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Dieci temi criminologici fondativi

(31 gennaio 2000)

All'inizio degli anni novanta lo statuto definitorio della criminologia non è univoco; basti leggere il manuale del prof. Bandini (attualmente Presidente della Società Italiana di Criminologia), edizioni Giuffré 1989, p. 9: <<Attualmente la criminologia appare incerta circa le proprie finalità ed il proprio oggetto di studio, risulta divisa in indirizzi talvolta profondamente contrastanti, è condizionata da una situazione di profonda crisi, che in molti casi limita lo sviluppo, l'affermazione e la diffusione della disciplina. Sulla crisi della criminologia esiste un consenso quasi unanime...>>.

Nel corso di dieci anni la trasformazione degli studi criminologici è stata notevolissma, come hanno potuto osservare gli studiosi italiani (pochissimi) che hanno partecipato a Seul nel 1998 al Convegno quinquennale della International Criminological Association. Da un certo punto di vista, ad esempio, la criminologia viene vista come una disciplina che soprattutto deve dare consigli per strategie difensive di proprietà, interessi, informazioni. Da questo punto di vista l'insegnamento della criminologia applicata è ovviamente di grande importanza per forze di polizia, investigatori, operatori della sicurezza. Ma da questo punto di vista la criminologia applicata entra in concorrenza con i programmi offerti dalle scuole interne ai singoli organismi pubblici. Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia di Stato, Sismi, Sisde hanno già le loro scuole, largamente finanziate e sperimentate.

Da un altro punto di vista invece le università possono offrire molto in più, a confronto con queste scuole: una serie di competenze tipicamente accademiche, relativamente a discipline, dalla sociologia alla psicologia, dall'antropologia alla metodologia, che nelle università vengono insegnate giornalmente. Sulla base di queste competenze accademiche e della esperienza accumulata in anni di lavoro, i redattori di questa rivista pensano di poter offrire un approccio ai problemi della criminalità che è innanzitutto umanistico e istituzionale. Sinteticamente espongo alcuni punti che sono specifici di questo approccio ai temi della criminologia, della sicurezza, della devianza, dell'intelligence.

  1. Una criminologia umanistica comincia dalla considerazione che gli esseri umani sono parte di una complessa rete di interazioni culturali, sociali, psicologiche, economiche, giuridiche, istituzionali. Se noi ignoriamo questo aspetto, perdiamo il significato del comportamento criminale. Ad esempio, quando genericamente si parla di mostri, è evidente questa incapacità di comprensione. Per una criminologia umanistica, empatia e compassione sono l'inizio della comprensione. Ricordiamo il celebre motto Homo sum, nihil a me alienum puto. Niente di umano è estraneo ad una criminologia umanistica. Per noi non esiste il mostro, ma l'essere umano che a volte nuoce agli altri soltanto involontariamente o per odio di se stesso. Da una impostazione umanistica discende inevitabilmente il postulato che sottolinea l'importanza dell'educazione e della morale. Tutti gli operatori che si impegnano nella prevenzione o nella riabilitazione debbono partire da una attenta valutazione morale del contesto, del crimine, della vittima. Anche per una questione di carattere morale, tanti aspetti metodologici e contenutistici debbono essere presi in seria considerazione, dalla vittimologia ai processi di stigmatizzazione.
  2. Gran parte del comportamento criminale è comportamento razionale. La razionalità del comportamento criminale si esercita dentro un contesto istituzionale. Prima di infrangere la legge, gli individui svolgono un'analisi costi-benefici di premi e punizioni. Questa premessa metodologica mette in evidenza le responsabilità degli individui, ma ancor più quelle delle istituzioni, che svolgono un ruolo decisivo: possono aiutare a prevenire il crimine (ad esempio con interventi adeguati nel mercato del lavoro o nell'istruzione) sia a scoraggiare il crimine (ad esempio attraverso investigazioni che assicurino la certezza e l'efficienza della pena). In un certo senso, i livelli di criminalità sono uno specchio del funzionamento dell'apparato istituzionale. Nella terra di Cesare Beccaria, è elementare sottolineare l'importanza della razionalità del sistema istituzionale. Il riconoscimento a livello metodologico dell'importanza del sistema istituzionale porta a varie conseguenze. Una in particolare è rilevante: il nostro atteggiamento nei confronti delle istituzioni e di chi le incarna è favorevole pregiudizialmente e programmaticamente.
  3. Le analisi della criminalità debbono essere svolte dentro un contesto comparativo internazionale Il confronto con gli altri paesi ci permette di apprezzare meglio le caratterisitiche del nostro paese. Il confronto tra Oriene e Occidente, ad esempio, ci permette di mettere in rilievo l'importanza di un confronto tra una cultura centrata sui doveri e una cultura centrata sui diritti. Questo confronto ci fa porre in primo piano il concetto di responsabilizzazione. Non è necessario rivolgersi soltanto all'Oriente per apprezzare la natura del problema: Il primo ministro inglese Tony Blair ha messo in rilievo che la responsabilizzazione (dei minori, delle famiglie, delle istituzioni) è un tema politico di primaria grandezza (oltre che una parola d'ordine con la quale si possono vincere le elezioni). Per prevenire il crimine è necessario che un sentimento di responsabilizzazione penetri fin dentro il cuore e le ossa.
  4. La cultura degli anni Sessanta, e il sessantotto in particolare, hanno indubbi meriti storici. Tuttavia la cultura degli anni sessanta (oltre che enfatizzare oltre misura il tema dei diritti e sottovalutare oltre misura il tema dei doveri) frequentemente ha scusato la violenza e ha demonizzato le forze di polizia. Il valore della sicurezza non è un valore fascista o autoritario. Dalla securitas alla security, da Orazio a Popper, la sicurezza è la precondizione per vivere una vita decente in una società aperta. E' esistito un processo di <<civilizzazione del crimine>>, che deve essere continuato e approfondito sotto vari aspetti.
  5. La metodologia delle investigazioni è un tema decisivo in una società caratterizzata dall'abbondanza delle informazioni. La grande rivoluzione informatica è un aspetto cruciale di una società caratterizzata dall'abbondanza estrema di informazione, disinformazione, dicerie, calunnie sussurrate, indiscrezioni, indizi, sospetti. Questa grande rivoluzione delle informazioni ha alterato profondamente molti aspetti del lavoro delle forze di polizia, della magistratura, dell'avvocatura. Da Durkheim a McLuhan, c'è un percorso. da Lombroso alla sociobiologia;
  6. I grandi processi di emancipazione che si sono sviluppati per ondate successive e che coinvolgono sia le società economicamente più sviluppate sia le società economicamente meno sviluppate, hanno determinato la nascita di problemi nuovi e straordinari sia in quantità sia in qualità. Dai problemi dell'immigrazione alla criminalità informatica, dal riciclaggio dei capitali ai serial killer, dal tampering al mobbing, c'è unafenomenologia nuova e in allarmante crescita. Spesso i più deboli sono le prime vittime di queste tendenze; parliamo spesso di nuova criminalità femminile, di baby killer e di baby boss. Questa tendenza è attiva in tutto il mondo. In tutto il mondo sviluppato e anche nei paesi meno sviluppati ci sono in prigione ragazzini e donne più che mai. Ma questa è la malattia, non la cura.
  7. Dopo l'inizio di Mani pulite, la criminalità dei colletti bianchi è diventata al centro della politica italiana. Separata e distinta da crimini come furti, rapine, stupri, i delitti correlati con l'evasione fiscale e la corruzione sono sono diventati sempre più visibili nel dibattito quotidiano ma ancora non sufficientemente indagati nella loro rilevanza metodologica e propositiva. Aspetti correlati come la criminalizzazione dei nemici politici e le insufficienze del sistema amministrativo e l'arretratezza del sistema legale possono essere causa di criminalità.
  8. A molti osservatori la questione della criminalità sembra particolarmente rilevante nel Meridione, dove il bisogno primario non è l'assistenzialismo, ma un diverso disegno istituzionale, mirato a fornire dosi massicce di legge, repressione, prevenzione, istruzione, educazione civica; successi in questi campi creerebbero le condizioni per favorire gli investimenti e l’occupazione. Dalle disastrate condizioni delle aree metropolitane alle grandi infrastrutture, è difficile pensare ad una incisiva opera di risanamento senza una severa ricostruzione di quel tessuto istituzionale gravemente deteriorato da molti anni. L'assistenzialismo era perfettamente omogeneo ad una situazione dove esistevano cose che avevano il nome e la forma di Istituzioni, ma che in realtà spesso erano principalmente organismi di ripartizione dei denari pubblici. A volte funzionavano solo a questo scopo, e sotto questo profilo erano efficientissime, mentre sotto altri profili erano inesistenti. Molte forme di devianza erano strettamente legate al vecchio sistema meridionale: una rivoluzione istituzionale viene spesso giudicata necessaria per cambiare in maniera significativa il terreno di cultura in cui è nata e cresciuta l’illegalità diffusa. La malavita, prima che il problema principale della società meridionale, è la conseguenza della miscela micidiale dell'arretratezza storica del Meridione con una serie complessa di altri nodi irrisolti, in primo luogo quelli istituzionali e occupazionali. Leggi e strutture improprie hanno favorito l'emergere e l'affermarsi di quel che c'era di peggio nella società italiana e in particolare nella società meridionale. Istituzioni adeguate avrebbero favorito l'affermarsi di quel che c'è di meglio nella società meridionale e nei meridionali. Se si privilegia l'idea di una mafia e di una illegalità diffusa alimentate da errori istituzionali, allora si arriva alla conclusione che la <<questione sociale>> deve essere vista come la logica premessa della <<questione criminale>>; e la <<questione istituzionale>> come premessa a sua volta della <<questione sociale>>.
  9. I corsi sull'intelligence hanno una storia ormai consolidata dentro le grandi università americane e inglesi. Nella università di Harvard o nella John F. Kennedy School of Government i courses on intelligence hanno una legittimità e una presenza ormai consolidata. Nei paesi di lingua latina, invece, esiste un ritardo pericoloso sull'argomento. L'intelligence è una cosa molto diversa dallo spionaggio: lo spionaggio può esseresommariamente definito come un traffico di informazioni riservate; l'intelligence può essere sommariamente definita come l'attività di raccolta, valutazione e cura delle informazioni relative alla sicurezza.
  10. In una società aperta, e in particolare in una società aperta caratterizzata dalla rivoluzione delle informazioni, la circolazione della conoscenza e delle opinioni deve essere sottoposta a controllo. L'università occupa un posto cruciale da questo punto di vista. La funzione emancipativa della cultura non deve risparmiare le critiche. Anzi, la funzione critica deve accompagnare costantemente la circolazione delle informazioni.

 

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