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FRENIS  zero 

Psicoanalisi applicata alla Medicina, Pedagogia, Sociologia, Letteratura ed Arte

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SPAZIO ROSENTHAL. Tra femminile e psicoanalisi (a cura di Laura Felici Montani)

 

Who was Tatiana Rosenthal?

Frenis Zero  Publisher

       UNO SGUARDO ATTRAVERSO: M/OTHER* 

 

 

 

 di Laura Felici Montani

 



 

 

            

 

 

  

   

 

Rivista "Frenis Zero" - ISSN: 2037-1853

Edizioni "Frenis Zero"

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EDIZIONI FRENIS ZERO

 

Ultima uscita/New issue:

 

Psychoanalysis, Collective Traumas and Memory Places (English Edition)

Edited by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione di:               R.D.Hinshelwood                                      Writings by/scritti di: J. Altounian       W. Bohleber  J. Deutsch                        H. Halberstadt-Freud  Y. Gampel           N. Janigro   R.K. Papadopoulos            M. Ritter  S. Varvin  H.-J. Wirth

 Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collection/Collana: Mediterranean Id-entities

Anno/Year: 2015

Pagine/Pages: 330

ISBN:978-88-97479-09-3

 

 

"L'uomo dietro al lettino" di Gabriele Cassullo

 Prefaced by/prefazione di: Jeremy Holmes                                                         Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collection/Collana: Biografie dell'Inconscio

Anno/Year: 2015

Pagine/Pages: 350

ISBN:978-88-97479-07-9

Prezzo/Price: € 29,00

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(per Edizione rilegata- Hardcover clicca qui)

 

"Neuroscience and Psychoanalysis" (English Edition)

Edited by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione di: Georg Northoff                                            Writings by/scritti di: D. Mann               A. N. Schore R. Stickgold                   B.A. Van Der Kolk  G. Vaslamatzis  M.P. Walker                                                 Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collection/Collana: Psicoanalisi e neuroscienze

Anno/Year: 2014

Pagine/Pages: 300

ISBN:978-88-97479-06-2

Prezzo/Price: € 49,00

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Vera Schmidt, "Scritti su psicoanalisi infantile ed educazione"

Edited by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione di: Alberto Angelini                                             Introduced by/introduzione di: Vlasta Polojaz                                                   Afterword by/post-fazione di: Rita Corsa

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana: Biografie dell'Inconscio

Anno/Year: 2014

Pagine/Pages: 248

ISBN:978-88-97479-05-5

Prezzo/Price: € 29,00

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Resnik, S. et al.  (a cura di Monica Ferri), "L'ascolto dei sensi e dei luoghi nella relazione terapeutica" 

Writings by:A. Ambrosini, A. Bimbi,  M. Ferri,               G. Gabbriellini,  A. Luperini, S. Resnik,                      S. Rodighiero,  R. Tancredi,  A. Taquini Resnik,       G. Trippi

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana: Confini della Psicoanalisi

Anno/Year: 2013 

Pagine/Pages: 156

ISBN:978-88-97479-04-8 

Prezzo/Price: € 37,00

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Silvio G. Cusin, "Sessualità e conoscenza" 

A cura di/Edited by:  A. Cusin & G. Leo

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana/Collection: Biografie dell'Inconscio

Anno/Year: 2013 

Pagine/Pages: 476

ISBN:  978-88-97479-03-1

 Prezzo/Price: € 39,00

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AA.VV., "Psicoanalisi e luoghi della riabilitazione", a cura di G. Leo e G. Riefolo (Editors)

 

A cura di/Edited by:  G. Leo & G. Riefolo

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana/Collection: Id-entità mediterranee

Anno/Year: 2013 

Pagine/Pages: 426

ISBN: 978-88-903710-9-7

 Prezzo/Price: € 39,00

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AA.VV., "Scrittura e memoria", a cura di R. Bolletti (Editor) 

Writings by: J. Altounian, S. Amati Sas, A. Arslan, R. Bolletti, P. De Silvestris, M. Morello, A. Sabatini Scalmati.

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana: Cordoglio e pregiudizio

Anno/Year: 2012 

Pagine/Pages: 136

ISBN: 978-88-903710-7-3

Prezzo/Price: € 23,00

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AA.VV., "Lo spazio  velato.   Femminile e discorso psicoanalitico"                             a cura di G. Leo e L. Montani (Editors)

Writings by: A. Cusin, J. Kristeva, A. Loncan, S. Marino, B. Massimilla, L. Montani, A. Nunziante Cesaro, S. Parrello, M. Sommantico, G. Stanziano, L. Tarantini, A. Zurolo.

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana: Confini della psicoanalisi

Anno/Year: 2012 

Pagine/Pages: 382

ISBN: 978-88-903710-6-6

Prezzo/Price: € 39,00

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AA.VV., Psychoanalysis and its Borders, a cura di G. Leo (Editor)


Writings by: J. Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P. Jimenez, O.F. Kernberg,  S. Resnik.

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana/Collection: Borders of Psychoanalysis

Anno/Year: 2012 

Pagine/Pages: 348

ISBN: 978-88-974790-2-4

Prezzo/Price: € 19,00

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AA.VV., "Psicoanalisi e luoghi della negazione", a cura di A. Cusin e G. Leo
Psicoanalisi e luoghi della negazione

Writings by:J. Altounian, S. Amati Sas, M.  e M. Avakian, W.  A. Cusin,  N. Janigro, G. Leo, B. E. Litowitz, S. Resnik, A. Sabatini  Scalmati,  G.  Schneider,  M. Šebek, F. Sironi, L. Tarantini.

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana/Collection: Id-entità mediterranee

Anno/Year: 2011 

Pagine/Pages: 400

ISBN: 978-88-903710-4-2

Prezzo/Price: € 38,00

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"The Voyage Out" by Virginia Woolf 

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-97479-01-7

Anno/Year: 2011 

Pages: 672

Prezzo/Price: € 25,00

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"Psicologia dell'antisemitismo" di Imre Hermann

Author:Imre Hermann

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero 

ISBN: 978-88-903710-3-5

Anno/Year: 2011

Pages: 158

Prezzo/Price: € 18,00

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"Id-entità mediterranee. Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo (editor)

Writings by: J. Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A. Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y. Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M. Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-903710-2-8

Anno/Year: 2010

Pages: 520

Prezzo/Price: € 41,00

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"Vite soffiate. I vinti della psicoanalisi" di Giuseppe Leo 

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Edizione: 2a

ISBN: 978-88-903710-5-9

Anno/Year: 2011

Prezzo/Price: € 34,00

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OTHER BOOKS

"La Psicoanalisi e i suoi confini" edited by Giuseppe Leo

Writings by: J. Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik

Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini

ISBN: 978-88-340155-7-5

Anno/Year: 2009

Pages: 224

Prezzo/Price: € 20,00

 

"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi Confini" 

Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.

Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas, Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.

Publisher: Schena Editore

ISBN 88-8229-567-2

Price: € 15,00

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Gli anni settanta del novecento sono quelli che hanno visto il pensiero mettersi al lavoro sulla questione del genere. C’è anche chi ne ha dichiarato la disfatta (Butler) (1).

Ma sostanzialmente, la monumentale bibliografia di cui oggi disponiamo rispetto alla questione del genere, si aggira tutta, più o meno, per quanto riguarda la psicoanalisi dopo Freud, intorno a una questione: il desiderio femminile si può risolvere, si risolve, in desiderio di maternità? E essere donna coincide con l’avere un bambino, o meglio detto, l’essere donna è omologabile all’essere madre? L’enigma è ancor aperto per la psicoanalisi(2), sopra tutto là dove essa dimentica la propria storicità, vale a dire il proprio rapporto interno con dei conflitti di potere e di posto, e tende irrimediabilmente a divenire un meccanismo pulsionale, o una forma di dogmatismo descrittivo, oppure una gnosi, come è accaduto per il pensiero intorno alle madri di un analista più che celebre, D. W. Winnicott.

L’articolazione del pensiero delle psicoanaliste su questa questione cruciale, non è andato di pari passo alla rivoluzione definita "femminista", anche se ne è stato influenzato e lo influenzò(3): l’autocoscienza, pratica che caratterizza "il femminismo", termine assunto comunemente per catalogare una parte del genere umano, le femmine, contro un’altra, i maschi, al suo primo nascere, non sarebbe stata possibile senza l’esempio di Freud e della sua autoanalisi, fatta attraverso "un altro": Fliess. Per quanto riguarda lo smontaggio inesorabile  dell’equazione simbolica femminile=castrazione, questo comincia, tra le analiste prima di Speculum(4), con Karen Horney(5) andando avanti nel tempo. Molte analiste, tra cui J. Jasseguet Smirgel(6) hanno finito però con il denunciare la difficoltà di articolare un proprio pensiero autonomo sul desiderio femminile all’interno di un monismo fallico teorico che su di esso si richiude. 

Ma accanto a un asse decostruttivo tracciato da L.Irigaray, scomodo in verità sia per gli analisti che per le analiste, che obbliga a pensare al di là delle scuole di appartenenza, c’e ne è un altro, nel tessuto epistemologico della psicoanalisi, esattamente opposto, che costruisce sull’equazione femminile=madre il proprio modello di pensiero e di cura.

Se ci muoviamo sull’asse decostruttivo del pensiero delle analiste che vi si sono impegnate, seguendo le loro tesi, la psicoanalisi, così come pensata da Freud, risulta, per quanto riguarda il desiderio femminile, essere, in buona sostanza n iente altro che il riflesso speculare del suo inventore/scopritore.

Altrettanto però si può dire per le costruzioni del secondo filone, saldamente ancorato all'equazione femminile=madre, che, a partire da Ferenczi, passa per Anna Freud, per Bowlby, per Balint, fino ad culminare con l’autore cui dobbiamo lo sforzo più grande per impadronirsi del segreto delle madri e l’incarceramento della donna in questo secretaire: Winnicott, ancora

Questo filone mette in atto, nella teoria, il desiderio maschile di ritrovare nel corpo della donna e nella donna, il ricettacolo sicuro dell’alveo materno. La bambina, resterà esule da questo corpo e se lo dovrà assumere diventando madre e perciò stesso, eterna esule. Che ne è del suo desiderio? Pur nella differenza profonda di costrutti epistemici, lo strutturale e l’evolutivo genetico, il desiderio femminile, in entrambi i filoni di pensiero, si risolve in desiderio di bambino e lì la storia finisce e la ricerca si conclude.

Il lavoro delle psicoanaliste sulla terna femminile/donna /madre in psicoanalisi, non cessa però di interrogare teorie, modelli e pratica clinica, spingendosi fino al cuore del sociale e oltre, facendo irruzione nei testi, rimestando nelle parole stesse dei testi, e lavorando sul loro corpo, La relazione di ignoto che vincola ogni ricercatore alla propria ricerca, si stringe a doppio nodo intorno alle psicoanaliste, perchè, loro, essendo donne, sono esse stesse, stando a Freud, l'ignoto. Ancora oggi è così...

Riprendendo qui il metodo di ricerca randomica che è stata propria de Lo Spazio velato(7), ci si imbatte in un testo di Fedida. Il testo contiene una brillante disamina delle conseguenze della differenza sessuale sul linguaggio e ci offre una figura di questa differenza indubbiamente significativa e oltremodo fruibile per introdurci nel discorso che qui si vuole fare esplorando l'uso, in ambito psicoanalitico anglosassone, di uno dei significanti chiave della psicoanalisi contemporanea di marca genetico evolutiva: Mother .

La figura che ci viene offerta dal testo di Fedida è quella della fessura(8).

In particolare quella della fessura che si apre nel pensiero del bambino, nel tempo secondo che succede al primo tempo traumatico della vista del genitale femminile e della abbagliante ma inconcepibile differenza tra i sessi. Da quel momento in poi l'io, dice Fedida, si scinde e non potrà più pensare la differenza come tale, dando luogo al dispositivo del diniego.

E se questa fessura, questa scissione dell'io fosse all'opera sempre e costantemente nella psicoanalisi, freudiana e non, impossibilitata a rappresentarsi il soggetto del desiderio se non nella forma del desiderio maschile(9)? Riprendiamo qui il metodo che ci ha permesso di pensare Imene(10) come un dispositivo di godimento, ignoto alla koinè psicoanalitica tutta, per dire che, intenzionalmente, introduciamo il lavoro di indagine all'interno del corpo della parola stessa, fino a spingerlo all'interno della scansione che vistosamente il significante Mother presenta nella possibile grafica seguente: M/Other. Tale metodo non è altro che, semplicemente, il metodo psicoanalitico volto a cogliere non solo altri testi ed altre scene sotto quelli offerti dal discorso manifesto, ma soprattutto le parole sotto le parole(11).

Il mio testo, inoltre, si serve nel suo gioco decostruttivo/ costruttivo, delle scoperte della linguistica di Roman Jakobson, filologo, linguista e critico russo, , la cui concezione del linguaggio ha sorprendenti analogie con il modo di concepire la formazione del senso da parte di Freud, anche lui, impegnato, come è noto, a indagare sulla perturbante capacità delle parole di dire e non dire insieme, insomma, di con- tenere sempre altro, come mostra per il lapsus il motto di spirito e il sogno(12).

L’assunto cardinale su cui poggia il pensiero del celebre linguista russo, che conviene brevemente richiamare qui, è che non si può capire alcun fatto linguistico se non si tiene conto del sistema cui appartiene, intendendo per sistema una complessa serie di funzioni, tra cui, l’arbitrarietà è quella dominante. Dalla cibernetica, psicologia, neurologia, biologia, psicoanalisi e dalle arti visive, Jakobson mutuò la convinzione che la sonorità, la gravità, la tensione, sarebbero universali fonologici, differendo nelle diverse lingue a causa della loro di- versa combinazione.

Così , alla luce dell'indagine semiologica promossa da Jakobson sui sistemi della lingua, si può sostenere che madre, mutter, mère, combinano le diverse fonazioni dell’infans in modo specifico, come pure l’anglofono mother.

 

 

Muniti di questi strumenti, cominciamo il nostro attraversamento.

 

Madre

 

Nella sotterranea e misteriosa produzione di senso che si opera nel linguaggio, il nome "madre" non solo si dispone metonimicamente accanto al nome "origine" e alla sua enigmaticità, ma, essendo la madre in carne ed ossa la   prima e più arcaica modalità di farne esperienza, lei, la madre in carne ed ossa, finisce, simbolicamente, con il coincidere con la semantica stessa dell’origine e per caricarsene l’indecifrabilità.

L’origine, nella filosofia contemporanea, ricopre l’area dell’impensabile, dell’irrappresentabile, dell’inafferrabile e, nel testo freudiano, quella del perturbante, il noto-ignoto.  La madre è quella che "fa segno" dell’origine, della sua enigmaticità. Così sulla madre in carne ed ossa che è, incontestabilmente per il bambino, il primo significante, si riversa, metonimicamente l’impensabilità dell’origine, e di conseguenza il deposito passionale che, invece di diritto, competerebbe all’enigma dell’origine.

Dopo Freud, alla madre, a partire soprattutto dalla scuola inglese è stato riservato   uno spazio contraddittorio e particolare. Uno spazio marcato dall’ambivalenza del pensiero passionale teorico, che va dalla idealizzazione (la madre sufficientemente buona) alla demonizzazione (la madre schizofregenetica). Proprio per queste sue caratteristiche, la madre, come significante primo, va a occupare nella psicoanalisi contemporanea, soprattutto quella di derivazione winnicottiana,   il posto di un di passpartout - strumento tecnico, abusando del quale si corre   il rischio di lavorare con un assunto di base,   un non-psicoanaliticamente pensato.

Winnicott non fu analizzato da M. Klein, ma suo allievo. Il suo pensiero e la sua pratica clinica, come il pensiero dei suoi seguaci hanno dato luogo a quello che   Hillman,   in "Trame perdute"(13) chiama "il reliquario della madre negativa" e, ancora, al fiorire di quella metapsicologia da lui indicata come "metapsicologia della cattiva madre".

Dice Hilmann

"Molte scuole psicoanalitiche sono rimaste intrappolate nello stesso modello di pensiero delle madri. E’ la madre che a tutt’oggi viene incolpata quale responsabile dell’umana condizione: lei, il suo seno, le sue abitudini durante la gestazione, le cure e le attenzioni durante i primi nove mesi di vita. L’altare innanzi al quale molta psicoanalisi oggi si inchina adorante è il reliquiario della Madre Negativa. Di conseguenza ritiene che la madre non sia mai "abbastanza": se alleva con calore e intimità viene chiamata asfissiante e divoratrice; se desidera per il figlio tante cose, attingendo le fantasticherie sul suo futuro dalle riserve del proprio spirito, allora con le proprie mete ne determina la vita; se è lungimirante, intuitiva, distaccata, la sua saggezza profetica è quella di una strega; se gode della vita e dei piaceri dei sensi, allora sta seducendo i propri figli o li sta privando  delle loro vite vivendo tanto voluttuosamente la propria. Qualunque sia la maternità, sembra che sia uno stile maledetto."

La modellizzazione winnicottiana de "la madre sufficientemente buona", riguardata alla luce di un pensiero critico, che incontriamo raramente nelle scuole di pensiero che vi si ispirano, sembrerebbe non solo impoverire la cura (14), ma anche il processo di conoscenza a cui sarebbe doveroso un analista si sottoponesse, riguardando alle teorie come narrazioni possibili ma non esaustive per spiegare l’enigma della sofferenza soggettiva grave. E soprattutto quella delle donne che alla psicoanalisi si rivolgono.

Segnalo, di passaggio, rimandando ad altrove una riflessione in proposito, che madre-psicosi, sono strettamente embricati nelle scuole psicoanalitiche che si ispirano a una visione del soggetto genetico-evolutiva, che è quella che, in sostanza, è alla base della ricerca di Winnicott sulla madre.

Alla donna dunque spetta, in certa cultura psicoanalitica contemporanea un doppio onore: essere generatrice di figli esclusivamente, e avere l’esclusiva della loro follia.

La psicoanalisi, in questa versione diventa dunque , come indicato con forza a Foucault(15), una pratica del controllo dei corpi, in specie, aggiungo io qui, del corpo della donna nella sua versione di madre.

 

L’alterità: un nodo del pensiero moderno e post moderno

 

Forse, come risposta violenta e antifrastica alla trasformazione operata in ambito anglosassone della nozione di desiderio scoperta da Freud e sinonimo dell’inconscio sessuale, in un nursery, dove gli psicoanalisti, come infermiere occhiute osservano la madre e spesso uccidono la donna, nasce in Francia con J. Lacan, e via via si afferma un modo di concepire la soggettività che potemmo definire di stampo strutturale, di visione esattamente opposta a quella genetico- evolutiva. All’origine, non c’è un programma biopsichico, prelinguistico, presimbolico che punta a svilupparsi secondo determinate leggi evolutive, ma la subordinazione del soggetto a una struttura: l’altro, in cui ciascun vivente umano, fin dalla nascita si trova immerso.

La nozione di struttura viene ripresa dall’opera di Levi Strauss, e in particolare da Le strutture elementari della parentela (1949) (16). In questo saggio l’incesto, a differenza di quanto avviene in Freud, non viene concepito nel senso negativo del divieto inconscio che impedisce il rapporto di unione tra consanguinei, quanto come una legge positiva che fonda l’esogamia, fondando perciò stesso il passaggio, il salto, tra natura e cultura. Gli animali non conoscono tale legge. La proibizione dell’incesto e lo scambio sono le condizioni che rendono possibile la coesistenza sociale e sono il pilastro di un inconscio strutturale come condizione di funzionamento invariante di ogni società storica.

L’inconscio, nell’accezione strutturale, è l’insieme delle determinazioni sociali, familiari, simboliche che costituiscono da capo a piedi l’essere del soggetto ancora prima che questi venga al mondo. Riprendendo Freud alla lettera (La negazione, Lutto e malinconia) (17), questo visione del soggetto insiste su una mancanza d’oggetto originaria. L’azione della struttura simbolica in cui il soggetto è gettato uccide l’oggetto eclissandolo, rendendolo irrecuperabile. Tra il soggetto e le cose, ci sono le parole. O, meglio detto, il linguaggio in cui soggetto è immerso e da cui è parlato. Sulla formalizzazione di questo modello, come è noto, influirono profondamente la linguistica strutturale di Ferdinand de Saussure e di Roman Jakobson.

Le leggi strutturali della lingua e dei suoi significanti principali, padre, madre, sono utilizzati da questo modello per mostrare come l’Edipo svolga una funzione di ordinamento e di strutturazione del desiderio del soggetto.

Nell’ottica strutturale, per la quale l’inconscio è il discorso dell’Altro, intendendo per "Altro"  una categoria, irriducibile all’altro inteso come il simile, come l’altro uomo, come l’altro dell’intersoggettività, il bambino è da sempre immerso nel campo del linguaggio. Questo modo di intendere il rapporto con l’Altro sembrerebbe ribaltare la struttura genetico-evolutiva. Prima di ogni disposizione naturale del soggetto e prima  di ogni interazione possibile tra il bambino e la madre, è l‘Altro che agisce sul soggetto, ancora prima che questi venga al mondo. Le leggi di una Cultura, infatti, la scelta del nome proprio o l’iscrizione in una determinata tradizione familiare e sociale, anticipano e non seguono la nascita di ogni essere umano.

Si comprende bene pertanto come, anche in questa seconda costruzione psicoanalitica di marca antigenetica-evolutiva possa insinuarsi in latenza la colpevolizzazione della madre e il suo "stile maledetto" doppiamente, ineluttabilmente, destinalmente se, stando a Piera Aulagnier, essa è porta parola(18):  

"Analizzando la funzione del discorso materno e della sua anticipazione, abbiamo dato la precedenza a ciò che del desiderio materno, dei suoi divieti, in una parola della sua problematica personale, può orchestrarsi attraverso la sua voce e questa via. Abbiamo distinto ciò che è nell’ordine di una violenza necessaria da ciò che deriva da un eccesso i cui effetti negativi per l’Io si manterranno nella psicopatologia di chi li subisce. Questa azione strutturalmente necessaria della violenza primaria si effettuerà in due tempi successivi, una scansione temporale che ricorda quella proposta da Freud per la problematica della castrazione. E’ noto che Freud differenzia in questo caso due fattori e due momenti: quello in cui la madre proferisce e designa il padre o un suo sostituto come l’agente della sua eventuale realizzazione e il momento in cui questa minaccia diventa effettiva e operante per il bambino messo d fronte alla vista della differenza tra i sessi". (evidenziazione mia)

A mio avviso, interpretando la dizione di Aulagnier dunque, la violenza non sta tanto nell’essere la madre la portaparola, ma la porta-sesso.

Il diniego del sesso e della sessualità femminile si ripete anche in insospettabili analiste, come la nostra francese, tanto indomita da opporsi a Lacan. Ma le tracce del maestro percorrono la sua scrittura insieme ai resti del diniego della sessualità femminile, inaugurato dal testo freudiano (19).

 

M/Other. Perchè ?

 

Dal mio punto di vista, quello di unA psicoanalista, incuriosita dalla scansione interna propriamente a questa parola, non è un caso che l’enunciazione del tema che mi chiama a scrivere sia in inglese. In italiano la parola madre non contiene quell’interno rimando all’alterità che le è costitutivo nella sua accezione anglofona, né la incontriamo in altre lingue. La psicoanalisi contemporanea, in disperata ricerca  di un qualche mito con cui rappresentarsi, raccontarsi e insieme dare conto della stra-vaganza del soggetto umano, dalla scomparsa fisica (morte in senso  letterale) di Freud in poi, si è impegnata  tramite il lavoro di quanti sono stati indicati (e forse si sono sentiti a modo loro) suoi eredi, nella banalizzazione dei significanti chiave, madre-padre, che organizzano, secondo qualsiasi lectio psicoanalitica, la psiche propriamente umana. E’ un paradosso, ma proprio mentre gli psicoanalisti e le psicoanaliste post freudiani si aggrappavano all’uno o all’altro dei due significanti arcontici, la psicoanalisi, come metodo, come ricerca, come possibilità di scoperte nuove, andava indebolendosi. Ciò è accaduto a sua stessa insaputa  (l’inconscio del gruppo psicoanalitico solo da poco viene sottoposto ad analisi e interrogato dagli psicoanalisti stessi (20), evidentemente  colti di sorpresa dalla "crisi della psicoanalisi").

M/Other, questa parola anglofona, mi convoca a una scelta di campo, nella babele dei linguaggi psicoanalitici contemporanei. Mi muoverò all’interno di un filone che va  da Ferenczi a Winnicott, passando per Balint(21) e per Bowlby (22). E anche se la mia posizione, rispetto a questi autori è antifrastica, è un bel giro. Un po’ frastagliato.

Cosa è, mi chiedo, questa sorta di geroglifico che diventa la parola  così scritta: M/Other? Un graffito sul muro della psicoanalisi postfreudiana, che lo porta impresso come segno, indecifrabile, pur non parlando d’altro?  Della madre, appunto.

Quella barra evoca e rievoca innanzitutto il gran parlare (e spesso parlottare), la linguisterie direbbe Lacan, che dalla seconda metà del novecento in poi si è fatto intorno a questo termine passe-partout, sacca vuota dove depositare i resti di ciò che Freud non ha potuto pensare, interessato appunto ad altro. Ma anche altro, è un termine inflazionato, in cui precipitano le aporie di un pensiero psicoanalitico che stancamente si ripiega su sé stesso.

Grammaticalmente altro è aggettivo e pronome, e la psicoanalisi, soprattutto francese, l’ha utilizzato soprattutto in questa seconda valenza, ingigantendola con la dotazione di un A maiuscola: l’Altro.

La valenza aggettivale, che secondo i vocabolari contiene anche il significato di nuovo, sembra dimenticata o ignorata.

Assumerò la barra di M/Other come quel luogo che segna un partage tra l’istituzionalizzazione della madre da parte della psicoanalisi contemporanea e la potenzialità della madre, inesplorata:  o altro, nel suo significato aggettivale di diverso, nuovo.

Dalla ormai dimenticata ma indimenticabile Adrienne Rich e dal suo Nato di donna a cui si deve questa fondamentale distinzione tra potenzialità e istituzionalizzazione, cito (23):

"In questo libro ho cercato di distinguere tra due significati di maternità, di solito sovrapposti: il rapporto potenziale della donna con le sue capacità riproduttive e con i figli, e l’istituto della maternità, che mira a garantire che tale potenziale – e di conseguenza le donne - rimanga sotto il controllo maschile. Tale istituto è stato la chiave di volta dei più disparati sistemi sociali e politici. Ha impedito a più della metà del genere umano di prendere decisioni che riguardavano la sua stessa vita (….) (sottolineatura d. r.)".

 

M/Other - Una condensazione

Di M/Other, quindi io faccio qui una questione.

Il termine questione ci viene dal latino quaerere, che ha un immediato doppio significato: chiedere/cercare.

Chiedere, in questa torsione lessicale specifica, non rimanda a un senso di mancanza, né cercare a un oggetto "concreto". Il verbo si pone decisamente in un ambito già ampiamente secondarizzato, e i suoi altri sensi sono: "proporre, affrontare, risolvere", come anche i diversi altri significati di questione, che vanno da controversia, disputa, litigio, diverbio, obiezione, opposizione, fino ad abbracciare, da ultimo quello più vasto di "problema culturale, politico o sociale, a lungo dibattuto" (24).

Ma questa questione, quella di M/Other, che in ambito psicoanalitico ci è stata trasmessa e viene da lontano come problema culturale psicoanalitico (nel senso più ampio che questa espressione riveste in ambito antropologico), fin dal suo sorgere si è posta nella polis psicoanalitica, come un problema politico e societario. All’interno della costituenda istituzione (25), già emergeva la posta in gioco pulsionale che le accezioni di questione come disputa, litigio, diverbio, le disseminavano intorno.

Dunque è necessaria una disposizione metodica, un gesto specifico per collocarsi all’interno di questa questione senza precipitarsi a risolverla ripetendo il dispositivo della disputa, mantenendone fermi i connotati di ricerca aperta e rispettando insieme la qualità pulsionale del suo originario sorgere. Esso mette in luce come, già nel momento stesso in cui essa si è posta, si siano messi in gioco i suoi plurimi significati che rivelano come le sue propaggini (e quelle della lingua) affondino sempre in un tessuto passionale di cui le parole sono una sorta di "trattamento", lasciando esse emergere, sempre e comunque il desiderio a cui danno forma, se le ascoltiamo come analisti.

Quanto alla parola M/Other, così ascoltata,  enuncio brevemente le ipotesi che utilizzo qui per affrontare la questione nella sua  originaria quanto odierna complessità.

La prima ipotesi è che "il senso di un’espressione risieda nelle differenze del suo uso" (26).

La seconda  è che intorno  all’uso di un termine, mother, le strutture socio economiche e nevrotiche delle istituzioni psicoanalitiche abbiano costruito veri e propri linguaggi   diversi, che spesso risuonano come teatri di guerra, se è vero, come è vero, che anche "sul piano del messaggio più semplice il  linguaggio (discorso) esplode, si fraziona, si distingue" (27).

La terza ipotesi, che è quella centrale, è la seguente. Il termine è di marca anglosassone, e emerge nell’orizzonte psicoanalitico, nella teoria come nella clinica, in una situazione storica di disastro, di crollo, mostrandosi nel corso del tempo come il luogo più adatto a raccogliere i "resti" di paradigmi che non tenevano più. Non tenevano più soprattutto perché utilizzati non tanto per ricercare, ma per occludere la ricerca. Definendo "classica" (in senso dispregiativo) la scoperta freudiana dell’inconscio, di contro a un "nuovo" emergente che proprio questa specifica scoperta andava mettendo fuori gioco, ritornando a una nozione di inconscio tanto nebulosa quanto vaga, di marca pre-freudiana, la psicoanalisi contemporanea è arrivata a mother.

Ma, utilizzando una nota umoristica tratta da Fiction Freudienne (di O. Mannoni [28] dove Humpty Dumpty risponde a un piccolo gnomo che dice: "Quando uso una parola questa significa esattamente quel che decido io. Né più né meno", Humpty Dumpty risponde: "Bisogna vedere chi è che comanda…. tutto qua", si potrebbe dire che,  quanto nel lavoro di uno dei pionieri della psicoanalisi, Ferenczi era stato ricusato, rimosso e addirittura concretamente censurato, ritorna, come fa notare Cremerius (29), nelle teorizzazioni di molteplici analisti che hanno attinto a piene mani alla sua opera senza citarlo, estraendone "il materiale per i loro nuovi edifici, sovente senza indicare dove hanno attinto le loro scoperte - ciò che getta un’ombra di vergogna sulla famosa probità della scienza". Ritorna, perché può tornare, sotto la protezione e l’egida  di potenti reti istituzionali sempre più coese e  sature, pur nei conflitti interni, che le lacerano, nelle quali la madre è presa.

Ferenczi, questo Tiresia della psicoanalisi, aveva intuito l’aspetto del potenziale materno della cura e quindi della madre/donna sessuale e sessuata, traducendolo in potenziale femminile (30). Primo a decostruire in anticipo il monismo fallico cui il pensiero di Freud avrebbe dato luogo, sarebbe stato seguito in questo smontaggio da figure isolate, psicoanaliste soprattutto e non in diretto contatto con lui. La questione è complessa in quanto, a differenza di quello che avverrà in Inghilterra anni dopo con Winnicott, il pensiero di Ferenczi rimette in gioco un femminile-materno dionisiaco, sessuale e sessuato.

Date queste premesse quanto segue è un tentativo di dare senso alla barra che nella parola M/Other divide la consonante M dal corpo intero della parola, come pure di dare un senso al carattere maiuscolo della O che, dopo la barra, è quello che della parola intera resta.

 

Una fantasia romanzesca

 

Nei suoi Studi sull’isteria(31) Freud si stupiva, non senza una certa ironia che le sue "storie cliniche" si leggessero come romanzi e fossero, per così dire, prive dell’impronta della scientificità.

Uno spostamento dunque verso il genere romanzesco o poetico, che, stando all’ipotesi De Certeau (32), è uno dei tratti rivoluzionari della più vasta rivoluzione epistemica freudiana (33), dove tesi di ordine generale sono sostenute soltanto da esperienze particolari che tuttavia, proprio per essere tali, sostengono a loro volta una lettura particolare di quelle tesi generali.

Forse non è un caso che Gunther Grass, quasi in contemporanea con quanto scriveva Adrienne Rich, nell’ormai lontano 1979 scelse di rivisitare la favola dei fratelli Grimm, il Rombo, per costruirvi sopra un’architettura romanzesca sorprendente.

Vi si narra del passaggio dal matriarcato al patriarcato, dovuto, per così dire,  allo svelamento casuale di un segreto che le donne, le femmine, conoscevano, ma non l’uomo, il maschio.

Ma quale segreto? 

La  fantasia romanzesca di G. Grass(34) lo individua nell’assoluta inconsapevolezza del maschio alla sua partecipazione alla procreazione, in un’epoca antichissima, di matriarcato assoluto, in un supposto tempo pre-neolitico. In questa epoca fantastica in cui lo scrittore colloca una narrazione che va a coprire il tempo che, da quella oscura antichità, arriva ai giorni nostri, i maschi venivano tenuti ai bordi del villaggio dalle donne che se ne servivano per i lavori pesanti e il coito. La riproduzione era un sapere solo femminile. Le cose continuarono così finché un maschio pescatore non incontrò il Rombo e lo pescò. In cambio della vita il Rombo, fiabescamente parlante, svelò al pescatore il segreto delle donne. Da quel momento in poi ebbe inizio la lotta secolare e millenaria, dei maschi contro le femmine, per impadronirsene e applicare su di loro una legge ferrea e spietata che le vuole madri, assolutamente e totalmente, ma sotto il loro pieno controllo.

Il Rombo di G. Grass può essere, e così io qui lo assumerò, come una traduzione poetica del testo di A. Rich Nato di donna e del suo sottotitolo: "Cosa vuole dire per gli uomini essere nati da un corpo di donna", un controcanto, insomma, dove il potere generativo delle donne è il segreto che, se il rombo parlante svela nella sua fatticità, non riesce a spiegare nella sua trascendenza. Protagonisti del romanzo una Lei e un Lui intemporali, le cui figure allegoriche attraversano tutta la storia, dall’origine alla fin del ‘900. Il maschio, nel romanzo, una volta scoperto il segreto delle femmine grazie al rombo, cercherà di contrastare il potere della generazione e del nutrimento con l’invenzione delle armi e con il potere di donare la morte, dal momento che, pur se consapevole di partecipare ormai alla procreazione, il suo corpo non può concretamente "gestare" un figlio. La gravidanza continua a rimanere esclusivo affare di donne.

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Il Rombo, innegabile narrazione dello scontro tra i sessi, altrove denunciato da Firestone(35) come la spaccatura che attraversa longitudinalmente la storia, ci dà conferma che l’appello di Freud ai poeti e ai romanzieri, che sono soliti "sapere una quantità di cose tra cielo e terra che la nostra filosofia neppure sospetta" (36), era più che sensato.

Il romanzo si ferma però, nella sua cavalcata narrativa che inizia da un fantasticato preneolitico, proprio all’anno 1977, quello in cui G. Grass lo diede alle stampe e, se getta un fascio di luce su quello che era a lui contemporaneo, rivelandone le tenebre, ciò che è avvenuto da allora fino ai giorni nostri (siamo nel 2013) forse trova una sua possibile illuminazione in un altro romanzo, l’Amore molesto(37) di E. Ferrante, che entra violentemente nel sessuale femminile indagando ne "l’amore molesto" di una figlia per la madre, come donna, per il suo corpo sessuato. Un amore che non può essere definito omoerotico, ma molesto, come tutti gli amori, come da qualche parte ebbe a dire l’autrice. Il sessuale, nel senso di un Freud rivisitato da Laplanche, irrompe nella narrazione mettendo in scena l’incendio divampante nella relazione madre figlia: un amore che divampa con una violenza che certamente a Winnicott non sarebbe piaciuta.

L’amore molesto è la storia di una donna non più giovane che raggiunge Napoli, sua città d’origine, da un’altra città dove vive da molti anni, per chiarire le cause della morte di sua madre, annegata, senza che se ne sappia altro. Questo viaggio, riapre dolori dimenticati per Delia, per la quale da sempre l’eros ha coinciso con il congelamento del proprio desiderio, la soppressione della sua propria femminilità, e le svela una sensualità tutta sua, inappropriatamente tutta riservata alla madre.

Lentamente riemerge la storia di questo amore molesto nella mente di Delia, vera e propria ricostruzione psicoanalitica orchestrata dalla abilissima autrice del romanzo. Una gelosia furibonda per il corpo sessuato e sensuale della madre spinge Delia bambina a denunciarla al padre per un tradimento non commesso e a proiettare su lei, quindi, la propria sessualità infantile che si consuma in un rapporto perverso con un vecchio laido pasticcere, che le paga prestazioni sessuali con delle creme dolci. Con il che E. Ferrante ci ha svelato un aspetto del "continente nero": un "amore di bocca" per la madre che, nella donna, non tramonterà mai, quello che sta dietro a tante bulimie e anoressie.

 

 

Dal perturbante alla madre sufficientemente buona

 

Molto è stato scritto nel secolo che abbiamo alle spalle  su due significanti chiave della psicoanalisi: padre e madre.

Queste due vertebre centrali in ogni scuola di pensiero psicoanalitico sono andate    a rappresentare l’alterità per eccellenza, refugium peccatorum sia della teoria, che della "clinica". Questo ha comportato una perdita di senso secca, una impossibilità per la psicoanalisi di disincagliarsi dalle stallo teorico-pratico in cui attualmente si trova. Il tempo, il grande scultore, ha frantumato le sue ossa. Noi analisti "contemporanei" (38) ci troviamo di fronte a questo corpo in frammenti, con le ossa spezzate.

Ripercorriamo il lavoro del tempo che, dalla scoperta iniziale di Freud, passando per veri e propri teatri di guerra, che vanno dai conflitti da cui il '900 è stato attraversato e bagnato di sangue, a quelli del linguaggio, ci porta oggi a parlare di M/Other.

 

Così Freud scrive (39):

"... La difficoltà che emerge nello studio del perturbante... è che la sensibilità verso questa qualità del sentire è sollecitata in maniera diversissima da individuo ad individuo. Anzi, l'autore del presente saggio deve accusare una particolare sordità in proposito, laddove occorrerebbe una ricettività particolarmente acuta. Da parecchio tempo non ha vissuto direttamente e non è venuto a conoscenza di nulla che potesse suscitare in lui il sentimento del perturbante".

Ma leggiamo più avanti (40):

"Una volta, mentre percorrevo in un assolato pomeriggio estivo le strade sconosciute e deserte di una cittadina italiana, capitai in un quartiere sul cui carattere non potevano esserci dubbi. Alle finestre non si vedevano che donne imbellettate e mi affrettai a svoltare appena possibile abbandonando la stradina. Ma, dopo avere vagato senza meta per un bel po', improvvisamente mi ritrovai nella medesima strada ove la mia presenza incominciò ad attirare l'attenzione e la mia rapida ritirata ebbe un'unica conseguenza: dopo qualche giro vizioso mi ritrovai per la terza volta nel    medesimo luogo. A questo punto mi colse un sentimento che non posso definire altro che perturbante ...".

E in una delle pagine conclusive del saggio leggiamo (41):

"A  conclusione di questa serie incompleta di esempi,   dobbiamo riferire un'esperienza che traiamo dal lavoro psicoanalitico e, che se non dipende da una coincidenza casuale, fornisce il più valido esempio alla nostra concezione del perturbante. Questo perturbante (Unheimliche) è però l'accesso all'antica  patria (Heimat) dell'uomo, al luogo in cui ognuno ha dimorato un tempo e che è anzi la sua prima dimora. –Amore è nostalgia– dice un'espressione scherzosa, e quando colui che sogna una località o un paesaggio pensa, sempre sognando: –Questo luogo mi è noto, qui ci sono già stato– è lecita l'interpretazione che inserisce al posto del paesaggio l'organo genitale o il corpo della madre. Anche in questo caso, quindi, Unheimlich è ciò che un tempo fu heimisch (patrio), familiare. E il prefisso negativo 'un' è il segno della rimozione".

 

Se lo scorso secolo, ne è testimonianza tutta la filosofia del ‘900, è stato un secolo in cui è stata messa a rischio non solo l’umanità, ma anche la terra che "ci è data in prestito dai nostri figli", secondo il bellissimo detto della tradizione amerinda che non solo inverte il tempo, ma lo rende circolare, quello che attualmente andiamo vivendo mette a rischio quanto di più proprio ha fin qui caratterizzato l’essere umano: la possibilità di dare senso all’esperienza.

 

Nello snodo imposto dall’esodo degli analisti viennesi, soprattutto verso l’America, si collocano elementi passionali forti, come l’orrore, la paura della fine, il crollo definitivo delle certezze. Origine possibile di quelli che vanno a costruire gli scenari delle "nuove vie della psicoanalisi" dove incontriamo appunto M/Other?

 

La "paura del crollo" di Winnicott(42) non può essere letta alla luce della paura stessa di questo analista, che non sapeva di provarla, di condividerla con i suoi stessi pazienti? Un Winnicott messo di fronte, come Anna Frank, al possibile disastro epocale,  che mentre scrive dei suoi bambini scrive di sé stesso, pensando però "che tutto tornerà a volgersi in bene"? (43)

 

  Come nota Adam Philips (44):

"Nel dicembre del 1939 Winnicott, insieme a due psichiatri, John Bowlby ed Emmanuel Miller, scrisse una lettera al British Medical Journal spiegando perchè l’evacuazione dei bambini piccoli tra i due e i cinque anni provochi grandi problemi psicologici. Nel momento in cui le così dette "nevrosi da guerra" avevano influito sullo sviluppo della teoria psicoanalitica, in Inghilterra i problemi dei bambini sfollati cambiavano il pensiero psicoanalitico sull’infanzia. La separazione prematura del bambino dalla propria casa può, come sottolinea la lettera, "significare molto più di un black–out emozionale" (Winnicott, 1939). Fu in seguito al suo lavoro durante la guerra che Winnicott iniziò ad enfatizzare sempre più qualcosa che era fondamentale per il significato che egli attribuiva alla psicoanalisi: per il paziente, e ciò è tanto più vero quanto più il paziente è disturbato, la credibilità dell’ambiente creato dall’analista rappresenta già una grossa fetta del lavoro psicoanalitico….  ".

Ma nella sua autobiografia che inizia con la frase"Io morii", dice ancora Philips, "Winnicott congiunge tipicamente l’estremo, la paura del crollo, con la paura ‘  più comune‘  della morte" (45).

 

Non possiamo non domandarci se la teorizzazione degli stati agonici, di quell'agonia primitiva che Winnicott rintraccia nel bambino, non gli sia stata permessa se non attingendo al fondo oscuro della sua paura, al crollo della fiducia in un ambiente "sufficientemente buono" che la guerra e la Shoah avevano ormai spazzato per sempre, per lui, come per i suoi contemporanei che aderirono entusiasticamente alle sue teorie,  e - lo sappiamo, ahimé - anche per  noi stessi e per i nostri pazienti (che non lo sanno).

Winnicott fu allievo di M. Klein.

L’inconscio, nella torsione kleiniana del termine(46), è il luogo di fantasmatizzazioni originarie e il mondo soggettivo coincide, alle origini, con gli oggetti intrapsichici che lo abitano. All’origine c’è l’angoscia legata alle prime esperienze di frustrazione e il ritorno paranoide del soggetto sulle sue proiezioni sadico-orali. Al fondo dell’origine c’è la pulsione di morte. Lo sviluppo del soggetto si caratterizza come la progressiva ricomposizione di una frammentazione originaria fino a raggiungere, nella posizione depressiva, l’oggetto totale.

Non c’è madre sufficientemente buona che tenga, in questo scenario. La madre, proprio per essere tale è all’origine … del fantasma.

Come già per Freud, anche per Winnicott il "creato" (nel senso dell’invenzione teorica) è un trovato dentro di sé, un modo di dare articolazione e senso a ciò che avrebbe potuto rimanere "intraducibile",  come accade ai pazienti "difficili"?

Winnicott scrive Dalla pediatria alla psicoanalisi nel 1958 (47). E’ stato allievo della Klein, ha lavorato con Bowlby e letto Balint. Ma il suo lavoro sull’oggetto (la madre), dico qui di passaggio, si intona pienamente alle domande e richieste profonde del capitalismo dell’epoca. Lo scopo di una crescita (e di un’analisi) è l’adattamento e la madre (come del resto la donna in questa visione del mondo) è un oggetto da usare. Per questo deve essere "sufficientemente buona" e soprattutto ... non perturbante.

 

L’erotismo: là dove in M/Other cade la barra

 

Metterò, per concludere, in tensione il concetto di libido precoce(48) che dobbiamo a Winnicott, servendomi del concetto di sessuale profondo che dobbiamo a Laplanche(49) lasciandomi interrogare dal corpo, rigorosamente inteso nella sua accezione di "corpo psichico"   o "corpo pulsionale", così come si propone nella stanza d’analisi, nel terzo millennio, dove incontriamo, già sedimentata da tempo nella cultura occidentale, la nozione di "maternità libera e cosciente" insieme alle pratiche che gestiscono medicalmente il désir d’enfant, come la procreazione eterologa, per esempio.

Sia l’una che le altre convocano una volta di più ad interrogare  la  questione che oggi è ancora una vera e propria sfida nel contesto della psicoanalisi contemporanea, il corpo femminile, appunto, dal versate della pulsione e  del sessuale. Lo furono, una sfida, anche  ai tempi della scoperta freudiana dell’inconscio, ma oggi   non sfidano più un contesto culturale sostanzialmente vittoriano, ma un territorio  psicoanalitico tracciato da innumerevoli proposte, -spesso imposte- dove soprattutto la scuola inglese e Winnicott in particolare, hanno lasciato un segno indelebile: la scorporazione della donna e la su istituzionalizzazione in M/Other.

Sappiamo come il pensiero di Winnicott abbia scompaginato il testo freudiano, non certo sottoponendolo a quel tipo di torsione  teorica dichiarata a cui lo ha sottoposto Laplanche(50), dalla quale alcuni concetti basilari della psicoanalisi sono stati ulteriormente problematizzati ma, al contempo, anche restituiti ad una semplicità che forse è proprio (parafrasando Laplanche) quella dei fondamenti, dell’originario.    Dal punto di vista teorico Winnicott espresse sempre la sua fedeltà al pensiero di Freud,   ma lo scompaginamento si svolse altrove e si trattò di una torsione ben diversa che si servì della pratica clinica per   cercare di procedere oltre quel punto davanti al quale Freud si era arrestato: la   porta delle madri (51) e cercare di entrarvi.

Bisogna però notare, nulla togliendo all’indubitabile genio di Winnicott, che egli entrò nella porta delle madri in modo tutto suo e particolare, legato a circostanze storiche molto precise cui ho già fatto cenno: la guerra e l’osservazione dei bambini molto piccoli separati dalle madri proprio a causa della guerra. Ci chiediamo qui: quanto questa specifica condizione storica e contingenza osservativa non abbia giocato nella formulazione della sua teoria dello sviluppo che postula un amore primitivo e crudele nel neonato, un "amore di bocca", assieme a un potenziale infantile di sottomissione che egli pose al centro di questa sua particolare teoria evolutiva.  Come fa notare Adam Philips suo finissimo biografo "…Winnicott collega l’importanza dell’avidità nei rapporti umani, avidità che è amore in forma primitiva, con problemi relativi alla libertà personale, a quel tempo indotti dal fascismo in Europa…(52)" e di conseguenza "…la questione che evolve dal lavoro di Winnicott - a suo avviso - è la seguente: "… come può un individuo crescere da uno stato di avidità primitiva e di dipendenza assoluta dalla madre a una relativa autonomia in cui potere riconoscere l’esistenza di altre persone senza perdere la spontaneità e il desiderio - senza la falsa soluzione di una rigida convinzione o di un leader forte? (53)".

E  non è certo un caso che questo biografo deferente e appassionato dica però a un certo punto, dopo le precedenti notazioni che assumono perciò stesso un surplus di senso: "…solo Melanie Klein aveva fornito un resoconto psicoanalitico del neonato distinto dal bambino più grande: ora Winnicott si sente di sfidarla con una propria teoria evolutiva (54) ".

Teoria che imprigiona egualmente madre e figlio, a mio parere. Per questo occorre entrare oggi nel testo di Winnicott, con tempismo, per aprire la prigione teorica in cui madre-figlio sono chiusi nella lectio corrente winnicottiana, sempre più imperante e dominante nei resoconti clinici che ci vengono proposti. E’ proprio la psicoanalisi contemporanea a mostrare come essa abbia un estremo bisogno di uscire dalle contrapposizioni delle scuole, per ritrovare la sua dignità di ricerca sempre aperta, mantenendosi aderente alla questione della psicosessualità (o del sessuale secondo la terminologia di Laplanche), e ricercandola anche nel testo di Winnicott, scavandolo  e cercando di tradurne i  luoghi ormai sacri per la koinè winnicottiana, come quella di oggetto trovato-creato, area transizionale, madre-ambiente, in un linguaggio e in una visione teorica dove, ciò che in Winnicott  sembra confondere la pulsione sessuale con l’istinto, risulti, in ultima analisi, come un lavoro  dell’inconscio, a propria volta messo al lavoro dal suo stesso "essere" inconscio, costretto ad essere tale per la sua stessa specificità, vale a dire "essere sessuale".

Mentre il fine di un istinto è essenzialmente adattivo, la meta della pulsione è invece il soddisfacimento, come ben dimostrano le perversioni sessuali nell‘adulto. Ciò che agli inizi della vita serve alla sopravvivenza, il seno per placare la fame, diviene, in un secondo tempo, oggetto fantasmatico, ricercato per il piacere del ricordo del soddisfacimento. Il fantasmatico è il vero atto di nascita della psicoanalisi, sancito storicamente da Freud con l’abbandono della teoria della seduzione reale a favore dell’idea di un fantasma di seduzione. L’essere umano, secondo la visione squisitamente freudiana, si dibatte in questa eterna impossibilità di ri-trovare l’oggetto (l’oggetto perduto  non è mai l’oggetto dell’autoconservazione), ma l’oggetto sostituito, e questa ricerca è legata a doppio filo alla questione della sessualità. Con il che si ripresenta la difficile questione della pulsione di morte, come del resto Lacan, Green, Laplanche, e in generale il pensiero psicoanalitico  francese, indicano, rifacendosi al Freud della seconda topica e di Pulsioni e loro destini(55). Che cos’è al fondo la pulsione di morte? Rigettata con forza l‘ipotesi di una biologia solo fuorviante, la pulsione è descritta come la tendenza originaria ad annullare ogni distanza tra sé e l’oggetto. Oggetto che, in origine, coincide totalmente con l’oggetto del soddisfacimento, non essendo ancora possibile, per l’infans, l’accesso al mondo simbolico, quindi rappresentazionale. Di nuovo si viene confrontati con il paradosso che sia proprio la pulsione ciò che tende a null‘altro che all’azzeramento dell’oggetto.

Sempre Adam Philips però ci fa notare come e quanto D. W. Winnicott fosse terrorizzato dalla morte, quando ci dice che
"L’autobiografia che Winnicott iniziò a scrivere negli ultimi anni della sua vita, intitolata "Non meno di tutto", esordiva con la descrizione della sua morte. Nella copertina interna del taccuino egli scrisse:

T. S. Eliot: "Che costa meno di tutto"

T. S. Eliot: "Quello che chiamiamo l’inizio e’ la fine. E mettere in atto una fine è mettere in atto un inizio. La fine è dove cominciamo.

 

Preghiera

D. W. Winnicott: Oh Signore, fa che io possa essere vivo quando morirò" (56).

Un Winnicott dunque terrorizzato dall’inizio. Terrorizzato dalla madre (non certo la sua propria), ma dal potere materno, di un "fantasma originario"(57) materno, a cui in seduta tentava di sostituirsi?

Non indago oltre. Dico solo però che Winnicott, contrapponendo il sessuale all’istintuale, il trauma reale al fantasma, è al tempo specifico della psicoanalisi che non ha dato   spazio: il tempo dell’après-coup, ovvero della risignificazione a posteriori, del trauma in due tempi, costitutivo della sessualità umana sempre sospesa tra un troppo presto e un troppo tardi.

L’apparente semplicità di alcuni concetti winnicottiani però, per amor di verità "scientifica", non ha nulla a che vedere con   la facilità di pensarli e   la mente deve allenarsi ad oscillazioni continue, richieste   da un pensiero che chiede di essere interrogato perchè troppo spesso è stato semplicemente "assunto" e non messo in tensione. Così in fondo è accaduto anche per Ferenczi. Insomma una cosa sono i pensatori di un pensiero, un’altra quelli che usano il pensiero di pensatori non per ripensarlo ma per congelarlo e semplificarlo. Il pensiero di Winnicott però, per una sua interna ambiguità, si è prestato e si presta in maniera particolare a un’operazione di questo tipo da parte della Istituzione psicoanalitica, a tutto discapito delle donne e dei bambini che a questa istituzione di "cura" si rivolgono.

Se la psicoanalisi è essenzialmente un metodo di investigazione di ciò che non può essere diversamente investigato, non è psicologia né biologia, la psicoanalisi   si deve ritagliare uno spazio specifico, Le baquet (58), la tinozza che delimita e mantiene il contatto con ciò che è fuori ma non studia il fuori, non essendo l’adattamento il suo oggetto d’indagine. Appare con chiarezza, in questo testo di Laplanche, il rigore del metodo con cui la psicoanalisi al suo sorgere ha delimitato e delimita il suo oggetto. Winnicott   non è riuscito a pensare il primato dell’altro inteso non solo come ciò che è dentro in modo inattingibile come sessuale,   ma che è inconscio anche perché proviene dall’altro, altro con cui l’infans è dall’origine sempre in relazione. Questa concezione dell’altro con la a  minuscola, contrariamente alla concezione lacaniana dell’Altro maiuscolo, non è un altro simbolico ma un altro reale. Un altro mai del tutto conoscibile in quanto, come vuole Emanuel Levinas (59), l’infinito è l’altro.

La distinzione tra la nozione di libido precoce rintracciata in Winnicott e sessuale profondo, mutuata da Laplanche, mi è servita a gettare un ponte tra due concezioni del sessuale così lontane e diverse.

Se  per il "bambino winnicottiano" non c’è la madre pulsionale, la madre portatrice di un turbamento sessuale e di un inconscio, tuttavia ciò non toglie che proprio da  questa madre "sufficientemente buona" e asessuata  potrà scaturire una sorta di "salto quantico" (60) per il quale il padre non sarà più un semplice sostituto materno, ma si presenterà in quanto terzo.  A partire da questo "salto" sarà possibile pensare una complessizzazione del sessuale infantile in Winnicott: un passaggio dal precoce al profondo che permetterà all’analista di collocarsi non soltanto nella posizione di chi sta pronto con la  rete per evitare lo schianto del crollo, ma  un po’ più in là, vale a dire, dalla parte del terzo, indispensabile per la simbolizzazione. Come analisti sappiamo infatti che, perché nasca un senso e senso ci sia, sono necessari tanto il semiotico che il simbolico.

 

Per concludere

 

Mi aiuterà ad entrare nella "scorporazione" articolata dalla presenza della barra nel corpo della parola M/Other un breve accenno alla teorizzazione di Bataille nel suo L’Erotismo(61), secondo la quale la soggettività si costituisce a patto di essere attraversata da un’altra soggettività. Bataille interpreta radicalmente i costi psichici di questo attraversamento e impedisce qualsiasi visione edulcorata dell’incontro con l’altro, su cui insistono le prigioni teoriche di stampo winnicottiano in cui bordeggia oggi una parte della clinica psicoanalitica.

L’incontro, nella visione di Bataille, comporta sempre una violenza e una violazione e non possiamo non convenirne, non solo come analisti, ma come esseri umani che ne fanno quotidianamente esperienza.

Il soggetto è legato all’altro in quanto "differente", da un legame che coniuga nel medesimo tempo la separazione tra due soggetti e la necessità di ricongiungere ciò che era originariamente separato. E il legame, dunque, nasce nella tensione che tale separazione e differenza generano,  come un tentativo di annullare il discontinuo(62).

In buona sostanza, la rilettura di Bataille, alla luce del dibattito contemporaneo intorno a madre-femminile-altro, che nella psicoanalisi attuale sembrano essere termini tra loro equivalenti e interscambiabili, mi spinge ancora una volta, come analista impegnata nella cura, a pormi, una domanda che  per la psicoanalisi contemporanea diventa sempre più pressante: può un vertice avere la pretesa di porsi come esclusivo o di spiegare quello che a più di cent’anni dai Tre saggi sulla teoria sessuale di Freud rimane ancora un enigma dell’umano: il sessuale? Bataille, percorrendo a suo proprio modo il cammino percorso da Freud, e ripercorso da M. Klein, Lacan, ha chiamato l'enigma che scaturisce dal desiderio umano che si articola nella relazione con l’altro: erotismo. Questa formulazione potrà, se non cancellarne la barra, riempire di senso l'oscuro Other di M/Other?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  Note:

* "Estetica - Uno sguardo attraverso" è il titolo di un testo di E. Garroni, mio indimenticabile maestro, semiologo e filosofo.

Judith Butler, La disfatta del genere (Roma: Meltemi, 2006.

2 L’enigma dell’identità dei generi, a cura di Dana Breen (Roma: Borla, 2003).

3 Lea Meandri, Una visceralità indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle donne degli anni settanta (Milano: Franco Angeli, 2000).

4 Luce Irigaray, Speculum dell’altra donna (Milano: Feltrinelli, 1972).

5 Karen Horney, Autoanalisi (Roma: Astrolabio, 1971).

6 Janine Chasseguet Smirgel, "Freud e la sessualità femminile: una macchia cieca," in L’enigma dell’identità dei generi, a cura di Dana Breen (Roma: Borla, 2003.

7 G Leo, L. Montani Lo spazio velato. Femminile e discorso psicoanalitico, ed.Frenis Zero, 2012.

8 P.Fedida Libres Cahiers pour la psychanalyse 2001/2 (n° 4), automne 2001. La division de l’être.

9 cfr L. Montani Lo spazio velato-femminile e discorso psicoanaitico, op cit..

10 L. Montani 2009 Imene,in Abiti e Identità vol. IX, Ila Palma ed.. La stesura di Imene è in grande debito con il pensiero di J. Derrida.

11 J.Starobinski Parole Sotto le Parole. Gli anagrammi di Ferdinand de Saussure Il Melangolo ,1971.

12 Roman Jakobson, Nicolaj S.Trubeckoj, Sergej J. Karcevskij, Il circolo linguistico di Praga. Le tesi del ’29, a cura di E. Garroni (Milano: Silva, 1966). Una concezione della lingua, quella di Jakoboson, molto complessa, che si valse indubbiamente della frequentazione di poeti come Majakovskij, Elsa Triolet, e studiosi come Carnap. La linguistica e la filologia comparata furono la sua passione specifica, sostenuta da incontri significativi come quello con Claude Lévy-Strauss, in America. E' noto che Lacan ne fu conquistato.

13 Hillmann Trame perdute, 1975, Raffaello Cortina Ed. Milano 1985, pag. 90. 

14 Francesco Gazzillo – Maura Silvestri, Sua Maestà Mashud Khan. Vita e opera di uno psicoanalista pachistano a Londra, Raffaello Cortina Editore 2008.

15 Michel Foucault, La volontà di sapere, Feltrinelli 1978.

16 Levy Stauss, Le strutture elementari della parentela, Feltrinelli 2003.

17 S. Freud (1925) La negazione in O.S.F. Vol X; S. Freud (1915) Lutto e malinconia Vol. VIII.

18 Piera Aulagnier, La violenza dell’interpretazione, Borla, 1994, pag. 182. Piera Aulagnier nacque a Milano nel 1923, e visse la sua infanzia in Egitto con i suoi genitori. Non solo la nascita di Piera è italiana, ma italiano è anche il periodo dei suoi studi in medicina, compiuti a Roma dove si laurea. Per completare gli studi e la sua formazione si trasferisce poi in Francia all’inizio degli anni ‘50. A Parigi incontra Jacques Lacan e inizia un’analisi con lui che si protrarrà dal ‘55 al ‘61. In quegli anni si rivela essere una appassionata della teoria lacaniana, e farà parte di coloro che seguiranno e difenderanno il maestro, quando questo sarà estromesso dall’organizzazione psicanalitica più importante dell’epoca  : l’IPA (International Psychoanalytic Association). Questa "cacciata" del maestro, da lui definita con ironia "la scomunica", è all’origine della creazione della "Société française de psychanalyse", di cui Piera sarà una delle componenti più attive. Nel ‘64 partecipa alla creazione dell’ EFP (Ecole freudienne de Paris) di cui è responsabile Lacan. Questo sodalizio finisce però nel ‘67 quando Lacan propone la procedura della "passe" come metodo per riconoscere il completamento della formazione degli analisti e quindi confermarli nella loro pratica. Piera Aulagnier critica la presunta egemonia di Lacan nelle procedure della formazione degli analisti. Così nel ‘69, quando la procedura della "passe" è votata e accettata, Piera dà le dimissioni dall’EFP, e crea insieme ad altri colleghi un nuovo collettivo psicanalitico, "Il quarto gruppo", e fonda la rivista "Topique" che ancora oggi continua ad essere un riferimento importante nel mondo psicanalitico.

19 Cfr. Laura Montani Abiti e identità, vol. IV, 2001, Ila Palma; L'accessorio: una pratica significante, pp. 13-32, Laura Montani, ibidem vol. IX , 2009, Imene: tra desiderio e compimento, un velo, pp. 15-26.

20 R. Kaës Un singolare plurale, Borla, Roma 2007.

21 M. Balint Friendly expanses. Horrid entry espaces in Int. J. Psyco – Anal., vol. XXXVI, 1955. La ricerca di Balint sulle fasi originarie della vita psichica e sul narcisismo lo portarono a teorizzare un "difetto di base", con cui credette di individuare, nella delusione provata nelle prime relazioni oggettuali la fonte di molti disturbi psichici.

22 J. Bowlby Maternal care and mental health, World Health Organisation, Geneva 1951.

23 Adrienne Rich Nato di donna, cosa significa per gli uomini essere nati da un corpo di donna, Garzanti 1977, pag. 9.

24 Zingarelli, 2009.

25 Nel 1920 Karl Abraham fondò con Max Eitingon l'Istituto psicoanalitico di Berlino con finalità didattica e terapeutica, con il consenso di Freud. Furono studenti di Abraham: Felix Boehm, Helene Deutsch, Rudolf Foerster, Edward Glover, James Glover, Karen Horney, Melanie Klein, Hans Liebermann, Josine Müller, Carl Müller-Braunschweig, Sándor Radó, Theodor Reik, Ernst Simmel, Alix Strachey. Ognuno di questi allievi percorse una "sua" propria strada psicoanalitica, spesso in contrasto con quella di Freud. Di qui dispute, e soprattutto scissioni e la nascita di scuole e seguaci.

26 R. Barthes Il brusio della lingua, Einaudi 1988, pag. 49.

27 R. Barthes, ibidem.

28 O. Mannoni Fiction Freudienne , Seuil 1978, Pag 36 (traduzione d. r.).

29 J. Cremerius Il mestiere dell’analista, Boringhieri 1985.

30 S. Ferenczi, 1914 Thalassa. Una teoria della genitalità, Feltrinelli 2001.

31 S. Freud 1895 Studi sull’isteria, O.S.F. vol. I.

32 M. De Certeau Storia e psicoanalisi. Tra scienza e finzione, Bollati Boringhieri, 2006.

33 M. De Certeau, ibidem, op. cit..

34 G. Grass Il Rombo, Einaudi 1979.

35 Mi riferisco non solo a La dialettica dei sessi di Shulamith Firestone, ma a La mistica della femminilità di Betty Friedan, La condizione della donna di Juliet Mitchell, Sesso contro sesso o classe contro classe? di Evelyn Reed, La politica del sesso di Kate Millet, L'eunuco femmina di Germane Greer, ed anche Il secondo sesso di Simone de Beauvoir (pubblicato però nel 1949). Siamo nei primi anni settanta ed in forte affinità con le analisi sostenute dai testi citati si pubblicano il Manifesto di Rivolta femminile e Sputiamo su Hegel, La donna clitoridea e la donna vaginale di Carla Lonzi.

36 S. Feud 1906 Delirio e sogni nella Gradiva di W. Jensen, vol. VII, pag. 264.

37 Elena Ferrante L’amore molesto, E/O.

38 G. Agamben Il contemporaneo, Edizioni Nottetempo, 2013.

39 S. Freud 1919 Il Perurbante, O.S.F. vol. IX pag. 82.

40 S. Freud Ibidem pag. 100.

41 S.F. Ibidem pag. 106.

42 D. W. Winicott Frammento di una analisi, "Il pensiero Scientifico" Editore, 1981.

43 A. Frank, 1944 Diario, Einaudi 2003, pag. 39.

44 Adam Phillips, Winnicott. Biografia intellettuale, Armando Editore.

45 A. Phillips , ibidem pag. 41.

46 M. Klein, La psicoanalisi dei bambini, G. Marinelli 1969.

47 D. W. Winnicott, Dalla pediatria alla psicoanalisi, Armando Editore 1960.

48 A cura di A. Maria Muratori Il continuo e il discreto in psicoanalisi Borla, Roma, 1987.

49 J. Laplanche Sexuale - la sessualità allargata in senso freudiano, 2000- 2006. La Biblioteca, Bari-Roma 2007.

50 J. Laplanche, ibidem.

51 S. Freud Lettere, 1873-1939, Boringhieri, Torino. L’espressione, "la porta delle madri"è usata da Freud in una lettera a S. Zweig, del 2 giugno 1932.

52 Adam Phillips Winnicott. Biogrfia intellettuale, 1995, Armando Armando Ed., pag 81.

53 A. Phillips ibidem.pag. 80.

54 A. Phillips, ibidem pag 88.

55 S. Freud 1915 Pulsioni e loro destini, in O.S.F. vol. VIII.

56 Adam Phillips, op cit, pag 29.

57 J. Laplanche, J. B. Pontalis Fantasmi originari, origine del fantasma, Feltrinelli.

58 J. Laplanche Problématiques V: Le baquet-transcendence du transfert, Paris, PUF, 1987.

59 E. Levinas Totalità e infinito. Saggio sull'esteriorità, Jaca Book, Milano, 1980.

60 Cfr. Dominique Scarfone Winnicott:libido precoz y sexual profondo, pp. 55-72 in Revista uruguya de psicoanalisis n. 112, Lazo erotico.

61 G. Bataille L'erotismo, Mondadori, Milano 1976.

62 A cura Annamaria Muratori Il "continuo" e il "discreto" in psicoanalisi Borla, Roma, 1987.

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
   

 

 

 

   
 
 

 

 

 

 

 

 

         

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
   
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
   
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

 

Responsabile Editoriale : Giuseppe Leo

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