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MUSICA SACRA A ROMA E A VENEZIA

 

Claudio Monteverdi Girolamo Frescobaldi

G. F. Anerio: S'ebbe tal gioia il petto - Lauda spirituale
C. Monteverdi: Pianto della Madonna sopra il Lamento d'Arianna
R. Rognono: Ancor che col partire per basso solo
C. Monteverdi: Salve Regina
G. Frescobaldi: Maddalena alla Croce - Sonetto spirituale

G. Bassano: Ancor che col partire per basso solo
H. Kapsberger: Toccata prima (Liuto solo)
G. Frescobaldi: Canzona settima per basso solo
A.Grandi: Cantabo Domino - Mottetto


Arcadia di Roma
(A cura di Simone Bartolini)


Simone Bartolini sopranista

Gino Nappo
clavicembalo e organo
Humberto Orellana viola da gamba
Marco Pesci tiorba e liuto

Alla presente formazione del gruppo Arcadia, si può aggiungere una voce di contraltista o di mezzosoprano (vedere il secondo programma).

 

Musica Sacra a Roma e a Venezia

La musica del XVII secolo fu caratterizzata da uno scambio intenso d'influssi stilistici fra le varie nazioni d’Europa, dove lo stile italiano predominò sempre più nel teatro musicale e nella musica strumentale. Oltre a questo il periodo seicentesco s’identifica anche con l’affermarsi del “sistema tonale” e con l’uso specifico del “basso continuo”. Senza però allargare troppo i nostri confini – e per essere coerenti col repertorio musicale del programma presentato – vorrei attirare l’attenzione soprattutto sulla prima metà del Seicento musicale sacro in Italia, con esclusivo riferimento ai due centri più importanti della cultura musicale sacra di quel periodo: Roma e Venezia.
La scuola romana e quella veneziana continuarono a celebrare la tradizionale musica liturgica che si era stabilita sullo scorcio del Cinquecento, secondo le rispettive “scuole” del Palestrina e dei Gabrieli. Musiche interpretate esclusivamente, secondo la tradizione dell’epoca, da quegli “angeli del canto” che erano i castrati (e/o dal coro di voci bianche dei fanciulli).

A Roma la figura simbolica di Palestrina contribuì, non poco, a far considerare la polifonia a voci sole come a un “patrimonio” locale della più alta gerarchia ecclesiastica (anche se più tardi, non mancò ad arrivare l’influsso della scuola veneziana con lo stile concertato dei Gabrieli, in quei maestri che si sentivano gli eredi autentici dello stile palestriniano come Orazio Benevoli ed Ercole Bernabei, dei quali fecero epoca le loro messe) e dove la Cappella Sistina, con a capo il Papa, era il fulcro della tradizionale musica “antica”.

A Venezia, invece, la figura emblematica di Monteverdi e la sua musica liturgica rispecchiarono lo stile concertato dei Gabrieli, con strumenti tanto nei mottetti quanto nei salmi e nelle messe.

Fedele a quella realtà musicale, in questo programma ho voluto proporre un repertorio che comprendesse lo stile delle due scuole, con compositori quali Giovanni Francesco Anerio (oratoriano del S. Filippo Neri a Roma, la cui attività musicale era inizialmente legata a tradizioni molto antiche risalenti alle laudi ); Claudio Monteverdi (direttore della Cappella di S. Marco a Venezia dal 1613 al 1641) del quale ho scelto il Pianto della Madonna sopra il Lamento d’Arianna un brano che oltre ad esporre la cifra stilistica di questo autore, documenta anche l’antica usanza di trasformare una composizione profana in sacra, con il solo cambiamento del testo e un Salve Regina; Girolamo Frescobaldi (organista presso la basilica di S. Pietro a Roma dal 1608 al 1643, anno della sua morte, del quale ci sono pervenute, oltre ai suoi Fiori Musicali, anche composizioni sacre ad una e a più voci e basso continuo); Alessandro Grandi (vicario di Monteverdi alla direzione della Cappelle di S. Marco. Celebri sono i suoi mottetti a una voce e basso continuo). In linea con il messaggio evangelico, secondo la mia sensibilità e cultura musicale, ho voluto proporre un repertorio di musica sacra in questo programma, che maggiormente rappresenti i valori cristiani.

Simone Bartolini

 

SIMONE BARTOLINI

e

GLORIA BANDITELLI

in

CONCERTO DI MUSICA SACRA

Giovanni Francesco Anerio: S'ebbe tal gioia il petto
G.F. Sances: Stabat Mater - Pianto della Madonna
Claudio Monteverdi: Pianto della Madonna sopra il Lamento d'Arianna
G.B. Brevi: O spiritus angelici
D. Mazzocchi: Misereris, omnium, Domine - Duetto

H. Kapsberger: Bergamasca - (Tiorba e b.c.)
H. Kapsberger: Toccata prima - (Liuto solo)

Claudio Monteverdi: Salve Regina
L. Leoni: Ave dulcissima Maria
Girolamo Frescobaldi: Maddalena alla Croce
L. Leoni: Benedictus Deus
Claudio Monteverdi: Sancta Maria - Duetto


Arcadia di Roma
(A cura di Simone Bartolini)


Gloria Banditelli mezzosoprano
Simone Bartolini sopranista

Gino Nappo
clavicembalo e organo
Humberto Orellana viola da gamba
Marco Pesci tiorba e liuto

 

Alessandro Scarlatti G.F. Haendel Antonio Vivaldi

 

SIMONE BARTOLINI

in

OMAGGIO ALLA CITTA' DI VENEZIA



Claudio Monteverdi: Pianto della Madonna sopra il Lamento d'Arianna

Claudio Monteverdi: Salve Regina

Adriano Banchieri: Sonata ottava,in aria francese (L'Organo Suonarino, Venezia, ed.1605)
Bizaria del primo tuono (L'Organo Suonarino, Venezia, ed.1638)
Quarta Sonata in scherzo (L'Organo Suonarino, Venezia, ed.1638)

Alessandro Grandi: Cantabo Domino - Mottetto

Adriano Banchieri: Fantasia del Duodecimo, et Undecimo modo fuga corrispondente (L'Organo Suonarino, Venezia, ed.1638)
Secondo Dialogo: Acuto e Grave (L'Organo Suonarino, Venezia, ed.1611)
La Battaglia (L'Organo Suonarino, Venezia, ed.1611)

Benedetto Marcello: L'usignolo che il suo duolo - Cantata

Benedetto Marcello: Largo e Allegro dalla Sonata I in re minore

Antonio Vivaldi: Del suo natio rigore - Cantata

Arcadia di Roma
(A cura di Simone Bartolini)

Simone Bartolini sopranista

Gino Nappo clavicembalo
Massimiliano Lopez violoncello

 

SIMONE BARTOLINI
e
ALDA CAIELLO

in

DUE STILI A CONFRONTO

 

Alessandro Scarlatti : O cessate di piagarmi - Aria da "Pompeo"
Gioacchino Rossini : La fioraia fiorentina - Aria da Camera
Antonio Vivaldi : Sposa son disprezzata - Aria da "Bajazet"
Gaetano Donizetti : Quel guardo il cavaliere - Aria da "Don Pasquale"
George Frideric Handel : Lascia ch'io pianga - Aria da "Rinaldo"

Domenico Corri : Andante con variazioni in do maggiore - clavicembalo solo

Giuseppe Verdi : Mercé dilette amiche - Aria da "I Vespri Siciliani"
Leonardo Leo : Se cerca, se dice - Aria da "Olimpiade"
Ruggero Leoncavallo : Stridono lassù - Aria da " I Pagliacci"
Christoph Willibald Gluck : Che farò senza Euridice - Aria da "Orfeo ed Euridice"
Giacomo Puccini : Mi chiamano Mimì - Aria da "La Bohème"

Gioacchino Rossini : Memento homo - Andante maestoso - pianoforte solo

Johann Christian Bach : Ascoltami oh Clori, l'offeso son io - op.4, n. 6 duetto

 


Simone Bartolini sopranista
Alda Caiello soprano
Gino Nappo clavicembalo e pianoforte

 

Gaetano Donizetti Giuseppe Verdi Giacomo Puccini

 

DUE STILI A CONFRONTO

Il concerto "Due stili a confronto" vuole confrontare due vocalità e due stili di canto che hanno caratterizzato due distinte epoche musicali: quella barocca prima e quella romantica dopo.
L'esecuzione del canto nel periodo barocco (1600-1750) caratterizzato dalla stilizzazione dei sentimenti, da un virtuosismo fine a se stesso, dall'improvvisazione dell'ornamentazione (lasciata all'arbitrio dei cantanti) e dalla perfezione estetica nella cura della 'forma' musicale, viene messo a paragone con lo stile del canto "romantico" (più drammatico ed espressivo) che segnò la fine della ragion d'essere dei castrati e del loro modo di cantare.
L'avvento del Romanticismo spazzò via, dalla scena operistica, storie e leggende mitologiche, eroi ed eroine del mondo antico, volendo dare spazio così, per un forte desiderio di concretezza e per una maggiore realtà scenica, a storie vissute nella quotidianità borghese, plebea e militaresca (Rivoluzione francese 1789).
Nacquero in questo modo, solo per citarne alcune, opere immortali quali Il franco cacciatore di Weber (1821, prima opera romantica), Guglielmo Tell di Rossini (grànd - opéra, 1829) ; fino ad arrivare agli spiriti ottocenteschi di Verdi e di Wagner e a cavallo dei due secoli all'opera verista con Mascagni (Cavalleria rusticana, 1890), Puccini (La Bohème, 1896) e Cilea ( Adriana Lecouvreur, 1902).
In un programma musicale che vuole presentare alcune pagine operistiche si eseguiranno arie scelte dal repertorio settecentesco e ottocentesco, eseguite da due interpreti che, da un percorso musicale diverso, per certi aspetti stilistici e vocali, uniranno la loro esperienza artistica mettendo in luce, con un raffronto, lo stile di canto e la vocalità dei due periodi storici presi in esame.
Particolare attenzione è stata fatta nella scelta di autori che, in maniera particolare e in varie tappe, hanno contrassegnato l'evoluzione del canto, del suo stile d'esecuzione e della vocalità, nel loro lungo cammino evolutivo. Evoluzione che mosse i suoi primi passi con l'opera Orfeo ed Euridice di Gluck (1762), passando poi attraverso Cherubini (Medea, 1797), al gluckiano Spontini (La Vestale, 1807), fino ad arrivare al ventennio 1820-'40, che i contemporanei considerarono come la fine di un epoca e l'inizio di un'altra.

Simone Bartolini

 

SIMONE BARTOLINI

in

DUE STILI A CONFRONTO
OMAGGIO A PIETRO METASTASIO,
Poeta Cesareo

 

Pietro Metastasio

Se nel Settecento la poesia e gli intrecci melodrammatici del Metastasio erano stati il riferimento obbligatorio per i più grandi compositori (sulla 'Didone abbandonata' si misurano ben quarantadue operisti) dopo la morte, il suo verso - nato per il canto, come una coda luminosa di cometa - illuminò nell'Ottocento l'ispirazione degli insigni musicisti da Beethoven a Rossini e la levità d'ogni rima ci giunge con le note scelte per questo concerto.
Il programma è diviso in due parti: la prima aprirà lo sguardo sul Settecento con l'accompagnamento del clavicembalo; la seconda invece, vedrà protagonista l'area ottocentesca al pianoforte: due stili messi a confronto dove si evidenzieranno gli stili del canto dei due periodi storici.

PRIMA PARTE (con clavicembalo)

Pietro Metastasio : Ecco quel fiero istante - Canzonetta (La Partenza)
Carlo Broschi (Farinelli) : Ecco quel fiero istante - Canzonetta (La Partenza)
Leonardo Leo : Io vado - rec. Se cerca, se dice - Aria (Olimpiade)
Domenico Corri : Andante con variazioni in do maggiore (clavicembalo solo)
Nicolò Porpora : Poscia quando il pastor (Cantata)

L. van Beethoven

SECONDA PARTE (con pianoforte)

L.V.Beethoven : Ecco quel fiero istante - Canzonetta (La Partenza)
L.V.Beethoven : Che fa, che fa il mio bene - Arietta buffa (L'amante impaziente)
Nicola Vaccaj : Lascia il lido - Arietta
Nicola Vaccaj : Delira dubbiosa - Arietta
Gioacchino Rossini : Memento homo - Andante maestoso (pianoforte solo)
Gioacchino Rossini : Mi lagnerò tacendo - Aria da camera


Simone Bartolini sopranista
Gino Nappo clavicembalo e pianoforte

 

F.J. Haydn Alessandro Scarlatti

SIMONE BARTOLINI
e
ANTONIO BALLISTA

in

MEZZO SECOLO DI CANTATE TRA BAROCCO E CLASSICO

PRIMA PARTE

A. Scarlatti : Sento nel core certo dolore - Cantata
G.F. Handel : Ciaccona in sol maggiore
J.A Hasse : Fille, dolce mio bene - Cantata per soprano, flauto e basso continuo

 

J.A. Hasse

 

SECONDA PARTE

F.J. Haydn : Fantasia - Hob.XVII: 4
F.J. Haydn : Arianna a Naxos - Cantata


Arcadia di Roma
(A cura di Simone Bartolini)


Simone Bartolini sopranista

Antonio Ballista
clavicembalo e pianoforte
Laura Pontecorvo flauto
Massimiliano Lopez violoncello

 

Mezzo secolo di Cantate tra Barocco
e Classico

La Cantata è una composizione vocale che ebbe la massima fioritura nei secoli XVII e XVIII. Assunse diverse forme nella sua evoluzione, anche in rapporto alle diverse situazioni dei Paesi in cui si sviluppò come l'Italia, la Francia e la Germania. La sua origine ha inizio con l'avvento del basso continuo e lo stile monodico parallelamente alla nascita dell'Oratorio e dell'Opera, proprio nel '600. Questa nuova forma di composizione vocale, era destinata prevalentemente all'esecuzione privata e più frequentemente all'esibizione di famosi cantanti d'opera nei palazzi dei loro mecenati e protettori o nelle Academie, luoghi di incontro di intenditori e di musicisti professionisti. La Cantata era spesso improvvisata dal poeta, messa in musica estemporaneamente dal compositore ed eseguita; essa era musica per musicisti, dove il compositore liberamente indulgeva in sperimentazioni armoniche e in cui saggiava nuovi metodi costruttivi, secondo la sua ispirazione. L'argomentazione della Cantata era molto spesso di natura operistica, nel significato che nei suoi versi è abbozzata una situazione teatrale (drammatica o puramente lirica o pastorale) e la sua ampiezza, era dettata in genere alle capacità degli esecutori o alla solennità o meno della circostanza cui era destinata e in assenza di scena, dipendeva esclusivamente dalla caratterizzazione musicale, è per questa ragione che essa acquistò, nella sua maturazione stilistica, una sempre più forte intensità musicale. In principio la forma della Cantata non era strutturata così come noi oggi la conosciamo: nella prima scuola barocca veneziana il termine Cantata sta a significare una composizione vocale in forma di 'variazioni strofiche' su un basso ricorrente ed essa, naturalmente, difetta della distinzione fra recitativo e Aria. A Roma Luigi Rossi e Giacomo Carissimi fanno largo impiego della variazione strofica, la quale rimane un importante mezzo di unificazione strutturale nelle opere dei due compositori, dove la Cantata assume, nel Rossi ad esempio, la forma compositiva in cui recitativo, arioso e Aria si alternano liberamente per formare fino a quattordici sezioni. Il termine Cantata appare per la prima volta nel 1629, con la pubblicazione a Venezia delle "Cantade et arie a voce sola" di Alessandro Grandi. I massimi esponenti in Italia fra i compositori di Cantate furono senza ombra di dubbio Luigi Rossi, Giacomo Carissimi, già citati, Alessandro Stradella e Alessandro Scarlatti: con quest'ultimo si definì la forma tipica della Cantata italiana che si articola in due Arie di contrastante carattere (col da capo e le variazioni nella tipica maniera del tardo barocco), precedute da due recitativi (secchi o accompagnati), che si susseguono come nello stile operistico, e che vengono accompagnate dal basso continuo o anche da un piccolo complesso strumentale. La grande produzione di Scarlatti, più di seicento Cantate, fa di lui il più importante compositore di questa forma. La scelta delle cantate del programma non è casuale: la forma della Cantata di Alessandro Scarlatti rappresenta il punto d'arrivo dell'evoluzione di questo genere di composizione per tutto il periodo barocco (1600 - 1750) e J.A.Hasse , fu un altro alto esponente compositore della musica barocca europea che contribuì notevolmente alla sua divulgazione. Mentre per quanto riguarda il Maestro Haydn, sappiamo che non scrisse nulla per la vocalità del castrato, ma nel 1791 quando egli si trovava a Londra per un giro di concerti (oggi diremmo tour), accompagnò al fortepiano il famoso castrato Gaspare Pacchierotti, sopranista, (Fabriano, Ancona 1740 - Padova 1821) in una Academia, proprio nella sua Arianna a Naxos. Mi sembrava doveroso da parte mia ricordare questa singolare circostanza di un particolare momento della Storia della Musica, dove la figura del castrato, che contrassegnò tutta l'epoca barocca, andava sempre più scomparendo per dar spazio ad una nuova e per molti versi rivoluzionaria espressività vocale, con l'ascesa sulla ribalta teatrale della donna nelle sue nuove vesti di eroina romantica. Ci sono molti altri aspetti che si potrebbero articolare per approfondire meglio il tema Cantata, ma per non sconfinare troppo dalla ragione che ha posto in essere questa mia breve presentazione introduttiva e anche perché esula dalla mia intenzione il farne un saggio, com'è naturale, ho ritenuto più opportuno sviluppare quegli argomenti che mi sembravano più esaustivi per la scelta che ho affrontato nel definire la programmazione.


Simone Bartolini


 

Farinelli

 

SIMONE BARTOLINI

in

CONCERTO DI ARIE D'OPERA PER CASTRATO

G.F. Haendel: Cara sposa - Rinaldo

G.F. Haendel: Ombra mai fu - Serse

C.W. Gluck: Che farò senza Euridice - Orfeo

A. Vivaldi: Sposa son disprezzata - Bajazet

G.F. Haendel: Scacciata dal suo nido - Rodelinda

J.A. Hasse: Pallido il sole - Artaserse


C.W. Gluck


Arcadia di Roma
(A cura di Simone Bartolini)


Simone Bartolini sopranista

Mauro Lopes primo violino
Gabriele Folchi secondo violino
Pietro Meldolesi viola
Massimiliano Lopez violoncello
Gino Nappo clavicembalo

 

Arie d'opera per castrato

Con la comparsa dei primi castrati,si ha contemporaneamente l'affermazione della "monodia", che porta al protagonismo la voce femminile. Salgono alla ribalta grandi cantatrici, le quali uniscono al virtuosismo grandi qualità espressive. Virtuosismo e spiccate qualità espressive della voce, che sarà in grado di adempiere alle funzioni che il melodramma le affiderà. Nel suo principio il melodramma si manifestò sfociando nello stile noto come "recitar cantando", esempio di una vocalità semplice ed espressiva, come contraltare all'aridità delle numerose ricercate formule del contrappunto dei polifonisti. Lo stile recitativo, sebbene Monteverdi in alcune sue opere (specificamente l'Orfeo) lo amplia e lo sviluppa in senso drammatico, col melodramma di scuola romana e veneziana, cede a un concetto, ad una idea che man mano trasferisce ai pezzi chiusi (Aria), la sua funzione di momento culminante dell'esecuzione. Insomma, il recitativo sopravvive come elemento discorsivo con la funzione di descrivere, illustrare i fatti che si svolgono nell'azione. Invece il pezzo chiuso, esprime i sentimenti descrivendo gli stati d'animo del personaggio, configurandosi attraverso una linea melodica molto più ampia, più complessa e varia del recitativo. E precipuamente le arie, che variano da uno stile spianato, preponderante, ad una scrittura ricca di ornamenti, fiorettature e vocalizzi, dove il cantante ha l'obbligo di aggiungere ai vari melismi scritti dal compositore, proprie improvvisazioni e variazioni. Facoltà quest'ultima, vissuta, per il solo edonismo, e considerata dal pubblico come dimostrazione di grande abilità musicale e contrappuntistica , che come occasione per sfoggiare virtuosismi in grado di creare veramente una sorta di "corto circuito" cerebrale.

Il melodramma, soprattutto nel Settecento, era nelle mani dei cantanti, in particolar modo dei castrati, che da assoluti arbitri della situazione imponevano regole e comportamenti a poeti, musicisti e impresari. L'aria era il mezzo per esercitare il loro potere e in questa la parte maggiore dello spettacolo si consumava. L'aria dell'opera all'italiana con la sua struttura tripartita (aria col da capo ABA', ossia due prime sezioni AB tematicamente indipendenti e differenziate, e una terza sezione A' che riprende il primo tema A, ma con l'aggiunta di variazioni ornamentali lasciate all'estro creativo del cantante), benché già presente all'inizio del Seicento, s'impone a paradigma come elemento motore dell'opera, soltanto sul finire del secolo. E sarà Alessandro Scarlatti a darle stilisticamente la forma definitiva. Forma che poi s'impose anche all'oratorio, alla musica sacra e alla cantata da camera nell'intera Europa.

L'adozione di un unico principio formale, quello dell'aria tripartita, s'impose grazie alle varietà espressive e degli affetti che il testo stesso suggeriva, nonché dalle particolari esecuzioni assegnate all'aria in determinate situazioni nel meccanismo dell'azione scenica. Quindi possiamo trovare tipologie di arie che possono essere, ad esempio, "di bravura", particolarmente difficili per una scrittura di eccezionale agilità; "di sorbetto", dove il pubblico poteva dedicarsi alla lettura, a sorseggiare il thè, oppure al gioco, senza doversi concentrare sull'azione che sulla scena si stava svolgendo; "di baule", pronte ad essere tirate fuori dal bagaglio del cantante e inserite nell'opera per strappare un applauso; "di tempesta", per descrivere mari e venti agitati; "di furore", e descrivere così particolari stati d'animo soggetti all'ira; "di guerra", dove la tromba era lo strumento concertante; "con catene", perché il personaggio era incatenato; e via dicendo.

Fu durante tutta la prima metà del Settecento che l'aria d'opera all'italiana arrivò ad avere come punto di valore assoluto essenziale della sua estetica, il virtuosismo: infatti, in esso, la sua drammaturgia musicale si riassumeva, come emblema, fuori da qualsiasi riferimento della realtà, stilizzando i sentimenti dei personaggi, poiché lo spirito e la vocalità del melodramma non rispecchiarono altro che il costume di una società intenta ad un amore sensuale per la fantasia, per l'invenzione, per una ornamentazione ricca di immagini, fastosa e dal gusto rabesco.

Bisognerà attendere l'evento gluckiano, perché l'opera seria settecentesca si ridimensioni ad un gusto drammatico più attento al significato del testo e la vocalità si pieghi ad una espressività virtuosistica meno ridondante, a favore di un canto artistico meno stilizzato, più vicino al significato e al valore del dramma dell'azione.

Le arie settecentesche di opera seria all'italiana che in questo programma presento, sono forse l'esempio più chiaro ed emblematico della vocalità del castrato, della scrittura e struttura musicale dell'aria dell'epoca, finalizzata ad un gusto estetico puramente edonistico.


Simone Bartolini

 

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