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I paramilitari in Colombia

di Piero Innocenti

Dall’agosto del 1998, momento della sua elezione a Presidente della Repubblica, Andres Pastrana ha dedicato gran parte del suo impegno nella ricerca della pace in Colombia avviando contatti e realizzando incontri con i capi delle Farc (Forze armate rivoluzionarie della Colombia) e dell’Eln (Esercito di Liberazione Nazionale), formazioni guerrigliere da oltre 40 anni in guerra con lo Stato. Un processo lento, pieno di insidie, caratterizzato da una violenza quotidiana che non ha eguali nel mondo. Un obiettivo, quello della pace, tuttavia essenziale per consentire ad un Paese, per altri aspetti attraente ed interessante, di affrontare gli altri problemi da troppo tempo insoluti (la riforma agraria, la giustizia sociale, la lotta al narcotraffico, la violenza dei paramilitari). Mentre si registrano concrete iniziative per un accordo sulla pace, accogliendo anche la proposta delle guerriglia di "demilitarizzare" (Gennaio 1999) una vasta regione centrale della Colombia, le polemiche sui "paramilitari" e sul loro ruolo nel processo di pace sono andate accentuandosi in particolare dopo che le Farc hanno deciso di "congelare" il dialogo con il governo pretendendo azioni concrete contro i paramilitari ed il suo leader Carlos Castano, un antioqueno di 33 anni, da 17 in lotta contro la guerriglia.

La nascita delle prime formazioni "paramilitari". Il paramilitarismo in altri paesi dell’America. 

In Colombia sono molti coloro che appartengono ai gruppi paramilitari, formazioni, cioè, che svolgono attività vicine a quelle militari ma in forma irregolare, "desviada".La tendenza nel paese a confondere i due "fronti" ha una storia lontana che ha raggiunto anche una pretesa legittimazione legale da parte di coloro che, solo alcuni anni fa, hanno invocato il rispetto della norma di cui all’art.33 della legge 3398 del 1965 (convertito in legislazione permanente dalla legge 48 del 1968). Detta norma attribuiva al Ministero della Difesa "la possibilità di rilasciare, attraverso i comandi dipendenti il porto di armi da guerra ai privati cittadini quando lo si riteneva opportuno". 

Nell’art.25, poi si autorizzava il Governo Nazionale ad utilizzare la popolazione civile "in attività e lavori con i quali contribuire al ripristino della normalità".Soltanto dieci anni fa (25 maggio 1989), con la dichiarazione di incostituzionalità di tale norma, la Corte Suprema di Giustizia, forniva un primo contributo di chiarificazione su di un primo punto così importante nella vita di un Paese.La Corte, infatti , sottolineato come la interpretazione delle norme anzidette avesse portato ad una "…confusione in alcuni settori della società che ritengono di poter organizzare gruppi civili armati", concludeva decisamente che "l’attività di tali gruppi si colloca al margine della Costituzione e delle leggi". Nonostante tale pronunciamento alcuni "consiglieri del Governo" e le alte gerarchie militari continuarono a sostenere la legalità dei gruppi paramilitari (chiamati anche di "autodifesa") facendo ricorso a "resoluciones internas" come quella del 9 aprile 1969 che tendeva a "organizar en forma militar a la poblacion civil, para que se proteja contra la acciòn de las guerrillas y apoye la ejecuciòn de operaciones de combate".Nel medesimo "provvedimento" si individuavano i gruppi di autodifesa come "una organizzazione di tipo militare che si compone di personale civile selezionato nelle zone di combattimento".

In realtà la difesa di ufficio che è stata svolta nei riguardi di tali gruppi "clandestini" obbedisce al principio inconfessabile secondo cui attraverso tali strutture (anche) agenti dello Stato hanno potuto occultare la loro identità e realizzare operazioni sotto copertura, quasi sempre sporche, per garantirsi l’impunità.  Certo il fenomeno del paramilitarismo non riguarda soltanto la Colombia. In Guatemala, per esempio, sin dal 1995 , innanzi alle ripetute violazioni dei diritti umani, il Presidente Ramiro de Leon Carpio, iniziò lo smantellamento della struttura paramilitare dei Commissionados Militares , composta di oltre ventimila uomini e dotata di un regolamento proprio. Il provvedimento presidenziale era contemplato in un accordo sottoscritto nel marzo del 1994 tra il governo guatemalteco e la formazione guerrigliera dell’Urng (Unitad Revolucionaria Nacional Guatemalteca).

Neanche gli Stati Uniti sono immuni da questa piaga. Secondo stime più o meno ufficiali in almeno trenta Stati vi sarebbero gruppi di paramilitari ben strutturati mentre in altri dieci sarebbero comparse forme embrionali. Complessivamente sarebbero almeno centomila i "miliziani" ben addestrati . Ne sa qualcosa il leggendario Texas dove, a fine aprile 1997, uno sparuto gruppo di "separatisti", trinceratisi in una vecchia fattoria, tenne in scacco per diversi giorni le Forze di Polizia(un analogo episodio era avvenuto, sempre nel Texas, nell’aprile del 1993 e si era concluso, dopo un assedio di 55 giorni, con circa 80 morti). Per non parlare, poi, del tristemente famoso Ku Klux Klan ancora operativo in molti Stati americani.

Con lo slogan "ordine nella società" sono molti coloro che in Messico aderiscono ai paramilitari. Alla vigilia del Natale del 1997 nello Stato del Chiapas 45 indigeni furono assassinati dai paramilitari . Nelle settimane seguenti il Presidente della Repubblica Zedillo adotterà severe misure, destituendo politici, militari e poliziotti coinvolti, in vario modo, nel massacro. Tornando alla Colombia c’è da dire che qui il paramilitarismo rappresenta una sorta di pietra angolare nella strategia di una "guerra sucia" in una mescolanza confusa di civili e militari che si proteggono reciprocamente nelle varie attività delittuose. Basti pensare all’attività terroristica svolta dalla "Triple A" (Acciòn Anticomunista Americana) verso la fine degli anni Ottanta a Bogotà ed in altri Dipartimenti contro esponenti della Sinistra. Si accertò, infatti, la partecipazione a tale gruppo di diversi militari del Battaglione di Intelligence e Controintelligence "Charry Solano". 

Analogamente il gruppo MAS (Muerte a Secuestradores) costituitosi a Cali nel 1981 ed al quale si attribuiscono numerosi sequestri di persona, omicidi, attentati, minacce. Dalle investigazioni realizzate dall’ottobre 1982 in alcune città (Medellin, Cali, Barrancabermeja , Puerto Berrìo, La Dorada, Puerto Bayacà e Arauca) si appurò che su 163 persone coinvolte in questi squadroni della morte, ben 59 erano agenti della forza pubblica .

Il governo si sarebbe astenuto da qualsiasi iniziativa punitiva nei loro confronti temendo la reazione degli alti Comandi delle Forze Armate. Soltanto nell’agosto ’95 si è avuta notizia di alcuni provvedimenti di destituzione dalle Forze Armate scaturiti da inchieste della Procura della Nazione su gravi episodi di violazioni di diritti umani verificatisi nel passato.  Anche l’attività svolta nella zona di Puerta Boyacà negli anni dal 1982 al 1989 evidenziò un grande rafforzamento dei legami dei paramilitari (tra cui narcotrafficanti Gonzalo Rodriguez Gacha Fabio Ochoa, Fidel Castano e Pablo Escobar) con le Forze della Sicurezza , uniti in una attività di sterminio contro i comunisti. Tutto, naturalmente, anche con l’appoggio dei grandi proprietari terrieri , degli allevatori di bestiame e degli esponenti politici locali dei due partiti tradizionali in costante collegamento con i referenti della capitale.

Il Governo, almeno fino ad un recente passato ha cercato di ignorare il problema e, quando non ne ha potuto fare a meno ha istituito (almeno sulla carta) organismi "fantasma": E’ il caso del Presidente Virgilio Barco che con tre decreti del 1989 (rispettivamente n° 813, 814 e 1194) creò una commissione destinata a coordinare la lotta contro i paramilitari (chiamata anche Comision Antisicarial), un corpo speciale per contrastarli e tipificò come delitto la partecipazione o la promozione di tali gruppi "erroneamente chiamati militari". La realtà fu che la Commissione si riunì una sola volta: il corpo speciale non si costituì mai e la giustizia, in quegli anni, non ha mai condannato nessuno per "paramilitarismo". Non mancano, inoltre, alleanze dei paramilitari con i narcotrafficanti come è stato rilevato nei dipartimenti di Valle del Cauca e di Putumayo.I massacri di Trujillo (1988-1994), di Riofrìo (1993) nel Valle e di Cali (Aprile ’92), sui quali ha indagato una apposita Commissione istituita nell’ambito della Commissione interamericana dei diritti umani, hanno messo in luce stretti legami tra paramilitari e narcotrafficanti da una parte ed esponenti militari (in particolare il Battaglione Palacè di Buga) e della Polizia dall’altra (in particolare i Comandi di Trujillo, Tuluà, Riofrìo e Buga). 

E‘ opinione diffusa che il paramilitarismo sia dietro il genocidio che, da vari anni, si compie nei confronti della popolazione giovanile dei quartieri degradati della periferia di Cali dove il "cartello" della droga stipendierebbe i gruppi di "Cali limpia" o "Cali Linda" (non mancano sigle stravaganti come Terminator, Kan Kil, Mano negra, Los Magnificos, tanto per citarne alcune) per la eliminazione dei giovani emarginati sotto lo slogan della "pulizia sociale".Alcuni "raccapriccianti" volantini distribuiti alla fine degli anni Ottanta a Barrancabermeja (una città desolante sotto molti aspetti dove nel maggio 1998 i paramilitari saranno ancora i protagonisti di massacri) annunciava la nascita di uno di questi "squadroni della morte" (Toxicol-90) il cui obiettivo era di "eliminare e sradicare" le categorie di persone ritenute "scorie umane". 

La situazione di Barrancabermeja non è migliorata negli anni seguenti. Il CINEP (Centro de investigacion y education poular) presentando, alla fine del 1995, un resoconto molto critico sul rispetto dei diritti umani al termine del primo anno del governo Samper, sottolineava come su 183 omicidi registrati nella città dall’inizio dell’anno, gran parte fossero ascrivibili a esecuzioni e torture eseguite dai paramilitari, Le denunce (senza grandi risultati) non si sono contate più. Il vescovo di Barrancabermeja, Monsignor Jaime Prieto, ha denunciato l’acquisto di vasti latifondi intestati a "testaferros" (prestanome) con la complicità di politici locali , narcotrafficanti allevatori di bestiame e paramilitari. La strafottenza di questi ultimi è arrivata a tal punto che, nel mese di ottobre 1995, il gruppo di ""autodefensas campesinas de Colombia Henry Perez"" con un volantino rivolto alla opinione pubblica, rendeva nota la condanna a morte di ventitre dirigenti sindacali di Barrancabermeja accusati di essere "guerriglieri camuffati". E’ dello stesso periodo la minaccia di morte rivolta a circa trecento giovani di un movimento civico ad opera di "sconosciuti" armati che si spostavano in città utilizzando moto di grossa cilindrata.Nel Maggio 1998 vengono sequestrati venticinque operai per essere "processati" dai paramilitari . Alcuni cadaveri verranno ritrovati, alcune settimane dopo, nel fiume Magdalena che lambisce la città.Un"tribunale" di opinione composto da alcuni giudici e presieduto dall’italiano Giulio Girardi ,ricostruirà la vicenda (maggio 1999) condannando, sul piano etico, lo Stato colombiano per la "passività" dimostrata nella inchiesta. Il 2 giugno 1999 un commando paramilitare, liste alla mano, sequestra e giustizia quattordici persone alla periferia sud di Barrancabermeja. Sono ritenuti tutti "simpatizzanti di sinistra".

Paura e terrore si registrano ancora oggi in altre regioni del Paese. Nel nord di Santander e nel sud del Cesar (in particolare nei municipi di San Martìn, San Alberto, Aguachica e Ocana) è facile imbattersi in gruppi di "hombres armados, vestidos con prendas civiles y de uso privativo de las fuerzas armadas (….) a borde de vehiculos sin placas (…). Tra i gruppi paramilitari segnalati (Sociedad de amigos de Ocana, Los Ovejos, Los Tiznados) che ha destato maggiori perplessità è quello che ha potuto contare sull’appoggio diretto del Maggiore Jorge Alberto Lazaro Verget, un tempo comandante delle tre basi militari nel sud del Cesar che in varie circostanze aveva espresso "soddisfazione nel veder transitare per la regione i paramilitari". 

I paramilitari spadroneggiano anche nel Dipartimento del Meta. Risale agli inizi del 1995 il trasferimento forzoso di circa 2500 campesinos-minacciati dal gruppo "serpiente negra"-al municipio di "El Castillo" mentre il comitato civico dei diritti umani di Villavicencio è stato costretto a chiudere l’ufficio e a trasferirsi a Bogotà (dove, peraltro, la situazione non è migliorata) per le intimidazioni ricevute.  Situazione molto aspra nella zona "cafetera" (le regioni di Caldas, Quindio e Risaralda) dove si fronteggiano gruppi della guerriglia e cooperative rurali della sicurezza con azioni di "limpieza social" che fanno inorridire. A Cali, città con il più alto indice di criminalità, l’impunità è una costante nonostante le denunce, anche circostanziate, fornite alle varie autorità sul coinvolgimento di diversi agenti della Policia Nacional. 

Anche nella capitale non c’è da stare allegri. Sono ancora molti a ricordare gli avvisi funebri affissi in vari punti di Bogotà nell’Agosto ’93 con i quali si annunciava lo sterminio dei delinquenti invitando alcune categorie di commercianti ad assistere ai funerali . Un panorama generale, dunque, molto fosco se si riflette anche sulla estensione che stanno avendo tali aggruppazioni (fonti non ufficiali parlano di 250 gruppi di tutto il paese strutturati su 25 fronti) e sulla influenza nelle realtà territoriali:"De los 340 municipios del plais con mayor indice de violencia, 52 de ellos cuentan con presenzia de grupos paramilitares: y de los 174 donde hay amapola, 46 tienen organizaciones paramilitares" (così Camilo Echandia, Asesor de la Consejeria Presidencial para la paz nel seminario "Factores de violencia en Colombia" Departamento Nacional de Planeacion, 1994). Negli ultimi anni, poi, sono sorte in varie città gruppi di autodifesa denominati "milizie popolari" ossia strutture civili armate il cui compito primario consiste nel proteggere gli abitanti dei quartieri degradati della periferia dalle bande giovanili e dalla violenza delle forze dell’ordine. Alcune milizie operano apertamente altre clandestinamente e, secondo valutazioni di autorità militari e civili, esse costituirebbero la rete urbana dei gruppi della guerriglia di ispirazione marxista.  

Nonostante le origini non sempre chiare di tali organismi l’uso di nomi, come Milizie Bolivariane e Popolo per il Popolo , fanno ritenere verosimili loro vincoli con le organizzazione guerrigliere. Sta di fatto che gli omicidi di persone considerate "socialmente indesiderabili"(omosessuali, prostitute, piccoli spacciatori di droga, tossicodipendenti, indigenti, malati di mente) sono un fatto endemico nelle principali città colombiane. Naturalmente tutto ciò con la compiacenza (e la complicità) di appartenenti alle forze della sicurezza (nel 1996 la Fiscalia ordinò la cattura del generale a tre stelle, in congedo, Farouk Yanine per l’appoggio a gruppi di paramilitari realizzato negli anni Ottanta. Nello stesso contesto investigativo furono arrestati un colonnello, un maggiore ed un sergente. Per il massacro di quindici persone nell’aprile ’96 a Segovia la Fiscalia ordinò la cattura di un capitano dell’Esercito e di un dirigente dei paramilitari. La competenza, successivamente, passò alla giustizia penale militare con assoluzioni quasi scontate.  

La situazione è decisamente peggiorata con il governo Samper (1994-1998) che, pur sollecitando (9 settembre 1994) "investigaciones exhaustivas a los poderes judicial y disciplinario", ha dato, in occasione della presentazione del documento sulla Politica de derechos Humanos, una connotazione molto circoscritta al fenomeno "ligado, en alta medida, a la territorializacion de cierta porciòn de los capitales del narcotràfico que debilita al legìtimo monopolio de las fuerzas que debe mantener el Estado" aggiungendo, poi, che è "un fenomeno abbastanza circoscritto quello della formazione di gruppi di autodifesa in risposta alla violenza della guerriglia".

La nascita delle Cooperative di Vigilanza Rurale (Convivir).

 A questa sostanziale negazione e, comunque, sottovalutazione di un fenomeno che, viceversa, è tragicamente reale (i massacri del secondo semestre del 1997 e del 1998, lo confermeranno), ha fatto seguito nel dicembre ’94 una sorta di legittimazione del paramilitarismo che ha indossato le vesti di "Asociaciones Comunitarias de Vigilancia Rural". E di queste associazioni tornò a parlare il Capo dello Stato (dopo la decretazione dello stato di "conmociòn interior" adottato il 16 agosto 1995) sottolineando la necessità di regolamentarle in modo preciso ed esaltandone le funzioni che sarebbero esclusivamente di "informazione e comunicazioni nella lotta antiguerriglia" ossia "azioni non violente". Le polemiche non sono tardate.

Alcuni ritennero la proposta una sosta di invito a formare gruppi di autodifesa; altri sottolinearono la probabilità di degenerazione in bande incontrollate che avrebbe soltanto aumentato la confusione esistente nel panorama colombiano. Sta di fatto che in pochi mesi sono sorte (disciplinate dal decreto "Botero" dal nome del ministro proponente, arrestato nell’agosto ’95 nell’ambito del processo 8000) e si sono rapidamente sviluppate queste agenzie di vigilanza privata che sono state chiamare Convivir ossia Cooperative di Vigilanza Rurale. Ne fanno parte civili ed ex militari equipaggiati con armi leggere ed in collega-mento con proprie centrali radio. Stipendio minimo mensile 800mila pesos (circa 600 dollari). Attività operativa consistente in "appoggio" alla Forza Pubblica. Nel Dipartimento di Antioquia dove si registra il tasso di violenza più alto nel paese, a fine ’96 si contavano oltre cinquanta Convivir pagate dai vari latifondisti come un fondo di circa 100mila dollari al mese. La "giustizia privata" costa molto da queste parti!

 Mentre le Convivir andavano moltiplicandosi (circa 450 in tutto il paese a fine 97) non sono mai cessate le polemiche sulla funzione di tali organismi ritenuti da taluni (Alessandro Reyes) una forma per legalizzare i paramilitari o enti che agevolano la delinquenza (Gloria Isabel Cuartas, sindaco di Apartadò) e da altri (Alvaro Uribe Velez, governatore di Antioquia) giudicati come "alternativa di gente perbene" o gruppi che aiutano a recuperare la sicurezza (Generale Harold Bedoya). Su quest’ultima opinione non concorda molto lo stesso "Defensor del Pueblo" che attribuisce, senza mezzi termini, ai paramilitari i massacri commessi nel 1996 in Urabà, Cesar , Cordoba, Magdalena Medio e Llanos Orientale. Il Comitato Permanente per la Difesa dei diritti umani ha addirittura citato alcuni dati significativi: dei 1379 casi di crimini politici e 323 di scomparse di persone registrati da Gennaio ad Agosto ’96 la maggior parte furono attribuiti ai paramilitari e ai sicari. A loro viene attribuito l’omicidio (1997) di due investigatori del CINEP (Centro de Investigacion y Educacion Popular) di Bogotà. Si tratta di Mario Calderon (ex sacerdote) e di sua moglie Elsa Costanza Alvarado. Occupavano un appartamento nel nord della capitale . Alle tre del mattino "ignoti " sfondano la porta dell’appartamento e iniziano a sparare. Muore anche il suocero di Calderon mentre la suocera rimane gravemente ferita . Il figlio di diciotto mesi rimase illeso. I coniugi, da tempo, si occupavano di tutela dei diritti umani e di promozione culturale nelle zone emarginate della città. Quanta somiglianze con alcuni omicidi di mafia a Palermo e dintorni!

 La Corte Costituzionale chiamata a decidere sulla legittimità di alcuni articoli della legge "Botero" (n.356/1994) che regolamentava i servizi comunitari di vigilanza e di sicurezza privati emette il giudizio nel novembre 1997. Nella sostanza riconosce conforme alla Costituzione il diritto del cittadino ad organizzarsi collettivamente e permanentemente contro la minaccia delle varie forme di delinquenza ("è l’esercizio della legittima difesa in forma collettiva, organizzata e permanente"). Le Convivir (espressione che non appare nella legge) vengono, quindi, ritenute associazioni legittime anche se viene sancito che debbono limitare la loro attività a quella informativa e non possono dotarsi di armi lunghe (fucili, mitragliatrici ecc.) che debbono essere restituite all’Autorità entro le 48 ore dalla notificazione della sentenza della Corte. La sentenza, vale la pena ricordare, passò con cinque voti a favore e quattro contro. Aldilà delle motivazioni giuridiche resta la considerazione che in Colombia, ancora una volta, si riconosceva la incapacità dello Stato ad esercitare una delle funzioni essenziali che sono la difesa del territorio, dei suoi cittadini, della stessa sovranità. 

La violenza dei paramilitari in Urabà, "terra di nessuno".

 Dal 1995 al 1997 in varie zone del paese compresi i quartieri popolari di Bogotà, Cali e Medellin, si è avuta una escalation formidabile di gravi episodi di paramilitarismo. In Urabà, in particolare, la violenza ha raggiunto livelli tali da farle conseguire il triste primato di regione più violenta nel mondo (dal mese di Giugno 1994 all’Aprile 1995 vi sono stati 856 omicidi con un tasso per centomila abitanti pari a 244). 

E’ di metà agosto ’95 il massacro di diciotto persone nella discoteca Aracatazzo de Chigorodò (è la zona bananera di Urabà nel Dipartimento di Antioquia) rivendicato dal gruppo paramilitare Comando de Alternativa Popular come risposta ad un attacco condotto alcune ore prima in una zona vicina dove erano state uccise sei persone tra cui due soldati.Il 29 Agosto a Carepa, sempre nell’Urabà, vengono assassinati diciassette operai "bananeros" del movimento EPL fanno parte di un gruppo di oltre 150 persone, tra uomini e donne, che si stanno recando al lavoro a bordo di autocarri. Una volta selezionati, vengono legati alle mani ed uccisi a sangue freddo. Il 20 Settembre altre ventisei persone vengono assassinate mentre si recano al lavoro (si tratta di operai simpatizzanti del movimento EPL). Anche in questa circostanza la responsabilità viene attribuita alle FARC.E’ il sesto massacro dall’inizio dell’anno con oltre seicento persone uccise nella intera regione. 

I dibattiti al Congresso che si svolgono nelle serate stesse dei vari massacri non portano grosse novità: solite denunce, espressioni ampollose di analisi e valutazioni: si parla ancora di piani di sicurezza, di stanziamenti da realizzare per migliorare lo sviluppo della zona, della costituzione di un osservatorio internazionale per la pace. Un senatore della Union Patriotica legge in Assemblea alcuni commenti sulla situazione critica di Urabà di almeno quindici anni prima: non è cambiato nulla da allora. 

Da queste parti dove, ancora oggi, lo Stato è completamente assente sono vari gli "attori che hanno convertito la regione in una "sociedad extorsionada". Intanto la guerriglia, negli anni sessanta con EPL (Ejercito Popular de Liberacion) e nel finale degli anni ottante con le FARC. L’EPL, nel 1991, smobilitò la forza militare integrandosi nella vita civile come movimento politico Esperanza. Paz y Libertad. Lo spazio politico lasciato libero da EPL, convinse le FARC ad ampliare il loro ambito di controllo politico territoriale dalle zone "campesinas" a quella bananera. Le prime violente dispute non tardarono ad arrivare (146 militanti di Esperanza, Paz y Libertad sarebbero stati uccisi dalle FARC dal 1991 al 1994).Le FARC hanno, poi, sviluppato, in ambito urbano strutture di appoggio tattico, logistico e di eliminazione di oppositori chiamate milizie bolivariane che pur godendo di una certa autonomia , dipendono sempre dalla gerarchia della "guerrilla rural". Queste cellule sono segnalate nei municipi di Turbo, Carepa, Chigorodò e Apartadò. Questa organizzazione miliziana sarebbe responsabile della uccisione di alcuni appartenenti al DAS (un tempo combattenti dell’EPL sono entrati a far parte della Polizia segreta dopo il processo di pace del 1991).

L’autodifesa di Esperanza, Paz y Libertad viene affidata ai Comandos Populares ossia piccoli gruppi armati di una decina di uomini che hanno il compito di proteggere le persone della violenza del gruppo dissidente dell’EPL, dalla intolleranza delle FARC e delle Milizie Bolivariane. In questo scenario vanno registrate le presenze di un gruppo dell’ELN tornato alla lotta guerrigliera dopo il 1991 (Frente Bernardo Franco) che è contro i "traditori" di Esperanza, Paz y Libertad e che sarebbe autore di gravi violazioni al diritto internazionale umanitario (non disdegnando le coltivazioni illecite di coca e la protezione nei laboratori di raffinazione delle droghe) ed uno sparuto gruppo UC-ELN (Union Camilista-Ejercito de Liberacion Nacional) raggruppato in un fronte noto come "el Boche". 

I gruppi di autodifesa campesinas di Cordoba-Urabà con la "collaborazione " di esponenti dell’Esercito e della Polizia si confrontano con gli attori sopra elencati perseguendo il medesimo obiettivo ("atacar los grupos alzados en armas; lo que hace un gruppo beneficia al otro actor y viceversa"). A proposito di Cordoba , nel novembre 1997, durante una breve visita alla capitale dipartimentale Monteria, mi resi conto della "tranquillità" che regnava nella zona. "Grazie ai paramilitari" la gente era tornata nelle "fincas" e gli allevatori di bestiame finalmente potevano nuovamente incontrarsi per gli affari dopo un lungo periodo in cui erano costretti ad inviarsi "video" dei loro allevamenti per concludere l’affare.I contrasti tra queste formazioni, in una zona che è "di frontiera e di colonizzazione", con un potere locale inesistente (spesso minacciato) hanno contribuito a trasformare il conflitto in Urabà in un fenomeno di violenza generalizzata dove, spesso, alla gente non rimane che fuggire. Una interessante analisi sulla situazione dei diritti umani e sul trasferimento forzoso dei contadini nella regione di Urabà (la compongono i quattro municipi di Apartadò, Turbo, Carepa e Chigorodò con una estensione di 4643 Km.quadrati e 29000 ettari coltivati a banana) è contenuta in un documento che fu reso pubblico nel luglio del 1995 da alcune organizzazioni di sostegno (Cinep, Fides, Ilsa,Comision Andina de juritas) a "los desplazados" (persone costrette dalla violenza ad emigrare da una regione all’altra).

Sottolineato come il paramilitarismo costituisca il principale fattore di "desplazamiento", viene denunciato il finanziamento di tali gruppi ad opera di narcotrafficanti ed allevatori interessati al controllo del territorio del Nord dei dipartimenti di Antioquia e Cordoba per facilitare e sviluppare le varie attività illegali.

Non vi è dubbio che Urabà occupa una posizione geopolitica di estremo interesse, al confine con Panama, mentre le varie insenature favoriscono le attività di imbarco della droga e di importazione clandestina di armi per la guerriglia. In questa situazione, quindi, il controllo del territorio diventa essenziale alla vita stessa della organizzazione criminale. Tra i fattori che inaspriscono la situazione vanno anche segnalati quello di una giustizia pressochè inesistente ed un trattamento sostanzialmente militare riservato al conflitto dalle autorità locali e nazionali. Conflitto che trova i suoi antecedenti negli anni Sessanta quando iniziarono i primi contrasti tra il "gremio bananero" ed i movimenti popolari. E’ questo il periodo della nascita della prima struttura sindacale denominata Sintrabanano costretta a svolgere la propria attività in una forma semiclandestina a causa della forte opposizione dei "padroni". Negli anni Settanta nasce Sintagro nella quale confluiscono gran parte dei lavoratori della Coldesa, una compagnia colombo-olandese costretta a chiudere i battenti per i contrasti con la componente militare dell'EPL e con un fronte delle FARC. 

Dalla diffusione delle due organizzazioni succitate, dovuta alla violenta persecuzione cui furono sottoposti i suoi dirigenti, nasce, nel 1988, Sintainagro, organizzazione che presenta, al suo interno, due correnti politiche di sinistra. Se, dunque, vari sono gli attori del conflitto, le testimonianze raccolte sottolineano come "los grupos de autodefensa operativos con el Ejercito y no se conocen enfrentamientos entro ellos" e consentono di delineare con precisione organizzazioni e strutture delle due grandi organizzazioni paramilitari della zona che sono: 

- le tre compagnie paramilitari di Fidel Castano (presentano un'articolazione eminentemente militare) denominate "Los Mochacabezas" in quanto decapitano le vittime, "Los Tangueros" e "Los Scorpion"; 

- le "Autodefensas Campesinas" incaricate di procedere alla occupazione del territorio "limpiato" dai paramilitari di Fidel Castano. Ne fanno parte "Los Colimochos" (dal nome della coda dei cavalli che solitamente utilizzano nelle loro azioni) e "Los Chalices" (el chalis è il materiale con cui si confezionano le camicie usate). 

Ad una Polizia che si dichiara incapace di garantire sicurezza alla gente per mancanza di risorse umane si somma un Esercito che realizzerebbe azioni molto sporadiche contro la guerriglia ed un comportamento passivo innanzi alle attività dei paramilitari, mentre numerose testimonianze avrebbero individuato "ufficiali dell'Esercito" nei vari gruppi civili armati.Nelle conclusioni di un rapporto (settembre 1995) compilato dalla "Commission Verificadora de los Actores Violentos in Urabà" sono contenute sul punto, denunce precise alle quali l'autorità non ha mai prestato la necessaria attenzione. Il 1996 non si differenzia molto dagli anni passati. A metà febbraio un altro massacro. Avviene a Carepa. Sono undici lavoratori di una finca bananera. Oltre trenta "bananeros" riescono a fuggire mentre avviene la esecuzione ad opera di guerriglieri delle Farc. La Settimana Santa si presenta con il massacro di dieci persone nella sala di biliardo di Apartadò. Un mese dopo è la volta di sedici campesinos trucidati nella zona di Turbo. Vengono accusati i fronti 5 e 58 delle Farc. L'undici maggio a Juradò (Chocò) nove persone sono assassinati dai paramilitari. I comunicati delle varie autorità sono i soliti. La "novità" viene dal Governatore di Antioquia, Alvaro Uribe Velez che auspica la istituzione di cooperative rurali di vigilanza! Più tardi auspicherà la presenza di truppe internazionali per garantire la sicurezza dei cittadini (suscitando le reazioni dei militari). 

Il bilancio sulla violenza in Urabà nel primo semestre del 1996 non ha bisogno di commenti: 692 omicidi, 287 famiglie costrette a trasferirsi in altre zone, 60 persone scomparse. L'annuncio lo fa il sindaco di Apartadò, Gloria Isabel Cuartas che sta cercando, con grande coraggio, di contrastare questa violenza. A fine agosto sarà testimone di uno degli episodi più selvaggi che si ricordino nella zona. Due sconosciuti decapiteranno un bambino di dodici anni che insieme ad altri stava nelle vicinanze della "alcadesa". I motivi non si sapranno mai. Non c'è tempo, comunque, di riflettere troppo su questa "primitività" di azioni. Il 25 Agosto, nel municipio di Anzà, dieci campesinos vengono assassinati. La tecnica del massacro è sempre la stessa utilizzata dai paramilitari.Gli omicidi non si contano più negli ultimi mesi dell'anno. 

La mattanza continua nel 1997. Stavolta si usa la dinamite. Oltre 100 Kg. lasciati in un autocarro per la raccolta dei rifiuti. L'esplosione lascia undici morti e cinquantatré feriti. Il centro di Apartadò viene sconvolto. Il Comando della Polizia e l'Hotel El Pescator (albergo ove solitamente alloggiavano esponenti di organismi della sicurezza) sono ridotti ad un cumulo di macerie. Sembra un angolo del Libano. O forse peggio. L'attentato viene attribuito alle Farc come risposta alle azioni dei paramilitari. La sporca guerra contro i guerriglieri sembra senza fine. Il primo marzo 1997, in Antioquia e Sucre, una banda di "incappucciati", lista alla mano, ammazza otto persone e ne sequestra tredici. I giornali danno il solito "stringato" resoconto. I notiziari televisivi "accennano" a questi "ammazzamenti" come qualcosa di rutinario. E la vita continua, mentre questi gruppi di fuorilegge si vanno rafforzando sempre più sia militarmente che politicamente.A luglio 1997 esce il primo numero della rivista dei paramilitari. Si chiama "Colombia Libre" ed è l'organo ufficiale di divulgazione delle AUC (Autodefensas Unidas de Colombia).Nel secondo semestre l'offensiva dei paramilitari contro la guerriglia e coloro che l'appoggiano tocca livelli mai raggiunti. Tra i massacri vanno ricordati quelli di Tocaima (21 novembre, 14 contadini uccisi), di Dabeiba (20 novembre, 14 campesinos trucidati), del Cesar (2 dicembre, otto morti). Sono migliaia le persone costrette al "desplazamiento" da una parte all'altra del Paese alla ricerca disperata di un posto dove poter vivere (secondo valutazioni della Consejera para los derechos humanos y el desplazamineto rese pubbliche ai primi di luglio 1998, sarebbero stati circa cinquecentomila, negli ultimi tre anni, i colombiani costretti ada abbandonare le loro case per la violenza della guerriglia e dei paramilitari.

Ai primi di dicembre il Procuratore Generale Gomez Mendez ricorda, con non poca preoccupazione, che negli ultimi mesi l'A.G. ha emesso circa 180 ordini di cattura contro paramilitari , quasi tutti ineseguiti. Il Governo decide la creazione di un reparto speciale per la cattura di questi latitanti sul modello del Bloque de busqueda di Cali e fissa laute ricompense per chi fornirà informazioni. Iniziano a circolare immagini televisive di personaggi noti come Antonio Castano Gil, alias Rambo e di suo fratello Carlos, alias Alex. Per ciascuno dei due le Autorità offrono un milione di dollari per la cattura. A proposito della approssimazione che talvolta caratterizza l'attività delle Forze della Sicurezza va ricordato l'episodio che creò sconcerto e gettò nel ridicolo un settore del Das (la Polizia segreta). La foto pubblicata sugli organi di informazione per la cattura di "Rambo" era in realtà quella dell'autista del Presidente della rivista Semana, che si vede sbattuto in prima pagina di tutti i giornali. Pochi giorni dopo verrà destituito il direttore della intelligencia del Das di recente nomina. A gennaio 1998 un mio amico della Polizia Nazionale viene mandato ad Apartadò a comandare il Dipartimento di Urabà. E' il Ten.Col. Santiago Parra, Ufficiale serio e generoso, con cui ho lavorato alcuni anni prima alla Polizia Antinarcoticos.

Come il Governo ha considerato i "paramilitari".

Nonostante le ripetute denunce di gravissimi episodi di violenza vanno ricordate le sorprendenti (e divergenti) valutazioni fatte dai vertici istituzionali su queste strutture criminali. In una intervista del 9 luglio 1995, l'allora capo dello Stato Samper, alla domanda se l'accordo di pace dovesse riguardare oltre la guerriglia anche le milizie ed i paramilitari, rispondeva affermativamente anche se "questi gruppi (i paramilitari n.d.s.) non si sono dimostrati contrari al sistema democratico nè hanno manifestato una strategia sovversiva".

Il 30 agosto (il giorno seguente alla strage di Urabà) lo stesso Samper, in occasione del terzo Congresso della Polizia, riferendosi ai paramilitari, dichiarava che con questi non era possibile alcun tipo di dialogo invitandoli a sottomettersi alla legge e alla giustizia. Dieci giorni dopo Samper si dimostrava, viceversa, "disponibile" alla proposta avanzata da Ramon Isaza, leader dei paramilitari del Magdalena Medio, per un dialogo diretto ed a un trattamento eguale a quello riservato alla guerriglia per accordi con il Governo in relazione alla possibilità di trasformarsi in cooperative rurali di sicurezza.Questa ambiguità governativa nella politica della sicurezza pubblica non è, in realtà, una novità.

Già Gaviria (Presidente della Repubblica dal 1990 al 1994), infatti, nel contesto della c.d. "guerra integral", l'11 febbraio 1994, aveva emanato il decreto 356 intitolato:"Estatuto de vigilancia y seguridad privada" e, prima ancora, con il nuovo regolamento della Polizia Nazionale (Legge 62 del 12 agosto 1993), la "Superintendencia de Vigilancia y Seguridad Privada". Nonostante gli obiettivi fossero quelli di controllare il settore della vigilanza privata e, quindi, anche dei gruppi di autodifesa, il provvedimento creò assurdamente nuove entità chiamate:"servicios comunitarios e cooperativos de vigilancia y seguridad privada" autorizzate ad operare anche con le armi. 

C'è da dire, infine, che la stessa articolazione interna datasi dai gruppi di "autodefensas de Colombia" in occasione del primo convegno svoltosi agli inizi del 1995, evidenziò con sufficiente chiarezza la reale natura e finalità di tali strutture (ciascuna delle quali articolata al proprio interno in un Gruppo di autodfesa urbano, un Gruppo di intelligence ed uno di Supporto politico) che sono andate sempre più aumentando in tutto il paese. 

Innanzi a questa diffusa "rete" di paramilitari e ad una attività che è apparsa sempre meno isolata, si è parlato di un progetto politico-militare con riferimento ad alcune motivazioni che ne costituirebbero il fondamento: lo sviluppo nella lotta contro la guerriglia, la difesa della proprietà privata intesa anche come conservazione nel controllo del territorio, un'azione anticomunista destinata al consolidamento dei poteri clientelari locali. Su quest'ultimo punto va ricordato il "genocidio politico" che si è perpetrato in Colombia contro il partito della coalizione della sinistra noto come Union Patriotica (UP) e contro il Partito Comunista. Secondo il rapporto dell'ottobre del 1996 redatto dalla Commissione Interamericana dei diritti umani, durante il 1996 (sino al 20 settembre), è stato assassinato un attivista della UP ogni due giorni. Molti esercitavano funzioni pubbliche. La notizia di un tentativo di dialogo da parte governativa con i paramilitari diffusa dalla stampa ai primi di gennaio del 1996 non sembrò suscitare grandissimo interesse (probabilmente perchè era ancora periodo di vacanze). Il tentativo di dialogo, tuttavia, si bloccherà il 15 febbraio, dopo l'ennesimo massacro nella zona di Urabà.

Si registreranno altri tentativi nei mesi successivi (di uno ne darà notizia il quotidiano El Tiempo del 25 novembre 1996) che non approderanno a nulla di concreto anche perchè i "dissenzienti" della sinistra o vengono uccisi o minacciati (nel mese di maggio a Colosò, "Sucre" viene assassinato Marcel Burgos Ochoa ultimo esponente della Union Patriotica della zona. A Bogotà , il 7 maggio, cercano di uccidere Aida Abella consigliera della UP mentre viaggia con la sua autovettura scortata dal DAS. Nell'azione viene utilizzato un bazooka. Il 13 ottobre viene assassinato da sconosciuti Josuè Giraldo Cardona dirigente della UP nel Dipartimento del Meta. Viene ucciso Albeiro Bustamante Munoz segretario generale del Consiglio di Apartadò. Alcuni giorni dopo gli ultimi quattro consiglieri della sinistra di Apartadò, minacciati di morte, vengono trasferiti, sotto scorta, in una località segreta). 

Neanche la denuncia (novembre 1996) della Ong americana "Human Rights Watch" sulle violazioni dei diritti umani ad opera dei militari e dei paramilitari serve a scuotere più di tanto le "supreme" autorità colombiane. Il rapporto viene considerato "trasnochado" ("prodotto di notte!") dal Governo. Sui diritti violati interviene anche il Colonnello Carlos Alfonso Velasquez, ex Comandante del Bloque de Busqueda. L'ufficiale sostiene che vi sono state omissioni nella lotta contro i paramilitari aggiungendo che l'Esercito deve rilegittimarsi innanzi al popolo. La conseguenza di tali dichiarazioni è stata quella del congedamento anticipato dell'Ufficiale dall'Esercito (si presenterà candidato alle elezioni del Congresso del marzo 1998). Vale la pena ricordare che il Colonnello aveva diretto le prime perquisizioni all'ufficio di Guillermo Pallomari, contabile del cartello di Cali, da cui erano scaturiti gli elementi indiziari per l'inchiesta giudiziaria sfociata nel processo 8000.

 La violenza nel 1997.

 Una radiografia allucinante sul rispetto dei diritti umani in Colombia viene presentata a fine gennaio 1997 dal Dipartimento di Stato americano. Tra i dati impressionanti quelli relativi ai 137 omicidi nel primo trimestre 1996 attribuiti ai paramilitari, il trasferimento forzoso di circa 750mila persone a causa dei gruppi di paramilitari e della guerriglia, 3.500 sequestri di persona secondo stime di una agenzia americana (1.500 secondo fonti ufficiali), venti cadaveri di soldati uccisi in combattimenti e mutilati dai morsi di cani. Stavolta sembrerebbe grossa polemica. Il ministro degli Esteri parla di "un rapporto serio, denso, che analizza con un certo grado di obiettività la problematica"; dall'altra un comunicato congiunto, duro (ma non troppo!) delle Forze Armate e della Polizia a respingere le accuse di alleanze e contiguità con i paramilitari o della presenza di squadroni della morte all'interno delle istituzioni militari. Il rapporto viene giudicato "temerario" dalla cupola castrense. Sta di fatto che i dati e gli episodi ben precisi che vengono citati nel rapporto non verranno mai smentiti.

 Il "potere" dei paramilitari aumenta in tutto il 1997. Innanzi ad uno Stato incapace di garantire sicurezza in molte regioni e a Forze Armate continuamente colpite dai guerriglieri, i paramilitari appaiono la unica struttura in grado di contrastare con una certa efficacia la violenza. Quanto ciò sia grave per la legittimità dello Stato è facilmente comprensibile. La notizia (El Tiempo, 27 aprile 1997) che un commando di paramilitari assalta un accampamento dell'ELN per liberare un sequestrato uccidendo sette guerriglieri viene considerato "un atto umanitario".

Aumentano anche gli scontri con la guerriglia con il risultato di aumentare i "desplazados". A fine marzo 1997 circa 2.600 campesinos, da Riosucio, dopo un mese di viaggio a piedi, arrivano a Mutatà nell'Urabà antioqueno. Incidenti con l'Esercito, incaricato di controllare la situazione, provocano alcuni feriti. Le immagini di questa marcia di anziani, donne, bambini, non si possono dimenticare. Vengono in mente le colonne umane del Ruanda, dello Zaire, del Burundi costrette a fuggire dalle guerre tribali e dalla limpieza etnica. Qui, in Colombia, la gente costretta a scappare è superiore a quella dei tre Paesi citati (27.050 persone "desplazadas" in tutto il 1996 fino a metà del 1997 secondo un comunicato della Red Nacional de Informacion; circa 181mila secondo i dati raccolti dall'Unicef e da Codhes Cansultoria para los derechos Humanos y el Desplazamiento e resi pubblici il 15 agosto 1997 da El Tiempo). 

Continuano i massacri "lista in mano". Il tenta maggio nella zona bananera della Sierra Nevada di Santa Marta sei contadini vengono ammazzati dai paramilitari. Erano in attesa di ricevere la "quincena" (il salario dei quindici giorni lavorativi).

Il primo giugno, nelle zone marginate di Medellin, sedici giovani vengono assassinati in tre circostanze diverse. Si tratta di situazioni confuse dove le stesse autorità di Polizia faticano a comprendere i moventi, le storie che possono motivare tanta bestialità. Sette di questi cadaveri giacciono intorno ad un biliardo di un fatiscente locale del quartiere Pinal. Da alcuni giorni il nuovo Vice Comandante della Polizia di Medellin è il Col.Libardo Molina. E' un mio amico. E' stato per un anno a Roma presso la Direzione Antidroga. Lo sento telefonicamente. Mi dice che a Medellin è peggio di Urabà. A ferragosto nel municipio di El Retiro, poco distante da Medellin, dieci "poveracci" vengono trucidati nelle loro povere abitazioni di legno e cartone. Le Autorità non sanno a chi attribuire l'ennesimo massacro.Il 4 ottobre una commissione composta da oltre 50 membri della Fiscalia, del DAS, dell'Esercito viene attaccata nel Meta mentre sta operando alcuni sequestri di beni. Undici persone vengono assassinate. L'episodio è attribuito ai paramilitari "disturbati" mentre stavano trasportando un carico di circa 350 chilogrammi di cocaina. Con i massacri di novembre, cui si è fatto cenno, risultarono oltre duecento le persone assassinate dai paramilitari e migliaia quelle costrette a fuggire dai luoghi di residenza. Nessun paramilitare risultò arrestato.

 Il 1998: un anno di massacri annunciati. L'espansione dei paramilitari.

 A dicembre 1997 e gennaio 1998 arrivano durissime critiche (come ogni anno!) sulla situazione dei diritti umani in Colombia. Ad iniziare le accuse è la Ong Human Rights Watch che nel suo rapporto annuale reso pubblico a Washington denuncia che i paramilitari "operando con l'acquiescenza dell'Esercito e talvolta con il suo appoggio" (le continue critiche porteranno a metà maggio 1998 alla decisione di ristrutturazione di alcuni settori dell'Esercito tra cui la soppressione della Brigata XX addetta alla attività di intelligence e più volte indicata da varie organizzazioni come la principale artefice di manovre sporche) sono i maggiori responsabili delle violazioni dei diritti umani. Nella triste graduatoria seguono i guerriglieri e gli Agenti della Forza Pubblica.Sulla stessa linea la situazione indicata dalla Commissione Interamericana dei Diritti Umani della OEA (Organizzazione degli Stati Americani). L'analisi è successiva ad una visita in Colombia di alcune settimane. Viene rilevato un incremento delle attività delittuose dei paramilitari e mossi dubbi sul ruolo delle Convivir.

Le analisi e le denunce, purtroppo, servono a ben poco. Continuando nel tentativo di espansione verso il sud della Colombia, nelle zone (Caquetà, Meta, Guaviare, Putumayo) dove la guerriglia esercita il suo dominio, i paramilitari iniziano la loro offensiva con alcuni omicidi selettivi nel Putamayo e precisamente a Puerto Asis. Una quarantina di contadini, studenti, operai vengono uccisi in varie riprese tra la fine di gennaio e la metà di febbraio 1998. "Il cimitero è troppo piccolo!" dichiara Simon Vargas addetto alle sepolture. Il Sindaco Nestor Hernandez si reca a Bogotà per informare della situazione le "autorità" centrali e chiedere maggiore presenza dello Stato innanzi al dilagare della violenza paramilitare. Quanta ingenuità! Il Ministro della Difesa, la sera del 12 febbraio, legge un comunicato innanzi alle telecamere in cui sottolinea che le informazioni fornite dal sindaco non coincidono con quelle in possesso dalla Polizia, della Fiscalia, dei Comandanti Militari. Vengono, quindi, invitate le persone e i mezzi di informazione alla "cautela e alla misura" nel somministrare notizie ancora da verificare. Lo stesso Comandante dell'Esercito dichiara che non ha notizie di paramilitari nella zona del Putumayo. Incredibile farsa, innanzi a fatti reali come la sepoltura di almeno 20 cadaveri "N.N." crivellati di pallottole, testimoniata da cittadini di Puerto Asis al telegiornale del 12 febbraio che hanno notato nel "pueblo" gruppi di persone, mai viste in precedenza, con uniformi militari.

Tornano alla memoria alcune incredibili dichiarazioni rese tempo prima dal Generale Harold Bedoya nel periodo in cui era comandante della I Divisione dell'Esercito in Santander:"Nè a Santander nè in nessuna parte del Paese vi sono gruppi di paramilitari o di autodifesa: ciò è una pura invenzione della guerriglia (...) quando ci sono campesinos che non vanno d'accordo con loro - la guerriglia - dice che si tratta di paramilitari per giustificare tutti i loro atti terroristici" (pag.60 del "El proyecto paramilitar en la region de Chucurì" informe Comision de Justicia y Paz, agosto 1992).Il 13 febbraio 1998 alcune migliaia di persone di tutte le categorie sociali scendono per le strade di Puerto Asis. Il corteo è preceduto da un enorme striscione tenuto dalla gente:"Il Popolo di Puerto Asis respinge la incredulità del Governo Nazionale". Il Governo fa finta di niente anche innanzi alla puntuale denuncia riportata da El Tiempo (1 marzo 1998) secondo cui i paramilitari stanno estendendo sempre più la loro zona di influenza verso il Sud del Paese e precisamente in Granada (Meta) dove soltanto "los gallinazos denuncian" e a San Josè del Guaviare dove l'influenza guerrigliera è stata sempre incontrastata per decenni.

La "mattanza" continua indisturbata ed il 27 aprile 1998 ad Urrao, centottanta chilometri da Medellin, una quarantina di appartenenti alla "giustizia privata" assassinano venti contadini. Le "formalità di legge" delle autorità possono compiersi soltanto dopo un giorno dal fatto in quanto la zona è "troppo incandescente" per la presenza degli "irregolari". Non passano neanche dieci giorni che a Puerto Alvira, a cavallo tra il Meta ed il Guaviare, vengono fucilati ed incendiati i corpi di ventidue "campesinos". Tra essi una bambina di sei anni. Le testimonianze parlano di un nutrito gruppo, almeno duecento, di paramilitari che si sono impadroniti, per oltre due ore, del villaggio con l'ultimatum di abbandonarlo entro otto giorni. Nonostante il massacro fosse stato annunciato da almeno un paio di mesi (lo stesso Defensor del Pueblo avrebbe sollecitato la presenza militare nella zona) nessun provvedimento è stato adottato. I veleni tra il Ministro della Difesa ed il Defensor del Pueblo evidenzieranno, ancora una volta, la vergogna di un Paese che non è in grado di tutelare la gente costretta ad estenuanti marce di "desplazamiento" alla ricerca di improbabili luoghi dove poter vivere. L'11 maggio a Liborina (Antioquia) altre sette persone, lista alla mano, vengono uccise dai paramilitari. Più a Sud del Dipartimento di Antioquia quattro anziani del Municipio di Betania subiscono la stessa sorte.Perre Sanè, Segretario Generale di Amnistia Internacional invia ai primi di maggio 1998 una lettera aperta al presidente Samper contenente la solita denuncia delle violazioni dei diritti umani che "forze sicure"(!) stanno commettendo nel Paese. La notte del 16 maggio una cinquantina di paramilitari, tutti incappucciati, perquisiscono varie abitazioni di quartieri poveri di Barrancabermeja. Con il solito rituale vengono decapitati undici giovani mentre di altri venticinque giovani, condotti a bordo di autocarri, si perdono le tracce (saranno giustiziati e bruciati dopo essere stati "giudicati" e ritenuti colpevoli di appartenere alla guerriglia dell'Eln e dell'Epl. La notizia si diffonderà attraverso i notiziari del pomeriggio del 4 giugno 1998. Le immagini di teste mozzate e di scalpi lasciati per terra sono di una primitività sconvolgente.

Di fronte alla pressione internazionale le Autorità assumono qualche iniziativa contro i paramilitari. Il 19 maggio 1998 vengono catturate alcune persone indiziate di appartenere a tali gruppi. Tra di essi il Sindaco di Sucre, il medico condotto, un funzionario del Municipio ed un poliziotto. Sempre sulla costa atlantica agenti della Dijn (la Polizia Giudiziaria) catturano Francisco Alberto Marulanda, fratello dell'ex Ministro dello Sviluppo ed ex Ambasciatore presso la Comunità Europea. Anche per lui l'accusa di omicidi e di direzione di gruppi di paramilitari. E' di quei giorni (3 giugno 1998) la notizia della condanna a ventidue anni di carcere per i due ex sindaci di El Carmen de Chucurì (Santander). Per entrambi l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla costituzione di gruppi paramilitari conosciuti nella regione come Los Mano negra, Los Tiznados, Los pajaros, Los caracuchos. "Segretamente" si realizza a metà maggio 1998 il secondo congresso dei paramilitari raggruppati nella Autodefensas Unidas de Colombia (AUC). Carlos Castano ne è sempre il leader. I gruppi di Cundinamarca, Santander e Casanare decidono di confluire nelle AUC che chiedono il riconoscimento di organizzazione politica alla stessa stregua delle formazioni guerrigliere. 

Continuano, nel frattempo, scontri violenti tra la guerriglia e i gruppi "della giustizia privata" (da un po' di tempo le "Autorità" preferiscono usare questo termine anzichè quello di "paramilitari" che deve aver dato fastidio alle alte gerarchie delle Forze Armate). A Murindò, un piccolo e sperduto pueblo ubicato in una delle diramazioni del fiume Atrato, al confine del Choco ed Antioquia, giungono notizie di morti e feriti tra "paras" e guerriglieri. I fatti risalirebbero alla fine di maggio. La notizia giunge a Bogotà i primi di giugno. Saranno necessari alcuni giorni prima che Forze Armate e Croce Rossa possano giungere nella zona praticamente isolata. Sarà possibile incontrare soltanto alcuni feriti. Non si troverà traccia di cadaveri. La terra ha inghiottito tutto.

Il 12 giugno a Simitì, nella zona di Barrancamermeja, gli scontri tra civili e paramilitari lasciano un saldo i cinque morti (due paramilitari e due feriti). Il 21 giugno nella frazione di El Diluvio (Valle Dupar) un gruppo di paramilitari assassinò a colpi di machete otto persone obbligando il restante nucleo della piccola comunità a permanere nella scuola.Domenica 5 luglio alcune centinaia di uomini della "Giustizia privata" seminano il terrore nel Meta e Vichada. Stavolta si parla si parla delle Fuerza Unidas Campesina, nuovo gruppo di paramilitari nelle pianure de Los Llanos. I morti sarebbero 24 tra cui due bambini. Alcuni cadaveri vengono recuperati. Per altri corpi non si troverà traccia. La domenica successiva i paramilitari incursionano Sabanalarga (Antioquia) lasciando insepolti i cadaveri di nove contadini.

 Un segnale positivo giunge alla fine di luglio. E' il 25 e sono trascorsi circa quindici giorni dall'incontro di Mainz, in Germania, tra i rappresentanti della società civile e quelli dell'Eln. L'incontro è stato un primo, importante passo verso la pace da tutti invocata. Il Presidente delle Convivir, Carlos Alberto Diaz, rende pubblica la decisione di richiedere alle Autorità la cancellazione della licenza di 289 associazioni (su di un totale di 414) come manifestazione di buona volontà. Il giorno seguente l'incontro del consiglio Nazionale della Pace e di rappresentanti della Società Civile con i paramilitari (Autodefensas Unidas de Colombia). L'accordo, chiamato anche del Nudo de Paramillo dalla località dove si svolge, viene raggiunto alla presenza del leader Carlos Castano. Il Procuratore Generale Mendez esprime pubblicamente alcune riserve sull'incontro, ricordando l'esistenza di ordini di cattura contro quelle persone che sono al margine della legge. L'accordo resterà soltanto sulla carta.

 I "paramilitari" ed il narcotraffico secondo gli americani. 

Nei primi mesi del 1999 la violenza dei paramilitari non accenna a diminuire. Il sequestro (febbraio 1999) a Medellin, del Direttore dell'Istituto Popolare di addestramento e di tre funzionari difensori dei diritti umani, causa ancora forti proteste locali e da parte americana. L'azione viene rivendicata da Carlos Castano che riferendosi ai sequestrati li definisce "paraguerriglieri". Alcuni giorni prima, nel Magdalena, erano stati assassinati due esponenti del comitato di solidarietà con i prigionieri politici (CSPP). Che gli americani abbiano intenzione di cambiare atteggiamento nei confronti del paramilitarismo lo si capisce chiaramente dalla lettura di un documento (riservato!) redatto dalla DEA (l'agenzia antidroga americana) nel febbraio 1999 in cui Carlos Castano viene per la prima volta indicato come narcotrafficante. In realtà già nel corso del 1997 e 1998 la Polizia Antidroga colombiana aveva individuato alcuni laboratori per la raffinazione della cocaina e rinvenuto tracce di possibili collegamenti tra i paramilitari ed i narcos. Questa volta, tuttavia, si dichiarava più o meno apertamente il coinvolgimento diretto del capo dei paras (che, nell'aprile del 1999, con una lettere inviata al Presidente Pastrana e all'ambasciatore americano Curtis Kamman, respinge fermamente l'accusa dichiarandosi disposto a lasciare la leadership del paramilitarismo colombiano se si dimostrerà la sua partecipazione al narcotraffico). A metà anno l'obiettivo della pace sembra ancora un lontano miraggio.

Piero Innocenti, 1999.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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