Il 15 maggio 1910 si
svolgeva, nel Campo di Marte a Capodichino, la prima manifestazione aerea con
aeroplani denominata “prove di aviazione2, alla quale prese parte un velivolo costruito
a Napoli, presso le “Cotoniere Meridionali” .pilotato dal napoletano Ettore
Carrubi., battezzato NAPOLI 1 e che si alzò all’incredibile altezza di 5 m.
Le cronache riferiscono di
tribune affollatissime a Capodichino fino alla via che conduce a San Pietro a
Patierno con spettatori fin sui tetti e dame elegantissime: dalle
aristocratiche alle popolane e addirittura una schiera di fotografi e
giornalisti.
Ai primi del 1918 il
capitano Bertoletti su disposizione del Ministero della guerra, con l’ausilio
di pochi mezzi manuali e dei bovini della vicina “VACCHERIA DEL CAMPO DI MARTE”
per i più grossi movimenti di terra riesce a far livellare sufficientemente il
Campo di Marte per alcune centinaia di metri, secondo la diagonale nord – est,
sud – ovest e comincia a volare con i suoi piloti su due NIEUPORT E DUE FARMAN.
Mentre fervevano gli
allenamenti, nella triste notte fra il 10 e l’11 marzo 1918, un dirigibile
austriaco lanciò una ventina di bombe su Napoli, nell’intento di colpire
l’impianto del porto, nonché lo stabilimento ILVA e lo scalo dirigibili di
Bagnoli. Fra le macerie si contarono sedici morti e decine di feriti. Ne seguì
la decisione di ampliare Capodichino con un impianto per voli notturni,
l’assegnazione di tre velivoli SP.2 e la realizzazione di due hangar.
Sotto l’impulso
dell’emozione per gli effetti dell’ardimentoso volo del dirigibile austriaco si
aprì una sottoscrizione cittadina per migliorare la difesa della città; così il
29 luglio 1918 furono consegnati alla 110° Squadriglia di stanza a Capodichino
due velivoli sulle cui fusoliere era applicata una targhetta d’ottone con la
scritta “CITTA’ DI NAPOLI” per l’uno e “BANCO DI NAPOLI” per l’altro. Ciascun
velivolo era costato 50.379 lire.
Il terreno adibito ad
aeroporto era un’estensione quasi pianeggiante di 44 ettari, a forma di
romboide, a 72 m. sul livello del mare. Qui nel 1917, c’erano poche
infrastrutture essenziali, costituite da alcune baracche, dalla polveriera e
dal galoppatoio.
Nel 1918, quando entrò in
attività la 110 squadriglia, l’ingresso all’aeroporto era sulla Via Nuovo
Tempio, subito dopo la biforcazione dell’attuale Via F. De Pinedo. La pista era
una striscia erbosa utilizzabile solo per 650 m. Finita la grande guerra il
complesso portuale rimase pressoché inutilizzato fino alla costituzione della
Regia Aeronautica come forza armata autonoma, il 28 marzo 1923.
Tra il 1924 e il 1925 la
Regia Aeronautica avviò imponenti
lavori di ammodernamento dell’Aeroporto: si allungò la pista espropriando una
prima parte di terreno posto a sud – est e con una spesa di 2.571.450 lire si
effettuarono lavori di manutenzione agli hangar, si aprì il nuovo ingresso su
Piazza Capodichino, si costruirono nuovi manufatti.
Per una serie di
considerazioni economiche e socio – politiche venne deciso di costruire il
grandioso complesso dell’Accademia Aeronautica sull’aeroporto di Capodichino.
Il 28 giugno del 1925 con
una solenne cerimonia fu posata la prima pietra dell’Accademia.
Nel 1930 il complesso
edilizio di Capodichino fu ultimato, l’Accademia aeronautica si era già
sistemata nel Palazzo reale di Caserta.
A Capodichino venne la
scuola sottufficiali, allora chiamata Scuola Specialisti, che vi rimase fino al
secondo conflitto mondiale.
Rimasto, poi, indenne solo
l’avancorpo centrale dell’enorme fabbricato, si provvide a ricostruire, nel
dopo guerra (1948 – 1950), l’angolo sud per destinarlo a sede del comando
aeroporto.
SOTTOTENENTE PILOTA UGO
NIUTTA
Il 19 giugno 1921, nel corso
di una solenne cerimonia, l’aeroporto di Capodichino venne dedicato al
Sottotenente Ugo Niutta, nato a Napoli il 20 dicembre 1880 e morto in
combattimento aereo il 3 luglio 1916, decorato di medaglia d’oro al valor
militare con la seguente motivazione: “Pilota d’aeroplano, durante una
ricognizione aerea sulle linee avversarie, incontrati due velivoli nemici, li
aggrediva ripetutamente costringendone uno a precipitosa discesa. Attaccato in
condizioni svantaggiose dall’altro sosteneva con indomito ardire la lotta.
Essendo stato colpito a morte l’osservatore, nell’impossibilità di sostenere
l’impari lotta sorvolando a bassa quota le linee nemiche e sfidando con
indomita fierezza il fuoco delle mitragliatrici, tentò di guardare le nostre
linee. Colpito mortalmente e perdurata ogni conoscenza andava con l’apparecchio
contro un banco roccioso e vi lasciava la vita.
Cielo di Borgo di Val Sugana, 3 luglio 1916.