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(Lezione del Sottosegretario alla Giustizia, on. Marianna Licalzi, tenuta all'Aquila l' 11 marzo 1999, nella sede della Scuola Sottufficiali della Guardia di Finanza).

 

1. Premessa.

Lo Stato prevede, fra i suoi compiti essenziali e primari, quello di assicurare la pacifica convivenza dei cittadini che si realizza con il mantenimento della c.d. sicurezza pubblica interna

Il concetto di sicurezza pubblica non è positivamente definito dalle norme giuridiche vigenti: sul suo esatto significato molto si è discusso e si discute, soprattutto con riferimento ai rapporti con quello di ordine pubblico. 

In linea generale, essa può essere inteso come quel particolare stato di fatto della società - da realizzare in aderenza alle norme dell’ordinamento giuridico - in cui la collettività e i singoli consociati sono garantiti da ogni lesione o minaccia di lesione al normale e pacifico esercizio dei loro diritti. 

Il mantenimento della sicurezza interna e dell'ordinata convivenza civile è assicurato dall'attività di polizia, in contrapposizione alla difesa della sicurezza esterna dello Stato (c.d. difesa militare) affidata alle Forze Armate e ai Servizi di Sicurezza Militari.

 Tale distinzione, in quanto fondata essenzialmente sul fine perseguito (sicurezza interna e sicurezza esterna) non si riproduce necessariamente in maniera così netta anche sul piano organizzativo. 

Infatti, come verrà chiarito meglio in seguito: 

 Limitando l'oggetto della nostra analisi alla sicurezza interna, va detto che l'attività di polizia viene distinta in polizia di sicurezza e polizia giudiziaria.

La polizia di sicurezza è quella parte della polizia amministrativa diretta a garantire la preservazione dell’ordine pubblico, ovvero di quel particolare stato di fatto della società in cui sia la collettività che i singoli consociati sono tutelati da qualsivoglia lesione o minaccia al normale e pacifico esercizio dei loro diritti.  

In altri termini, il compito della polizia di sicurezza è quello di prendere i provvedimenti necessari per il mantenimento della quiete pubblica, della sicurezza e dell’ordine e per l’allontanamento dei pericoli incombenti sulla collettività e sui suoi singoli membri. 

Il concetto di polizia amministrativa assume, viceversa, un significato più ampio comprendendo, oltre alla polizia di sicurezza, tutte quelle attività (es. la polizia demaniale, la polizia sanitaria, la polizia locale urbana e rurale, ecc.) volte ad attuare le misure amministrative preventive e repressive affinché dall’azione dei privati non derivino danni alla società e ai consociati e vengano osservate le limitazioni imposte dalla legge ai singoli. 

Nel nostro ordinamento giuridico a differenza della polizia amministrativa per la quale sono riconosciuti ampi poteri alle Regioni, alle Province ed ai Comuni, la polizia di sicurezza è affidata, in via esclusiva, al Ministero dell'Interno e, più in generale, all’Amministrazione della Pubblica Sicurezza

La competenza esclusiva dello Stato nel settore dell’ordine e della sicurezza pubblica è stata recentemente confermata anche dalla legge 15 marzo 1997, nr. 59, meglio nota come Legge Bassanini, la quale non ha ricompreso tale materia nell’ampio spettro di funzioni amministrative decentrate verso le Regioni e gli enti locali. 

Il richiamato provvedimento si inserisce nel solco di una lunga tradizione legislativa introdotta dalla Costituzione Repubblicana che, all’articolo 117, attribuisce alle Regioni una potestà normativa nel settore della polizia locale urbana e rurale. 

La polizia giudiziaria si distingue dalla polizia di sicurezza in quanto interviene quando l'azione antigiuridica si è già verificata, al fine di infliggere la sanzione prevista dalla legge penale. In particolare, essa ha lo scopo di prendere cognizione dei reati, impedire che essi vengano portati ad ulteriori conseguenze, ricercare gli autori e compiere gli atti necessari ad assicurare le fonti di prova ed a raccogliere quant'altro possa servire all'applicazione delle legge penale (artt. 55 e 348 c.p.p.). 

Dal punto di vista organizzativo e funzionale, la polizia giudiziaria è qualificata come soggetto del procedimento penale. Essa svolge le sue funzioni alle dipendenze e sotto la direzione dell'autorità giudiziaria e, in specie, del pubblico ministero cui spetta il compito di dirigere e dare propulsione alle indagini. Il pubblico ministero ha una disponibilità diretta della polizia giudiziaria. 

La Polizia giudiziaria si struttura in servizi e sezioni.  

Possono definirsi servizi di polizia giudiziaria, tutti gli uffici e le unità ai quali è affidato il compito di svolgere, in via prioritaria e continuativa, le funzioni di polizia giudiziaria. 

Le sezioni di polizia giudiziaria sono costituite presso ogni procura della Repubblica (anche presso quelle esistenti nelle pretore e nei tribunali per i minorenni). 

Esamineremo, di seguito, l'insieme degli Organismi istituzionali cui il diritto positivo affida l'organizzazione, la direzione e l'espletamento dei servizi a tutela della sicurezza ovvero: 

 2. L'organizzazione della Pubblica Sicurezza.

Il sistema organizzativo della Pubblica Sicurezza, quale delineato dalla legge 1 aprile 1981, nr. 121 (all. 1) recante "Nuovo Ordinamento dell'Amministrazione della Pubblica Sicurezza", è costituito da organi e uffici a competenza nazionale (c.d. centrali) e a competenza periferica (c.d. periferici).

 Rientrano nella prima categoria: 

a. il Ministro dell’Interno: quale Autorità nazionale di pubblica sicurezza, è responsabile della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, ha l’alta direzione dei servizi di ordine e sicurezza pubblica e coordina i compiti e le attività delle Forze di Polizia in materia , espletando le sue funzioni per mezzo dell’Amministrazione della p.s.;

b. il Dipartimento della P.S.: è una struttura del Ministero dell'Interno di livello superiore alle Direzioni Generali cui è preposto il Capo della Polizia - Direttore Generale della P.S..

Il Dipartimento, in base alle direttive e agli ordini del Ministro e provvede:

Nell'ambito del Dipartimento della p.s. assume particolare rilevanza l'Ufficio per il Coordinamento e la Pianificazione delle Forze di Polizia, il quale svolge compiti in materia di pianificazione delle risorse, di mantenimento e sviluppo delle relazioni internazionali e di sistema informativo interforze.

Tale articolazione è attualmente oggetto di una rivisitazione organizzativa e funzionale, in attuazione di precise direttive ministeriali emanate con decreto del 25 marzo 1998 (all. 2).

Esso viene qualificato (articolo 1 della bozza di decreto - all. 3) come "ufficio di staff a composizione mista del Dipartimento della p.s., organizzato per funzioni secondo un modello flessibile, allo scopo di consentire al Capo della Polizia - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza l'espletamento dell'attività propositiva per il coordinamento in materia di ordine e sicurezza pubblica" e si articola in

c. il Comitato nazionale dell’ordine e della sicurezza pubblica: istituito presso il Ministero dell’Interno opera quale Organo ausiliario di consulenza del Ministro per l’esercizio delle sue attribuzioni in materia di ordine e sicurezza pubblica.

Al Comitato, che rappresenta il più importante Organismo interforze di vertice, presieduto dal Ministro e composto, tra gli altri, dal Capo della Polizia, dal Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri e dal Comandante Generale del Corpo, compete l’esame di ogni questione di carattere generale relativa alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e, con riferimento all’ordinamento ed alla organizzazione delle Forze di Polizia, deve esprimersi:

(1) sugli schemi dei provvedimenti di carattere generale riguardanti la specifica materia;

(2) sui piani per l’attribuzione delle competenze funzionali e territoriali;

(3) sulla pianificazione finanziaria;

(4) sulla pianificazione dei servizi logistici e amministrativi comuni;

(5) sulla pianificazione della dislocazione e del coordinamento nonché dei rispettivi servizi tecnici;

(6) sulle linee generali per l’istruzione, l’addestramento, la formazione e la specializzazione del personale;

d. le Forze di Polizia: per quanto concerne le Forze di Polizia, esse si inseriscono nella struttura cardine dell'Amministrazione della Pubblica Sicurezza secondo posizioni tra loro differenti, in quanto:

 Infatti, l’art. 16 della Legge n. 121/81, prevede che, "ai fini della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, oltre alla Polizia di Stato, sono Forze di Polizia, fermi restando i rispettivi ordinamenti e dipendenze:

  • l'Arma dei Carabinieri, quale forza armata in servizio permanente di pubblica sicurezza; 

Circa i termini del concorso della Guardia di Finanza, con Decreto Ministeriale in data 12 febbraio 1992 (all. 4), è stato precisato che:

(1) in presenza di circostanze che richiedano l’utilizzazione anche del personale della Guardia di Finanza, l’entità del concorso, in via ordinaria, può essere quantificata avuto riguardo alla forza dei Reparti di Pronto Impiego (AT-PI).

L’individuazione di tali Reparti quali articolazioni destinate a fornire, in via ordinaria, il concorso alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, discende dalla specifica qualificazione addestrativa dei suoi appartenenti che offre garanzie di sicurezza ed efficienza nell’espletamento della particolare attività;

(2) in occasione di consultazioni elettorali, di gravi turbamenti dell’ordine pubblico, di flussi di immigrazione clandestina di massa e di altri eventi di particolare gravità, la Guardia di Finanza potrà eventualmente fornire apporti ulteriori, centralmente determinati, attingendo le necessarie risorse da altri Comandi;

(3) il concorso per l’espletamento dei servizi in esame in ambiti provinciali sarà assicurato esclusivamente in relazione alla specificità professionale del Corpo.

Il Decreto Ministeriale in esame, quindi:

 

 

 

Infine, ai sensi della legge 121/81 sono Forze di Polizia a "concorso eventuale", in quanto possono essere chiamati a concorrere nell'espletamento di servizi di ordine e sicurezza pubblica il Corpo della Polizia Penitenziaria e il Corpo Forestale dello Stato, fatte salve le rispettive attribuzioni e le normative dei vigenti ordinamenti.

Sono Organi periferici:

 

a. il Prefetto: costituisce l’Autorità provinciale di pubblica sicurezza e come tale:

 

- è responsabile generale dell’ordine e della sicurezza pubblica in ambito provinciale;

 

- sovraintende all’attuazione delle direttive emanate in materia.

 

Per l’effettuazione dei compiti affidatigli, il Prefetto, ai sensi dell’art. 13, comma 4, della Legge n. 121/81 dispone della forza pubblica e delle altre forze eventualmente poste a sua disposizione in base alle leggi vigenti e ne coordina le attività.

 

Ai sensi del Decreto Legge 13 maggio 1991, n.152, convertito nella Legge n. 203/91, il Prefetto assicura, inoltre, unità di indirizzo e coordinamento dei compiti e delle attività degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza nella provincia, promuovendo le misure occorrenti.

 

A tal fine, il citato articolo 13, comma 3, prescrive che lo stesso debba essere tempestivamente informato dal Questore e dai Comandanti provinciali dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza su quanto comunque abbia attinenza con l'ordine e la sicurezza pubblica nella provincia.

 

A seguito della soppressione dell’Ufficio dell’Alto Commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa ed in virtù del potere di delega riconosciuto al Ministro dell’Interno, al Prefetto sono state attribuite una serie di competenze anche nel settore della lotta alla criminalità organizzata, fra cui si ricordano:

 

 

 

Da rilevare, infine, che con decreto del Ministro dell'Interno in data 5 febbraio 1999 (all. 5), allo scopo di assicurare una migliore funzionalità dei servizi di ordine e sicurezza pubblica, per le iniziative volte a prevenire e contrastare i fenomeni criminosi con diffusione ultraprovinciale, i Prefetti dei capoluoghi di regione, sono stati delegati a:

 

 

Fra le disposizioni di maggiore interesse del citato provvedimento, si ricorda l'articolo 5, comma 2°, che prevede l'obbligo per i responsabili degli uffici e comandi delle Forze di Polizia nel cui ambito sono costituti servizi interprovinciali di cui all'articolo 12 della legge 203/91, di comunicare ai Prefetti delegati ed a quelli territorialmente competenti gli elementi di rilievo che abbiano attinenza con l'ordine e la sicurezza pubblica, risultanti dall'attività da essi svolta;

 

b. il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica: istituito presso la Prefettura, agisce quale organo ausiliario di consulenza del Prefetto per l’esercizio delle sue attribuzioni di Autorità provinciale di P.S..

 

Il Comitato, che costituisce il più importante organismo interforze a livello locale, è presieduto dal Prefetto, ed è composto dal Questore, dai Comandanti provinciali dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza;

 

c. le Conferenze Regionali per l'ordine e la sicurezza Pubblica: il citato decreto ministeriale del 5 febbraio 1999 prevede, conformemente agli analoghi provvedimenti emanati negli anni precedenti dai vari Ministri pro-tempore, prevede che i Prefetti dei Capoluoghi di regione, nell'esercizio delle funzioni di coordinamento attribuitegli, possono convocare una Conferenza Regionale delle Autorità di pubblica Sicurezza, alla quale partecipano oltre ai Prefetti e ai Questori, i Comandanti di Regione e Provinciali dell'Arma dei Carabinieri, i Comandanti di Legione e di Gruppo della Guardia di Finanza.

 

Alla conferenza possono essere invitati, altresì, i componenti dell'ordine giudiziario, nonchè i responsabili delle Amministrazioni dello Stato, della Regione e degli altri enti locali, interessati ai problemi da trattare.

 

La Conferenza coadiuva il Prefetto c.d. "delegato" ad elaborare le strategie operative e le linee di indirizzo destinate ai Prefetti delle altre province della regione per l'adozione dei provvedimenti di competenza;

 

d. il Questore: è un organo periferico del Ministero dell’Interno, massima autorità tecnica in ambito provinciale e locale preposta al concreto svolgimento del servizio di pubblica sicurezza nonché responsabile, sotto tale aspetto, dell’attività di ogni altra Autorità locale di Pubblica Sicurezza e dell’impiego della forza pubblica.

 

Principale compito del Questore è quello di garantire l’ordine pubblico nella provincia. L’articolo 14 della citata Legge n.121/81 stabilisce, più specificamente, che egli "ha la direzione, la responsabilità e il coordinamento, a livello tecnico-operativo, dei servizi di ordine e sicurezza pubblica e dell’impiego a tal fine della forza pubblica e delle altre forze eventualmente poste a sua disposizione".

 

Ai sensi dell’art. 15 della Legge n. 121/81 lo stesso esplica, infine, le funzioni di Autorità locale di pubblica sicurezza relativamente al capoluogo di provincia.

 

In sostanza, in materia di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, mentre al Prefetto è demandata la funzione di determinare (con il supporto del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica) l’indirizzo generale, il disegno complessivo, i fini e gli obiettivi concreti di ordine e sicurezza pubblica da perseguire di volta in volta, al Questore è affidato il compito di determinare le modalità pratiche di realizzazione attraverso la concreta individuazione del personale, dei mezzi e dei metodi operativi da seguire nonché la conduzione delle operazioni stesse.

In sede locale, si collocano, oltre al Questore per il capoluogo di provincia, i Commissariati di p.s., i posti distaccati di polizia e il sindaco.

 Quest'ultimo esercita le attribuzioni di autorità locale di pubblica sicurezza, quale ufficiale di Governo, nei comuni ove non siano istituiti commissariati di polizia. Va osservato che, a seguito di recenti episodi delittuosi che hanno posto in primo piano il problema della criminalità e dell’ordine pubblico nelle grandi aree urbane, il ruolo del sindaco nel campo della pubblica sicurezza è stato oggetto di un vivace dibattito fra le forze politiche e nell'ambito della stessa opinione pubblica.

 In effetti, con l’introduzione del meccanismo dell’elezione diretta in forza della legge nr. 81 del 1993, i sindaci sono ora chiamati, più che in passato, a rispondere direttamente alle istanze di sicurezza della popolazione e, conseguentemente, ad attuare iniziative efficaci per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri abitati. 

Segnali evidenti dell’esigenza avvertita dalle Amministrazioni locali di un maggiore coinvolgimento nella gestione delle problematiche riguardanti l’ordine e la sicurezza pubblica si erano già avuti con la stipula di protocolli o accordi tra alcune Prefetture e sindaci di grossi Comuni, finalizzati, in estrema sintesi, a: 

 

Relativamente a quest'ultimo aspetto, fra le misure predisposte dal Governo per contrastare più efficacemente la criminalità nelle aree metropolitane, è stato di recente approvato dal Consiglio dei Ministri uno schema di decreto legislativo, recante disposizioni in materia di composizione e funzionamento del Comitato Provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.

 Le disposizioni, tendenti a rilanciare gli istituti del coordinamento tra le autorità statali e locali nel settore dell'ordine e della sicurezza pubblica, introducono significative modifiche all'articolo 20 della legge 121/81, consacrando in una norma legislativa di rango primario la partecipazione dei sindaci dei capoluoghi di provincia al Comitato Provinciale e attribuendo agli stessi un ruolo positivo e di responsabilità nell'ambito del citato Consesso.

 In particolare, è previsto che il sindaco del comune capoluogo di provincia è componente effettivo e permanente del Comitato Provinciale - alla stregua del questore e dei comandanti provinciali dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza - e che, su sua richiesta, lo stesso Comitato debba essere convocato dal Prefetto allorquando occorre trattare questioni attinenti alla sicurezza della comunità locale o per la prevenzione di tensioni o conflitti sociali che possono comportare turbamenti dell'ordine e della sicurezza pubblica in ambito comunale

Al medesimo sindaco, è data poi la facoltà di integrare, ove necessario, l'ordine del giorno delle riunioni (eventualmente già predisposto dal Prefetto) per la trattazione delle stesse questioni.

 Alle riunioni del Comitato, il prefetto potrà inoltre convocare anche i sindaci degli altri comuni interessati, i quali possono altresì richiedere apposite riunioni dello stesso Comitato e presentare documenti e indirizzi programmatici, qualora le questioni da trattare siano riferibili ai loro ambiti territoriali.

 L'emananda normativa appare quanto mai opportuna ove si consideri che, soprattutto nelle grandi aree metropolitane, molti fenomeni delinquenziali sono causalmente riconducibili a problemi di natura socio-economica, quali la disoccupazione, il degrado e l'emarginazione sociale in cui versano larghe fasce della popolazione, specie quella di provenienza extracomunitaria.

 Nella sua nuova configurazione, il Comitato Provinciale potrà costituire una sede privilegiata per lo scambio di informazioni, valutazioni ed indicazioni sia sulle situazioni più critiche esistenti sul territorio, sia sulle strategie di intervento da attuarsi non solo da parte delle Forze dell'Ordine ma anche attraverso le iniziative che devono essere attivate dall'Amministrazione comunale nell'ambito delle proprie competenze.

 3. Gli Organismi preposti alla tutela della sicurezza.

3.a. Premessa.

 La struttura organizzativa della polizia italiana è saldamente radicata alla tradizionale coesistenza di molteplici, diversificati Corpi operativi, tanto che quello della pluralità delle forze di polizia assurge a vero e proprio principio cardine del sistema, il quale condiziona in modo rilevante anche la conformazione e l'attività delle autorità amministrative che ne possono disporre per l'espletamento dei relativi servizi.

 Tale situazione legislativa ha una ragione d'essere di carattere eminentemente storico, dato che la esistenza di una forza di polizia inquadrata nelle forze armate risale allo Stato piemontese del periodo napoleonico e della restaurazione, mentre la introduzione di una contrapposta forza di polizia civile o, comunque, collegata al potere delle autorità civili, è stata l'automatica conseguenza della fine dell'assolutismo e dell'avvio del processo di democratizzazione del Regno di Sardegna, a seguito della concessione dello Statuto.

 

L'organizzazione della polizia dello Stato unitario italiano è stata, quindi, caratterizzata, sin dalle origini, dal dualismo tra Carabinieri, facenti capo all'Amministrazione della Guerra (Difesa), e forze di polizia radicate nell'Amministrazione dell'Interno, alla quale compete istituzionalmente, come abbiamo visto, il compito della conservazione dell'ordine interno.

 I successivi interventi del legislatore (che ha tendenzialmente sempre operato con modifiche settoriali e non sistematiche) hanno finito per dare sempre più spazio al principio della pluralità delle Forze di Polizia.

 In effetti tali interventi hanno comportato l'allargamento sia del numero degli organismi che fanno parte della forza pubblica, sia di quelli ulteriori, che vengono tradizionalmente qualificati come "altre forze di polizia".

 3.b. Le Forze di Polizia.

 Il sistema normativo che regolamenta le forze di polizia è stato, per alcune parti modificato dalla più volte citata legge 121/81, sebbene questa non possa qualificarsi, malgrado il suo ampio contenuto, come legge generale di riforma della polizia, ponendo quindi non lievi problemi di collegamento tra nuove e vecchie normative riguardanti specificamente ciascuna forza di Polizia.

 Le maggiori innovazioni introdotte dalla legge riguardano l'organizzazione della Polizia di Stato

Con la legge di riforma sono stati realizzate due importanti modifiche:

 

 La coincidenza di queste due innovazioni consente di affermare che, con la Polizia di Stato, è stato istituito un quid novi che esclude una vera e propria continuità con la preesistente Forza di polizia, denominata Corpo delle Guardie di p.s..

 Ai sensi dell'articolo 24 della legge 121/81, la Polizia di Stato esercita le proprie funzioni al servizio delle istituzioni democratiche e dei cittadini, sollecitandone la collaborazione.

 

Rientrano fra i suoi compiti istituzionali:

 

 

Dal punto di vista organizzativo, si è visto come la Polizia si trova in un rapporto di immedesimazione con l'Amministrazione della p.s.

 Passando all'Arma dei Carabinieri, le più rilevanti peculiarità sono dovute alla circostanza della sua appartenenza alle forze Armate (è la prima Arma dell'Esercito) e della sua radicazione nell'Amministrazione della Difesa.

 Ne consegue che, mentre per i compiti di polizia interna essa dipende funzionalmente dal Ministero dell'Interno, per quanto attiene alle sue attribuzioni di difesa esterna e di polizia militare essa dipende dal Ministero della Difesa nella cui struttura è inserita (art. 1 r.d. 2 ottobre 1919, n. 1802).

 Il quadro dei rapporti dell'Arma con i due predetti Dicasteri è evidenziato dal suo regolamento organico (approvato con r.d. 14 giugno 1934, n. 1169).

 Questo stabilisce che l'Arma "dipende dal Ministero della guerra" per tutto quanto concerne:

 

 

Dipende, invece, dal Ministero dell'Interno "per quanto ha tratto al servizio d'istituto, d'ordine e di sicurezza pubblica [...]".

 Ancora un'altra organizzazione è prevista per la Guardia di Finanza, che è uno speciale Corpo di Polizia dipendente direttamente dal Ministro delle Finanze. Tale dipendenza è piena. Il Comandante Generale del Corpo, pur essendo un ufficiale dell'Esercito, fa capo direttamente al Ministro delle Finanze e, almeno in tempo di pace, è indipendente, quanto all'esercizio dei propri poteri di comando e organizzativi, dalle superiori gerarchie militari (Capo di Stato Maggiore della Difesa).

 

La Guardia di Finanza è, comunque, organizzata secondo un assetto militare e fa parte integrante delle Forze Armate dello Stato, oltre che, come abbiamo visto, della Forza Pubblica.

 La legge di ordinamento 23 aprile 1959, n. 189, attribuisce al Corpo i seguenti compiti istituzionali:

 - prevenire, ricercare e denunziare le evasioni e le violazioni finanziarie;

- eseguire la vigilanza in mare per fini di Polizia finanziaria e concorrere ai servizi di Polizia marittima, di assistenza e di segnalazione;

- vigilare, nei limiti stabiliti dalle singole leggi, sull’osservanza delle disposizioni di interesse politico-economico;

- concorrere alla difesa politico-militare delle frontiere e, in caso di guerra, alle operazioni militari;

- concorrere la mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica;

- eseguire gli altri servizi di vigilanza e tutela per i quali sia dalla legge richiesto il suo intervento.

 

 

Ai fini dello svolgimento di tali funzioni i militari del Corpo rivestono le qualifiche ed esercitano le potestà di:

- ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria;

- ufficiali ed agenti di polizia tributaria;

- agenti di pubblica sicurezza.

3.c. I Servizi Centrali ed Interprovinciali delle Forze di Polizia.

 

L’articolo 12 del decreto legge 152/91 convertito, con modificazioni, dalla legge 203/91 (all 6) ha previsto la costituzione da parte delle amministrazioni interessate di Servizi Centrali ed Interprovinciali della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza, per assicurare il collegamento delle attività investigative relative a delitti di criminalità organizzata.

 

A tal fine, in determinate regioni i citati servizi possono a loro volta essere costituiti in servizi interforze, quando sussistano particolari esigenze che facciano ritenere insufficiente il ricorso al semplice coordinamento delle attività. Alla costituzione ed organizzazione dei servizi interforze provvede con decreto il Ministro dell’Interno, di concerto con i Ministri di Grazia e Giustizia, della Difesa e delle Finanze, assicurando la pari valorizzazione delle forze di polizia che vi partecipano.

 

E’ stabilito, altresì, che a fini informativi, investigativi ed operativi, i predetti servizi si coordinano tra loro, nonché, se necessario, con gli altri organi o servizi di polizia giudiziaria previsti dalla legge e con gli organi di polizia estera eventualmente interessati.

 

Di tali servizi si avvale di regola, congiuntamente, il pubblico ministero quando procede per delitti di criminalità organizzata; in particolare, l’impiego dei servizi della Guardia di Finanza è previsto quando richiesto dalla specificità degli accertamenti.

 

In attuazione di quanto disposto dalla legge 203/91, ciascuna Forza di Polizia ha provveduto alla costituzione al proprio interno di Servizi Centrali e Interprovinciali, così di seguito individuati: 

(l) Raggruppamento Operativo Speciale (R.O.S.) dell'Arma dei Carabinieri a livello centrale e Sezioni Anticrimine a livello periferico;

(2) Servizio Centrale Operativo (S.C.O.) della Polizia di Stato a livello centrale e Centri Interprovinciali Criminalpol (C.I.C.) a livello periferico (questi ultimi operano alle dipendenze della Direzione Centrale della Polizia Criminale ed in collegamento con il Servizio Centrale);

(3) Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.) della Guardia di Finanza a livello centrale e Gruppi di Investigazione sulla Criminalità Organizzata a livello (G.I.C.O.) periferico.

Con l’entrata in vigore del decreto del Ministro dell’Interno in data 25 marzo 1998 (all. 7) è stata disposta l’adozione di modifiche ai provvedimenti di organizzazione relativi ai servizi centrali ed interprovinciali delle Forze di Polizia, nell’osservanza dei seguenti criteri fondamentali:

 a) attribuzione ai servizi centrali di compiti di analisi, di raccordo informativo e di supporto tecnico-logistico relativamente alle attività investigative svolte dai servizi interprovinciali in materia di contrasto della criminalità organizzata;

b) conferimento ai servizi interprovinciali dei compiti informativi, investigativi ed operativi relativi alle finalità di cui all’articolo 12 del decreto-legge n. 152/1991, prevedendo il loro inserimento, quali strutture specializzate, nell’ambito dei comandi territoriali ovvero dei servizi di polizia giudiziaria esistenti presso gli uffici periferici delle sedi ove sono istituite le Procure distrettuali antimafia;

c) individuazione delle forme e delle modalità necessarie per assicurare il coordinamento, a fini informativi ed investigativi, tra i servizi centrali ed interprovinciali delle Forze di Polizia e tra questi e gli altri organi o servizi di polizia giudiziaria previsti nelle rispettive organizzazioni.

 

L'attuazione delle direttive ministeriali ha portato alla seguente configurazione:

 

 

 

 

 

 

4.d. Gli organismi di polizia a carattere interforze.

 

Con riferimento a particolari settori (criminalità organizzata, traffico di stupefacenti, ecc.) il legislatore ha previsto nel tempo l'istituzione di nuovi organismi di polizia specialistici aventi carattere interforze, apportando così importanti modifiche al tradizionale modello organizzativo della polizia giudiziaria.

 

 

Essi sono:

 

 

 

La Direzione Investigativa Antimafia è stata istituita, nell’ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza, con il decreto-legge n. 345/91, convertito, con modificazioni, dalla legge 410/91 (all. 8).

 

La struttura della D.I.A. è regolata dallo stesso decreto che, pur rimettendone al Ministro dell’Interno, sentito il Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata, la determinazione dell’organizzazione, individua, almeno nella prima fase, le seguenti articolazioni centrali:

 

 

Alla D.I.A. è preposto, quale direttore tecnico-operativo, un funzionario proveniente dalla Polizia di Stato o un ufficiale dell’Arma dei Carabinieri o della Guardia di Finanza, con qualifica o grado non inferiore, rispettivamente, a dirigente superiore e generale di brigata, che abbiano maturato una specifica esperienza nel settore della lotta alla criminalità organizzata.

 

La composizione è interforze in quanto il personale è tratto dai ruoli della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza.

 

Il decreto del Ministro dell’Interno 30 marzo 1994, relativo alla determinazione dell’organizzazione, ha previsto, fra l’altro, che:

 

 

Queste ultime, in particolare, sono costituite dai Centri Operativi, dislocati sul territorio e articolati su una o più Sezioni, che ripropongono, in sostanza, lo stesso modulo organizzativo centrale per quanto riguarda l’attività di investigazione preventiva e di polizia giudiziaria.

 

I Centri Operativi rispondono dell’attività svolta e dell’impiego delle risorse, nei diversi settori di competenza, ai Reparti, alla Divisione di Gabinetto e agli altri Uffici della struttura centrale;

 

 

 

La Direzione Investigativa Antimafia ha il compito di:

 

a. assicurare lo svolgimento, in forma coordinata, delle attività di investigazione preventiva attinenti alla criminalità organizzata;

 

b. effettuare indagini di polizia giudiziaria relative esclusivamente a delitti di associazione di tipo mafioso o, comunque, ricollegabili all’associazione medesima.

 

Formano oggetto delle attività di investigazione preventiva della Direzione Investigativa Antimafia le connotazioni strutturali, le articolazioni ed i collegamenti interni ed internazionali delle organizzazioni criminali, gli obiettivi e le modalità operative di dette organizzazioni, nonché ogni altra forma di manifestazione delittuosa alle stesse riconducibile ivi compreso il fenomeno delle estorsioni.

 

Nell’assolvimento dei compiti assegnati la D.I.A. opera in stretto collegamento con gli uffici e le strutture delle forze di polizia esistenti a livello centrale e periferico.

 

Si ricorda, infine, che ai sensi del novellato articolo 3 della legge 197/91 la Direzione Investigativa Antimafia costituisce, unitamente al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, organo destinatario delle segnalazioni di operazioni sospette trasmesse dall’Ufficio Italiano dei Cambi.

 

A loro volta la DIA ed il Nucleo Speciale informano il Procuratore Nazionale Antimafia delle segnalazioni loro pervenute qualora queste siano attinenti alla criminalità organizzata.

 

 

 

Per le esigenze connesse alle indagini di polizia giudiziaria concernenti il delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione, l’articolo 8 del d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 82/1991 (all. 10), ha previsto la costituzione di appositi nuclei interforze, cui si applicano le disposizioni di cui all’articolo 12, commi 4 e 5 del d.l. 152/1991, concernenti rispettivamente la possibilità per il pubblico ministero di avvalersi dell’apporto specialistico dei Servizi Centrali ed Interprovinciali e di impartire le opportune direttive per il coordinamento investigativo e operativo.

 

Lo stesso articolo 8 stabilisce inoltre che i Servizi Centrali ed Interprovinciali delle Forze di Polizia assicurano il collegamento interforze delle attività relative alla prevenzione e repressione dei delitti di sequestro di persona a scopo di estorsione.

 

L’istituzione del Nucleo Interforze avviene mediante Decreto del Ministro dell’Interno, immediatamente trasmesso a ciascuna Forza di Polizia per la designazione del personale che vi dovrà far parte.

 

 

La Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (istituita dalla legge 15 gennaio 1991, n. 16, subentrando nei compiti e nelle attribuzioni del Servizio Centrale Antidroga di cui all’articolo 35, secondo comma, della legge n. 121/81) è l’organo tecnico attraverso il quale il Dipartimento della Pubblica Sicurezza assicura la direzione unitaria ed il coordinamento delle attività di polizia, volte alla prevenzione e alla repressione del traffico illecito delle sostanze stupefacenti e psicotrope.

 

L’articolo 10 del Testo Unico 309/90 (all. 11) prevede, infatti, che per l’attuazione dei compiti del Ministro dell’Interno in materia di coordinamento e di pianificazione delle forze di polizia e di alta direzione dei servizi di polizia per la per la prevenzione e la repressione del traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, il Capo della Polizia - Direttore generale della P.S. si avvale del Servizio Centrale Antidroga (ora Direzione Centrale per i Servizi Antidroga).

 

La Direzione è composta pariteticamente da personale della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza, che abbia particolari attitudini e specifiche esperienze nel settore ed è articolata in tre Servizi (I Servizio: Affari Generali e Internazionali - II Servizio: Studi e Ricerche internazionali - III Servizio: Operazioni Antidroga. Programmazione e Coordinamento Generale).

 

In virtù dei compiti che la legge le assegna, la D.C.S.A.:

 

 

 

 

 

 

 

Per quanto concerne i rapporti con gli organismi collaterali esteri, ai fini della necessaria cooperazione nella prevenzione e repressione del traffico illecito di sostanze stupefacenti, la D.C.S.A. mantiene e sviluppa i rapporti con i corrispondenti servizi delle polizie estere, avvalendosi anche dell’Organizzazione internazionale della polizia criminale (OIPC-Interpol) nonché degli organi tecnici dei Governi dei Paesi esteri operanti in Italia.

 

Infine, la D.C.S.A. cura i rapporti con gli organismi internazionali interessati alla cooperazione nelle attività di polizia antidroga.

 

 

4.e. I Servizi di Informazione e Sicurezza.

 

Sono stati istituiti dalla legge 24 ottobre 1977, nr. 801 (all. 12).

 

In particolare:

 

 

Compete inoltre al CESIS l'analisi degli elementi comunicati dai suddetti servizi, elaborazione delle relative situazioni, ed infine il coordinamento dei rapporti con i servizi di informazione e di sicurezza degli altri Stati.

 

Il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, da un Sottosegretario di Stato.

 

La Segreteria Generale del Comitato è affidata ad un funzionario dell'amministrazione dello Stato avente la qualifica di dirigente generale;

 

 

Dipende dal Ministro della Difesa che ne cura l'attività sulla base delle direttive e delle disposizioni del Presidente del Consiglio;

 

 

Dipende dal Ministro dell'Interno che ne cura l'attività sulla base delle direttive e delle disposizioni del Presidente del Consiglio;

 

Oltre a quanto previsto dalla legge istitutiva, ai sensi dell’art. 2 della legge 410/91, i Servizi di Informazione e di Sicurezza sono competenti a:

 

 

 

Si ricorda che allo scopo di svincolare i funzionari dei servizi di sicurezza dalla dipendenza funzionale verso l'Autorità Giudiziaria, l'articolo 9 della legge 801/77 prevede che gli stessi non rivestono la qualifica di ufficiali ed agenti di p.g.. Tale qualifica è sospesa per tutto il periodo di appartenenza, laddove ai citati Servizi siano assegnati funzionari che la rivestono in base agli ordinamenti delle amministrazioni di appartenenza.

 

Infine, sempre l'articolo 9 stabilisce che tutti gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria devono fornire ogni possibile cooperazione agli agenti dei Servizi.

 

 

 

 

 

5. Altri Organismi preposti alla tutela della sicurezza.

 

 

5.a. Gli Organi Giudiziari.

 

Con la funzione giurisdizionale lo Stato attribuisce a determinati organi (giudici) il potere di dichiarare con forza vincolante quale è la norma applicabile nel caso concreto e di irrogare le sanzioni e le misure che da quella stessa norma sono previste a carico del trasgressore. La giurisdizione penale è quella che riguarda la capacità di giudicare fatti e situazioni relativi a violazioni di norme penalmente sanzionate.

 

Per attuare la giurisdizione occorre un processo. Il processo è regolato da norme.

 

Tali norme costituiscono il diritto processuale penale.

 

Fra i soggetti processuali assumono rilevanza ai nostri fini, oltre alla polizia giudiziaria, il pubblico ministero.

 

Le funzioni di pubblico ministero sono svolte:

 

a) nelle indagini preliminari e nel giudizio di primo grado dal procuratore della Repubblica presso la pretura e da quello presso il tribunale e il tribunale per i minorenni (quello presso il tribunale, anche per i procedimenti di competenza della corte di assise);

 

b) nei giudizi di impugnazione, dal procuratore generale presso la corte di appello e da quello presso la corte di cassazione.

 

Quando si tratta di delitti di mafia, le indagini sono svolte dal procuratore distrettuale e, cioè, dal procuratore della Repubblica che ha sede nel capoluogo del distretto. Il Procuratore distrettuale svolge le indagini avvalendosi di un gruppo di magistrati costituito stabilmente presso il suo ufficio (Direzione distrettuale antimafia).

 

Il coordinamento delle indagini per i delitti di mafia è attuato dalla Direzione Nazionale Antimafia (D.N.A), ufficio costituito nell'àmbito della procura generale presso la corte di cassazione ed al quale è preposto il Procuratore nazionale antimafia

 

 

L’istituzione della Direzione Nazionale Antimafia e del Procuratore Nazionale Antimafia ad essa preposto è finalizzata al coordinamento centrale delle indagini per delitti di criminalità organizzata operate dalle Procure Distrettuali site presso i tribunali dei capoluoghi di distretto di Corte d’Appello.

 

In particolare, la D.N.A., collocata nell’ambito della Procura Generale presso la Corte di Cassazione, trova il suo fondamento normativo negli artt. 6 e 7 della legge n. 8/92 (all. 13) che hanno introdotto, rispettivamente, l’art. 76-bis dell’ordinamento giudiziario (R.D. 30 gennaio 1941, n.12) e l’art. 371-bis del codice di procedura penale.

 

Ai sensi del citato art. 371-bis c.p.p., il Procuratore Nazionale Antimafia esercita le sue funzioni in relazione ai procedimenti per i delitti indicati nell’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale e, a tal fine, dispone della Direzione Investigativa Antimafia e dei Servizi centrali e interprovinciali delle forze di polizia e impartisce direttive intese a regolarne l’impiego a fini investigativi.

 

Il Procuratore Nazionale esercita funzioni di impulso nei confronti dei procuratori distrettuali al fine di rendere effettivo il coordinamento dell’attività d’indagine, di garantire la funzionalità dell’impiego della polizia giudiziaria nelle sue diverse articolazioni e di assicurare la completezza e tempestività delle investigazioni.

 

Ai fini dello svolgimento delle funzioni attribuitegli dalla legge, il Procuratore Nazionale Antimafia:

 

a) d’intesa con i procuratori distrettuali interessati, assicura il collegamento investigativo anche per mezzo dei magistrati della Direzione Nazionale Antimafia;

b) cura, mediante applicazioni temporanee dei magistrati della Direzione Nazionale e delle direzioni distrettuali antimafia, la necessaria flessibilità e mobilità che soddisfino specifiche e contingenti esigenze investigative o processuali;

c) ai fini del coordinamento investigativo e della repressione dei reati, provvede all’acquisizione ed all’elaborazione di notizie, informazioni e dati attinenti alla criminalità organizzata. In tale contesto, ai sensi dell’articolo 117-bis c.p.p., il Procuratore Nazionale Antimafia può accedere al registro delle notizie di reato e alle banche dati istituite presso le d.d.a. realizzando, se del caso, collegamenti reciproci;

d) impartisce ai procuratori distrettuali specifiche direttive alle quali attenersi per prevenire o risolvere contrasti riguardanti le modalità secondo le quali realizzare il coordinamento nell’attività d’indagine;

e) riunisce i procuratori distrettuali interessati al fine di risolvere i contrasti che, malgrado le direttive specifiche impartite, sono insorti e hanno impedito di promuovere o di rendere effettivo il coordinamento;

f) dispone con decreto motivato, reclamabile al procuratore generale presso la Corte di Cassazione, l’avocazione delle indagini preliminari relative a taluno dei delitti indicati nell’art. 51, comma 3-bis, c.p. quando non hanno dato esito le riunioni disposte al fine di promuovere o rendere effettivo il coordinamento e questo non è stato possibile a causa della: 1) perdurante e ingiustificata inerzia nell’attività di indagine; 2) ingiustificata e reiterata violazione dei doveri previsti dall’art. 371 (scambio di atti e informazioni tra diversi uffici del pubblico ministero che procedono ad indagini collegate) ai fini del coordinamento delle indagini.

 

Il Procuratore Nazionale Antimafia provvede alla avocazione dopo aver assunto sul luogo le necessarie informazioni personalmente o tramite un magistrato della Direzione Nazionale Antimafia all’uopo designato. Salvi casi particolari, il Procuratore Nazionale o il magistrato da lui designato non possono delegare per il compimento degli atti di indagine altri uffici del pubblico ministero.

 

Dalla lettura dei descritti poteri si evince come la Direzione Nazionale Antimafia sia organo di diretto esercizio dei poteri di indagine e di ricerca della notizia di reato.

 

In tale ottica, fondamentale rilievo assume il potere conferito al Procuratore Nazionale di impartire ai procuratori distrettuali specifiche direttive alle quali attenersi per prevenire o risolvere contrasti riguardanti le modalità secondo le quali realizzare il coordinamento delle attività d’indagine.

 

Il Procuratore Nazionale risolve i conflitti insorti tra pubblici ministeri precedentemente all’attivazione dell’organo centrale ed impartisce direttive risolvendo autoritativamente i contrasti di coordinamento e non anche quelli attinenti al merito della conduzione delle indagini.

 

Le funzioni del Procuratore Nazionale non sono limitate all’attività di impulso e di coordinamento processuale: la legge gli riconosce, infatti, la titolarità di alcuni poteri specifici nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata, indipendentemente dall’esistenza di un procedimento penale.

 

In particolare, il Procuratore Nazionale Antimafia può:

 

 

 

 

Correlativamente alla creazione della Direzione Nazionale Antimafia e dell’ufficio centralizzato del Procuratore Nazionale Antimafia, l’art.5 del d.l. n. 367/1991, convertito nella legge n. 8/1992 (che ha introdotto l’articolo 70-bis dell’ordinamento giudiziario) ha delineato il nuovo assetto organizzativo degli uffici del pubblico ministero specificamente competenti in materia di delitti di criminalità organizzata.

 

La disposizione citata stabilisce che per la trattazione dei procedimenti relativi ai reati indicati nell’art. 51 comma 3-bis c.p.p., il procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto costituisce, nell’ambito del suo ufficio, una direzione distrettuale antimafia, designando a farne parte, sentito il Procuratore Nazionale Antimafia, magistrati prescelti sulla base di specifiche attitudini ed esperienze professionali.

 

Dal canto suo, l’articolo 51 comma 3-bis c.p.p. prevede che per i delitti dallo stesso indicati le funzioni di pubblico ministero nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado sono attribuite all’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. In sostanza, la normativa in esame regola l’esercizio delle funzioni di pubblico ministero - nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado - nei casi in cui il reato per cui si procede sia taluno dei delitti considerati tipici della delinquenza mafiosa.

 

I reati di competenza delle direzioni distrettuali antimafia sono stati individuati, da un lato, attraverso una elencazione specifica delle fattispecie (delitti consumati o tentati di associazione a delinquere di stampo mafioso, sequestro di persona a scopo di estorsione, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope), dall’altro, con l’indicazione generica dei delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis c.p. per la sussistenza delle associazioni di tipo mafioso ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni medesime.

 

In relazione a tali delitti, l’attribuzione al procuratore distrettuale della titolarità delle indagini e dell’accusa nei procedimenti di primo grado (salvo casi eccezionali) non modifica la competenza degli organi giudicanti che rimane quella disciplinata dal codice di procedura penale. E’, invece, "distrettuale" la competenza del giudice per le indagini preliminari (articolo 328 comma 1-bis c.p.p.) e, di conseguenza, del giudice dell’udienza preliminare.

 

 

5.b. Altri Organismi.

 

 

Con il decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, presso il Dicastero dell’Interno è stato istituito il Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata.

 

Il Consiglio - presieduto dal Ministro dell’Interno, quale responsabile dell’alta direzione e del coordinamento in materia di ordine e sicurezza pubblica - è composto dal Capo della Polizia - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, dal Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, dal Comandante Generale della Guardia di Finanza e dai Direttori del S.I.S.MI. e del S.I.S.DE..

 

Alle riunioni partecipa il direttore della D.I.A.

 

In particolare, per lo specifico settore della criminalità organizzata, il Consiglio provvede, tra l’altro, a:

 

a. definire ed adeguare gli indirizzi per le linee di prevenzione anticrimine e per le attività investigative, determinando la ripartizione dei compiti tra le forze di polizia per aree, settori di attività e tipologia dei fenomeni criminali, tenuto conto dei servizi affidati ai relativi uffici e strutture, e in primo luogo a quelli a carattere interforze, operanti a livello centrale e territoriale;

 

b. verificare periodicamente i risultati conseguiti in relazione agli obiettivi strategici delineati con le direttive impartite, accertando eventuali inadempienze e responsabilità;

 

c. formulare proposte per l’adozione di provvedimenti atti a rimuovere carenze e disfunzioni.

 

 

Istituito presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza nell’ambito della Direzione Centrale della Polizia Criminale ai sensi dell’articolo 14 del d.l. 8/91, convertito con modificazioni dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, il Servizio Centrale di Protezione si pone quale organo tecnico che provvede all’attuazione degli speciali programmi di protezione e di assistenza nei confronti dei collaboratori di giustizia, formulati dalla Commissione Centrale di cui all’articolo 10 del citato provvedimento, nonché delle misure adottate, in casi di particolare urgenza, dal Capo della Polizia - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, a norma dell’articolo 11 della legge n. 82/91.

 

Al Servizio - comandato a rotazione da un Dirigente Superiore della Polizia di Stato o da un Generale di Brigata dell’Arma dei Carabinieri - è assegnato, tra gli altri, personale proveniente dai ruoli della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza.

 

Dal punto di vista strutturale, il Servizio, a seguito della riorganizzazione attuata con decreto in data 26 maggio 1995, si articola in:

 

a. quattro Divisioni ciascuna con specifiche competenze;

 

b. quattordici Nuclei Operativi di Protezione.

 

I Nuclei, vere e proprie unità organiche del Servizio Centrale di Protezione distribuite sul territorio, una volta attivati sono in grado di fornire un apporto più rapido e diretto alle necessità connesse con la concreta attuazione dello speciale programma di protezione, attraverso l’assolvimento dei compiti assistenziali e di supporto specialistico all’attuazione delle eventuali misure tutorie (tutela, scorta o vigilanza), che rimangono per ora affidate agli organi territoriali.

 

 

La Commissione è composta da venticinque senatori e da venticinque deputati scelti in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.

 

La stessa, tra l’altro:

 

- procede ad indagini e ad esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’Autorità Giudiziaria;

 

- può richiedere anche in deroga all’art. 329 c.p.p. - concernente l’obbligo del segreto degli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria - copia di atti e documenti relativi a procedimenti ed inchieste in corso presso l’Autorità Giudiziaria o altri organi inquirenti, nonché copia di atti e documenti relativi ad indagini e inchieste parlamentari.

 

Se l’Autorità Giudiziaria, per ragioni di natura istruttoria, ritiene di non poter derogare al segreto sulle indagini, emette decreto motivato di rigetto.

 

 

 

 

6. I rapporti tra la D.I.A., i Servizi Centrali e l'Autorità Giudiziaria.

 

 

I rapporti tra la D.I.A., i Servizi centrali e le Autorità Giudiziaria sono regolati dalle seguenti norme:

 

 

 

 

Per quanto concerne i rapporti tra la D.I.A. e i Servizi Centrali delle Forze di polizia si richiama il contenuto dell’articolo 3, comma 4, della legge 410/91, il quale prevede che:

 Dal quadro normativo sopra delineato si evince che i rapporti tra D.I.A., Servizi Centrali ed Interprovinciali ed Autorità Giudiziaria si pongono su piani distinti, corrispondenti alle attività di polizia poste in essere ed alle inerenti competenze esercitate: attività di polizia giudiziaria, attività di polizia preventiva e di sicurezza.

Per quanto riguarda le investigazioni o le altre attività di polizia giudiziaria, la disciplina dei rapporti è rimessa, alla stregua della normativa citata, all’Autorità Giudiziaria cui, conseguentemente, compete anche la risoluzione di eventuali conflitti.

Relativamente alle attività di polizia preventiva nei confronti delle organizzazioni criminali, il Decreto del Ministero dell’Interno in data 22 gennaio 1992, senza escludere forme di sinergia tra i Corpi di Polizia e in riferimento alle esigenze di coordinamento tra diversi organismi e, specificatamente, della DIA e della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga affida, in particolare, i settori:

Il predetto Decreto tiene conto inoltre del consolidato interesse dell’Arma dei Carabinieri per le seguenti categorie di reati: falso nummario, reati in materia di opere d’arte, reati ambientali, reati in materia di igiene e sofisticazione alimentare e reati inerenti allo sfruttamento della manodopera.

Per quanto attiene ai fenomeni connessi al riciclaggio, al contrabbando e alle frodi comunitarie è prevista la competenza specialistica della Guardia di Finanza.

Nel dettaglio, in applicazione delle direttive ministeriali, i Reparti del Corpo relativamente:

INDICE DELLA LEGISLAZIONE RICHIAMATA

E RIPORTATA IN ALLEGATO 

Allegato 1: Legge 1 aprile 1981, nr. 121 recante "Nuovo Ordinamento dell'Amministrazione della Pubblica Sicurezza".

Allegato 2: Decreto Ministeriale in data 28 marzo 1998 sulla riorganizzazione dell'Ufficio di Coordinamento.

Allegato 3: Bozza di decreto sulla riorganizzazione dell'Ufficio di Coordinamento.

Allegato 4: Decreto del Ministro dell'Interno in data 12 febbraio 1992.

Allegato 5: Decreto del Ministro dell'Interno in data 5 febbraio 1999.

Allegato 6: Articolo 12 del Decreto legge 13 maggio 1991, nr. 152 convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203.

Allegato 7: Decreto del Ministro dell’Interno in data 25 marzo 1998 sui Servizi Centrali ed Interprovinciali.

Allegato 8: Decreto-legge n. 345/91, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, nr. 410.

Allegato 9: Decreto legislativo 26 maggio 1997, nr. 153 recante "Integrazione dell’attuazione della Direttiva nr. 91/308/CEE in materia di riciclaggio di capitali di provenienza illecita".

Allegato 10: Decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, nr. 82.

Allegato 11: Articolo 10 del Testo Unico sugli stupefacenti 309/90.

Allegato 12: Legge 24 ottobre 1977, nr. 801.

Allegato 13: Decreto-legge 20 novembre 1991, nr. 367, convertito con modificazioni dalla legge 20 gennaio 1992, nr. 8.

BIBLIOGRAFIA

 1. A. Sandulli, Manuale di diritto Amministrativo - XV Edizione, Jovene Editore - Napoli, 1989.

2. G. Calesini, Leggi di pubblica sicurezza ed illeciti amministrativi - Edizioni Laurus Robuffo - Roma 1994.

3. L. D'Ambrosio - P.L. Vigna, La pratica di polizia giudiziaria, Edizioni Cedam - Padova 1994.

4. A. Chiappetti - Forze di Polizia - Voce Enciclopedia Giuridica Treccani.

5. M. Colacito - Polizia di Sicurezza - Voce Enciclopedia Giuridica Treccani.

6. E. Reggio d'Aci - Servizio di Ordine Pubblico - Voce Enciclopedia Giuridica Treccani

 

 

 

 

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