altri triplicare ed alcuni quadruplicare il loro costo. Un sollievo alquanto diffuso fu la ricomparsa sul mercato, ma sempre ad alto prezzo, del pesce di mare o di fiume: un chilogrammo d’anguille costava 1,80 lire mentre il carbone vegetale, Che era una delle risorse della palude Pontina, era calmierato a mezza lira al chilogrammo. Nei grandi centri sorsero le "cucine di famiglia" per propagandare e favorire una regolare limitazione dei consumi alimentari.

Sempre a Sezze, nell'ambito di tali provvedimenti economici, un provvedimento di giunta accordava alla Croce Rossa Americana l'esonero dal pagamento del dazio per i generi distribuiti agli orfani di guerra.

( pubblicato su "Nuova Informazione" - dicembre 1998 -  N° 12, pag. 220 )


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