RACCOLTA DI LEGGENDE DEGLI ALUNNI DI SECONDIGLIANO                                    

 

IL FANTASMA DI SAN LORENZO

 

Si racconta che il 10 agosto di circa cento anni fa,al Corso Secondigliano, n°148 in un palazzo di origini antichissime, si suicidò una ragazza  appena sposata di nome MILENA che all’epoca aveva  circa ventisette anni. Per comprendere un fatto così tragico occorre sapere che il matrimonio tra MILENA e COSIMO   era stato combinato, come spesso si soleva fare a quel tempo, infatti elle era stata predestinata già dalla nascita a quel giovane.

MILENA , anche se a malincuore, ligia alle tradizioni si sottopose alla volontà dei genitori.

Il banchetto ebbe luogo nel cortile interno del palazzo  e vi parteciparono i parenti e il vicinato al completo Alla fine della cerimonia, quando già una piccola parte degli invitati cominciava ad andare via, i due sposini si ritirarono nelle loro modesta abitazione situata al terzo piano; si    accinsero a fare un brindisi che nella mente sconvolta della giovane appariva come il commiato alla vita. Dopo un po’ di tempo la sposa con una scusa si sottrasse ai suoi doveri coniugali e si recò sull’attico e, ancora con il vestito bianco, illuminato dalle stelle e dalla luna, si gettò nel vuoto. Ancora oggi non si sa perché ella abbia fatto un gesto così disperato.

Si suppone che MILENA amasse  un altro uomo e visto che non poteva coronare il suo sogno d’amore  preferì  scegliere la morte.

Una leggenda dice che ogni anno il 10 agosto nel  palazzo si crea un’aria molto particolare, la luna diventa più grande e si colora di rosso; in questo scenario appare il fantasma della ragazza. Ella si aggira con passi  spasmodici sull’attico, si sporge, ha qualche attimo di esitazione e, poi, si lancia nel vuoto.

Nella notte buia si vede il suo corpo leggero, iridescente che precipita giù come una stella cadente. Il vestito da sposa è illuminato dai raggi argentei della luna, il suo candido velo di merletto bianco con la coroncina di fiori d’arancio volteggia, si gonfia nell’aria e, infine, si impiglia lacerandosi sui ferri dei balconi.

Un terribile tonfo spezza il silenzio della notte; dal cortile si levano urla strazianti e appare il volto sfigurato di MILENA tra i lamenti delle anime in pena. La luna ridiventa pallida, la sua luce accarezza dolcemente il bel volto dell’infelice sposa; dopo alcuni secondi si rialza e, lentamente, si dirige verso il grande portone di legno del palazzo svanendo nel nulla .

 

 

LA RAGAZZA DAGLI OCCHI GRIGI

 

Nel quartiere di CAPODICHINO si raccontano tante storie fantastiche e ce ne è una particolarmente misteriosa.

Subito dopo la seconda guerra mondiale, circa cinquanta anni fa, in una notte buia e senza stelle un certo signor Petrone correva con la sua auto lungo la strada che porta al cimitero della Doganella. Egli aveva terminato da poco il turno di lavoro e tornava a casa con i vestiti  unti di olio e un vecchio impermeabile poggiato sui sediolini dell’auto.

In un punto particolarmente buio della strada, i suoi fari illuminarono la sagoma di una donna che correva velocemente. Incuriosito da questa scena l’uomo accostò l’auto e le andò incontro. Egli fu colpito dalla bellezza della ragazza e, in particolare, dai suoi occhi grigi, si accorse che tremava sotto la pioggia e cavallerescamente le porse il suo impermeabile,  stregato dalla luce dei suoi meravigliosi occhi, la fece accomodare in macchina e le diede un passaggio, giunti nei pressi della sua abitazione, la ragazza si accomiatò con un sorriso misterioso e sfuggente e, approfittando di un attimo di distrazione del signor Petrone, sparì nel nulla. A metà strada l’uomo si ricordò dell’impermeabile e decise di tornare il giorno dopo per riprenderselo.

Egli la notte non riusciva a prendere sonno, si agitava nel letto e gli veniva in mente l’immagine della  giovane. Il mattino seguente, più per rivederla che per prendere l’impermeabile, tornò nell’abitazione dove la dove la sera precedente l’aveva accompagnata. Bussò a lungo, rispose una vocina esile che lo invitò ad attendere, trascorsi alcuni interminabili minuti, la porta  si aprì  e, il signor Petrone si ritrovò di fronte una dolce vecchietta che portava sulle spalle uno scialle di lana grezza. Un po’ impaurita la donna disse: ”Chi siete?” Il signore rispose: ”Ieri sera ho incontrato una ragazza che si aggirava sotto la pioggia battente, le ho dato un passaggio e l’ho accompagnata proprio qui, ma, lei ha dimenticato di restituirmi l’impermeabile.”

Un’espressione di stupore si dipinse sul volto rugoso dell’anziana donna che chiese allo sconosciuto come fosse questa ragazza .Dopo che il signor Petrone ebbe fatta una dettagliata descrizione della giovane, la donna annuì e, piangendo, gli disse che un tempo in quella casa viveva con la sua unica figlia che era morta durante un terribile bombardamento che colpì la zona di CAPODICHINO nel 1944.

L’anziana signora condusse l’uomo sulla tomba della figlia. Giunti  nel cimitero con grande meraviglia entrambi notarono che l’impermeabile era poggiato sulla tomba della ragazza dagli occhi grigi.

   

LA CARROZZA DEL DIAVOLO

 

Nel quartiere di Capodichino si narra una leggenda piuttosto paurosa.

Una donna che abitava su una collinetta di fronte alle grotte di Capodichino e raccontava che la sera del 2 novembre di tanti anni fa, verso mezzanotte, vide dal suo balcone, una carrozza nera con i bordi d’oro; essa era circondata da un alone di fuoco e diffondeva una luce sinistra; alla sua guida c’era lo scheletro di un cocchiere vestito  viola con un cappello a cilindro su capelli grigi e stopposi .Questa carrozza era trainata da cavalli neri, si fermò dinanzi alle grotte di CAPODICHINO e aspettava le anime oscure dei soldati nazisti per trascinarle all’inferno. Esse uscivano urlanti dai sotterranei delle grotte e venivano frustate dallo scheletro che rideva cupamente a squarciagola.                                                                                                                                                     

Dopo aver eseguito il suo triste compito, il cocchiere con la carrozza scomparve nel buio.

La leggenda narra che quelle ombre nere erano le anime dannate dei crudeli soldati nazisti che occupavano la zona di CAPODICHINO durante la seconda guerra mondiale.

 

 

O’ MUNACIELLO DINTA A PENTOLA

 

Una delle leggende che alimentano la fantasia popolare del quartiere di SECONDIGLIANO  ha come protagonista una anziana signora di nome Francesca Miti, che negli anni ‘40’ possedeva un bar in Piazza Capodichino.

Ella narra che una sera,diversi anni fa, fattasi ora di cena, lasciò il marito per andare a preparare qualcosa da mangiare. La signora, già mentre saliva le scale, si sentiva osservata, seguita,una volta a casa si recò in cucina ,aprì la credenza per prendere una pentola e vide una scia luminosa. La donna, quel giorno, preparò la cena come se niente fosse accaduto, aspettò che il marito mangiasse, poi entrambi andarono a dormire.

Il mattino seguente l’uomo scese prima, così la signora rimase sola.

Una volta alzatosi, andò in cucina, prese le pentole della sera precedente e le lavò, poi, si recò al bar per aiutare il marito. La sera dello stesso giorno ella, come era sovente fare, salì prima del proprio consorte per  preparare la cena e, trovatasi in cucina, intravide in una pentola una sagoma, in un primo momento le parve un topo, ma poi si rivelò come ‘O munaciello’. La signora  per niente intimorita, prese questo essere e lo ripose in un vaso e lo coprì con una piantina, ma fu allora che avvenne il fatto più sconcertante. All’improvviso la piantina si sollevò e ‘O munaciello’ scappò velocemente.

Oggi, ella, rimasta vedova, dice che la notte non si sente sola perché le farebbe compagnia questo munaciello e che addirittura il 10 di ogni mese le regalerebbe del denaro.

 

IL FANTASMA DEL CICLISTA

 

Si racconta che molto tempo fa, ogni 17 del mese di ottobre, sul Corso Secondigliano circolava un ciclista fantasma che faceva sempre lo stesso percorso. Egli partiva dal quadrivio ed attraversando il Corso arrivava a piazza Capodichino e poi svaniva nel nulla.

Quel ciclista passava sul corso ogni domenica per allenarsi e pedalava una bellissima bici, portava un caschetto, ginocchiere e gomitiere e qualche volta indossava pantaloncini corti e stretti ed a  volte indossava delle bermuda. In un bellissimo giorno di sole il ciclista andò ad allenarsi ma non controllò la bici come faceva abitualmente. Così mentre correva e si lasciava accarezzare dal vento caldo non si accorse che il bullone si svitava sempre di più fino a quando si staccò dalle ruote e lui cadde  pesantemente sul selciato. In quel preciso istante passò un camion che lo travolse e lo uccise.

La leggenda popolare narra che ogni anno il 17 ottobre si vede il fantasma del ciclista sfortunato che compie il solito percorso. Molte persone giurano che hanno visto quest’uomo percorrere in bicicletta il Corso Secondigliano, diventare un puntino luminoso al quadrivio e rimpicciolirsi sempre più fino a scomparire dietro l’obelisco di Piazza Capodichino.

 

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