ITINERARIO DI IL LAVORO PSICOANALITICO

SULLA QUESTIONE LAICA

Il Convegno del 1977 su Stato, diritto, psicoanalisi

 

 

L’itinerario di Il Lavoro Psicoanalitico sulla questione laica è iniziato in quell’antecedente associativo che si chiamava Scuola Freudiana e nella prima serie di Sic. Esso è iniziato tra 1976 e 1977, con due scoperte: la prima, quella di Die Frage der Laienanalyse - che traduciamo: La questione dell’analisi laica - di Freud del 1926; la seconda e simultanea, anzi leggermente antecedente nel tempo, di Hans Kelsen, quello dell’opera maggiore La teoria pura del diritto, e quello di un articolo allora generalmente sconosciuto apparso nel 1922 sulla rivista "Imago" diretta da Freud: Il concetto di Stato e la psicologia sociale. Con particolare riguardo alla psicologia delle masse di Freud, proposto da Sic (in edizione italiana e francese per i numeri 5 e 6, 1976 (e dopo di allora riproposto in diversi Paesi).
Senza dilungarci su questo capitolo di storia per la quale rinviamo alle fonti, rammentiamo solamente che da allora Seminari, Corsi, pubblicazioni, prima di Scuola Freudiana e poi di Il Lavoro Psicoanalitico, hanno mantenuto teso il filo della connessione tra l’analisi laica e il diritto, i temi della legge, della psicoanalisi come lavoro legale, fino alla concezione dell’inconscio come norma universale del singolo. Al Convegno sul diritto, in reciproca delucidazione di psicoanalisi e diritto, di cui subito diremo, è seguito nel 1985 un altro Convegno pubblico, ancora a Milano, dal titolo: Giustizia e determinismo.
Il 12 febbraio 1977 Scuola Freudiana e Sic hanno promosso a Milano un Convegno internazionale dal titolo: Stato, diritto, psicoanalisi. Notevole interesse per questo fu manifestato da J. Lacan. Ripubblichiamo il breve testo introduttivo al Convegno che servì anche da invito al medesimo. Si può vedere come temi e pensiero di oggi siano quelli di allora, e come quelli di allora siano rimasti e maturati nel tempo.

Introduzione al Convegno Internazionale: Stato, diritto, psicoanalisi

La psicoanalisi opera a un tempo nel campo dello Stato e, più di quanto non sembri, dalla comunità internazionale (tale infatti è la natura storica del suo "Movimento"). Costatazione sufficiente ad applicarle la considerazione generica che ogni pratica, non solo sociale e politica ma anche scientifica, non sfugge all’Ordinamento giuridico in quanto Istituzione pretesa strutturante la società civile per mezzo del monopolio della violenza legittima.
La questione dello statuto giuridico della psicoanalisi (Die Frage der Laienanalyse, Freud 1926) è inseparabile da quella del suo statuto scientifico, dei modi della sua trasmissione e della formazione di chi la esercita, della sua pratica professionale, della forma delle sue associazioni, della sua "critica" sociale, del suo indefinito futuro.
Tuttavia la posizione della psicoanalisi nei confronti dell’Ordinamento normativo resta non chiarita affatto, se non oscurata o evitata.
Di fatto, salvo rare eccezioni nessuna questione sul problema del diritto moderno come tale, dello statuto giuridico degli uomini nella "Cultura" (Kultur) è stata posta in termini psicoanalitici.
Dire che "l’ignoranza del diritto non perdona", implica non solo che l’Istituzione normativa non può dispensarsi dall’iscrivere comunque il soggetto nel sistema dei suoi rapporti, ma anche che il soggetto non sa dispensarsi dall’esercitare il potere che l’ordinamento gli attribuisce di provocarne il funzionamento, cioè di sostenerlo (il soggetto ne è anche supporto) e di riprodurlo (il soggetto ne è anche produttore).
Ci si può allora chiedere se l’analista sia perdonabile nella (sua) ignoranza circa tale ignoranza, tenuto conto che la sua pratica e la sua teoria, lungi dal deresponsabilizzare il soggetto invocando l’inconscio come circostanza attenuante d’eccezione, ne evoca un’insospettata responsabilità nei confronti della regola del suo mondo non meno che del disordine del proprio corpo. Dell’uomo, la psicoanalisi scopre non solo l’alienazione, ma anche gli ignorati mezzi del potere della sua azione.
Si constata che di regola l’analista è oscillante fra "rimozione" e "repressione", "legge del desiderio" e "legge positiva", "individuale" e "istituzionale", "psicologico" e "sociale", "normalità" e "normatività", ...
Certo, l’ignoranza non va confusa con quel "no comment" o quel "non volerne sapere" cui lo psicoanalista può, talora deve, attenersi: ma allora deve sapere che cosa non fa, e perché. Freud dà l’esempio.
Freud ha anche lavorato su un terreno che di fatto era quello di Kelsen, e anche di Weber; meno sordo che muto, non ha ignorato, professore borghese, la via aperta da Marx; ha scritto a più riprese sulla "cultura" della società civile; ha analizzato quella "psicologia delle masse" che doveva culminare nel mondo di organizzazione fascista.
Il suo "Movimento" si è impegnato soprattutto nella linea della psicoanalisi "applicata" alla realtà forense, talora non senza frutti: tuttavia ci si può chiedere se non si trattasse della via di ritorno di un rimosso.
Si propone questo Seminario per l’attivazione di una questione normalmente respinta. Per questa via si saprà forse anche articolare l’ordine del legale con i fatti e i "tipi" della clinica.

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