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FRENIS  zero 

Psicoanalisi applicata alla Medicina, Pedagogia, Sociologia, Letteratura ed Arte

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 Frenis Zero  Publisher

       "L'AMORE MOLESTO" di Elena Ferrante (1992)

 

 

 

 Recensione di Laura Felici Montani 

 



 

            

 

 

  

   

 

Rivista "Frenis Zero" - ISSN: 2037-1853

Edizioni "Frenis Zero"

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EDIZIONI FRENIS ZERO

 

Ultima uscita/New issue:

"Neuroscience and Psychoanalysis" (English Edition)

Edited by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione di: Georg Northoff                                            Writings by/scritti di: D. Mann               A. N. Schore R. Stickgold                   B.A. Van Der Kolk  G. Vaslamatzis  M.P. Walker                                                 Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collection/Collana: Psicoanalisi e neuroscienze

Anno/Year: 2014

Pagine/Pages: 300

ISBN:978-88-97479-06-2

Prezzo/Price: € 49,00

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Vera Schmidt, "Scritti su psicoanalisi infantile ed educazione"

Edited by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione di: Alberto Angelini                                             Introduced by/introduzione di: Vlasta Polojaz                                                   Afterword by/post-fazione di: Rita Corsa

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana: Biografie dell'Inconscio

Anno/Year: 2014

Pagine/Pages: 248

ISBN:978-88-97479-05-5

Prezzo/Price: € 29,00

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Resnik, S. et al.  (a cura di Monica Ferri), "L'ascolto dei sensi e dei luoghi nella relazione terapeutica" 

Writings by:A. Ambrosini, A. Bimbi,  M. Ferri,               G. Gabbriellini,  A. Luperini, S. Resnik,                      S. Rodighiero,  R. Tancredi,  A. Taquini Resnik,       G. Trippi

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana: Confini della Psicoanalisi

Anno/Year: 2013 

Pagine/Pages: 156

ISBN:978-88-97479-04-8 

Prezzo/Price: € 37,00

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Silvio G. Cusin, "Sessualità e conoscenza" 

A cura di/Edited by:  A. Cusin & G. Leo

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana/Collection: Biografie dell'Inconscio

Anno/Year: 2013 

Pagine/Pages: 476

ISBN:  978-88-97479-03-1

 Prezzo/Price: € 39,00

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AA.VV., "Psicoanalisi e luoghi della riabilitazione", a cura di G. Leo e G. Riefolo (Editors)

 

A cura di/Edited by:  G. Leo & G. Riefolo

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana/Collection: Id-entità mediterranee

Anno/Year: 2013 

Pagine/Pages: 426

ISBN: 978-88-903710-9-7

 Prezzo/Price: € 39,00

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AA.VV., "Scrittura e memoria", a cura di R. Bolletti (Editor) 

Writings by: J. Altounian, S. Amati Sas, A. Arslan, R. Bolletti, P. De Silvestris, M. Morello, A. Sabatini Scalmati.

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana: Cordoglio e pregiudizio

Anno/Year: 2012 

Pagine/Pages: 136

ISBN: 978-88-903710-7-3

Prezzo/Price: € 23,00

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AA.VV., "Lo spazio  velato.   Femminile e discorso psicoanalitico"                             a cura di G. Leo e L. Montani (Editors)

Writings by: A. Cusin, J. Kristeva, A. Loncan, S. Marino, B. Massimilla, L. Montani, A. Nunziante Cesaro, S. Parrello, M. Sommantico, G. Stanziano, L. Tarantini, A. Zurolo.

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana: Confini della psicoanalisi

Anno/Year: 2012 

Pagine/Pages: 382

ISBN: 978-88-903710-6-6

Prezzo/Price: € 39,00

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AA.VV., Psychoanalysis and its Borders, a cura di G. Leo (Editor)


Writings by: J. Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P. Jimenez, O.F. Kernberg,  S. Resnik.

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana/Collection: Borders of Psychoanalysis

Anno/Year: 2012 

Pagine/Pages: 348

ISBN: 978-88-974790-2-4

Prezzo/Price: € 19,00

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AA.VV., "Psicoanalisi e luoghi della negazione", a cura di A. Cusin e G. Leo
Psicoanalisi e luoghi della negazione

Writings by:J. Altounian, S. Amati Sas, M.  e M. Avakian, W.  A. Cusin,  N. Janigro, G. Leo, B. E. Litowitz, S. Resnik, A. Sabatini  Scalmati,  G.  Schneider,  M. Šebek, F. Sironi, L. Tarantini.

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana/Collection: Id-entità mediterranee

Anno/Year: 2011 

Pagine/Pages: 400

ISBN: 978-88-903710-4-2

Prezzo/Price: € 38,00

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"The Voyage Out" by Virginia Woolf 

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-97479-01-7

Anno/Year: 2011 

Pages: 672

Prezzo/Price: € 25,00

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"Psicologia dell'antisemitismo" di Imre Hermann

Author:Imre Hermann

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero 

ISBN: 978-88-903710-3-5

Anno/Year: 2011

Pages: 158

Prezzo/Price: € 18,00

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"Id-entità mediterranee. Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo (editor)

Writings by: J. Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A. Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y. Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M. Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-903710-2-8

Anno/Year: 2010

Pages: 520

Prezzo/Price: € 41,00

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"Vite soffiate. I vinti della psicoanalisi" di Giuseppe Leo 

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Edizione: 2a

ISBN: 978-88-903710-5-9

Anno/Year: 2011

Prezzo/Price: € 34,00

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OTHER BOOKS

"La Psicoanalisi e i suoi confini" edited by Giuseppe Leo

Writings by: J. Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik

Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini

ISBN: 978-88-340155-7-5

Anno/Year: 2009

Pages: 224

Prezzo/Price: € 20,00

 

"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi Confini" 

Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.

Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas, Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.

Publisher: Schena Editore

ISBN 88-8229-567-2

Price: € 15,00

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Elena Ferrante è un'autrice di cui poco si può dire, al fine di fornire al lettore alcuni dati biografici essenziali, se non che il suo è uno pseudonimo e non se ne  conosce  il nome anagrafico. Sappiamo che è nata a Napoli, città al centro della sua scrittura narrativa.

Un nuovo caso Salinger? Forse. Ma forse una  posizione esistenziale  più vicina  a quella di  Pessoa.

 La scelta di offrire alla lettura il primo romanzo  di questa autrice, oggi molto nota in Italia e all'estero, soprattutto a New York, dove si dice viva , è motivata  dal piacere  che questo testo  può dare e di cui si potrebbe dire, con le parole di R. Barthes: " […] ci sono testi […] che sono scritti contro la nevrosi, dal di dentro della follia, hanno in loro, se vogliono essere letti, quel poco di nevrosi necessaria alla seduzione dei lettori: questi testi terribili sono pur sempre dei testi invitanti"( R. Barthes, 5, 1973).  In più, per il particolare modo di intrecciare narrativamente passato e presente, questo romanzo manda all'aria  la ormai classica manovra della rimembranza  espressa dalla "madeleine" proustiana, e non è percorribile neppure con un'analisi testuale che utilizza il  metodo semiotico di Greimas.

L'intreccio narrativo si serve di un lavoro di messa in forma che, più  che a quello indicato sopra, nelle due modalità, proustiana e greimasiana, si avvicina  al lavoro psichico magistralmente esposto da Freud in "Progetto per una psicologia" ( 1984) sui due tempi del trauma. Operazione non facile dal punto di vista narrativo a cui E. Ferrante, che sicuramente nulla sa di quella lontana opera di Freud, si dedica puntigliosamente, con un intuito eccezionalmente forte da cogliere  i tempi complessi e incrociati del rimemorare.

 Potente nel suo  rimo incalzante, la scrittura sembra correre parallela alle tracce  mnestiche, ai fili immaginari che si incrociano e scontrano con schegge, resti di un reale,  che sarà rappresentabile  e sopportabile solo a-posteriori,  e solo pagando il prezzo durissimo della sofferenza.

 Sappiamo che le tante specie d'amore  a cui  il romanzo, come genere,  ha attinto fin dal suo nascere, sono molteplici, come molteplici sono le coloriture  che l'amore, questa divina mania  (Platone, Il simposio) dell'animo umano, può prendere.

Il romanzo come genere però, nell'epoca post -moderna, ha assorbito in toto la rivoluzione che la psicoanalisi  ha introdotto fin dal suo apparire, nel modo di considerare il soggetto. Così anche la narrazione romanzesca, a cominciare dall'ormai storico "Lamento di Portnoy" di Philip Roth (1970), ha subito gli effetti di questa torsione e se ne è fatta carico e  portavoce inconsapevole, spesso arrivando più in là, e più a fondo, di quanto la psicoanalisi stessa non possa fare, nel sondaggio dell'anima umana.

 Così questo romanzo, al cui interno le scoperte psicoanalitiche rispetto alla temporalità hanno sicuramente lasciato un segno, permette ai lettori di fare esperienza di una specie d'amore  con cui  però sia la letteratura che la psicoanalisi si  sono incontrate  e  si incontrano ancora con molte difese: l'amore passionale di una figlia per la propria madre.

 Forse solo Elsa Morante, con il suo "Ara Coeli" (1984), ha avuto lo stesso coraggio di E. Ferrante.

La spregiudicatezza  di questa autrice  chissà che non possa essere d'aiuto ad  entrare più a fondo nella relazione  di cura tra donne all’interno del campo analitico, dopo più di cento anni di psicoanalisi.

  Forse si  potrà attingere  alla sua creatività  in particolare, per dare un senso  alle  manovre di transfert che emergono con forza difficilmente arginabile nel caso, per esempio, di certe interruzioni d’analisi, oserei dire “spettacolari” ( Montani,  2008), quando la relazione analitica vede co-protagoniste due donne.

 Insomma questo romanzo offre un’opportunità per interrogarci una volta di più sul nostro lavoro di analiste/i  da un versante che rimane problematico e aperto nella ormai infinita letteratura sulla relazione analitica: il sesso dell’analista (che forse non è “quello  degli angeli”).

L’assegnazione del genere (Laplanche J, 2000-2006), che sottolinea il primato dell’altro, è un dispositivo che tocca non solo  ogni singolo destino individuale, ma anche quello del soggetto all’interno delle teorie, in particolare in quelle psicoanalitiche. Questo romanzo attesta come l'assoggettamento dei corpi al genere, lascia un vistosissimo e irriducibile resto: il desiderio.

L’Amore molesto di fatto entra  direttamente, dichiaratamente nel  desiderio femminile indagando , appunto,“l’amore molesto" di Delia, una figlia, per  Amalia, la madre.

 L'amore è sempre molesto, a detta dell'autrice, e ce lo mostra nel corso del romanzo.  

Però quello per la madre, per una donna (ma sovente anche per gli uomini)  è il più molesto di tutti tanto che, per riscoprirlo, bisogna averlo attraversato negandolo.

"Mia madre annegò la notte del 23 maggio, giorno del mio compleanno, nel tratto di mare  di fronte alla località che chiamiamo Spaccavento..."  (9), questo l'incipit del romanzo che vede Delia partire per Napoli, per assistere al funerale della madre e insieme trovare una ragione  della sua enigmatica  e inaspettata morte.

Suicidio? Assassinio? Questo dubbio imprime al romanzo, sin dall’inizio, il ritmo incalzante  e la forma di "paradigma indiziario" che Ginzburg ( Ginzburg, 1979) rileva essere elemento comune sia della struttura della teoria psicoanalitica di Freud  sia  di quella del romanzo "noir". E inequivocabilmente   è la cadenza del "noir" che Ferrante imprime alla sua scrittura.

Nella valigia di Amalia,  ritrovata sulla spiaggia dove la donna è  misteriosamente annegata, che viene altrettanto misteriosamente riconsegnata a  Delia, ci sono oggetti da toletta, un vestito elegante e scollato, della biancheria finissima.

Delia indossa sia la biancheria che il vestito inaspettatamente trovati nella valigia della madre, ed è come se il vestito le desse un'altra identità o meglio ne facesse emergere aspetti in latenza e il suo ritorno  Napoli, mentre  riapre dolori dimenticati, contemporaneamente le rivela  una carnalità  solo sua che si manifesta prima con un inarrestabile flusso di sangue mestruale durante i funerali  e un incontro sessuale poi ,  inaspettato e vissuto   come in "assenza", che sembra  condensare in un atto tutti fantasmi di Delia bambina.

 Ma,  mentre assiste al funerale della madre, mentre cerca affannosamente per Napoli tracce e indizi che possano darle  una ragione della  sua tragica scomparsa  e riemerge  per frammenti la storia di questo amore "molesto",   il romanzo  con un ritmo incalzante rivela non solo la riscoperta  di questo amore negato, ma   è ricostruzione, attraverso veri e propri flussi di ricordi rimossi che riaffiorano,   del  rapporto furiosamente passionale che ha legato i genitori di Delia in un oscura vicenda di violenza,  e si è depositato dentro di lei come trauma incistato.

Il romanzo si muove su due registri, la storia immaginaria della madre  che Delia si è costruita come potente difesa dal suo amore molesto per lei, e la vicenda reale, se così si può dire, che si profila a poco a poco a ridosso  degli incontri che si susseguono, incalzanti, con tutti i personaggi che hanno abitato la storia di  Delia bambina e che dopo molto tempo rivede da adulta.

 

La vicenda reale  emerge pertanto  dal  rovistare   stesso di  Delia nelle tracce lasciate dalla madre a Napoli, quando  Amalia era viva, in cerca di chi possa averla uccisa, sia da  cinque incontri fondamentali, vera propria messa a confronto  per la protagonista   con una verità altra. Il racconto, paradossalmente, affonda sempre più nell'onirico via via che procede, proprio mentre svela a Delia una realtà diversa, un'altra verità. E questo è uno dei punti di forza dello stile dell'autrice.

 Quelli che sembrano a Delia  dei "revenant", la vicina di casa di Amalia, il fratello di  Amalia, il padre di Delia  e soprattutto "Caserta", antico corteggiatore di Amalia che porta questo strano soprannome, e infine Antonio, suo figlio, sono tutti  invece portatori di diverse versioni del passato da cui emergono, insospettate, altre Amalie.

E' in questo gioco tra intrecci di immaginari che la scrittura di Ferrante si rivela prodigiosamente capace  di lasciare sottendere sempre che c'è un resto che sfugge, sia alle ricostruzioni di Delia, sia ai racconti dei co-protagonisti.

 Amalia, come persona, nel senso attribuito a questo termine dalla filosofa  M. Nussbaum  (Nussbaum, 2002),  e non nel senso latino di "maschera," è il resto che sfugge.

Caserta è  l'uomo che Delia sospetta abbia assassinato sua madre.  

Il groviglio di tensioni e desideri che lega indissolubilmente tutti i personaggi  del romanzo -  groviglio troppo complesso da descrivere qui  anche se non se ne può non fare cenno - potrebbe  rispondere a quel genere di legame che  Racamier ha definito  incestuale per  denotare una caratteristica degli "stati limite".

Ma, da questo romanzo, come dall'opera d'arte in genere, è la psicoanalisi  che esce arricchita, e non viceversa, e chiamare incestuale il nodo onirico e passionale che stringe Delia ai co-protagonisti, non aggiunge più che tanto al precipitarsi della narrazione dentro un dramma  di destino che vede femminile e maschile, eros e thanatos uniti e divisi in una metastorica vicenda.

Nell’incontrare Antonio, ormai adulto,  e giocando con lui un nuovo gioco sessuale, Delia comincia a ricordare. Ricorda come, nella pasticcieria del nonno di Antonio, semistordita dall'odore delle creme, accettava quello che il vecchio pasticciere le proponeva: rapporti orali in cambio del "gusto” dei  dolci.

La saracinesca del negozio veniva calata e il bambino Antonio rimaneva fuori, a fare il palo, complice.

 Il lavoro della memoria  della protagonista, una Delia ormai adulta che rivive, attraverso la sparizione della madre, la storia traumatica della sua infanzia, fa riemergere con un tempo squisitamente psicoanalitico e un movimento "Nachträglichkeit", tappe fondamentali della storia di Delia bambina e il suo antico terrore che la madre sparisse.

Dai frammenti che emergono  da testimonianze "altre" su Amalia, il lettore ricostruisce l’immagine di una donna posata, grande lavoratrice - faceva la sarta  e accudiva le quattro figlie - e usciva solo per le consegne degli abiti alle sue clienti. Per Delia però ogni volta era una "sparizione". Una sparizione senza ritorno.

Dal  bruciante ricordo della propria possessiva  sessualità infantile, un “amore di bocca” per la madre - quello che sta dietro a tante bulimie e anoressie - ,  Delia è trascinata ancora dai  racconti del fratello di Amalia, lo zio Filippo, a scontrarsi con la verità dei "fatti".

 Insieme al ricordo di essere stata molestata, dal vecchio laido pasticciere, Delia è messa di fronte  al "fatto" di avere molestato la madre, con il suo amore geloso, passionale, carnale.

La separazione  definitiva tra  Amalia e il marito avverrà infatti per una "spiata" di Delia bambina: un'invenzione  che Delia consegna al padre, dentro cui precipitano l'identificazione con il padre furiosamente geloso,  l'attrazione di Delia per Caserta (Caserta è il figlio del vecchio pasticciere), ma soprattutto l'impossibilità di legare l'eccitazione prodotta dal corpo materno innocente e spostata sulle creme e il pene-capezzolo del vecchio. Un  "amore di bocca" (Scarfone, 1956) legava  infatti Delia ad Amalia, dicevamo, un amore molesto e che, anche, molesta.

 Sarà proprio di rapporti orali con Caserta che Delia accuserà la madre provocando la furia violenta del padre e la separazione   della coppia.

Il sessuale che irrompe nella narrazione mettendo in scena l’incendio divampante nella relazione madre-figlia , un amore il cui ardore crepita con una violenza folle (direbbe Barthes, appunto ),  svela tutt'altra storia e questa  si dipana in una temporalità "Nachträglichkeit".

Nessuno ha ucciso Amalia, scopre Delia con stupore immersa nel flusso temporale altro del ricordo liberato oramai da ogni copertura, ma  Delia bambina ha desiderato ucciderla. Quando  Amalia usciva da casa e si allontanava, la bambina guardava la madre dalla finestra bisbigliando tra  sè:"quando torni t'accido!"  (pag. 9).

 Un amore tanto molesto, come una "voglia" sulla pelle che si eredita dalla nascita e di cui non ci si può liberare,  un amore da non potere essere definito  se non con un  unico termine: originario; amore assolutamente non omoerotico nel senso sella omosessualità, se analiste come  Kofmann (1980), Irigaray (1972), Kristeva (1993), solo per citare alcuni dei nomi più impegnati in un lavoro di corpo a corpo decostruttivo  (Derrida, 1967; 1972) si sono assunte la responsabilità teorica di riportare  la coppia femminile/donna, alla sua originaria inscindibilità, al di là del biologico, fondandola  nella nuova categoria psicoanalitica di “incarnazione” (Chasseguet Smirgel, 2003).

 Un amore che molesta ogni bambina e che la cultura costringe a rimuovere in favore del terzo, il padre,  operando quel passaggio obbligato senza il quale qualsiasi forma di integrazione sembrerebbe essere preclusa.

Quando la  protagonista scopre che la madre, ormai anziana, ha fino alla morte  un rapporto di amicizia colorata di erotismo proprio con Caserta,  suo antico corteggiatore, il romanzo diventa una raffinatissima scatola ad incastri.

 Quando Delia prende  coscienza che  fu  lei stessa artefice e regista  inconsapevole della separazione della madre dal padre, ossessionata dalla gelosia per Amalia, violenta come quella del padre e allo stesso modo possessiva,  si produce un'altra lacerazione nel racconto immaginario che la protagonista si era costruita circa la colpevolezza della madre.

Ormai consapevole  che fu la gelosia furibonda per il corpo sessuato e sensuale della madre   a spingerla da  bambina a denunciarla al padre per un tradimento non commesso,  è possibile per Delia lasciare  emergere un resto, rimasto finora irrappresentabile: quello della propria sessualità che  andava non solo verso la madre e il femminile, ma verso i maschi in genere.  Verso Caserta in particolare. Il romanzo si conclude con questa  "agnizione", liberatoria e catartica: l'irrappresentabie  è diventato materia di rappresentazione.

La fioritura dell'amore senile  della madre insieme alla sua accettazione,  sono  vere e proprie scoperte per  Delia, e fanno un tutt'uno con la scoperta della propria  sessualità, sia infantile che  adulta.

Comunque,  se da questo vertice, quello della passione della bambina Delia per  Amalia, la madre,  il romanzo apre sapientemente, in parte, le porte di quello che Freud definì "continente nero", il suo fascino risiede  soprattutto nell'intreccio labirintico che la narrazione istituisce   con altre specie di amore: l'amore violento tra uomo donna, e l'amore senile, ultima insperata fioritura della vecchiaia, praticabile anche in luoghi degradati  come  "la terra dei fuochi", in forza  della tenacia di  un sentimento.

Amalia, da morta, finalmente, riceve dalla figlia il riconoscimento che non aveva mai avuto in vita. Essere innocente, non colpevole, se non di una luminosa bellezza  e di essere una persona, non solo una madre.

Il finale del romanzo rimane sospeso e lascia il lettore, come Delia, con un dubbio su questo punto: la misteriosa morte di Amalia,  una morte dovuta non certo ad un omicidio è stata forse un suicidio?

 Ma nel caso che questa ultima ipotesi  sia praticabile, gli abiti  dicono  al lettore qualche cosa sulla motivazione profonda di un gesto che più che una morte sembra anche a  Delia, che ormai lo considera con profonda "pietas", una rinascita.

 Grazie a questo sentimento verso la   madre, duramente riconquistato,  riattraversando dolorosamente le tante "vie crucis" del loro rapporto, questa è la scena che Delia ricostruisce,  e che  tutti gli indizi faticosamente messi insieme propongono come verità ultima: Amalia, che ha sempre indossato stracci, biancheria sdrucita sul suo corpo trionfante (così Delia la ricorda), faceva la sarta e cuciva abiti per ricche "signore".

Viene trovata morta sulla spiaggia con indosso biancheria costosa e raffinata  che   (la vicina lo rivela  a Delia) aveva comperato per la figlia, come regalo per il suo compleanno.

Era partita da Napoli per Roma  per darle questa biancheria come dono  di compleanno. Ma a Roma Amalia non è mai arrivata.

 Ha preferito fermarsi, con Caserta, il corteggiatore, l'accompagnatore galante, in una località di mare.

A Capo Spaccavento, Amalia, un po' ubriaca, si è spogliata e liberata, sulla spiaggia, insieme agli abiti abituali, dignitosi e un po' frustri, anche di una vita di stenti.

Piccolo lume nella vita di questa donna  l'amore tardivo di Caserta.

Indossando la lussuosa biancheria, la vestaglia di raso destinata  alla figlia, Amalia ha danzato per una sera  intorno al fuoco acceso sulla spiaggia da  un vecchio uomo che ancora l'amava.

Questa è la scena che Delia ricostruisce, con tutti gli indizi faticosamente messi insieme.  Questa è la scena che ricuce lo strappo del delirio di gelosia  che le  ha lacerato una vita,  e , se forse è solo un"rammendo", permette alla figlia di partire da  Napoli indossando il vecchio completo della madre, a cui ha riattaccato un bottone.

 

  BIBLIOGRAFIA

 

Elena Ferrante, L’amore molesto, Editore  e/o, Milano 1972.

 Dominique Scarfone,  "Libido precoz y sexual profundo", in RUP, n.112,1956.

S  Freud, 1895, "Progetto per una psicologia", OSF, Bollati Boringhieri, Torino, Vol I.

Laura Montani, "Nuove figure nella stanza d'analisi", in  AA. VV. Figure del femminile, a cura di Amalia Giuffrida, Borla, Roma 2008.

Roland Barthes, Il piacere del testo, Einaudi,  Torino1973.

 C. Ginzburg, "Spie. Radici di un paradigma indiziario", in Crisi della ragione, a cura di Aldo Gargani, Einaudi, Torino 1979.

 M. Nussbaum,  Giustizia sociale e dignità umana. Da individui a persone,  Il Mulino, Bologna 2002.


 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
   

 

 

 

   
 
 

 

 

 

 

 

 

         

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
   
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
   
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

 

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