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Writings by/scritti di: D. Mann
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Vera
Schmidt, "Scritti su psicoanalisi infantile ed
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Edited by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione
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Resnik,
S. et al. (a cura di Monica Ferri), "L'ascolto dei
sensi e dei luoghi nella relazione terapeutica"
Writings by:A.
Ambrosini, A. Bimbi, M. Ferri, G.
Gabbriellini, A. Luperini, S. Resnik,
S. Rodighiero, R. Tancredi, A. Taquini Resnik,
G. Trippi
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
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Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 156
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Silvio
G. Cusin, "Sessualità e conoscenza"
A cura di/Edited by: A. Cusin & G. Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Biografie dell'Inconscio
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 476
ISBN: 978-88-97479-03-1
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AA.VV.,
"Psicoanalisi e luoghi della riabilitazione", a cura
di G. Leo e G. Riefolo (Editors)
A cura di/Edited by: G. Leo & G. Riefolo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Id-entità mediterranee
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 426
ISBN: 978-88-903710-9-7
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AA.VV.,
"Scrittura e memoria", a cura di R. Bolletti (Editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, A. Arslan, R. Bolletti, P. De
Silvestris, M. Morello, A. Sabatini Scalmati.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Cordoglio e pregiudizio
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 136
ISBN: 978-88-903710-7-3
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AA.VV., "Lo
spazio velato. Femminile e discorso
psicoanalitico"
a cura di G. Leo e L. Montani (Editors)
Writings by: A.
Cusin, J. Kristeva, A. Loncan, S. Marino, B.
Massimilla, L. Montani, A. Nunziante Cesaro, S.
Parrello, M. Sommantico, G. Stanziano, L.
Tarantini, A. Zurolo.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Confini della psicoanalisi
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 382
ISBN: 978-88-903710-6-6
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AA.VV., Psychoanalysis
and its Borders, a cura di
G. Leo (Editor)
Writings by: J. Altounian, P.
Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P.
Jimenez, O.F. Kernberg, S. Resnik.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Borders of Psychoanalysis
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 348
ISBN: 978-88-974790-2-4
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AA.VV.,
"Psicoanalisi e luoghi della negazione", a cura di A.
Cusin e G. Leo
Writings by:J.
Altounian, S. Amati Sas, M. e M. Avakian, W. A.
Cusin, N. Janigro, G. Leo, B. E. Litowitz, S. Resnik, A.
Sabatini Scalmati, G. Schneider, M. Šebek,
F. Sironi, L. Tarantini.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Id-entità mediterranee
Anno/Year: 2011
Pagine/Pages: 400
ISBN: 978-88-903710-4-2
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"The Voyage Out" by Virginia
Woolf
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-97479-01-7
Anno/Year: 2011
Pages: 672
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"Psicologia
dell'antisemitismo" di Imre Hermann
Author:Imre Hermann
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-3-5
Anno/Year: 2011
Pages: 158
Prezzo/Price: € 18,00
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"Id-entità mediterranee.
Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo
(editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A.
Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y.
Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M.
Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-2-8
Anno/Year: 2010
Pages: 520
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"Vite soffiate. I vinti della
psicoanalisi" di Giuseppe Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Edizione: 2a
ISBN: 978-88-903710-5-9
Anno/Year: 2011
Prezzo/Price: € 34,00
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"La Psicoanalisi e i suoi
confini" edited by Giuseppe Leo
Writings by: J.
Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D.
Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik
Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini
ISBN: 978-88-340155-7-5
Anno/Year: 2009
Pages: 224
Prezzo/Price: € 20,00
"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi
Confini"
Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.
Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas,
Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.
Publisher: Schena Editore
ISBN 88-8229-567-2
Price: € 15,00
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Gli
anni settanta del novecento sono quelli che hanno visto il pensiero
mettersi al lavoro sulla questione del genere. C’è anche chi ne ha
dichiarato la disfatta (Butler) (1).
Ma
sostanzialmente, la monumentale bibliografia di cui oggi disponiamo
rispetto alla questione del genere, si aggira tutta, più o meno, per
quanto riguarda la psicoanalisi dopo Freud, intorno a una questione:
il desiderio femminile si può risolvere, si risolve, in desiderio di
maternità? E essere donna coincide con l’avere un
bambino, o meglio detto, l’essere donna è omologabile all’essere
madre? L’enigma è ancor aperto per la psicoanalisi(2), sopra
tutto là dove essa dimentica la propria storicità, vale a dire il
proprio rapporto interno con dei conflitti di potere e di posto, e
tende irrimediabilmente a divenire un meccanismo pulsionale, o una
forma di dogmatismo descrittivo, oppure una gnosi, come è accaduto
per il pensiero intorno alle madri di un analista più che celebre, D.
W. Winnicott.
L’articolazione
del pensiero delle psicoanaliste su questa questione cruciale, non è
andato di pari passo alla rivoluzione definita "femminista",
anche se ne è stato influenzato e lo influenzò(3): l’autocoscienza,
pratica che caratterizza "il femminismo", termine assunto
comunemente per catalogare una parte del genere umano, le femmine,
contro un’altra, i maschi, al suo primo nascere, non sarebbe stata
possibile senza l’esempio di Freud e della sua autoanalisi, fatta
attraverso "un altro": Fliess. Per quanto riguarda lo
smontaggio inesorabile dell’equazione simbolica
femminile=castrazione, questo comincia, tra le analiste prima di Speculum(4),
con Karen Horney(5) andando avanti nel tempo. Molte analiste, tra cui
J. Jasseguet Smirgel(6) hanno finito però con il denunciare la
difficoltà di articolare un proprio pensiero autonomo sul desiderio
femminile all’interno di un monismo fallico teorico che su di esso
si richiude.
Ma accanto a
un asse decostruttivo tracciato da L.Irigaray, scomodo in verità sia
per gli analisti che per le analiste, che obbliga a pensare al di là
delle scuole di appartenenza, c’e ne è un altro, nel tessuto
epistemologico della psicoanalisi, esattamente opposto, che costruisce
sull’equazione femminile=madre il proprio modello di pensiero e di
cura.
Se ci
muoviamo sull’asse decostruttivo del pensiero delle analiste che vi
si sono impegnate, seguendo le loro tesi, la psicoanalisi, così come
pensata da Freud, risulta, per quanto riguarda il desiderio femminile,
essere, in buona sostanza n iente altro che il riflesso speculare del
suo inventore/scopritore.
Altrettanto
però si può dire per le costruzioni del secondo filone, saldamente
ancorato all'equazione femminile=madre, che, a partire da Ferenczi,
passa per Anna Freud, per Bowlby, per Balint, fino ad culminare con l’autore
cui dobbiamo lo sforzo più grande per impadronirsi del segreto delle
madri e l’incarceramento della donna in questo secretaire:
Winnicott, ancora
Questo filone
mette in atto, nella teoria, il desiderio maschile di ritrovare nel
corpo della donna e nella donna, il ricettacolo sicuro dell’alveo
materno. La bambina, resterà esule da questo corpo e se lo dovrà
assumere diventando madre e perciò stesso, eterna esule. Che ne è
del suo desiderio? Pur nella differenza profonda di costrutti
epistemici, lo strutturale e l’evolutivo genetico, il desiderio
femminile, in entrambi i filoni di pensiero, si risolve in desiderio
di bambino e lì la storia finisce e la ricerca si conclude.
Il lavoro
delle psicoanaliste sulla terna femminile/donna /madre in
psicoanalisi, non cessa però di interrogare teorie, modelli e pratica
clinica, spingendosi fino al cuore del sociale e oltre, facendo
irruzione nei testi, rimestando nelle parole stesse dei testi, e
lavorando sul loro corpo, La relazione di ignoto che vincola ogni
ricercatore alla propria ricerca, si stringe a doppio nodo intorno
alle psicoanaliste, perchè, loro, essendo donne, sono esse stesse,
stando a Freud, l'ignoto. Ancora oggi è così...
Riprendendo
qui il metodo di ricerca randomica che è stata propria de Lo
Spazio velato(7), ci si imbatte in un testo di Fedida. Il testo
contiene una brillante disamina delle conseguenze della differenza
sessuale sul linguaggio e ci offre una figura di questa differenza
indubbiamente significativa e oltremodo fruibile per introdurci nel
discorso che qui si vuole fare esplorando l'uso, in ambito
psicoanalitico anglosassone, di uno dei significanti chiave della
psicoanalisi contemporanea di marca genetico evolutiva: Mother .
La
figura che ci viene offerta dal testo di Fedida è quella della fessura(8).
In
particolare quella della fessura che si apre nel pensiero del
bambino, nel tempo secondo che succede al primo tempo traumatico della
vista del genitale femminile e della abbagliante ma inconcepibile
differenza tra i sessi. Da quel momento in poi l'io, dice Fedida, si
scinde e non potrà più pensare la differenza come tale, dando luogo
al dispositivo del diniego.
E se questa
fessura, questa scissione dell'io fosse all'opera sempre e
costantemente nella psicoanalisi, freudiana e non, impossibilitata a
rappresentarsi il soggetto del desiderio se non nella forma del
desiderio maschile(9)? Riprendiamo qui il metodo che ci ha permesso di
pensare Imene(10) come un dispositivo di godimento, ignoto alla koinè
psicoanalitica tutta, per dire che, intenzionalmente, introduciamo
il lavoro di indagine all'interno del corpo della parola stessa, fino
a spingerlo all'interno della scansione che vistosamente il
significante Mother presenta nella possibile grafica seguente: M/Other.
Tale metodo non è altro che, semplicemente, il metodo psicoanalitico
volto a cogliere non solo altri testi ed altre scene sotto quelli
offerti dal discorso manifesto, ma soprattutto le parole sotto le
parole(11).
Il mio testo,
inoltre, si serve nel suo gioco decostruttivo/ costruttivo, delle
scoperte della linguistica di Roman Jakobson, filologo, linguista e
critico russo, , la cui concezione del linguaggio ha sorprendenti
analogie con il modo di concepire la formazione del senso da
parte di Freud, anche lui, impegnato, come è noto, a indagare sulla
perturbante capacità delle parole di dire e non dire insieme,
insomma, di con- tenere sempre altro, come mostra per il lapsus
il motto di spirito e il sogno(12).
L’assunto
cardinale su cui poggia il pensiero del celebre linguista russo, che
conviene brevemente richiamare qui, è che non si può capire alcun fatto
linguistico se non si tiene conto del sistema cui
appartiene, intendendo per sistema una complessa serie di funzioni,
tra cui, l’arbitrarietà è quella dominante. Dalla
cibernetica, psicologia, neurologia, biologia, psicoanalisi e dalle
arti visive, Jakobson mutuò la convinzione che la sonorità, la
gravità, la tensione, sarebbero universali fonologici,
differendo nelle diverse lingue a causa della loro di- versa
combinazione.
Così
, alla luce dell'indagine semiologica promossa da Jakobson sui sistemi
della lingua, si può sostenere che madre, mutter, mère,
combinano le diverse fonazioni dell’infans in modo specifico,
come pure l’anglofono mother.
Muniti
di questi strumenti, cominciamo il nostro attraversamento.
Madre
Nella
sotterranea e misteriosa produzione di senso che si opera nel
linguaggio, il nome "madre" non solo si dispone
metonimicamente accanto al nome "origine" e alla sua
enigmaticità, ma, essendo la madre in carne ed ossa la
prima e più arcaica modalità di farne esperienza, lei, la madre in
carne ed ossa, finisce, simbolicamente, con il coincidere con la
semantica stessa dell’origine e per caricarsene l’indecifrabilità.
L’origine,
nella filosofia contemporanea, ricopre l’area dell’impensabile,
dell’irrappresentabile, dell’inafferrabile e, nel testo freudiano,
quella del perturbante, il noto-ignoto. La madre è quella che
"fa segno" dell’origine, della sua enigmaticità. Così
sulla madre in carne ed ossa che è, incontestabilmente per il
bambino, il primo significante, si riversa, metonimicamente l’impensabilità
dell’origine, e di conseguenza il deposito passionale che, invece di
diritto, competerebbe all’enigma dell’origine.
Dopo
Freud, alla madre, a partire soprattutto dalla scuola inglese è stato
riservato uno spazio contraddittorio e particolare. Uno
spazio marcato dall’ambivalenza del pensiero passionale teorico, che
va dalla idealizzazione (la madre sufficientemente buona) alla
demonizzazione (la madre schizofregenetica). Proprio per queste sue
caratteristiche, la madre, come significante primo, va a occupare
nella psicoanalisi contemporanea, soprattutto quella di derivazione
winnicottiana, il posto di un di passpartout -
strumento tecnico, abusando del quale si corre il rischio
di lavorare con un assunto di base, un
non-psicoanaliticamente pensato.
Winnicott
non fu analizzato da M. Klein, ma suo allievo. Il suo pensiero e la
sua pratica clinica, come il pensiero dei suoi seguaci hanno dato
luogo a quello che Hillman, in "Trame
perdute"(13) chiama "il reliquario della madre negativa"
e, ancora, al fiorire di quella metapsicologia da lui indicata come
"metapsicologia della cattiva madre".
Dice
Hilmann
"Molte
scuole psicoanalitiche sono rimaste intrappolate nello stesso modello
di pensiero delle madri. E’ la madre che a tutt’oggi viene
incolpata quale responsabile dell’umana condizione: lei, il suo
seno, le sue abitudini durante la gestazione, le cure e le attenzioni
durante i primi nove mesi di vita. L’altare innanzi al quale molta
psicoanalisi oggi si inchina adorante è il reliquiario della Madre
Negativa. Di conseguenza ritiene che la madre non sia mai
"abbastanza": se alleva con calore e intimità viene
chiamata asfissiante e divoratrice; se desidera per il figlio tante
cose, attingendo le fantasticherie sul suo futuro dalle riserve del
proprio spirito, allora con le proprie mete ne determina la vita; se
è lungimirante, intuitiva, distaccata, la sua saggezza profetica è
quella di una strega; se gode della vita e dei piaceri dei sensi,
allora sta seducendo i propri figli o li sta privando delle loro
vite vivendo tanto voluttuosamente la propria. Qualunque sia la
maternità, sembra che sia uno stile maledetto."
La
modellizzazione winnicottiana de "la madre sufficientemente
buona", riguardata alla luce di un pensiero critico, che
incontriamo raramente nelle scuole di pensiero che vi si ispirano,
sembrerebbe non solo impoverire la cura (14), ma anche il processo di
conoscenza a cui sarebbe doveroso un analista si sottoponesse,
riguardando alle teorie come narrazioni possibili ma non esaustive per
spiegare l’enigma della sofferenza soggettiva grave. E soprattutto
quella delle donne che alla psicoanalisi si rivolgono.
Segnalo,
di passaggio, rimandando ad altrove una riflessione in proposito, che
madre-psicosi, sono strettamente embricati nelle scuole
psicoanalitiche che si ispirano a una visione del soggetto
genetico-evolutiva, che è quella che, in sostanza, è alla base della
ricerca di Winnicott sulla madre.
Alla
donna dunque spetta, in certa cultura psicoanalitica contemporanea un
doppio onore: essere generatrice di figli esclusivamente, e avere l’esclusiva
della loro follia.
La
psicoanalisi, in questa versione diventa dunque , come indicato con
forza a Foucault(15), una pratica del controllo dei corpi, in specie,
aggiungo io qui, del corpo della donna nella sua versione di madre.
L’alterità:
un nodo del pensiero moderno e post moderno
Forse,
come risposta violenta e antifrastica alla trasformazione operata in
ambito anglosassone della nozione di desiderio scoperta da Freud e
sinonimo dell’inconscio sessuale, in un nursery, dove gli
psicoanalisti, come infermiere occhiute osservano la madre e spesso
uccidono la donna, nasce in Francia con J. Lacan, e via via si afferma
un modo di concepire la soggettività che potemmo definire di stampo
strutturale, di visione esattamente opposta a quella genetico-
evolutiva. All’origine, non c’è un programma biopsichico,
prelinguistico, presimbolico che punta a svilupparsi secondo
determinate leggi evolutive, ma la subordinazione del soggetto a una struttura:
l’altro, in cui ciascun vivente umano, fin dalla nascita si trova
immerso.
La
nozione di struttura viene ripresa dall’opera di Levi Strauss, e in
particolare da Le strutture elementari della parentela (1949) (16). In questo saggio l’incesto, a differenza di quanto avviene in
Freud, non viene concepito nel senso negativo del divieto inconscio
che impedisce il rapporto di unione tra consanguinei, quanto come una legge
positiva che fonda l’esogamia, fondando perciò stesso il
passaggio, il salto, tra natura e cultura. Gli animali non conoscono
tale legge. La proibizione dell’incesto e lo scambio sono le
condizioni che rendono possibile la coesistenza sociale e sono il
pilastro di un inconscio strutturale come condizione di funzionamento
invariante di ogni società storica.
L’inconscio,
nell’accezione strutturale, è l’insieme delle determinazioni
sociali, familiari, simboliche che costituiscono da capo a piedi l’essere
del soggetto ancora prima che questi venga al mondo. Riprendendo Freud
alla lettera (La negazione, Lutto e malinconia) (17), questo
visione del soggetto insiste su una mancanza d’oggetto originaria. L’azione
della struttura simbolica in cui il soggetto è gettato uccide l’oggetto
eclissandolo, rendendolo irrecuperabile. Tra il soggetto e le cose, ci
sono le parole. O, meglio detto, il linguaggio in cui soggetto è
immerso e da cui è parlato. Sulla formalizzazione di questo
modello, come è noto, influirono profondamente la linguistica
strutturale di Ferdinand de Saussure e di Roman Jakobson.
Le
leggi strutturali della lingua e dei suoi significanti principali, padre,
madre,
sono utilizzati da questo modello per mostrare come l’Edipo svolga
una funzione di ordinamento e di strutturazione del desiderio del
soggetto.
Nell’ottica
strutturale, per la quale l’inconscio è il discorso dell’Altro,
intendendo per "Altro" una categoria,
irriducibile all’altro inteso come il simile, come l’altro uomo,
come l’altro dell’intersoggettività, il bambino è da sempre
immerso nel campo del linguaggio. Questo modo di intendere il rapporto
con l’Altro sembrerebbe ribaltare la struttura genetico-evolutiva.
Prima di ogni disposizione naturale del soggetto e prima di ogni
interazione possibile tra il bambino e la madre, è l‘Altro che
agisce sul soggetto, ancora prima che questi venga al mondo. Le leggi
di una Cultura, infatti, la scelta del nome proprio o l’iscrizione
in una determinata tradizione familiare e sociale, anticipano e non
seguono la nascita di ogni essere umano.
Si
comprende bene pertanto come, anche in questa seconda costruzione
psicoanalitica di marca antigenetica-evolutiva possa insinuarsi in
latenza la colpevolizzazione della madre e il suo "stile
maledetto" doppiamente, ineluttabilmente, destinalmente se,
stando a Piera Aulagnier, essa è porta parola(18):
"Analizzando
la funzione del discorso materno e della sua anticipazione, abbiamo
dato la precedenza a ciò che del desiderio materno, dei suoi divieti,
in una parola della sua problematica personale, può orchestrarsi
attraverso la sua voce e questa via. Abbiamo distinto ciò che è nell’ordine
di una violenza necessaria da ciò che deriva da un eccesso i cui
effetti negativi per l’Io si manterranno nella psicopatologia di chi
li subisce. Questa azione strutturalmente necessaria della violenza
primaria si effettuerà in due tempi successivi, una scansione
temporale che ricorda quella proposta da Freud per la problematica
della castrazione. E’ noto che Freud differenzia in questo caso due
fattori e due momenti: quello in cui la madre proferisce e designa il
padre o un suo sostituto come l’agente della sua eventuale
realizzazione e il momento in cui questa minaccia diventa effettiva e
operante per il bambino messo d fronte alla vista della differenza tra
i sessi".
(evidenziazione mia)
A
mio avviso, interpretando la dizione di Aulagnier dunque, la violenza
non sta tanto nell’essere la madre la portaparola, ma la porta-sesso.
Il
diniego del sesso e della sessualità femminile si ripete anche in
insospettabili analiste, come la nostra francese, tanto indomita da
opporsi a Lacan. Ma le tracce del maestro percorrono la sua scrittura
insieme ai resti del diniego della sessualità femminile, inaugurato
dal testo freudiano (19).
M/Other.
Perchè ?
Dal
mio punto di vista, quello di unA psicoanalista, incuriosita dalla
scansione interna propriamente a questa parola, non è un caso che l’enunciazione
del tema che mi chiama a scrivere sia in inglese. In italiano la
parola madre non contiene quell’interno rimando all’alterità
che le è costitutivo nella sua accezione anglofona, né la
incontriamo in altre lingue. La psicoanalisi contemporanea, in
disperata ricerca di un qualche mito con cui rappresentarsi,
raccontarsi e insieme dare conto della stra-vaganza del soggetto
umano, dalla scomparsa fisica (morte in senso letterale) di
Freud in poi, si è impegnata tramite il lavoro di quanti sono
stati indicati (e forse si sono sentiti a modo loro) suoi eredi, nella
banalizzazione dei significanti chiave, madre-padre, che organizzano,
secondo qualsiasi lectio psicoanalitica, la psiche propriamente
umana. E’ un paradosso, ma proprio mentre gli psicoanalisti e le
psicoanaliste post freudiani si aggrappavano all’uno o all’altro
dei due significanti arcontici, la psicoanalisi, come metodo, come
ricerca, come possibilità di scoperte nuove, andava indebolendosi.
Ciò è accaduto a sua stessa insaputa (l’inconscio del gruppo
psicoanalitico solo da poco viene sottoposto ad analisi e interrogato
dagli psicoanalisti stessi (20), evidentemente colti di sorpresa
dalla "crisi della psicoanalisi").
M/Other,
questa parola anglofona, mi convoca a una scelta di campo, nella
babele dei linguaggi psicoanalitici contemporanei. Mi muoverò all’interno
di un filone che va da Ferenczi a Winnicott, passando per Balint(21)
e per Bowlby (22). E anche se la mia posizione, rispetto a questi autori
è antifrastica, è un bel giro. Un po’ frastagliato.
Cosa
è, mi chiedo, questa sorta di geroglifico che diventa la parola
così scritta: M/Other? Un graffito sul muro della psicoanalisi
postfreudiana, che lo porta impresso come segno, indecifrabile,
pur non parlando d’altro? Della madre, appunto.
Quella
barra evoca e rievoca innanzitutto il gran parlare (e spesso
parlottare), la linguisterie direbbe Lacan, che dalla seconda
metà del novecento in poi si è fatto intorno a questo termine passe-partout,
sacca vuota dove depositare i resti di ciò che Freud non ha potuto
pensare, interessato appunto ad altro. Ma anche altro,
è un termine inflazionato, in cui precipitano le aporie di un
pensiero psicoanalitico che stancamente si ripiega su sé stesso.
Grammaticalmente
altro è aggettivo e pronome, e la psicoanalisi, soprattutto francese,
l’ha utilizzato soprattutto in questa seconda valenza,
ingigantendola con la dotazione di un A maiuscola: l’Altro.
La
valenza aggettivale, che secondo i vocabolari contiene anche il
significato di nuovo, sembra dimenticata o ignorata.
Assumerò
la barra di M/Other come quel luogo che segna un partage tra
l’istituzionalizzazione della madre da parte della
psicoanalisi contemporanea e la potenzialità della madre,
inesplorata: o altro, nel suo significato aggettivale di diverso,
nuovo.
Dalla
ormai dimenticata ma indimenticabile Adrienne Rich e dal suo Nato
di donna a cui si deve questa fondamentale distinzione tra
potenzialità e istituzionalizzazione, cito (23):
"In
questo libro ho cercato di distinguere tra due significati di
maternità, di solito sovrapposti: il rapporto potenziale della
donna con le sue capacità riproduttive e con i figli, e l’istituto
della maternità, che mira a garantire che tale potenziale – e di
conseguenza le donne - rimanga sotto il controllo maschile. Tale
istituto è stato la chiave di volta dei più disparati sistemi
sociali e politici. Ha impedito a più della metà del genere umano di
prendere decisioni che riguardavano la sua stessa vita (….) (sottolineatura
d. r.)".
M/Other - Una
condensazione
Di
M/Other, quindi io faccio qui una questione.
Il termine questione
ci viene dal latino quaerere, che ha un immediato doppio
significato: chiedere/cercare.
Chiedere,
in questa torsione lessicale specifica, non rimanda a un senso di
mancanza, né cercare a un oggetto "concreto". Il
verbo si pone decisamente in un ambito già ampiamente secondarizzato,
e i suoi altri sensi sono: "proporre, affrontare, risolvere",
come anche i diversi altri significati di questione, che vanno
da controversia, disputa, litigio, diverbio,
obiezione, opposizione, fino ad abbracciare, da ultimo
quello più vasto di "problema culturale, politico o sociale,
a lungo dibattuto" (24).
Ma questa questione,
quella di M/Other, che in ambito psicoanalitico ci è stata trasmessa
e viene da lontano come problema culturale psicoanalitico (nel
senso più ampio che questa espressione riveste in ambito
antropologico), fin dal suo sorgere si è posta nella polis
psicoanalitica, come un problema politico e societario. All’interno
della costituenda istituzione (25), già emergeva la posta in gioco
pulsionale che le accezioni di questione come disputa, litigio,
diverbio, le disseminavano intorno.
Dunque è
necessaria una disposizione metodica, un gesto specifico
per collocarsi all’interno di questa questione senza precipitarsi
a risolverla ripetendo il dispositivo della disputa, mantenendone
fermi i connotati di ricerca aperta e rispettando insieme la qualità
pulsionale del suo originario sorgere. Esso mette in luce come, già
nel momento stesso in cui essa si è posta, si siano messi in gioco i
suoi plurimi significati che rivelano come le sue propaggini (e quelle
della lingua) affondino sempre in un tessuto passionale di cui le
parole sono una sorta di "trattamento", lasciando esse
emergere, sempre e comunque il desiderio a cui danno forma, se le
ascoltiamo come analisti.
Quanto alla
parola M/Other, così ascoltata, enuncio brevemente le
ipotesi che utilizzo qui per affrontare la questione nella sua
originaria quanto odierna complessità.
La prima
ipotesi è che "il senso di un’espressione risieda nelle
differenze del suo uso" (26).
La
seconda è che intorno all’uso di un termine, mother,
le strutture socio economiche e nevrotiche delle istituzioni
psicoanalitiche abbiano costruito veri e propri linguaggi
diversi, che spesso risuonano come teatri di guerra, se è vero, come
è vero, che anche "sul piano del messaggio più semplice
il linguaggio (discorso) esplode, si fraziona, si distingue"
(27).
La
terza ipotesi, che è quella centrale, è la seguente. Il termine è
di marca anglosassone, e emerge nell’orizzonte psicoanalitico, nella
teoria come nella clinica, in una situazione storica di disastro, di
crollo, mostrandosi nel corso del tempo come il luogo più adatto a
raccogliere i "resti" di paradigmi che non tenevano più.
Non tenevano più soprattutto perché utilizzati non tanto per
ricercare, ma per occludere la ricerca. Definendo "classica"
(in senso dispregiativo) la scoperta freudiana dell’inconscio, di
contro a un "nuovo" emergente che proprio questa specifica
scoperta andava mettendo fuori gioco, ritornando a una nozione di
inconscio tanto nebulosa quanto vaga, di marca pre-freudiana, la
psicoanalisi contemporanea è arrivata a mother.
Ma,
utilizzando una nota umoristica tratta da Fiction Freudienne
(di O. Mannoni [28] dove Humpty Dumpty risponde a un piccolo gnomo che
dice: "Quando uso una parola questa significa esattamente quel
che decido io. Né più né meno", Humpty Dumpty risponde:
"Bisogna vedere chi è che comanda…. tutto qua", si
potrebbe dire che, quanto nel lavoro di uno dei pionieri della
psicoanalisi, Ferenczi era stato ricusato, rimosso e addirittura
concretamente censurato, ritorna, come fa notare Cremerius (29),
nelle teorizzazioni di molteplici analisti che hanno attinto a piene
mani alla sua opera senza citarlo, estraendone "il materiale
per i loro nuovi edifici, sovente senza indicare dove hanno attinto le
loro scoperte - ciò che getta un’ombra di vergogna sulla famosa
probità della scienza". Ritorna, perché può tornare,
sotto la protezione e l’egida di potenti reti istituzionali
sempre più coese e sature, pur nei conflitti interni, che le
lacerano, nelle quali la madre è presa.
Ferenczi,
questo Tiresia della psicoanalisi, aveva intuito l’aspetto del potenziale
materno della cura e quindi della madre/donna sessuale e sessuata,
traducendolo in potenziale femminile (30). Primo a decostruire in
anticipo il monismo fallico cui il pensiero di Freud avrebbe dato
luogo, sarebbe stato seguito in questo smontaggio da figure isolate,
psicoanaliste soprattutto e non in diretto contatto con lui. La
questione è complessa in quanto, a differenza di quello che avverrà
in Inghilterra anni dopo con Winnicott, il pensiero di Ferenczi
rimette in gioco un femminile-materno dionisiaco, sessuale e sessuato.
Date
queste premesse quanto segue è un tentativo di dare senso alla barra
che nella parola M/Other divide la consonante M dal corpo intero della
parola, come pure di dare un senso al carattere maiuscolo della O che,
dopo la barra, è quello che della parola intera resta.
Una
fantasia romanzesca
Nei
suoi Studi sull’isteria(31) Freud si stupiva, non senza una
certa ironia che le sue "storie cliniche" si leggessero come
romanzi e fossero, per così dire, prive dell’impronta della
scientificità.
Uno
spostamento dunque verso il genere romanzesco o poetico, che, stando
all’ipotesi De Certeau (32), è uno dei tratti rivoluzionari della
più vasta rivoluzione epistemica freudiana (33), dove tesi di ordine
generale sono sostenute soltanto da esperienze particolari che
tuttavia, proprio per essere tali, sostengono a loro volta una lettura
particolare di quelle tesi generali.
Forse
non è un caso che Gunther Grass, quasi in contemporanea con quanto
scriveva Adrienne Rich, nell’ormai lontano 1979 scelse di rivisitare
la favola dei fratelli Grimm, il Rombo, per costruirvi sopra un’architettura
romanzesca sorprendente.
Vi
si narra del passaggio dal matriarcato al patriarcato, dovuto, per
così dire, allo svelamento casuale di un segreto che le donne,
le femmine, conoscevano, ma non l’uomo, il maschio.
Ma
quale segreto?
La
fantasia romanzesca di G. Grass(34) lo individua nell’assoluta
inconsapevolezza del maschio alla sua partecipazione alla
procreazione, in un’epoca antichissima, di matriarcato assoluto, in
un supposto tempo pre-neolitico. In questa epoca fantastica in cui lo
scrittore colloca una narrazione che va a coprire il tempo che, da
quella oscura antichità, arriva ai giorni nostri, i maschi venivano
tenuti ai bordi del villaggio dalle donne che se ne servivano per i
lavori pesanti e il coito. La riproduzione era un sapere solo
femminile. Le cose continuarono così finché un maschio pescatore non
incontrò il Rombo e lo pescò. In cambio della vita il Rombo,
fiabescamente parlante, svelò al pescatore il segreto delle donne. Da
quel momento in poi ebbe inizio la lotta secolare e millenaria, dei
maschi contro le femmine, per impadronirsene e applicare su di loro
una legge ferrea e spietata che le vuole madri, assolutamente e
totalmente, ma sotto il loro pieno controllo.
Il
Rombo di G. Grass può essere, e così io qui lo
assumerò, come una traduzione poetica del testo di A. Rich Nato di
donna e del suo sottotitolo: "Cosa vuole dire per gli
uomini essere nati da un corpo di donna", un controcanto,
insomma, dove il potere generativo delle donne è il segreto che, se
il rombo parlante svela nella sua fatticità, non riesce a spiegare
nella sua trascendenza. Protagonisti del romanzo una Lei e un Lui
intemporali, le cui figure allegoriche attraversano tutta la storia,
dall’origine alla fin del ‘900. Il maschio, nel romanzo, una volta
scoperto il segreto delle femmine grazie al rombo, cercherà di
contrastare il potere della generazione e del nutrimento con l’invenzione
delle armi e con il potere di donare la morte, dal momento che, pur se
consapevole di partecipare ormai alla procreazione, il suo corpo non
può concretamente "gestare" un figlio. La gravidanza
continua a rimanere esclusivo affare di donne.
.
Il Rombo,
innegabile narrazione dello scontro tra i sessi, altrove denunciato da
Firestone(35) come la spaccatura che attraversa longitudinalmente la
storia, ci dà conferma che l’appello di Freud ai poeti e ai
romanzieri, che sono soliti "sapere una quantità di cose tra
cielo e terra che la nostra filosofia neppure sospetta" (36), era
più che sensato.
Il romanzo si
ferma però, nella sua cavalcata narrativa che inizia da un
fantasticato preneolitico, proprio all’anno 1977, quello in cui G.
Grass lo diede alle stampe e, se getta un fascio di luce su quello che
era a lui contemporaneo, rivelandone le tenebre, ciò che è avvenuto
da allora fino ai giorni nostri (siamo nel 2013) forse trova una sua
possibile illuminazione in un altro romanzo, l’Amore molesto(37)
di E. Ferrante, che entra violentemente nel sessuale femminile
indagando ne "l’amore molesto" di una figlia per la madre,
come donna, per il suo corpo sessuato. Un amore che non può essere
definito omoerotico, ma molesto, come tutti gli amori, come da qualche
parte ebbe a dire l’autrice. Il sessuale, nel senso di un Freud
rivisitato da Laplanche, irrompe nella narrazione mettendo in scena l’incendio
divampante nella relazione madre figlia: un amore che divampa con una
violenza che certamente a Winnicott non sarebbe piaciuta.
L’amore
molesto è
la storia di una donna non più giovane che raggiunge Napoli, sua
città d’origine, da un’altra città dove vive da molti anni, per
chiarire le cause della morte di sua madre, annegata, senza che se ne
sappia altro. Questo viaggio, riapre dolori dimenticati per Delia, per
la quale da sempre l’eros ha coinciso con il congelamento del
proprio desiderio, la soppressione della sua propria femminilità, e
le svela una sensualità tutta sua, inappropriatamente tutta riservata
alla madre.
Lentamente
riemerge la storia di questo amore molesto nella mente di Delia, vera
e propria ricostruzione psicoanalitica orchestrata dalla abilissima
autrice del romanzo. Una gelosia furibonda per il corpo sessuato e
sensuale della madre spinge Delia bambina a denunciarla al padre per
un tradimento non commesso e a proiettare su lei, quindi, la propria
sessualità infantile che si consuma in un rapporto perverso con un
vecchio laido pasticcere, che le paga prestazioni sessuali con delle
creme dolci. Con il che E. Ferrante ci ha svelato un aspetto del
"continente nero": un "amore di bocca" per la
madre che, nella donna, non tramonterà mai, quello che sta dietro a
tante bulimie e anoressie.
Dal
perturbante alla madre sufficientemente buona
Molto
è stato scritto nel secolo che abbiamo alle spalle su due
significanti chiave della psicoanalisi: padre e madre.
Queste
due vertebre centrali in ogni scuola di pensiero psicoanalitico sono
andate a rappresentare l’alterità per eccellenza,
refugium peccatorum sia della teoria, che della
"clinica". Questo ha comportato una perdita di senso secca,
una impossibilità per la psicoanalisi di disincagliarsi dalle stallo
teorico-pratico in cui attualmente si trova. Il tempo, il grande
scultore, ha frantumato le sue ossa. Noi analisti
"contemporanei" (38) ci troviamo di fronte a questo corpo in
frammenti, con le ossa spezzate.
Ripercorriamo
il lavoro del tempo che, dalla scoperta iniziale di Freud, passando
per veri e propri teatri di guerra, che vanno dai conflitti da cui il
'900 è stato attraversato e bagnato di sangue, a quelli del
linguaggio, ci porta oggi a parlare di M/Other.
Così
Freud scrive (39):
"...
La difficoltà che emerge nello studio del perturbante... è che la
sensibilità verso questa qualità del sentire è sollecitata in
maniera diversissima da individuo ad individuo. Anzi, l'autore del
presente saggio deve accusare una particolare sordità in proposito,
laddove occorrerebbe una ricettività particolarmente acuta. Da
parecchio tempo non ha vissuto direttamente e non è venuto a
conoscenza di nulla che potesse suscitare in lui il sentimento del
perturbante".
Ma
leggiamo più avanti (40):
"Una
volta, mentre percorrevo in un assolato pomeriggio estivo le strade
sconosciute e deserte di una cittadina italiana, capitai in un
quartiere sul cui carattere non potevano esserci dubbi. Alle finestre
non si vedevano che donne imbellettate e mi affrettai a svoltare
appena possibile abbandonando la stradina. Ma, dopo avere vagato senza
meta per un bel po', improvvisamente mi ritrovai nella medesima strada
ove la mia presenza incominciò ad attirare l'attenzione e la mia
rapida ritirata ebbe un'unica conseguenza: dopo qualche giro vizioso
mi ritrovai per la terza volta nel medesimo luogo. A
questo punto mi colse un sentimento che non posso definire altro che
perturbante ...".
E in una
delle pagine conclusive del saggio leggiamo (41):
"A
conclusione di questa serie incompleta di esempi, dobbiamo
riferire un'esperienza che traiamo dal lavoro psicoanalitico e, che se
non dipende da una coincidenza casuale, fornisce il più valido
esempio alla nostra concezione del perturbante. Questo perturbante (Unheimliche)
è però l'accesso all'antica patria (Heimat) dell'uomo, al
luogo in cui ognuno ha dimorato un tempo e che è anzi la sua prima
dimora. –Amore è nostalgia– dice un'espressione scherzosa, e
quando colui che sogna una località o un paesaggio pensa, sempre
sognando: –Questo luogo mi è noto, qui ci sono già stato– è
lecita l'interpretazione che inserisce al posto del paesaggio l'organo
genitale o il corpo della madre. Anche in questo caso, quindi,
Unheimlich è ciò che un tempo fu heimisch (patrio), familiare. E il
prefisso negativo 'un' è il segno della rimozione".
Se
lo scorso secolo, ne è testimonianza tutta la filosofia del ‘900,
è stato un secolo in cui è stata messa a rischio non solo l’umanità,
ma anche la terra che "ci è data in prestito dai nostri figli",
secondo il bellissimo detto della tradizione amerinda che non solo
inverte il tempo, ma lo rende circolare, quello che attualmente
andiamo vivendo mette a rischio quanto di più proprio ha fin qui
caratterizzato l’essere umano: la possibilità di dare senso all’esperienza.
Nello
snodo imposto dall’esodo degli analisti viennesi, soprattutto verso
l’America, si collocano elementi passionali forti, come l’orrore,
la paura della fine, il crollo definitivo delle certezze. Origine
possibile di quelli che vanno a costruire gli scenari delle
"nuove vie della psicoanalisi" dove incontriamo appunto M/Other?
La
"paura del crollo" di Winnicott(42) non può essere letta alla
luce della paura stessa di questo analista, che non sapeva di
provarla, di condividerla con i suoi stessi pazienti? Un Winnicott
messo di fronte, come Anna Frank, al possibile disastro epocale,
che mentre scrive dei suoi bambini scrive di sé stesso, pensando
però "che tutto tornerà a volgersi in bene"? (43)
Come nota Adam Philips (44):
"Nel
dicembre del 1939 Winnicott, insieme a due psichiatri, John Bowlby ed
Emmanuel Miller, scrisse una lettera al British Medical Journal
spiegando perchè l’evacuazione dei bambini piccoli tra i due e i
cinque anni provochi grandi problemi psicologici. Nel momento in cui
le così dette "nevrosi da guerra" avevano influito sullo
sviluppo della teoria psicoanalitica, in Inghilterra i problemi dei
bambini sfollati cambiavano il pensiero psicoanalitico sull’infanzia.
La separazione prematura del bambino dalla propria casa può, come
sottolinea la lettera, "significare molto più di un black–out
emozionale" (Winnicott, 1939). Fu in seguito al suo lavoro
durante la guerra che Winnicott iniziò ad enfatizzare sempre più
qualcosa che era fondamentale per il significato che egli attribuiva
alla psicoanalisi: per il paziente, e ciò è tanto più vero quanto
più il paziente è disturbato, la credibilità dell’ambiente creato
dall’analista rappresenta già una grossa fetta del lavoro
psicoanalitico…. ".
Ma
nella sua autobiografia che inizia con la frase: "Io
morii", dice ancora Philips, "Winnicott
congiunge tipicamente l’estremo, la paura del crollo, con la paura
‘ più comune‘ della morte" (45).
Non
possiamo non domandarci se la teorizzazione degli stati agonici,
di quell'agonia primitiva che Winnicott rintraccia nel bambino, non
gli sia stata permessa se non attingendo al fondo oscuro della sua
paura, al crollo della fiducia in un ambiente "sufficientemente
buono" che la guerra e la Shoah avevano ormai spazzato per sempre,
per lui, come per i suoi contemporanei che aderirono entusiasticamente
alle sue teorie, e - lo sappiamo, ahimé - anche per noi
stessi e per i nostri pazienti (che non lo sanno).
Winnicott
fu allievo di M. Klein.
L’inconscio,
nella torsione kleiniana del termine(46), è il luogo di
fantasmatizzazioni originarie e il mondo soggettivo coincide, alle
origini, con gli oggetti intrapsichici che lo abitano. All’origine c’è
l’angoscia legata alle prime esperienze di frustrazione e il ritorno
paranoide del soggetto sulle sue proiezioni sadico-orali. Al fondo
dell’origine c’è la pulsione di morte. Lo sviluppo del soggetto
si caratterizza come la progressiva ricomposizione di una
frammentazione originaria fino a raggiungere, nella posizione
depressiva, l’oggetto totale.
Non
c’è madre sufficientemente buona che tenga, in questo scenario. La
madre, proprio per essere tale è all’origine … del fantasma.
Come
già per Freud, anche per Winnicott il "creato" (nel senso
dell’invenzione teorica) è un trovato dentro di sé, un modo di
dare articolazione e senso a ciò che avrebbe potuto rimanere
"intraducibile", come accade ai pazienti
"difficili"?
Winnicott
scrive Dalla pediatria alla psicoanalisi nel 1958 (47). E’
stato allievo della Klein, ha lavorato con Bowlby e letto Balint. Ma
il suo lavoro sull’oggetto (la madre), dico qui di passaggio, si
intona pienamente alle domande e richieste profonde del capitalismo
dell’epoca. Lo scopo di una crescita (e di un’analisi) è l’adattamento
e la madre (come del resto la donna in questa visione del mondo) è un
oggetto da usare. Per questo deve essere "sufficientemente
buona" e soprattutto ... non perturbante.
L’erotismo:
là dove in M/Other cade la barra
Metterò,
per concludere, in tensione il concetto di libido precoce(48) che
dobbiamo a Winnicott, servendomi del concetto di sessuale profondo
che dobbiamo a Laplanche(49) lasciandomi interrogare dal corpo,
rigorosamente inteso nella sua accezione di "corpo
psichico" o "corpo pulsionale", così come
si propone nella stanza d’analisi, nel terzo millennio, dove
incontriamo, già sedimentata da tempo nella cultura occidentale, la
nozione di "maternità libera e cosciente" insieme alle
pratiche che gestiscono medicalmente il désir d’enfant, come
la procreazione eterologa, per esempio.
Sia
l’una che le altre convocano una volta di più ad interrogare
la questione che oggi è ancora una vera e propria sfida nel
contesto della psicoanalisi contemporanea, il corpo femminile,
appunto, dal versate della pulsione e del sessuale. Lo
furono, una sfida, anche ai tempi della scoperta freudiana dell’inconscio,
ma oggi non sfidano più un contesto culturale
sostanzialmente vittoriano, ma un territorio psicoanalitico
tracciato da innumerevoli proposte, -spesso imposte- dove
soprattutto la scuola inglese e Winnicott in particolare, hanno
lasciato un segno indelebile: la scorporazione della donna e la su
istituzionalizzazione in M/Other.
Sappiamo
come il pensiero di Winnicott abbia scompaginato il testo freudiano,
non certo sottoponendolo a quel tipo di torsione teorica
dichiarata a cui lo ha sottoposto Laplanche(50), dalla quale alcuni
concetti basilari della psicoanalisi sono stati ulteriormente
problematizzati ma, al contempo, anche restituiti ad una semplicità
che forse è proprio (parafrasando Laplanche) quella dei fondamenti,
dell’originario. Dal punto di vista teorico
Winnicott espresse sempre la sua fedeltà al pensiero di Freud,
ma lo scompaginamento si svolse altrove e si trattò di una torsione
ben diversa che si servì della pratica clinica per
cercare di procedere oltre quel punto davanti al quale Freud si era
arrestato: la porta delle madri (51) e cercare
di entrarvi.
Bisogna
però notare, nulla togliendo all’indubitabile genio di Winnicott,
che egli entrò nella porta delle madri in modo tutto suo e
particolare, legato a circostanze storiche molto precise cui ho già
fatto cenno: la guerra e l’osservazione dei bambini molto piccoli
separati dalle madri proprio a causa della guerra. Ci chiediamo qui:
quanto questa specifica condizione storica e contingenza osservativa
non abbia giocato nella formulazione della sua teoria dello sviluppo
che postula un amore primitivo e crudele nel neonato, un "amore
di bocca", assieme a un potenziale infantile di sottomissione che
egli pose al centro di questa sua particolare teoria evolutiva.
Come fa notare Adam Philips suo finissimo biografo "…Winnicott
collega l’importanza dell’avidità nei rapporti umani, avidità
che è amore in forma primitiva, con problemi relativi alla libertà
personale, a quel tempo indotti dal fascismo in Europa…(52)"
e di conseguenza "…la questione che evolve dal lavoro di
Winnicott - a suo avviso - è la seguente: "… come
può un individuo crescere da uno stato di avidità primitiva e di
dipendenza assoluta dalla madre a una relativa autonomia in cui potere
riconoscere l’esistenza di altre persone senza perdere la
spontaneità e il desiderio - senza la falsa soluzione di una rigida
convinzione o di un leader forte? (53)".
E
non è certo un caso che questo biografo deferente e appassionato dica
però a un certo punto, dopo le precedenti notazioni che assumono
perciò stesso un surplus di senso: "…solo Melanie Klein
aveva fornito un resoconto psicoanalitico del neonato distinto dal
bambino più grande: ora Winnicott si sente di sfidarla con una
propria teoria evolutiva (54) ".
Teoria
che imprigiona egualmente madre e figlio, a mio parere. Per questo
occorre entrare oggi nel testo di Winnicott, con tempismo, per aprire
la prigione teorica in cui madre-figlio sono chiusi nella lectio
corrente winnicottiana, sempre più imperante e dominante nei
resoconti clinici che ci vengono proposti. E’ proprio la
psicoanalisi contemporanea a mostrare come essa abbia un estremo
bisogno di uscire dalle contrapposizioni delle scuole, per ritrovare
la sua dignità di ricerca sempre aperta, mantenendosi aderente alla
questione della psicosessualità (o del sessuale secondo la
terminologia di Laplanche), e ricercandola anche nel testo di
Winnicott, scavandolo e cercando di tradurne i luoghi
ormai sacri per la koinè winnicottiana, come quella di oggetto
trovato-creato, area transizionale, madre-ambiente,
in un linguaggio e in una visione teorica dove, ciò che in Winnicott
sembra confondere la pulsione sessuale con l’istinto, risulti, in
ultima analisi, come un lavoro dell’inconscio, a propria volta
messo al lavoro dal suo stesso "essere" inconscio, costretto
ad essere tale per la sua stessa specificità, vale a dire
"essere sessuale".
Mentre
il fine di un istinto è essenzialmente adattivo, la meta della
pulsione è invece il soddisfacimento, come ben dimostrano le
perversioni sessuali nell‘adulto. Ciò che agli inizi della vita
serve alla sopravvivenza, il seno per placare la fame, diviene,
in un secondo tempo, oggetto fantasmatico, ricercato per il piacere
del ricordo del soddisfacimento. Il fantasmatico è il vero
atto di nascita della psicoanalisi, sancito storicamente da Freud con
l’abbandono della teoria della seduzione reale a favore dell’idea
di un fantasma di seduzione. L’essere umano, secondo la visione
squisitamente freudiana, si dibatte in questa eterna impossibilità di
ri-trovare l’oggetto (l’oggetto perduto non è mai l’oggetto
dell’autoconservazione), ma l’oggetto sostituito, e questa
ricerca è legata a doppio filo alla questione della sessualità. Con
il che si ripresenta la difficile questione della pulsione di morte,
come del resto Lacan, Green, Laplanche, e in generale il pensiero
psicoanalitico francese, indicano, rifacendosi al Freud della
seconda topica e di Pulsioni e loro destini(55). Che cos’è al
fondo la pulsione di morte? Rigettata con forza l‘ipotesi di una
biologia solo fuorviante, la pulsione è descritta come la tendenza
originaria ad annullare ogni distanza tra sé e l’oggetto. Oggetto
che, in origine, coincide totalmente con l’oggetto del
soddisfacimento, non essendo ancora possibile, per l’infans,
l’accesso al mondo simbolico, quindi rappresentazionale. Di nuovo si
viene confrontati con il paradosso che sia proprio la pulsione ciò
che tende a null‘altro che all’azzeramento dell’oggetto.
Sempre
Adam Philips però ci fa notare come e quanto D. W. Winnicott fosse
terrorizzato dalla morte, quando ci dice che
"L’autobiografia che Winnicott iniziò a scrivere negli
ultimi anni della sua vita, intitolata "Non meno di tutto",
esordiva con la descrizione della sua morte. Nella copertina interna
del taccuino egli scrisse:
T.
S. Eliot: "Che costa meno di tutto"
T.
S. Eliot: "Quello che chiamiamo l’inizio e’ la fine. E
mettere in atto una fine è mettere in atto un inizio. La fine è dove
cominciamo.
Preghiera
D.
W. Winnicott: Oh Signore, fa che io possa essere vivo quando morirò"
(56).
Un Winnicott
dunque terrorizzato dall’inizio. Terrorizzato dalla madre (non certo
la sua propria), ma dal potere materno, di un "fantasma
originario"(57) materno, a cui in seduta tentava di sostituirsi?
Non
indago oltre. Dico solo però che Winnicott, contrapponendo il
sessuale all’istintuale, il trauma reale al fantasma, è al tempo
specifico della psicoanalisi che non ha dato spazio:
il tempo dell’après-coup, ovvero della risignificazione a
posteriori, del trauma in due tempi, costitutivo della sessualità
umana sempre sospesa tra un troppo presto e un troppo tardi.
L’apparente
semplicità di alcuni concetti winnicottiani però, per amor di
verità "scientifica", non ha nulla a che vedere
con la facilità di pensarli e la mente deve
allenarsi ad oscillazioni continue, richieste da un
pensiero che chiede di essere interrogato perchè troppo spesso è
stato semplicemente "assunto" e non messo in tensione. Così
in fondo è accaduto anche per Ferenczi. Insomma una cosa sono i
pensatori di un pensiero, un’altra quelli che usano il pensiero di
pensatori non per ripensarlo ma per congelarlo e semplificarlo. Il
pensiero di Winnicott però, per una sua interna ambiguità, si è
prestato e si presta in maniera particolare a un’operazione di
questo tipo da parte della Istituzione psicoanalitica, a tutto
discapito delle donne e dei bambini che a questa istituzione di
"cura" si rivolgono.
Se
la psicoanalisi è essenzialmente un metodo di investigazione di ciò
che non può essere diversamente investigato, non è psicologia né
biologia, la psicoanalisi si deve ritagliare uno spazio
specifico, Le baquet (58), la tinozza che delimita e
mantiene il contatto con ciò che è fuori ma non studia il fuori, non
essendo l’adattamento il suo oggetto d’indagine. Appare con
chiarezza, in questo testo di Laplanche, il rigore del metodo con cui
la psicoanalisi al suo sorgere ha delimitato e delimita il suo
oggetto. Winnicott non è riuscito a pensare il primato
dell’altro inteso non solo come ciò che è dentro in
modo inattingibile come sessuale, ma che è inconscio
anche perché proviene dall’altro, altro con cui l’infans
è dall’origine sempre in relazione. Questa concezione dell’altro
con la a minuscola, contrariamente alla concezione
lacaniana dell’Altro maiuscolo, non è un altro simbolico ma
un altro reale. Un altro mai del tutto conoscibile in quanto, come
vuole Emanuel Levinas (59), l’infinito è l’altro.
La
distinzione tra la nozione di libido precoce rintracciata in
Winnicott e sessuale profondo, mutuata da Laplanche, mi è
servita a gettare un ponte tra due concezioni del sessuale così
lontane e diverse.
Se
per il "bambino winnicottiano" non c’è la madre
pulsionale, la madre portatrice di un turbamento sessuale e di un
inconscio, tuttavia ciò non toglie che proprio da questa madre
"sufficientemente buona" e asessuata potrà scaturire
una sorta di "salto quantico" (60) per il quale il padre non
sarà più un semplice sostituto materno, ma si presenterà in quanto terzo.
A partire da questo "salto" sarà possibile pensare una
complessizzazione del sessuale infantile in Winnicott: un passaggio
dal precoce al profondo che permetterà all’analista
di collocarsi non soltanto nella posizione di chi sta pronto con
la rete per evitare lo schianto del crollo, ma un po’
più in là, vale a dire, dalla parte del terzo, indispensabile per la
simbolizzazione. Come analisti sappiamo infatti che, perché nasca un
senso e senso ci sia, sono necessari tanto il semiotico che il
simbolico.
Per
concludere
Mi
aiuterà ad entrare nella "scorporazione" articolata dalla
presenza della barra nel corpo della parola M/Other un breve accenno
alla teorizzazione di Bataille nel suo L’Erotismo(61), secondo
la quale la soggettività si costituisce a patto di essere
attraversata da un’altra soggettività. Bataille interpreta
radicalmente i costi psichici di questo attraversamento e impedisce
qualsiasi visione edulcorata dell’incontro con l’altro, su cui
insistono le prigioni teoriche di stampo winnicottiano in cui
bordeggia oggi una parte della clinica psicoanalitica.
L’incontro,
nella visione di Bataille, comporta sempre una violenza e una
violazione e non possiamo non convenirne, non solo come analisti, ma
come esseri umani che ne fanno quotidianamente esperienza.
Il
soggetto è legato all’altro in quanto "differente", da un
legame che coniuga nel medesimo tempo la separazione tra due soggetti
e la necessità di ricongiungere ciò che era originariamente
separato. E il legame, dunque, nasce nella tensione che tale
separazione e differenza generano, come un tentativo di
annullare il discontinuo(62).
In
buona sostanza, la rilettura di Bataille, alla luce del dibattito
contemporaneo intorno a madre-femminile-altro, che nella
psicoanalisi attuale sembrano essere termini tra loro equivalenti e
interscambiabili, mi spinge ancora una volta, come analista impegnata
nella cura, a pormi, una domanda che per la psicoanalisi
contemporanea diventa sempre più pressante: può un vertice avere la
pretesa di porsi come esclusivo o di spiegare quello che a più di
cent’anni dai Tre saggi sulla teoria sessuale di Freud
rimane ancora un enigma dell’umano: il sessuale? Bataille,
percorrendo a suo proprio modo il cammino percorso da Freud, e
ripercorso da M. Klein, Lacan, ha chiamato l'enigma che scaturisce
dal desiderio umano che si articola nella relazione con l’altro: erotismo.
Questa formulazione potrà, se non cancellarne la barra, riempire
di senso l'oscuro Other di M/Other?
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Note:
* "Estetica
- Uno sguardo attraverso" è il titolo di un testo di E.
Garroni, mio indimenticabile maestro, semiologo e filosofo.
1 Judith Butler, La
disfatta del genere (Roma: Meltemi, 2006.
2 L’enigma dell’identità dei
generi, a cura di Dana Breen (Roma: Borla, 2003).
3 Lea Meandri, Una visceralità
indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle donne degli
anni settanta (Milano: Franco Angeli, 2000).
4 Luce Irigaray, Speculum dell’altra
donna (Milano: Feltrinelli, 1972).
5 Karen Horney, Autoanalisi
(Roma: Astrolabio, 1971).
6 Janine Chasseguet Smirgel, "Freud
e la sessualità femminile: una macchia cieca," in L’enigma
dell’identità dei generi, a cura di Dana Breen (Roma: Borla,
2003.
7 G
Leo, L. Montani Lo spazio velato.
Femminile e discorso psicoanalitico,
ed.Frenis Zero, 2012.
8 P.Fedida Libres
Cahiers pour la psychanalyse 2001/2 (n° 4), automne 2001. La division
de l’être.
9 cfr L. Montani Lo spazio
velato-femminile e discorso psicoanaitico, op cit..
10 L.
Montani 2009 Imene,in
Abiti e Identità vol. IX, Ila Palma ed.. La
stesura di Imene è in grande debito con il pensiero di J.
Derrida.
11 J.Starobinski
Parole Sotto le
Parole. Gli anagrammi di Ferdinand de Saussure
Il Melangolo ,1971.
12 Roman
Jakobson, Nicolaj S.Trubeckoj, Sergej J. Karcevskij, Il circolo
linguistico di Praga. Le tesi del ’29, a cura di E. Garroni
(Milano: Silva, 1966). Una
concezione della lingua, quella di Jakoboson, molto complessa, che si
valse indubbiamente della frequentazione di poeti come Majakovskij,
Elsa Triolet, e studiosi come Carnap. La linguistica e la filologia
comparata furono la sua passione specifica, sostenuta da incontri
significativi come quello con Claude Lévy-Strauss, in America. E'
noto che Lacan ne fu conquistato.
13 Hillmann Trame perdute, 1975,
Raffaello Cortina Ed. Milano 1985, pag. 90.
14 Francesco Gazzillo – Maura Silvestri, Sua
Maestà Mashud Khan. Vita e opera di uno psicoanalista pachistano a
Londra, Raffaello Cortina Editore 2008.
15 Michel Foucault, La volontà di sapere, Feltrinelli
1978. 16 Levy Stauss, Le strutture elementari
della parentela, Feltrinelli 2003. 17
S. Freud (1925) La negazione in O.S.F. Vol X; S. Freud (1915) Lutto
e malinconia Vol. VIII. 18 Piera
Aulagnier, La violenza dell’interpretazione, Borla, 1994,
pag. 182. Piera Aulagnier nacque a Milano nel 1923, e visse la sua
infanzia in Egitto con i suoi genitori. Non solo la nascita di Piera
è italiana, ma italiano è anche il periodo dei suoi studi in
medicina, compiuti a Roma dove si laurea. Per completare gli studi e
la sua formazione si
trasferisce poi in Francia all’inizio degli anni ‘50. A Parigi
incontra Jacques Lacan e inizia un’analisi con lui che si protrarrà
dal ‘55 al ‘61. In quegli anni si rivela essere una appassionata
della teoria lacaniana, e farà parte di coloro che seguiranno e
difenderanno il maestro, quando questo sarà estromesso dall’organizzazione
psicanalitica più importante dell’epoca : l’IPA (International
Psychoanalytic Association). Questa "cacciata" del maestro,
da lui definita con ironia "la scomunica", è all’origine
della creazione della "Société française de psychanalyse",
di cui Piera sarà una delle componenti più attive. Nel ‘64
partecipa alla creazione dell’ EFP (Ecole freudienne de Paris) di
cui è responsabile Lacan. Questo sodalizio finisce però nel ‘67
quando Lacan propone la procedura della "passe" come metodo
per riconoscere il completamento della formazione degli analisti e
quindi confermarli nella loro pratica. Piera Aulagnier critica la
presunta egemonia di Lacan nelle procedure della formazione degli
analisti. Così nel ‘69, quando la procedura della "passe"
è votata e accettata, Piera dà le dimissioni dall’EFP, e crea
insieme ad altri colleghi un nuovo collettivo psicanalitico, "Il
quarto gruppo", e fonda la rivista "Topique" che ancora
oggi continua ad essere un riferimento importante nel mondo
psicanalitico. 19 Cfr. Laura Montani Abiti
e identità, vol. IV, 2001, Ila Palma; L'accessorio: una
pratica significante, pp. 13-32, Laura Montani, ibidem vol. IX ,
2009, Imene: tra desiderio e compimento, un velo, pp. 15-26. 20
R. Kaës Un singolare plurale, Borla, Roma 2007. 21
M. Balint Friendly expanses. Horrid entry espaces in Int. J.
Psyco – Anal., vol. XXXVI, 1955. La ricerca di Balint sulle fasi
originarie della vita psichica e sul narcisismo lo portarono a
teorizzare un "difetto di base", con cui credette di
individuare, nella delusione provata nelle prime relazioni oggettuali
la fonte di molti disturbi psichici. 22 J.
Bowlby Maternal care and mental health, World Health
Organisation, Geneva 1951. 23 Adrienne
Rich Nato di donna, cosa significa per gli uomini essere nati da un
corpo di donna, Garzanti 1977, pag. 9. 24
Zingarelli, 2009. 25 Nel 1920 Karl Abraham
fondò con Max Eitingon l'Istituto psicoanalitico di Berlino con
finalità didattica e terapeutica, con il consenso di Freud. Furono
studenti di Abraham: Felix Boehm, Helene Deutsch, Rudolf Foerster,
Edward Glover, James Glover, Karen Horney, Melanie Klein, Hans
Liebermann, Josine Müller, Carl Müller-Braunschweig, Sándor Radó,
Theodor Reik, Ernst Simmel, Alix Strachey. Ognuno di questi allievi
percorse una "sua" propria strada psicoanalitica, spesso in
contrasto con quella di Freud. Di qui dispute, e soprattutto scissioni
e la nascita di scuole e seguaci. 26 R.
Barthes Il brusio della lingua, Einaudi 1988, pag. 49. 27
R. Barthes, ibidem. 28 O. Mannoni Fiction
Freudienne , Seuil 1978, Pag 36 (traduzione d. r.). 29
J. Cremerius Il mestiere dell’analista, Boringhieri 1985. 30
S. Ferenczi, 1914 Thalassa. Una teoria della genitalità,
Feltrinelli 2001. 31 S. Freud 1895 Studi
sull’isteria, O.S.F. vol. I. 32 M.
De Certeau Storia e psicoanalisi. Tra scienza e finzione,
Bollati Boringhieri, 2006. 33 M. De
Certeau, ibidem, op. cit.. 34 G. Grass Il
Rombo, Einaudi 1979. 35 Mi riferisco
non solo a La dialettica dei sessi di Shulamith Firestone, ma a
La mistica della femminilità di Betty Friedan, La
condizione della donna di Juliet Mitchell, Sesso contro sesso o
classe contro classe? di Evelyn Reed, La politica del sesso
di Kate Millet, L'eunuco femmina di Germane Greer, ed anche Il
secondo sesso di Simone de Beauvoir (pubblicato però nel 1949).
Siamo nei primi anni settanta ed in forte affinità con le analisi
sostenute dai testi citati si pubblicano il Manifesto di Rivolta
femminile e Sputiamo su Hegel, La donna clitoridea e la donna
vaginale di Carla Lonzi. 36 S. Feud
1906 Delirio e sogni nella Gradiva di W. Jensen, vol. VII, pag.
264. 37 Elena Ferrante L’amore
molesto, E/O. 38 G. Agamben Il
contemporaneo, Edizioni Nottetempo, 2013. 39
S. Freud 1919 Il Perurbante, O.S.F. vol. IX pag. 82. 40
S. Freud Ibidem pag. 100. 41 S.F. Ibidem
pag. 106. 42 D. W. Winicott Frammento
di una analisi, "Il pensiero Scientifico" Editore, 1981. 43
A. Frank, 1944 Diario, Einaudi 2003, pag. 39. 44
Adam Phillips, Winnicott. Biografia intellettuale, Armando
Editore. 45 A. Phillips , ibidem pag. 41. 46
M. Klein, La psicoanalisi dei bambini, G. Marinelli 1969. 47
D. W. Winnicott, Dalla pediatria alla psicoanalisi, Armando
Editore 1960. 48 A cura di A. Maria
Muratori Il continuo e il discreto in psicoanalisi Borla, Roma,
1987. 49 J. Laplanche Sexuale - la
sessualità allargata in senso freudiano, 2000- 2006. La
Biblioteca, Bari-Roma 2007. 50 J. Laplanche,
ibidem. 51 S. Freud Lettere,
1873-1939, Boringhieri, Torino. L’espressione, "la porta delle
madri"è usata da Freud in una lettera a S. Zweig, del 2 giugno
1932. 52 Adam Phillips Winnicott.
Biogrfia intellettuale, 1995, Armando Armando Ed., pag 81. 53
A. Phillips ibidem.pag. 80. 54 A. Phillips,
ibidem pag 88. 55
S. Freud 1915 Pulsioni e loro destini, in
O.S.F. vol. VIII. 56 Adam Phillips,
op cit, pag 29. 57 J. Laplanche, J. B.
Pontalis Fantasmi originari, origine del fantasma, Feltrinelli. 58
J. Laplanche Problématiques V: Le baquet-transcendence du
transfert, Paris, PUF, 1987. 59 E.
Levinas Totalità e infinito. Saggio sull'esteriorità, Jaca
Book, Milano, 1980. 60 Cfr.
Dominique Scarfone Winnicott:libido precoz y sexual profondo,
pp. 55-72 in Revista uruguya de psicoanalisis n. 112, Lazo erotico. 61
G. Bataille L'erotismo, Mondadori, Milano 1976. 62
A cura Annamaria Muratori Il "continuo" e il
"discreto" in psicoanalisi Borla, Roma, 1987.
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