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7) S. H. Burnett – L. Mantovani, The Italian Guillottine. Operation Clean Hands and the Overthrow of Italy’s First Republic, Rowman & Little Field, Boston 1998.

Il volume di Burnett e Mantovani ancora non è stato tradotto in italiano, ed è un peccato, perché ha molti pregi. Nato per i lettori di lingua inglese, mette a disposizione un importante insieme di informazioni e di interpretazioni, ma sotto questo punto di vista è importante anche per il pubblico italiano, perché offre nella maniera più organizzata e documentata le argomentazioni degli avversari di Mani Pulite. Si tratta di un lavoro nettamente di parte, che spesso è stato accettato o respinto sulla base di opzioni ideologiche pregiudiziali. E' stato recensito dai più eminenti osservatori, italiani e stranieri. Alcuni lo hanno apprezzato molto, altri lo hanno disprezzato molto. Ad esempio, Gianfranco Pasquino ne ha parlato sprezzantemente. Ma Indro Montanelli e Joe LaPalombara ne hanno parlato in ben altro modo (è possibile leggere la recensione di LaPalombara sul sito www.epn.org/psq/lapalombr.html).

Il volume sostiene, in maniera puntigliosamente fondata sui richiami bibliografici, una sua tesi peculiare: in Italia è avvenuto un colpo di Stato, condotto dai magistrati, che sono diventati qualcosa di simile a quello che le forze armate latino-americane erano negli anni Sessanta (p. 263), cioè un gruppo sociale intenzionato a impadronirsi del potere con la violenza e calpestando le regole democratiche. Una tesi di non poco rilievo, che, se dimostrata, avrebbe conseguenze sconvolgenti.

Si fa presto a dire colpo di Stato. Ma di che genere? Lo stesso Berlusconi e i suoi collaboratori sembrano aver diverse volte cambiato parere in proposito: all’inizio interpretarono il golpe come qualcosa che tecnicamente in spagnolo si dovrebbe chiamare un’intentona, cioè un avvertimento mirato al conseguimento di un vantaggio immediato; altre volte hanno interpretato il golpe come qualcosa che tecnicamente si dovrebbe chiamare un pronunciamiento, cioè un’azione mirata all’apertura di una trattativa con l’ala militare e con i mandanti politici; ora sembra che si stia rafforzando l’idea di presentare il golpe come un alzamiento, cioè un’azione di un gruppo specifico, rivolta ad impadronirsi del potere, senza mediazioni di sorta. Visto che l’idea del golpe era così centrale nella ricostruzione del libro, sarebbe stato necessario meditare di più sulla consistente letteratura in proposito, dal classico The Man on Horseback di sir S. E. Finer al provocatorio Coup d’Etat. A Practical Handbook di E. Luttwak. Riferimenti di questo tipo sarebbero stati utili allo scopo di delimitare il senso e il significato di una tesi che è ripetuta molte volte, però mai limpidamente chiarita a livello concettuale, né mai effettivamente provata a livello documentale.

Infatti, la tesi golpista non ha nel volume un contenuto propriamente specialistico: ha un contenuto analogico-metaforico. Mani Pulite sarebbe un’operazione politica, preannunciata dagli aderenti ad un credo politico, preparata attraverso alleanze politiche, e che in conclusione ha creato una nuova situazione politica (p. 261). Da questo punto di vista, il volume dice troppo e troppo poco. Se vuole dimostrare che i giudici di Mani Pulite hanno fatto politica, sfonda una porta aperta. E’ chiaro che i giudici hanno fatto politica; quella di Mani Pulite è una vicenda satura di politica. Ma quale politica? Quella del popolo dei fax, quella della Fiat, quella della CIA, quella del PDS, quella dei nemici di estrema destra della Prima Repubblica, o quella dei magistrati in generale, o quella del Pool di Milano in particolare? Hanno ragione i magistrati come Nordio che mettono in evidenza tutte le conseguenze politiche di Mani Pulite, ma hanno anche ragione i magistrati come Maddalena che mettono in evidenza la forte eterogeneità ideologica esistente all’interno della squadra milanese.

Il libro direbbe troppo se volesse dimostrare che i giudici hanno fatto la politica del PDS, direbbe troppo poco se volesse dimostrare che hanno fatto politica. Chi può contestare che hanno cambiato i connotati della politica italiana? Una generazione di magistrati che aveva criticato a squarciagola il cosiddetto mito della neutralità del diritto e aveva rivendicato invece la politicità del diritto, ha avuto finalmente e apertamente un ruolo politico. Ci mancavano solo loro: dopo la fine del comunismo l’Italia è il paese con la più estesa classe politica dell’universo, anzi il paese dove è stato inventato quel termine, la teoria corrispondente e varie altre derivazioni, compreso quel partitocrazia che risulta quasi intraducibile nelle altre lingue, tanto è vero che viene ricopiato tale e quale anche in inglese.

Le accuse sul doppiopesismo sono vecchie quanto sommarie; guai a dire al PDS e ai magistrati milanesi che ci sono stati due pesi e due misure: si offendono mortalmente. Nel suo cospicuo Il tempo della giustizia. Magistrati e politica nell’Italia che cambia, Editori Riuniti, Roma 1996, pp. 40-41, Pietro Folena ammette <<forme di coinvolgimento residuale e limitato di segmenti del PDS nel sistema della corruzione>>, ma aggiunge subito: <<La magistratura - a Milano, a Roma, a Napoli, a Venezia e altrove - ha indagato sistematicamente sul PCI-PDS per verificare l’ipotesi di un suo coinvolgimento nel sistema delle tangenti. Tutte le inchieste - anche quelle che hanno accertato responsabilità minori- si sono concluse con un esito negativo di quella verifica. Anche sul piano giudiziario si è fatta strada, malgrado l’incredulità degli stessi inquirenti, la convinzione dell’estraneità del PCI-PDS al sistema delle tangenti>>.

Ricapitoliamo: i magistrati sono increduli; Burnett e Mantovani sono increduli; io pure sono incredulo. Ma non c’è ancora nessuno che abbia prodotto un ragionamento in grado di trascinare dall’incredulità ad una spiegazione alternativa ed esauriente. In assenza di meglio, vince l’interpretazione secondo la quale il finanziamento occulto del PCI-PDS era qualitativamente e quantitativamente una cosa diversa rispetto agli altri partiti. Inclusi quei rubli sovietici che purtroppo né i magistrati né i critici dei magistrati sono stati però in grado di indagare, chiarire, documentare in maniera pertinente e convincente.

Di conseguenza, la tesi sul colpo di Stato non è documentata in maniera pertinente e convincente. Anche perché perfino i più severi critici dei magistrati hanno escluso l’ipotesi del complotto. Si esprime in questo senso A. Gismondi, in La Repubblica delle procure, Ideazione, Roma 1996, p. 103; si esprime in questo senso anche M. Patrono, in Il cono d’ombra. Mani pulite: istruttoria per un delitto quasi perfetto, Cerri, Milano 1996, p.33, che mette piuttosto in rilievo come si è formata <<una legione tebana di magistrati pronti a dare l’assalto al palazzo d’Inverno>>. Si esprimono in questo senso anche Bunett e Mantovani, pp.252-253. Ma si può parlare di colpo di Stato senza complotto e senza congiurati?

In Italia è avvenuta certamente la fine della Prima Repubblica, ma come conseguenza di un ampio numero di fattori, dalla fine della guerra fredda alla nascita della Lega, dal pietoso funzionamento di tante istituzioni all’esplosione del debito pubblico. I magistrati hanno dato il colpo di grazia. L’impressione di contraddittorietà e inverosimiglianza della tesi golpista può essere colta attraverso un semplice confronto tra la pagina iniziale e la pagina finale del volume di Burnett e Mantovani. Nella prima pagina, anzi nelle prime righe, gli autori cominciano solennemente dicendo che l’opera è pubblicata negli Stati Uniti invece che in Italia perché la pubblicazione in Italia sarebbe stata impossibile: in Italia de facto sarebbe sospesa la libertà di espressione nei confronti delle ricostruzioni di Mani Pulite che non siano conformi alla versione ufficiale. Ma come si può accettare quest’idea così impegnativa quando basta guardare le due ultime pagine del volume e si vede che gli autori concludono la loro fatica riprendendo apertamente e integralmente le argomentazioni esposte da Angelo Panebianco sulla prima pagina del Corriere della sera, cioè nientemeno il giornale più venduto e più autorevole in Italia?

In definitiva, niente colpo di Stato. Contemporaneamente è vero che quello Stato (o, per meglio dire, quel sistema politico) è caduto sotto i colpi di Mani Pulite. Ma era un sistema politico marcio, diventato gradualmente e incurabilmente marcio nel corso degli anni ottanta e arrivato al capolinea senza lo scudo protettivo dell'anticomunismo. Per questo sostanzialmente è caduto, senza bisogno di ricorrere al deus ex machina di cospirazioni e complotti, che certamente (figuriamoci!) ci sono stati, senza tuttavia esercitare un'influenza risolutiva.

 

 

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