Ironia, linguaggio, vita |
I Il
gioco del rovesciamento sta appassionando il movimento romano; scoperto il
trucco il gioco è facile. "Sacrificarsi non basta occorre immolarsi".
Il trucco è vecchio, in Francia ha un espressione linguistica precisa "detournement"
ed è stato lungamente adoperato dagli esponenti dell'avanguardia storica, ma
con un pò di pazienza si potrebbero trovare dei precursori nei grandi scrittori
del '7oo inglese Swift Sterne etc, ma non è questo che ci interessa fare.
Quello che ci interessa è il senso d'amaro che ci lascia l'ironia, questo suo
agire solo come azzeramento. L'ironia a pre spazi, scardina, mostra ciò che
ormai non si può più nascondere. Forza esplosiva, gioia del nichilismo. Forza
spettacolare, forza che può esprimersi solo nella rappresentazione, espressione
del senso di disagio e di angoscia, ma forza che presuppone l'altro, il nemico
su cui esercitarsi. Padre nostro che sei nei cieli dacci oggi il nostro Lama
quotidiano. Forza che si esprime presupponendo lo Sato, cerca di corroderlo,
pensa a sé stessa come humus della rivolta, a meno di non confondersi con la
rivolta stessa "sarà una risata che vi seppellirà". Apre la strada,
spiazza, esibisce la miseria dei progetti altrui; non a caso l'ironia di massa
è possibile laddove è presente il PCI che nella miseria del suo progetto, si
muove come se l'avesse più difficile con la DC che con la sua pratica cinica
rende non produttivo l'uso dell'ironia e della satira. L'ironia manca di carne e
sangue, è solo parzialmente pratica di liberazione, come parzialmente lo è la
violenza e la sua organizzazione. Dalla pratica dell'ironia al linguaggio
apodittico e profetico. Linguaggio che segnasse lo spazio fra i nostri desideri
e la difficoltà della loro attuazione. Affascinante operazione che ci ha
portato molto più avanti di quanto sperassimo, ci ha permessi di cogliere che
il senso di un messaggio è veramente altrove rispetto al suo valore segnico. Ed
in un senso molto più ricco di quello in cui tutte le interpretazioni
accademiche cercano di rinchiuderlo. Il senso di un messaggio si pone nella
sottile rete dei rapporti, pulviscolo ferroso nel mezzo di campi magnetici, ma
esso stesso campo di forza si deforma nel flusso articolato, si muove si flette,
subisce infinite vicessitudini. La cosa interessante di un messaggio, cosa su
cui in genere si è poco indagato è che può essere dichiarativo, apodittico,
iperbolico a secondo non della chiave di lettura soggettiva, ma del contesto in
cui si immerge. La Rivoluzione, foglio clandestino come ama definirlo l'Unità,
è nato come esperimento linguistico di uso di un linguaggio apodittico,
profetico da una parte dall'altra come uso di tecniche di rovesciamento
linguistico; come pratica di un uso sovversivo del linguaggio, pratica di per sé
criminale, ma criminale in un suo proprio spazio, che trova nel codice penale
una sua precisa collocazione, con pene ed ammende adeguate. La Rivoluzione ecco
una notizia falsa e tendenziosa, o almeno così appariva per chi aveva il senso
della difficoltà della sua praticabilità e non cianciava di rotture
congiunturali, ma capiva che la rottura è legata ad una situazione
internazionale, a meno che come rottura congiunturale non si pensi al governo
delle sinistre. Una notizia falsa e tendenziosa che mai come oggi mostra però
la sua necessità che produce eventi, per cui evocarla soltanto mette paura. Non
si viene incriminati per aver diffuso notizie false e tendenziose, ma per
associazione sovversiva: il falso s'invera. Ecco uno strano processo nel
rapporto fra linguaggio e realtà. Scrivevamo: "Diffondiamo notizie false
che producano eventi veri", il nostro augurio si è avverato in una maniera
un po’ strana, nel senso che il potere ha decretato che la nostra espressione
"La Rivoluzione" era vera, si saldava con esigenze e speranze
profonde, non poteva come in altre situazioni essere lasciata a marcire nel
ghetto del linguaggio. Il potere decreta che il nostro Revival linguistico di
una parola che volevamo strappare alla desuetudine, alla pubblicità ha un
valore insurrezionale. Il potere decreta il suo valore semantico e con ciò
invera la nostra frase, il falso diventa vero e rischia per lui di diventare
sempre più vero. Dalle armi alla critica… Non si può andare troppo oltre con
le citazioni dei classici di questi tempi, perché si corre il rischio di essere
presi alla lettera.
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