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UNA CROCIERA IN SUDAN

di Angelo Giampiccolo  

Anche se e' ancora maggio, fa caldo e il sole scotta gia' alle sette del mattino nel grande porto di Port Sudan, principale sbocco a mare del paese e importante via di traffico marittimo fra l'Europa e l'Africa. Parecchie navi da carico sonnecchiano lungo i moli e un gruppetto di uomini in tunica sta scaricando delle merci da un vecchio cargo, per caricarle a mano, faticosamente, su alcuni cammelli in attesa sul molo. Nelle torbide acque del porto alcuni bambini fanno il bagno mentre le madri lavano i panni, incuranti (o forse inconsapevoli) della massiccia presenza di grandi squali tigre che qui sono stanziali, attratti dai tanti montoni che inevitabilmente scivolano in acqua mentre vengono caricati sulle navi dirette in Arabia Saudita.

 Mentre il sole si alza nel cielo terso, in paese le strade deserte si animano e qualcuno si avvia verso il mercato per fare la spesa tra quel poco che si trova. Passano un paio di pick-up giapponesi con le gomme lisce e, dopo una decina di minuti di silenzio, un vecchio autobus senza vetri ai finestrini, stracarico di gente, avanza a fatica lungo un viale deserto. Tre o quattro giovani dromedari si muovono in fila indiana senza un padrone, lenti e ordinati, vicino al marciapiede. Agli incroci qui non esistono semafori; sarebbero decisamente sprecati per un simile traffico.

Scesi da poco dal moderno Airbus A-320 della Sudan Airways che, via Cairo, ci ha catapultato qui da Roma in poche ore, abbiamo ancora nelle orecchie il frastuono del traffico lungo l'autostrada per l'aeroporto di Fiumicino, intasata di auto per un incidente. E di colpo ci sembra quasi di essere parte della scena di un film d'epoca coloniale. L'impatto e' inevitabile e immediato per chi, come noi, arriva in Sudan da un paese occidentale. E costringe a fare delle scomode riflessioni.

 La gran parte dei sudanesi e' gente povera, ma dai loro sguardi trapela un grande senso di serenita', di certezze, misto a una dignita' che non siamo purtroppo piu' abituati a vedere da noi. Indossano le loro tuniche e i turbanti sempre bianchissimi, e riescono a vivere del poco che hanno, senza rabbie ne' isterismi, dedicandosi ai propri figli e alla propria religione. Il tempo sembra non passare in questo enorme paese dell'Africa. Tutto e' rimasto com'era cinquant'anni fa, comprese le endemiche lotte interne fra musulmani e cattolici, a sud.

 

Vita di bordo - Andrea Bari, torinese emigrato al mare, nonche' giovane comandante e armatore dell'Alsiratt (il catamarano a motore su cui siamo imbarcati) assieme ai genitori Renza e Giacinto, ci saluta sorridente e abbronzato mentre scende da uno dei tender che portera' noi e la gran quantita' di attrezzature che abbiamo al seguito sulla barca per iniziare la crociera. A bordo, Renza ci da' il benvenuto con tanto caffe' e un paio delle sue famose crostate di frutta appena sfornate. Sistemati i bagagli e lo stomaco, ci lasciamo alle spalle Port Sudan per dirigerci a sud, verso il dedalo di reef di Towartit, Shaab Ambar e Jumna, fino all'isola delle tartarughe, dalla bianca sabbia corallina.

 Questo e' il periodo di riproduzione delle tartarughe, che su quest'isola da sempre vengono a centinaia per depositare le loro preziose uova durante la notte. Una tiepida e costante brezza da nord increspa la superficie del mare, attenuando il caldo al punto da rinfrescare le cabine durante la notte e permetterci sonni tranquilli. Durante la traversata alcuni delfini, puntuali, ci accompagnano per un bel pezzo. Sono quattro o cinque stenelle. Si intrecciano velocissimi sotto le onde azzurre e sfiorano le prue dell'Alsiratt, saltando di continuo fuori dall'acqua qualche metro piu' avanti. Andrea, al timone sul flying bridge, tiene gli occhi fissi a prua, pronto a evitare uno dei tanti piccoli reef corallini affioranti non segnati sulle carte nautiche. Sembra impossibile, ma in queste acque tanto infide per la navigazione e' ancora meglio procedere a vista e solo nelle ore in cui il sole e' alto, nonostante a bordo ci sia il Gps e un moderno ecoscandaglio. Qui e' facilissimo finire con la prua dentro il corallo, in mezzo alla quantita' di "panettoni" corallini affioranti, sparsi anche a decine di miglia dalla costa. D'altra parte, proprio le barriere coralline, con il loro concentrato di vita marina, rendono indimenticabili le immersioni nel mare sudanese, offrendo al tempo stesso al loro interno un rifugio sicuro alle barche durante la notte.

 D'improvviso vediamo partire con un sibilo il nailon del grosso mulinello d'acciaio fissato a poppa per la traina, e un bel carangide di oltre 20 kg termina la sua corsa nel barbecue di bordo, servito a tranci con il lime locale. Con il fegato dell'animale Renza prepara anche un delizioso pate', tanto delicato quanto inedito, e Flaminia Clementi, figlia dell'illustre Massimo e compagna di Andrea, continua a scodellare una quantita' inverosimile di torte, crostate e dolci di ogni sorta, tra un piatto di spaghetti e l'altro.

 

Il relitto dell'Umbria - Facciamo le prime immersioni "di rodaggio" sull'Umbria, la nave italiana che, nel settembre del 1940, all'inizio dell'ultimo conflitto mondiale, venne affondata dal suo stesso comandante sul Wingate reef, a circa sette miglia fuori Port Sudan, per evitare che cadesse nelle mani degli inglesi con tutto il suo carico bellico. Immersioni molto utili dopo vari mesi all'asciutto, per verificare timpani, gambe e attrezzature. Bakri, giovane e sveglio sudanese tuttofare a bordo, accende il grosso compressore di bordo che, sistemato in un vano di poppa dell'Alsiratt, e' direttamente collegato con una serie di fruste alle 16 mono da 15 litri allineate sullo specchio di poppa e riesce a caricarle tutte, veloce e silenzioso, in appena un'ora.

 La grossa nave si e' adagiata obliqua sul reef, con la poppa a pochi metri di profondita' e la prua a quota -35metri. Le sovrastrutture sono rimaste affioranti, e vengono usate come comodo ormeggio. Ci tuffiamo verso la grande massa scura della fiancata e subito ci vengono incontro due curiosi e colorati pesci angelo (Pomacanthus maculosus). Sono chiaramente abituati alla presenza dei sub e ci seguono da vicino per tutta l'immersione. I corridoi laterali dell'Umbria sono pieni di nuvole di glass fish, i pesciolini vetro, cosi' chiamati per la loro trasparenza, che si muovono tutti insieme, fitti.

 A -24 metri c'e' una grande falla da cui si puo' accedere comodamente nelle stive, ancora piene di munizioni e grossi proiettili da cannone. Si vedono molte bottiglie di vino e, piu' all'interno, tre vecchie auto Fiat ancora perfettamente riconoscibili, nonostante il tempo trascorso sott'acqua. Molte cernie tropicali fanno capolino dai vari anfratti e un grosso dentice, incuriosito da fari e flash, viene a darci un'occhiata da vicino prima di scomparire dentro il relitto. Scendiamo fino alla prua, sul fondo, e seguendo la grossa catena di ormeggio raggiungiamo l'ancora, a 35 metri di profondita', rimasta a fare il suo inutile lavoro contro il corallo e ricoperta di colorate spugne dal mare e dal tempo.

 

Il pinnacolo - Ancorati all'interno della laguna di Sha'ab Ambar, dove abbiamo trascorso la notte, ci prepariamo a immergerci sul "Pinnacolo" (Pinnacle), una vera e propria stele di corallo che, a poca distanza, si alza in pieno mare aperto da un fondale profondo parecchie centinaia di metri fino a soli cinque metri dalla superficie. Una torre sommersa piena di vita, che fa da barriera naturale alle correnti marine che scorrono sul fondo, costrette a deviare verso la superficie con il loro prezioso carico di plancton. Andrea ci parla di un'alcionaria enorme, situata su un fianco del pinnacolo a 63 metri di profondita', e ce la descrive cosi' straordinaria che decidiamo di scendere a vederla, nonostante la quota molto impegnativa, riservandoci una passeggiata sulla cresta del reef durante la decompressione.

 L'immersione viene pianificata con molta cura, soprattutto considerando che scendiamo con dei mono da 15 litri. Ci tuffiamo con un'ultima raccomandazione reciproca di stare solo qualche minuto sull'alcionaria, in modo da non incorrere in decompressioni lunghe. L'acqua e' cristallina e, lungo la cigliata che sprofonda nel blu, vediamo due squali grigi nuotare pigri parecchi metri sotto di noi. Un esercito di piccoli Fusilieri blu-cobalto ci volteggia intorno, ma decide di rimanere sulla cresta del reef. Continuiamo a scendere lungo la parete corallina e ci sembra di volare in basso, senza mai vedere il fondo. Finalmente, guidati da Andrea, raggiungiamo l'alcionaria, a 63 metri di profondita'. E' impressionante, sia per dimensioni che per diametro. Di colore bianco, con delle tenui striature rosa, si erge imponente su uno spuntone della parete ed e' cosi' lunga, massiccia e pesante, da piegarsi con la leggera corrente che la sfiora. Piu' di due metri di lunghezza, per un diametro di circa 50/60 cm. Pur non sapendo se le sue dimensioni siano da record, ci rendiamo conto di trovarci comunque di fronte a uno spettacolo eccezionale. Andrea aveva ragione. I computer cominciano a sibilare il fuoricurva e, come concordato, risaliamo a quota -25 metri. La corrente, nei pressi della superficie, e' aumentata e ci costringe a decomprimerci su un'invisibile (e poco piacevole) altalena.

  Hammer Shark A nord di Port Sudan - La seconda settimana l'Alsiratt punta a nord, verso i reef di Sanganeb e Sha'ab Rumi. Il vento da nord sta calando e Andrea ci dice che, arrivati a Sanganeb, si potra' montare il "Volitans", il deltaplano a motore biposto fissato a un piccolo gommone che ci permettera' di volare sul mare sudanese. I militari di servizio sul faro di Sanganeb sono cordiali e, incuriositi, ci danno una mano a montare il deltaplano a motore. In meno di mezz'ora il "Volitans" e' pronto a decollare e Andrea decide di fare un primo volo di prova. Parte al minimo controvento e dopo un centinaio di metri, da' manetta e si alza nel cielo. Tutto e' in ordine, la struttura del deltaplano e' a posto, e noi, ancora col costume bagnato per il bagno appena fatto, ci accucciamo sul minuscolo sedile posteriore pronti a vedere il mare sudanese dall'alto.

 Il "Volitans" decolla docile in poche decine di metri e sotto di noi, sfilano gli incredibili colori della barriera corallina di Sanganeb. L'azzurro chiaro della laguna interna, il turchese intenso della pass e il blu profondo delle acque esterne, si susseguono in una sorta di incredibile caleidoscopio. Ci rendiamo conto solo da questa altezza delle enormi dimensioni del reef, che si estende fino all'orizzonte. Sorvoliamo l'Alsiratt, ancorata dentro la laguna, e ci abbassiamo su alcuni delfini che fanno spumeggiare l'acqua. Il turismo subacqueo sta evolvendosi a grandi passi in questi anni, e l'accoppiata Alsiratt piu' Volitans ci sembra vincente da subito. La possibilita' di vivere grandi emozioni sotto e sopra le acque del Sudan, unica nel suo genere, trovera' di certo molti proseliti in futuro.

I barracuda di Sanganeb - Si muovono tutti insieme, calmi e sicuri, per nulla disturbati dalla presenza dei subacquei in acqua. Dal basso, in controluce, girano compatti ai raggi del sole, quasi fossero governati da una sola mente, e fanno venire in mente le rondini quando, al tramonto, volteggiano a migliaia e disegnano strane figure nel cielo. E invece sono barracuda, migliaia di barracuda in branco che roteano fitti nelle acque limpide e calme della punta sud di Sanganeb. Nuotano uno accanto all'altro, fitti, formando un vero e proprio muro di pesci scintillanti alto piu' di venti metri. Nonostante i 35 metri di profondita', il termometro del computer continua a segnare una temperatura dell'acqua di 30 gradi: incredibile! Solo sei gradi in meno rispetto alla temperatura del corpo.

 Proviamo ad aprire la sottile muta da 3 mm, ma non avvertiamo alcun apprezzabile cambiamento termico. Di fronte a tanta bellezza e armonia, il cuore comincia a pulsare piu' veloce, solo per il fatto di esserne partecipi. Istintivamente viene da chiedersi cosa succedera' quando questa enorme massa di pesci affamati piombera' di notte sulla barriera corallina in cerca di cibo.

Shaab Rumi - Chi si e' gia' immerso nelle acque sudanesi sa bene che questo e' un mare che resta per sempre negli occhi e nel cuore, capace di offrire tutte le emozioni che un subacqueo puo' sperare di vivere in acque tropicali, e tante altre di piu'. Ha tutti i colori tipici del Mar Rosso settentrionale, con in piu' un'impressionante concentrazione di vita pelagica. Se altrove si riesce ad avvicinare qualche barracuda, qui ce ne sono a migliaia stanziali, e ci si puo' nuotare in mezzo. Se in qualche altra parte del mondo e' probabile l'incontro con gli squali, qui e' assicurato. Squali martello in branco, squali grigi di barriera, pinna bianca oceanici, longimanus e squali balena non sono certo incontri occasionali in queste acque. Non a caso, proprio a Shaab Rumi, altro grosso reef piu' a nord di Sanganeb, Jacques Ives Cousteau decise di venire gia' piu' di trent'anni fa con la sua Calypso e le gabbie antisqualo, per studiare il comportamento di questi animali da vicino e verificare le possibilita' di adattamento di un gruppo di uomini ad una prolungata permanenza sott'acqua, col famoso esperimento di Precontinente II.

 Oggi ne rimangono i resti arrugginiti e ricoperti di spugne , meta obbligata per tutti i sub che hanno la fortuna di immergersi in queste acque. Dopo varie immersioni, notturne e diurne, sui resti di Precontinente II, scendiamo in acqua sul pianoro meridionale della barriera di Sha'ab Rumi. Andrea ci precede per infilare un sacchetto con del pesce all'interno di una delle gabbie antisqualo lasciate qui dall'equipe di Cousteau, a 23 metri di profondita', e noi ci sistemiamo in semicerchio sul fondo, a qualche metro di distanza. Il primo ad arrivare e' un grosso Napoleone che, attirato dal cibo, volteggia col suo testone sporgente attorno alla gabbia antisqualo nel tentativo di raggiungere il sacchetto col pesce. Una nuvola di pesci chirurgo, affatto spaventati dal Napoleone, entra ed esce dalla gabbia, cercando di aprire il sacchetto. Passano solo pochi minuti e il primo squalo grigio, un Carcharhinus Weeleri di circa due metri, appare di colpo dal blu e si avvicina deciso, passando piu' volte tra noi e la gabbia.

 I chirurgo continuano imperturbabili i loro attacchi al sacchetto pieno di pesce, e altri tre squali grigi cominciano a ruotarci attorno. I flash e i fari-video si accendono, ma non sembrano impensierire il turbinio di pesce che ci gira intorno. Una grossa murena riesce ad agguantare un pezzo di pesce dal sacchetto gia' sfondato dai chirurgo. Ora i pezzi del barracuda pescato il giorno prima a traina, liberati dal sacchetto, fluttuano nell'acqua e uno degli squali all'improvviso cambia direzione, ci sfiora le rubinetterie da dietro e azzanna il pezzo piu' grosso. Tutto avviene in meno di un secondo. La bestia fa sparire in bocca il pesce e comincia a scuotersi violentemente per ingoiarlo. Poi si allontana veloce. I minuti scorrono impietosi e il manometro ci ricorda che l'aria della bombola sta finendo. A malincuore raggiungiamo la sagoma amica del gommone che ci attende a galla e la prima cosa che sentiamo, togliendoci il cappuccio e la maschera, prima ancora di salire a bordo, sono gli urli di gioia e di eccitazione dei subacquei che con noi hanno vissuto questa ennesima esperienza nel mare sudanese. Spettacoli come questo, ormai rarissimi altrove, sono ancora comuni in queste acque integre del Mar Rosso meridionale, non ancora intaccate dal grande business del turismo di massa.

 Ora ci riesce facile capire perche' Shaab Rumi e' un nome cosi' noto negli ambienti subacquei, e perche' Cousteau sia venuto fin qui. Domani ci spingeremo ancora piu' a nord, fino alla barriera di Shaab Suadi, a visitare la "Blue Bell", il famoso relitto delle Toyota, e faremo un altro volo sul gommone volante. Magnifico Sudan!

 

* Come arrivare in Sudan - Da quest'anno la Sudan Airways, unica compagnia che arriva a Port Sudan, ha programmato da settembre a maggio un volo settimanale diretto che, con un veloce scalo tecnico al Cairo, collega Roma con Port Sudan in poche ore. Per qualsiasi dettaglio sui voli da e per il Sudan dall'Italia contattare la Sudan Airways, Via S. Nicola da Tolentino, 15/00187 Roma, Tel/Fax: 06/4871114 - Tel. aeroporto di Fiumicino: 06/65011501. Formalita' e permessi d'ingresso: Per entrare in Sudan occorre il passaporto con almeno 6 mesi di validita', senza alcun visto per Israele e Sud Africa. Va richiesto il visto d'ingresso turistico all'ambasciata del Sudan a Roma, che viene rilasciato in circa una settimana. Vaccini e precauzioni sanitarie: Non e' richiesto il libretto sanitario, ma puo' essere utile vaccinarsi contro il colera e la malaria, specie se si intende soffermarsi un periodo a terra.

 

* La lingua - La lingua ufficiale del paese e' l'arabo, ma l'inglese e' sufficientemente diffuso nell'area di Port Sudan. Il fuso orario: C'e' un'ora di fuso in piu' rispetto alla nostra ora solare, che si annulla quando da noi viene attivata l'ora legale. Il clima: A terra le temperature oscillano dai 24 gradi nei mesi piu' freddi (dicembre e gennaio), ai 45/50 gradi durante l'estate. La temperatura dell'acqua oscilla tra i 25/27 gradi invernali, ai 35/37 gradi nei mesi piu' caldi. La valuta: La moneta corrente e' il Pound sudanese, che al momento in cui scriviamo vale 500 lire italiane. E' meglio portare dollari Usa, ben accetti ovunque, e cambiare il poco indispensabile. Corrente elettrica: A bordo dell'Alsiratt c'e' ampia possibilita' di ricaricare le attrezzature foto e video con corrente alternata a 220 volt.

 

* Cosa vedere a terra - Quando si va a terra, ricordarsi di portare sempre il passaporto, che viene richiesto sia in entrata, che in uscita dal porto. Vale la pena di fare una visita al mercato ortofrutticolo di Port Sudan, pieno di colori e di spezie aromatiche. Nelle poche botteghe artigiane della citta' si possono trovare dei bei coltelli in osso o in legno, col manico lavorato a mano, e delle interessanti sciabole antiche. L'argento si compra bene, specie se si paga in dollari Usa. Consigli a terra: Bisogna fare attenzione a non usare telecamere e fotocamere durante la permanenza a terra, perche' e' ufficialmente vietato.

 

* La barca - L'Alsiratt e' un bel catamarano a motore di 18 m dalle caratteristiche particolarmente adatte alle crociere sub. Oltre l'equipaggio, l'Alsiratt puo' accomodare 12 ospiti in confortevoli cabine. A parte il "Volitans", il deltaplano a motore fissato ad un gommone (Rotax, biposto), altri due capienti gommoni con motori da 25 Hp fanno da supporto alle immersioni. (Per ulteriori informazioni sull'Alsiratt contattare a Cagliari la Sig.ra Maria Piera Adulenti tel:070/725430-9283006, oppure 0330/317677).

 

* Consigli per le immersioni - La zavorra: Il Mar Rosso ha una concentrazione salina maggiore del Mediterraneo, per cui vanno aggiunti mediamente 1/2 kg alla cintura di zavorra, a parita' di attrezzature e di spessore di muta. Proteggersi: muta, calzari e guanti, anche sottili, sono da consigliare sempre, diventano d'obbligo in questo mare tropicale. Prudenza: La piu' vicina camera iperbarica e' in Arabia Saudita, per cui qui vale la pena di essere particolarmente prudenti con l'azoto in eccesso, a scanso di spiacevoli conseguenze. Per cui occhio al manometro e al computer, sempre! Gli squali: Gli squali in queste acque sono particolarmente abbondanti, per cui e' meglio andare in acqua preparati e informati sulle situazioni che ci troveremo ad affrontare. Qui e' importante riconoscere subito con che tipo di squalo abbiamo a che fare, e soprattutto non dare mai per scontato il suo comportamento. E' comunque sempre fondamentale rimanere calmi, perche' gli animali che abbiamo attorno, tutti gli animali, avvertono all'istante il nostro stato emotivo. Qui, piu' che altrove, vale la pena di mettere in pratica la stessa tecnica gia' adottata con successo da molte creature marine: stare in branco. Un gruppo di sub e' molto piu' protetto da eventuali attacchi rispetto a un sub isolato. I barracuda: Per quanto riguarda invece i barracuda, emozioni personali a parte, niente paura (a patto di non avere pesce nel jacket, naturalmente). Gli unici attacchi rarissimi documentati a un sub da parte di barracuda si sono verificati perche' l'animale era stato ferito, o perche', in acqua torbida, il luccichio di una fibbia gli aveva fatto credere di trovarsi in presenza di una preda.


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