ROMA - Quasi un
secolo di vita culturale e di creativita' musicale ha attraversato da
protagonista Goffredo Petrassi, morto oggi a Roma: una delle personalita'
di maggiore spicco del Novecento musicale non solo italiano, prolifico
autore di opere sinfoniche e cameristiche, di musica da film,
internazionalmente noto anche come direttore d'orchestra, nonche' negli
anni '40-'50 sovrintendente della Fenice di Venezia, direttore artistico
dell'Accademia filarmonica romana e presidente della Societa'
internazionale di musica contemporanea.
Era nato il 16 luglio
1904 a Zagarolo, un paesino del basso Lazio, da una famiglia di modeste
origini. Da ragazzo comincio' come autodidatta,
studiando e cantando in un coro. A quindici anni si impiego'
in un negozio di strumenti musicali. Piu' tardi segui' studi regolari al
conservatorio di Roma, dove insegno' poi composizione dal 1939. Negli anni
Venti seguiva i concerti all'Agusteo, dove conobbe altri tre futuri
protagonisti della musica italiana: i critici Massimo Mila e Fedele d'Amico,
e il direttore Gianandrea Gavazzeni, amicizie durate
tutta la vita. Fra le letture giovanili Blaise Pascal
lo colpi', suggerendogli di essere ''piu' riservati che si puo', con
quanto ne consegue'' come confesso' dettando il suo ''Autoritratto'' pubblicato
nel 1991.
Messosi in luce con la
''Partita'' (1932), Petrassi si affermo' rapidamente come autore, attento
soprattutto agli sviluppi della tradizione europea. In quegli anni la lezione degli italiani
Malipiero e Casella e gli esempi di Stravinskij e di Hindemiti lo portarono
verso un neoclassicismo segnato da solida compattezza architettonica, come nell' ''Ouverture da concerto'' (1931) e nell'
''Introduzione e allegro'' (1933) per violino e undici strumenti. Nelle
composizioni con partecipazione corale mise a punto
uno stile suggestionato dall'arte barocca, romana e controriformista,
esemplificato da opere notevoli come il ''Salmo IX'' per coro, archi,
ottoni, percussione e due pianoforti (1936) e il ''Magnificat'' per
soprano, coro e orchestra. La produzione successiva rivelo' un
atteggiamento piu' meditativo e introverso, un
approfondimento della tematica religiosa, un allargamento del materiale
tecnico e linguistico, un arricchimento della sua personalissima timbrica.
Nacquero cosi' ''Coro di morti'', su testo di
Leopardi, per coro maschile e strumenti (1941), ''Quattro inni sacri''
(1942) per voce maschile e organo , i balletti ''La follia di Orlando''
(1943) e ''Ritratto di Don Chisciotte'' (1945), le opere in un atto ''Il
cordovano'' (1949) e ''Morte dell'aria'' (1950), la cantata ''Noche
oscura'' per coro e orchestra (1950-51).
Dopo il 1953, Petrassi si distinse per lo
sviluppo linguistico in cui radicalizzo' il proprio astrattismo, attraverso
importanti pagine cameristiche, genere che divenne quasi esclusivo per le
numerose opere dal 1960 in poi: da ''Concerto'' per flauto e orchetsra a
''Beatitudes: testimonianza per Martin Luther King'' per baritono o basso e
cinque strumenti. Fra i momenti piu' importanti
della sua carriera fu la rappresentazione al Theatre des Champes Elysees
del balletto ''Le portrait de Don Quijote'' (1945), prima opera italiana
moderna presentata a Parigi. In quell'occasione strinse amicizia con i
musicisti francesi Messiaen, Martinet e il giovane Boulez e prese contatti con personalita' quali Poulenc, Honnegger,
Milhaud. Petrassi ha scritto anche musiche per film quali ''Riso amaro'', ''Non c'e' pace tra gli ulivi'', ''La pattuglia
sperduta'', ''Cronaca familiare''. Una caratteristica che ha sempre
distinto Petrassi e' stata la molteplicita' degli interessi culturali,
dalla pittura alla letteratura, favoriti anche dall'aver sposato la
pittrice Rosetta Acerbi. A lei dedico' ''Estri''
(1967), diventato un balletto del coreografo Aurelio Millos per il Festival
di Spoleto.
03/03/2003 10:24
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