Editoriali Intelligence Corso di perfezionamento Recensioni Summaries in English Scienze dell'Investigazione Bibliografia Forum Strumenti Cineteca Mappamondo Ultime notizie

(Lezione tenuta dal Capo della Polizia, prefetto Ferdinando Masone, tenuta all'Aquila il 20 ottobre 1999, nella sede della Scuola Sottufficiali della Guardia di Finanza)

Rivolgo il mio caloroso ringraziamento all’Università de l’Aquila, nelle persone del Rettore Professor BIGNARDI e dei Professori SIDOTI e CIFALDI, alla Città attraverso il suo Sindaco, Avvocato TEMPESTA, ed alla Guardia di Finanza, al Generale LUCIANI ed al Colonnello CRETELLA LOMBARDO, che così amabilmente ci ospita in questa magnifica struttura, un vero gioiello del Corpo.

Sono particolarmente lieto dell’opportunità offertami oggi, di introdurre una riflessione sulle problematiche dell’ordine e della sicurezza pubblica nel Paese e, quindi, sulle progettualità elaborate per affrontarle e superarle.

Nel salutare cordialmente tutti i presenti - Autorità, Corsisti ed illustri Ospiti - vorrei tratteggiare, per linee generali, lo sviluppo del mio intervento, che, impone un duplice sforzo, per un verso di globalità d’approccio nell’individuazione delle polarità del fabbisogno di sicurezza in Italia e, per altro verso, di correlata severa sintesi.

L’esperienza maturata ha fatto crescere - non solo tra gli addetti ai lavori, ma anche nella coscienza collettiva - la diffusa consapevolezza della serietà delle minacce che incombono sulle Istituzioni e sull’ordinato vivere civile.

Si tratta di minacce diversificate nella provenienza, così come nella valenza del pericolo che sottendono, ma tutte, comunque, insidiose, ora per il carattere antistatuale che alcune rivestono, ora per la funzione debilitante che altre esercitano.

Tutte devono essere riguardate con attenzione ed affrontate con energia, allo scopo di sanare le situazioni già pregiudicate e di impedire, al tempo stesso, l’inquinamento delle realtà meno investite da fenomeni degenerativi.

L’analisi si dipanerà, pertanto, ripercorrendo i più impegnativi contesti che chiamano le Forze dell’Ordine ad un lavoro duro e senza soste: mantenimento dell’ordine pubblico; prevenzione e contrasto delle recrudescenze eversive e terroristiche; lotta alla criminalità organizzata ed a quella comune; contenimento dell’immigrazione clandestina.

0

0 0

L’impegno delle Forze di polizia per la tutela dell’ordine pubblico inteso in senso tecnico nel ’99 è stato senza dubbio significativo, essendosi reso necessario fronteggiare innumerevoli, delicati avvenimenti che hanno interessato il Paese.

Numerosissime sono state le manifestazioni di piazza connesse a vertenze sindacali (oltre 1.100) e, segnatamente, a problematiche occupazionali (circa 600), che, nell’attuale congiuntura economica, non di rado hanno fatto registrare elevata partecipazione di folla.

Tra esse non sono mancate proteste eclatanti: 66 blocchi stradali e 27 del traffico ferroviario, mentre nessun episodio analogo ha riguardato gli scali aeroportuali.

La tendenza dei manifestanti ad adottare moduli rivendicativi sempre più incisivi ha reso necessaria un’ancor più matura ed equilibrata gestione dei servizi di ordine pubblico, con interventi improntati alla massima prudenza e finalizzati, in primo luogo, a contenere gli eccessi ed a ristabilire la legalità.

Anche la situazione internazionale ha indubbiamente contribuito a vivacizzare la piazza, e mi limiterò a citare gli sviluppi della nota vicenda del leader curdo OCALAN e le iniziative contro la partecipazione dell’Italia alle operazioni belliche nei Balcani in difesa del popolo kosovaro.

Del pari costante l’attenzione con la quale è stata e viene seguita la problematica della sicurezza delle manifestazioni sportive per la preoccupazione che destano le intemperanze delle tifoserie.

Per contenerle vengono impiegati settimanalmente circa 10.000 uomini.

Un impegno decisamente forte, che dovrebbe vedere di più e meglio coinvolte le società sportive per consentire un sereno svolgimento di manifestazioni - spettacolo, che non possono trasformarsi in azioni di teppismo e, purtroppo, spesso di guerriglia urbana.

0

0 0

Il 1999 ha riproposto l’attualità della sempre incombente minaccia terroristica, contro la quale le Forze dell’Ordine non hanno mai abbassato il livello di allerta.

Il 20 maggio scorso, purtroppo, è stato infatti assassinato a Roma, il Professor Massimo D’ANTONA, docente di diritto del lavoro, noto negli ambienti universitari, sindacali e politici anche per aver collaborato all’elaborazione del rinnovando quadro normativo del diritto di sciopero.

L’omicidio è stato rivendicato dalle "Brigate Rosse", con un documento che riprende il linguaggio tipico di precedenti testi di quella banda armata tristemente nota, interrompendo un silenzio protrattosi per diversi anni, intervallato soltanto da documenti di modesto spessore.

Attualmente si sta dispiegando, d’intesa con l’Autorità Giudiziaria ed in stretto coordinamento con l’Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza, il massimo sforzo per individuare i responsabili dell’omicidio del Prof. D’ANTONA , anche al fine di scongiurare il rischio di ulteriori azioni criminose, sempre possibili sino a quando le cosiddette nuove B.R. (che tanto nuove non sono) non vengano disarticolate e messe in condizioni di non nuocere.

Con vigile attenzione, viene seguita poi l’evoluzione del terrorismo internazionale, specialmente in vista del Giubileo del vicinissimo 2000.

Nel settore, vengono svolte investigazioni approfondite, ma, soprattutto, vengono intessuti e curati i rapporti internazionali con le omologhe Forze di polizia, con la finalità di svolgere azioni sinergiche di prevenzione e di contrasto.

0

0 0

L’altro grande pilastro della nostra attività è dato dalla lotta alla criminalità organizzata.

I positivi risultati conseguiti hanno arginato la pesante influenza esercitata dal fenomeno, nel recente passato, sull’ordinato vivere civile, ma, poiché le consorterie mafiose dimostrano capacità di rigenerarsi e di adeguare le proprie strategie, la lotta prosegue senza sosta.

Conferma ne è la disarticolazione, nei primi otto mesi del ’99, di 81 sodalizi (+28%), con il perseguimento di 1.220 affiliati (+26%).

Incisiva l’azione sul versante delle misure di prevenzione patrimoniali, col sequestro di 702 beni e la confisca di 325, punto di forza di un intervento che individua nell’aggressione alla ricchezza illecita una delle chiavi di volta del contrasto alla delinquenza organizzata.

Analoga determinazione informa il ricorso alle misure di prevenzione personali, con un netto incremento sia dei provvedimenti di irrogazione della sorveglianza speciale (+5,5%), sia degli avvisi orali dei Questori (+7,4%).

Dall’inizio dell’anno, sono stati arrestati 251 latitanti particolarmente pericolosi, dei quali 3 inseriti nel programma speciale dei 30 di massima pericolosità e 65 nell’elenco dei 500, stilato congiuntamente dalle tre Forze di polizia.

Dei 251, 37 sono quelli catturati all’estero grazie all’alto livello di cooperazione internazionale con gli omologhi Organismi degli altri Paesi, che garantisce la possibilità di perseguire le propaggini della criminalità italiana all’estero e di contenere l’infiltrazione sul nostro territorio delle mafie straniere.

Altro elemento di riscontro è dato dal calo degli omicidi nelle cosiddette "Regioni a rischio", dove il 31% degli stessi è ascrivibile alla malavita organizzata. Solo in Puglia, infatti, il dato è cresciuto, mentre si sono registrate importanti flessioni in Campania (-22%), Sicilia (-14,6%) e Calabria (-9,4%).

Un cenno, infine, merita la riduzione a zero dei sequestri di persona nel ’98 e nel ‘99, fenomeno ben noto per la sua odiosità, rispetto al quale è in essere un’inesausta attività di intelligence e, su quella base, di mirata prevenzione.

Mi preme però sottolineare un concetto.

La delinquenza organizzata concepisce come un unicum ogni genere di traffico illegale – dalle scorie tossiche e radioattive alle tecnologie, dalle armi alla droga, dalle merci di contrabbando agli esseri umani – e, in tale logica, tenta di sfruttare le opportunità dischiuse dalla globalizzazione per tessere alleanze ma, soprattutto, per garantirsi ulteriori guadagni, crescente mimetismo e maggiore sicurezza rispetto all’azione della Magistratura e della Polizia.

Il mondo si è fatto enormemente più piccolo, gli spazi giuridici si sono invece ampliati a dismisura e, parallelamente, la telematica ha generato un universo virtuale che ha abbattuto ogni residua distanza nei contatti, nelle transazioni e negli accordi, consentendone la realizzazione in tempo reale.

Si profilano quindi nuovi contorni e tratti inediti dell’agire criminale.

La progressiva internazionalizzazione degli illeciti, rappresentando un ulteriore percorso di accumulazione primaria di ricchezza per le cosche ed i loro cartelli, favorisce infatti l’attività di riciclaggio, introducendo un fattore di pervasivo inquinamento del sistema economico e finanziario legale.

La minaccia è ancora più grave se si pensa che alla velocità dei processi accennati, non ha corrisposto un’altrettanto rapida globalizzazione dell’azione di contrasto al crimine, per sua natura subordinata alla posizione di regole e fortemente condizionata dal principio di sovranità.

Non è ipotizzabile omologare gli ordinamenti, ma, come ho avuto modo di dire in altre occasioni, si deve lavorare per armonizzarli, ricercando soluzioni comuni nei limiti della coerenza interna di ciascun sistema giuridico, onde consentirne l’interazione nel modo più efficace.

Stiamo procedendo in questa direzione, a livello politico, a livello tecnico, a livello operativo, per impedire il tentativo di radicamento di vere e proprie mafie etniche, attratte dalla floridezza economica dell’Occidente e determinate a costituire basi avanzate sui nostri territori.

E’ il caso delle consorterie cinesi e russe e di molte altre ancora, come i clan albanesi.

Per combatterle, la via maestra è anche qui la collaborazione internazionale, già intensa ed attiva, la sola dalla quale può ulteriormente scaturire un’intelligence a tutto campo, che dall’analisi strategica giunga sino alla pianificazione delle singole operazioni congiunte.

Non mi soffermerò sulle operazioni condotte a termine con successo contro le mafie straniere sul continente o contro le propaggini lontane delle consorterie europee, perchè le cronache tengono compiutamente informati quando riferiscono degli arresti di latitanti, dei sequestri di droga, di armi, di esplosivi, sempre più numerosi, sempre più significativi.

Da ultimo, mi preme ricordare l’arresto di 6 pericolosi latitanti, responsabili tra l’altro di gravi traffici illeciti, effettuato recentemente in Montenegro proprio nel quadro dell’appena richiamata, intensa collaborazione internazionale.

0

0 0

Venendo alla criminalità comune, è dato osservare come il totale dei delitti denunziati in Italia nel corso del ’98 abbia registrato un calo dello 0,6 % rispetto al ‘97, mentre, nel raffronto tra i primi quattro mesi di quest’anno e quelli del precedente, il dato è capovolto, con un incremento dello 0,6%.

Il panorama è diversificato. Limitandomi infatti al periodo più vicino, rilevo in alcune città un trend decrescente, come a Bari (-10%), Milano (-9%), Firenze (-8%) e Torino ( circa –4%), mentre altre hanno fatto registrare una tendenza inversa, come Bologna, Roma e Palermo.

Gli omicidi - su scala nazionale e pertanto comprensivi anche di quelli non riconducibili alla criminalità organizzata - si sono ridotti di oltre il 10%, considerando il periodo dal 1° gennaio al 25 agosto.

Le rapine, di converso, sono aumentate dell’11%; le rapine gravi, però, sono diminuite del 17% grazie all’ottimo lavoro, soprattutto di intelligence, svolto con assoluta continuità e grande competenza dalle Forze dell’Ordine.

I furti sono invece aumentati del 5%.

Possiamo trarre, così, una prima indicazione, che ci porta a osservare, a fronte del graduale calo delle forme più pericolose di delinquenza, un pur contenuto ritorno alla crescita della criminalità diffusa.

Il panorama europeo presenta scenari non dissimili e, anzi, per talune fattispecie delittuose particolarmente gravi, quali l’omicidio e le rapine, la situazione di molte capitali si presenta assai più seria che non nelle nostre maggiori metropoli.

0

  1. 0

Sulla delittuosità, specialmente su quella di strada, si registra l’incidenza degli stranieri clandestini, che giungono anche nel nostro Paese quale componente di un fenomeno migratorio che ha le caratteristiche di un’autentica dinamica storica in atto, riguardante l’intera Europa.

Tutti ne siamo quindi pienamente coinvolti.

La scelta enunziata dai Paesi dell’Unione è concettualmente chiara: regolare l’immigrazione legale entro i limiti delle capacità di assorbimento e di integrazione sociale; contenere, o addirittura fermare quella clandestina.

Si tratta di due direttrici complementari e coessenziali per affrontare i rischi che si profilano anche per quanto specificamente attiene alla sicurezza pubblica: il radicamento di forme di criminalità organizzata straniera e l’incremento della delittuosità di strada per la parte ascrivibile ai clandestini.

Senza in alcun modo incorrere nel gravissimo errore concettuale di rifiutare e il fenomeno migratorio nel suo complesso, opzione che sarebbe velleitaria ed antistorica, dobbiamo piuttosto prevenire e contrastare esclusivamente le patologie riconducibili allo stesso.

Da qui, il preoccupato constatare che gli immigrati illegali, ovviamente non assistiti, finiscono con l’essere spessissimo risucchiati dal mondo dell’illecito, sia per effetto del reclutamento ad opera della criminalità più strutturata, sia per l’esigenza di procacciarsi i mezzi di sostentamento.

Ne è riprova il fatto che gli extracomunitari, in Italia, costituiscono il 25% dei soggetti denunziati ed il 35% di quelli arrestati, attestandosi l’incidenza sul totale della popolazione carceraria nell’ordine del 25%.

Si opera naturalmente in primo luogo per scompaginare le reti delinquenziali che organizzano il traffico di esseri umani: nel solo periodo gennaio - settembre di quest’anno 533 sono state le denunzie e 537 gli arresti, tra i quali oltre 250 scafisti, col sequestro di 170 mezzi, soprattutto natanti.

Più in generale, massiccio è lo sforzo per contenere gli ingressi illegali, esercitando una vigilanza quanto più possibile attenta e mirata alle frontiere e rimpatriando tutti coloro che vengono sorpresi sul nostro territorio.

Dal 1° gennaio al 3 ottobre, i rimpatri sono stati 54.993, che vanno ad aggiungersi ai 33.588 effettuati nel secondo semestre del ’98, a partire, cioè, dall’entrata in vigore dell’attuale legislazione, per un totale che supera gli 88.000.

Di certo, però, non possiamo illuderci di blindare le frontiere, in ragione sia del loro estendersi per oltre 7.000 chilometri di litorale e per circa 800 sulla terraferma, sia per la prossimità geografica ai grandi poli di emigrazione.

Alla vigilanza deve allora coniugarsi il tempestivo allontanamento dei clandestini rintracciati. Solo così potremo ridurne il numero e, quindi, contenere i deleteri effetti indotti dalla loro presenza nei nostri Paesi.

La vasta esperienza maturata proprio in tale specifica attività induce ad individuare l’ostacolo più grande nella difficoltà di identificare compiutamente i clandestini, atteso che, come noto e per deliberata scelta, essi giungono in Europa sprovvisti di qualsiasi tipo di documento.

Sicuramente di grande aiuto potrà essere l’impiego del modernissimo sistema di memorizzazione e riconoscimento automatizzato delle impronte digitali (Progetto AFIS), che consente di accertare immediatamente se il soggetto sia già venuto in contatto con le Autorità di polizia, risolvendo quindi le enormi difficoltà incontrate dagli operatori di fronte ad individui che hanno, spesso, molti se non moltissimi alias.

Se torneranno nel nostro Paese, li identificheremo quindi molto velocemente, sempre a condizione, però, di essere riusciti una prima volta ad attribuir loro le esatte generalità.

Continueremo pertanto ad avere bisogno, innanzitutto, della necessaria cooperazione delle Autorità dei Paesi di origine ed è questa la ragione che mi porta a considerare la via intrapresa, quella della ricerca della collaborazione internazionale, come l’unica possibile.

Ove essa è stata raggiunta, i risultati sono stati concreti e visibili e cito ad esempio i casi della Tunisia e del Marocco.

Un dato per tutti: nei dodici mesi compresi tra l’ottobre ’98 ed il settembre ’99 sono giunti sui litorali siciliani appena 2.072 clandestini provenienti dalle coste maghrebine, mentre nei soli mesi di luglio agosto e settembre dell’anno scorso erano stati ben 3.413. Siamo passati da 1.137 a 172 al mese. Dei 2.072, inoltre, più del 36% è già stato rimpatriato, per un totale di 748 allontanamenti, 487 dei quali hanno riguardato Paesi dell’Africa settentrionale.

Nel periodo compreso tra il 1° gennaio ed il 3 ottobre di quest’anno, considerando anche i rimpatri degli stranieri rintracciati sul territorio, ben 3.415 sono i clandestini riammessi nei Paesi del Maghreb, proprio grazie alla politica seguita di intesa con quelle Autorità.

Proprio perciò, si stanno intensificando i già proficui rapporti con l’Albania, rallentati in passato da problemi interni, e riprendendo quelli con i Paesi dell’Est, dopo la stasi imposta dalle recenti vicende belliche nell’area balcanica.

Il problema di fondo, dunque, è e sarà quello di "riammettere" negli Stati di origine coloro che sono entrati da noi illegalmente.

L’insieme di queste considerazioni mi induce, in conclusione, ad affermare la necessità che le politiche migratorie debbano fondarsi su una valutazione finalmente comunitaria della dimensione transnazionale di tale fenomeno, per elaborare una strategia unitaria e di lungo periodo, che realizzi al meglio sia l’integrazione dell’immigrazione legale, sia il contenimento di quella illegale, sia, infine, il contrasto alla grande criminalità internazionale.

0

0 0

Credo sia giunto, ora, il momento di una sorta di reductio ad unum, che permetta di definire sia le priorità generali, sia le direttrici strategiche della nostra azione.

Quanto alle priorità, non esito ad individuarle nel contrasto alla criminalità organizzata e nel ripristino di una condizione di sicurezza diffusa.

Nel primo caso, l’obbiettivo è disarticolare le grandi consorterie criminali, sfruttando la congiuntura che vede lo Stato vittorioso in un’offensiva senza precedenti, affidata a Magistrati di altissimo profilo e di grande coraggio, coadiuvati, con la consueta abnegazione e con affinata professionalità, da specialisti dell’investigazione invidiatici da tutto il mondo.

Senza deflettere in questo settore, assolutamente primario, dobbiamo adesso adoperarci per restituire serenità alla gente, a quella gente che, sì, esulta con noi quando arrestiamo il grande latitante, ma che poi desidera un’esistenza serena, non insidiata nella quiete domestica, non infastidita da prepotenze di strada, non minacciata dalla criminalità diffusa.

I successi conseguiti contro quanti hanno attaccato direttamente lo Stato ci consentono ora di concentrarci, con adeguata attenzione e ferma volontà, su chi turba la tranquillità dei cittadini.

Del resto è sufficiente osservare i dati sull’andamento della delittuosità in raffronto con quelli dell’azione di contrasto per intuire come il lavoro sia ancora molto lungo e debba coinvolgere tutti i soggetti istituzionali e sociali.

La mia formazione mi induce a rifiutare alchimie teoriche idonee ad orbitare intorno ai problemi senza coglierne l’essenza. Ed io rilevo che, da un lato, la criminalità, soprattutto quella diffusa, è connotata da un trend costantemente incrementale e che, del pari, l’incisività della nostra azione è attestata da dati a loro volta in crescita. In aumento risultano infatti, ormai da tempo, le denunzie, i controlli di persone e di autoveicoli. Ciò comprova la vastità del problema e, del pari, l’esigenza di rivedere le nostre strategie.

Una prima, grande difficoltà avvertita dal sistema è data dal progressivo affievolimento del deterrente penale, la cui efficacia va sempre più perdendo vigore. Basti considerare la ricorrenza con la quale le denunzie colpiscono i medesimi soggetti, trasformandoli in veri e propri habitué dei nostri Uffici e di quelli giudiziari, senza che però questo sortisca effetti di un qualche rilievo sulla loro esistenza e, per questo tramite, sulla loro potenzialità delinquenziale.

E’ un dato di fatto e sarebbe improprio ed improduttivo recriminare su presunte responsabilità di questo piuttosto che di quel soggetto istituzionale. Mi pare più costruttivo, invece, pensare a come gestire la situazione in attesa che anche la sanzione penale ritrovi la propria naturale forza dissuasiva.

La prima risposta, non v’è dubbio, è un maggiore investimento sulla prevenzione. Se il criminale è meno frenato dal timore della punizione, non ci resta che tentare di ridurre progressivamente gli spazi a sua disposizione per la commissione dei reati, prevenendoli, appunto. Giungiamo così al controllo del territorio ed alla presenza capillare e visibile sulle strade, laddove l’intendimento è la piena riappropriazione, da parte delle Istituzioni e dei cittadini onesti, degli spazi, sottraendoli ai disonesti, col pieno coinvolgimento, in questo grande disegno, degli enti locali, segnatamente dei Sindaci, con i rispettivi Corpi di Polizia Municipale.

Ecco perché, proprio per essere più vicini alla gente con la nostra visibile e rassicurante presenza, dobbiamo studiare formule innovative, recuperando personale attraverso modelli organizzatori originali.

Ampliando l’orizzonte all’intero comparto sicurezza, va da sé che analoga logica debba ispirare il coordinamento delle Forze di polizia, riducendo progressivamente gli ambiti di sovrapposizione, a tutto beneficio di un più organico impiego di uomini e mezzi.

Al riguardo, segnalo la riorganizzazione in corso dell’Ufficio di Coordinamento, che ha il compito di esaltare le potenzialità interforze nei settori della pianificazione, dell'informatica e delle relazioni internazionali, attraverso la creazione di un autentico organismo di staff del Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, nel quale è scrupolosamente prevista la rotazione tra le Forze in tutti gli incarichi di responsabilità.

Ho toccato deliberatamente molti argomenti, nella consapevolezza che sarebbe stato possibile introdurli, ma certo non esaurirli.

Era mio intendimento dare una base documentata di conversazione.

Nella speranza di esservi riuscito, sono a disposizione per ogni domanda.

Grazie.

 

 

Editoriali Intelligence Corso di perfezionamento Recensioni Summaries in English Scienze dell'Investigazione Bibliografia Forum Strumenti Cineteca Mappamondo Ultime notizie