La cappella di San
Michele fu fondata e fabbricata a spese del Collegio degli Ebdomadari nell’anno
1615. Ogni anno il 29 settembre, 8 Ebdomadari si recavano in essa per
solennizzare la cerimonia religiosa. Sin dal 1744 si avvertiva la necessità di
un sacerdote confessore che potesse amministrare i Sacramenti ed assistente gli
abitanti di Capodichino. La cappella fu eletta in “Grancia” per favorire i
fedeli della zona che si dividevano nelle tre parrocchie confinanti di San
Pietro a Patierno, Secondigliano e dei Santi Giovanni e Paolo.
La chiesetta fu
demolita nel 1813 per la sistemazione delle strade della zona.
Dopo questa
demolizione gli abitanti di Capodichino sentirono il forte bisogno di avere un
centro di culto nelle vicinanze: le altre chiese erano troppo distanti e per
essi molto scomodo raggiungere, soprattutto nei periodi invernali quando il
fango e la pioggia rendevano impraticabili le strade. Ad accelerare le
costruzioni di una nuova chiesa contribuì un fatto veramente straordinario.
L’AVVERTIMENTO
Il 7 dicembre 1856
fra Luigi di Sant’Antimo si trovava nel convento di Santa Maria della Salute; mentre
era assorto in preghiera ebbe una visita della Madonna Immacolata. Egli ascoltò
delle voci che l’avvertirono di un pericolo di morte incombente sul re
Ferdinando II Borbone. Il sovrano, infatti, il giorno dopo doveva recarsi al
Campo di Marte, situato nella zona di Capodichino e, proprio lì ci sarebbe
stato il regicidio. Il frate, allora di scatto si distolse dalla preghiera e
mandò Padre Angelo di Napoli al palazzo reale per avvertire il re
dell’imminente pericolo di vita. Ferdinando II, pur fortemente impressionato,
non volle mancare all’appuntamento per non mostrarsi vile, ma, prudentemente
indossò un giubbotto di ferro sotto l’alta uniforme.
Il giorno seguente,
cioè l’8 dicembre, il re si recò puntuale al Campo di Marte e, mentre passava
in rassegna le truppe, subì, come previsto, un attentato da parte di un soldato
di origine albanese; questi si chiamava Agesilao Milano delle Calabrie e si era
arruolato da poco nell’esercito borbonico con lo scopo preciso di uccidere il
re.
Quel giorno egli
uscì dalle file e colpì Ferdinando con una baionetta o daga (spada a due
tagli), ma il colpo fallì, perché il sovrano era protetto da una corazza di
ferro.
Il re ne uscì
indenne e riportò solo una piccola ferita al fianco. Il mancato regicidio
indusse il sovrano, per grazia ricevuta, ad erigere una chiesa in onore
dell’Immacolata Concezione e, soddisfare, così, anche le esigenze naturali del
luogo.
Il 13 dicembre 1856
il Milano, dopo un rapido processo verrà giustiziato.
LA POSA DELLA
PRIMA PIETRA E LA COSTRUZIONE DELLA CHIESA
La costruzione della Chiesa fu iniziata dal
Comune di Napoli e dai fedeli.
L a cerimonia
dell’inaugurazione si svolse il 2 e 3 agosto del 1857 con la posa della prima
pietra che avvenne alla presenza di una folta rappresentanza delle corporazioni
militari. Il momento solenne della benedizione della prima pietra della Chiesa
dell’Immacolata
Concezione di Capodichino, fu immortalato dal pittore Salvatore Fergola al
servizio di casa Borbone. Questi dipinse uno splendido quadro attualmente
custodito al Museo di San Martino a Napoli e una copia dell’originale è esposta
nella sagrestia della Chiesa.
La prima pietra fu
benedetta per delega dal cardinale Sisto Riario Sforza, arcivescovo di Napoli,
da sua Eccellenza Monsignore Don Pietro Naselli, Arcivescovo di Leocosi ( Nicosia) Cappellano Maggiore.
Per la cerimonia
venne utilizzata una cazzuola d’oro, un bacile d’argento e un martello. Su un
poggio di velluto venne messo un cubo di marmo sul quale fu scolpita la data
della benedizione e all’interno vennero custoditi i documenti riguardanti la
Chiesa. Il tutto fu calato nelle fondamenta dal fratello del re Luigi, Carlo
Maria, Conte dell’Aquila, mentre le bande suonavano l’inno reale e l’artiglieria
eseguiva la salve reale di 21 colpi di cannone. La costruzione della Chiesa
andò molto a rilento a causa di alcuni imprevisti come la morte di re
Ferdinando all’età di 49 anni, la sconfitta di Francesco II, la venuta di
Garibaldi, l’unificazione dell’Italia sotto la dinastia sabauda. La chiesa fu
costruita in 7 anni e fu ultimata nel 1862; con una delibera della giunta
municipale del 7 luglio 1863 fu affidata alle cure di Pasquale, Francesco,
Antonio De Ciutis, nato e battezzato in Secondigliano il 15 marzo 1809, figlio
di Luigi e di Rosa Campanile, ordinato sacerdote il 21 dicembre 1833.
La chiesa è di
forma rettangolare ad una navata costruita in pietra di tufo ed appare alquanto
ampia ed ornata di stucchi alla corinto. La navata si conclude con l’altare
maggiore costruito con marmi preziosi e su ciascun lato vi sono 4 piccole
cappelle.
Al centro
dell’altare maggiore troneggia la statua in legno dorato di Maria Santissima
Immacolata in stile francescano: essa fu scolpita dall’artista Francesco Caputo
nel 1820 su commissione del sacerdote Don Antonio Ventriglia. Infatti è raro
esempio delle rappresentazioni ottocentesche della Vergine, prima di arrivare
ai canoni del 1854 delle nuove rappresentazioni sacre.
La statua si
presenta con la mano destra che impugna la lancia e la sinistra che sorregge il
Bambinello. Dopo il 1854 le Madonne verranno rappresentate con ai piedi il
globo terrestre e il serpente che insidia il calcagno. Nel corso degli anni la
statua è stata preda di numerosi furti. Infatti, ignoti ladri hanno rubato la
lancia in argento che la Madonna impugnava ed il Bambino Gesù che sedeva
sull’altro braccio; quest’ultimo fu segato ed è stato sostituito con una copia.
LE CAPPELLE E LE
STATUE
Nella prima
cappella a sinistra c’è la statua in legno di San Michele Arcangelo che è alta 6 palmi ossia m.1.50.
E’ una statua settecentesca proveniente dall’antica cappella degli Ebdomadari
di Napoli, dedicata a San Michele e demolita nel 1813 durante il lavori di
sistemazione dell’importante strada di Capodichino. Questi era il protettore
della borgata e la festa patronale si celebrava il 29 settembre con
l’intervento dei Reverendi Ebdomadari del Duomo di Napoli. Nella prima cappella
sulla destra si possono ammirare due statue: l’Addolorata e San Giuseppe.
Esse sono state
costruite da una comunità francescana nel corso del 18° secolo, secondo la
tecnica degli antichi artigiani presepiali napoletani. Ad un’attenta
osservazione si possono vedere le mani, i piedi e i volti scolpiti in legno e
sorretti da un manichino. La statua di San Giuseppe è stata restaurata ed ha
subito un trattamento di plastificazione delle parti in legno. Nelle cappelle
del lato destro si possono ammirare una statua del Sacro Cuore di Gesù, sotto
di esso, in una cripta giace la statua di Santa Maria Goretti. Proseguendo si
possono vedere le statue di Sant’Anna, San Francesco e un quadro di Santa Rita.
Nell’ultima cappella a destra l’occhio del visitatore si posa su una tela antica
che rappresenta Maria, Madre del Buon Consiglio. La seconda, la terza ed ultima
cappella del lato sinistro sono dedicate rispettivamente a Santa Lucia,
Sant’Antonio e alla Madonna di Pompei oggetti di grande culto popolare.
La chiesa è dotata
di due affreschi che si possono ammirare ai due lati all’ingresso. Sulla
sinistra sono raffigurati i Santi Cosma e Damiano, mentre sulla destra è
dipinto San Giovanni Vianney, detto il curato d’Ars.