BBARBAGIA ROSSA

 

 

 

 

La sigla Barbagia Rossa fa la sua comparsa il 27 marzo 1978 quando, a Nuoro, viene rivendicato l'attentato incendiario, avvenuto il giorno precedente, contro un cellulare adibito al trasporto detenuti.

Il 3 novembre 1978 Barbagia Rossa assalta la stazione radiogoniometrica dell'Esercito a Siamaggiore (OR) e s'impossessa di alcune anni.

 A partire dal 14 gennaio 1979, Barbagia Rossa mette in atto una “Campagna contro

la militarizzazione del territorio” compiendo numerosi attentati incendiari contro caserme dei carabinieri a Nuoro e dintorni (Lula, Orani).

Nel documento di rivendicazione l'organizzazione si presenta così:

Barbagia Rossa, in quanto avanguardia politico-militare espressa nel territorio, si fa carico del progetto strategico della lotta armata per il comunismo:

-         cercando di superare la fase spontanea ed episodica degli attacchi;

-         mirando alla creazione di una organizzazione che sia in grado di intervenire ed operare all'interno di qualsiasi contraddizione, in ogni situazione reale del territorio;

-         proponendosi di diventare punto di riferimento politico-militare per tutto il proletariato sardo”.

Il documento si chiude con un riferimento esplicito all'impostazione delle Brigate Rosse, delle quali vengono raccolte le parole d'ordine.

 

Il 16 dicembre 1979, in località Sa janna Bassa (Nuoro), i carabinieri sopraggiungono

presso l'ovile di un pastore, nel quale è in corso una riunione di pastori, latitanti e militanti dei movimenti della sinistra sarda. Si scatena un conflitto a fuoco in cui restano uccisi due pastori latitanti: Francesco Masala e Giovanni Mario Bitti.

Nelle tasche di Bitti vengono ritrovati due volantini delle BR. Si tratta delle rivendicazioni degli attentati mortali contro i carabinieri Vittorio Battaglini e Mario Tosa (Genova 21-11-79) e contro i sottufficiali di polizia Michele Granato (Roma 9-11-79) e Domenico Taverna (Roma 27-11-79).

Alcuni degli arrestati in seguito a questa operazione sono noti militanti di sinistra di varie località della Sardegna.

 

Il 15 febbraio 1980, a Cagliari, una pattuglia della polizia riconosce due militanti delle Brigate Rosse (Emilia Libèra e Francesco Savasta). Questi ultimi, per sottrarsi all'arresto, ingaggiano un conflitto a fuoco.

Nei giorni seguenti una vasta operazione di polizia porta all'arresto di numerosi militanti della sinistra rivoluzionaria nelle città di Cagliari, Nuoro e Sassari.

I due conflitti a fuoco (quello del 16-12-79 e quello del 15-2-80) e la collocazione politica degli arrestati mostrano che il confronto in corso tra le BR e alcune formazioni della sinistra sarda - iniziato nell'estate del 1979 sulla base di un progetto (mai realizzato) di liberazione dei prigionieri politici dal carcere speciale dell'Asinara - ha fatto, nel frattempo, passi avanti.

Nel febbraio del 1980, a Cagliari ed in altre città della Sardegna, numerosi militanti di sinistra vengono arrestati nel quadro dell'azione repressiva contro le BR sarde e Barbagia Rossa.

Tra il giugno e l'agosto del 1981, Barbagia Rossa intensifica le sue azioni contro la militarizzazione del territorio. Subiscono attentati mortali:

-         Nicolino Zidda, operatore della colonia agricola di Mamone (Orune 9-6-81), l'obiettivo dichiarato nella rivendicazione era però un carabiniere che, al momento dell'attentato, stava in sua compagnia;

-Santo Lanzafame, appuntato dei carabinieri (Nuoro 31-7-81) che muore il 6-8-81 nell'ospedale di Cagliari.

Il 23 febbraio 1982, nelle campagne di Nuoro, su indicazione dello stesso Antonio Savasta, passato, nel frattempo, nelle file del “pentitismo”, le forze dell'ordine rinvengono un grande deposito di armi delle Brigate Rosse, la cui custodia era stata affidata a Barbagia Rossa.

Dopo questi eventi la sigla Barbagia Rossa non fa più la sua comparsa.

 

Per Barbagia Rossa sono state inquisite 28 persone.

 

 

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