L'INFANZIA DI MARIA

Laudate dominum

Laudate dominum

Laudate dominum

Forse fu all'ora terza forse alla nona

cucito qualche giglio sul vestitino alla buona

forse fu per bisogno o peggio per buon esempio

presero i tuoi tre anni e li portarono al tempio

presero i tuoi tre anni e li portarono al tempio.

Non fu più il seno di Anna fra le mura discrete

a consolare il pianto a calmarti la sete

dicono fosse un angelo a raccontarti le ore

a misurarti il tempo fra cibo e Signore

a misurarti il tempo fra cibo e Signore.

Scioglie la neve al sole ritorna l'acqua al mare

il vento e la stagione ritornano a giocare

ma non per te bambina che nel tempio resti china

ma non per te bambina che nel tempio resti china.

E quando i sacerdoti ti rifiutarono alloggio

avevi dodici anni e nessuna colpa addosso

ma per i sacerdoti fu colpa il tuo maggio

la tua verginità che si tingeva di rosso

la tua verginità che si tingeva di rosso.

E si vuol dar marito a chi non lo voleva

si batte la campagna si fruga la via

popolo senza moglie uomini d'ogni leva

del corpo d'una vergine si fa lotteria

del corpo d'una vergine si fa lotteria.

Sciogli i capelli e guarda già vengono...

Guardala guardala scioglie i capelli

sono più lunghi dei nostri mantelli

guarda la pelle viene la nebbia

risplende il sole come la neve

guarda le mani guardale il viso

sembra venuta dal paradiso

guarda le forme la proporzione

sembra venuta per tentazione.

Guardala guardala scioglie i capelli

sono più lunghi dei nostri mantelli

guarda le mani guardale il viso

sembra venuta dal paradiso

guardale gli occhi guarda i capelli

guarda le mani guardale il collo

guarda la carne guarda il suo viso

guarda i capelli del paradiso

guarda la carne guardale il collo

sembra venuta dal suo sorriso

guardale gli occhi guarda la neve guarda la carne del paradiso.

E fosti tu Giuseppe un reduce del passato

falegname per forza padre per professione

a vederti assegnata da un destino sgarbato

una figlia di più senza alcuna ragione

una bimba su cui non avevi intenzione.

E mentre te ne vai stanco d'essere stanco

la bambina per mano la tristezza di fianco

pensi "Quei sacerdoti la diedero in sposa

a dita troppo secche per chiudersi su una rosa

a un cuore troppo vecchio che ormai si riposa".

Secondo l'ordine ricevuto Giuseppe portò la bambina nella propria casa e subito se ne partì per dei lavori che lo attendevano fuori dalla Giudea. Rimase lontano quattro anni.

 

IL RITORNO DI GIUSEPPE

Stelle, già dal tramonto,

si contendono il cielo a frotte,

luci meticolose

nell'insegnarti la notte.

Un asino dai passi uguali,

compagno del tuo ritorno,

scandisce la distanza

lungo il morire del giorno.

Ai tuoi occhi, il deserto,

una distesa di segatura,

minuscoli frammenti

della fatica della natura.

Gli uomini della sabbia

hanno profili da assassini,

rinchiusi nei silenzi

d'una prigione senza confini.

Odore di Gerusalemme,

la tua mano accarezza il disegno

d'una bambola magra,

intagliata del legno.

"La vestirai, Maria,

ritornerai a quei giochi

lasciati quando i tuoi anni

erano così pochi."

E lei volò fra le tue braccia

come una rondine,

e le sue dita come lacrime,

dal tuo ciglio alla gola,

suggerivano al viso,

una volta ignorato,

la tenerezza d'un sorriso,

un affetto quasi implortato.

E lo stupore nei tuoi occhi

salì dalle tue mani

che vuote intorno alle sue spalle,

si colmarono ai fianchi

della forma precisa

d'una vita recente,

di quel segreto che si svela

quando lievita il ventre.

E a te, che cercavi il motivo

d'un inganno inespresso dal volto,

lei propose l'inquieto ricordo

fra i resti d'un sogno raccolto.

 

IL SOGNO DI MARIA

"Nel Grembo umido, scuro del tempio,

l'ombra era fredda, gonfia d'incenso;

l'angelo scese, come ogni sera,

ad insegnarmi una nuova preghiera:

poi, d'improvviso, mi sciolse le mani

e le mie braccia divennero ali,

quando mi chiese - Conosci l'estate -

io, per un giorno, per un momento,

corsi a vedere il colore del vento.

Volevammo davvero sopra le case,

oltre i cancelli, gli orti, le strade,

poi scivolammo tra valli fiorite

dove all'ulivo si abbraccia la vite.

Scendemmo là, dove il giorno si perde

a cercarsi da solo nascosto tra il verde,

e lui parlò come quando si prega,

ed alla fine d'ogni preghiera

contava una vertebra della mia schiena.

(... e l' angelo disse: "Non

temere, Maria, infatti hai

trovato grazia presso il

Signore e per opera Sua

concepirai un figlio...)

Le ombre lunghe dei sacerdoti

costrinsero il sogno in un cerchio di voci.

Con le ali di prima pensai di scappare

ma il braccio era nudo e non seppe volare:

poi vidi l'angelo mutarsi in cometa

e i volti severi divennero pietra,

le loro braccia profili di rami,

nei gesti immobili d'un altra vita,

foglie le mani, spine le dita.

Voci di strada, rumori di gente,

mi rubarono al sogno per ridarmi al presente.

Sbiadì l'immagine, stinse il colore,

ma l'eco lontana di brevi parole

ripeteva d'un angelo la strana preghiera

dove forse era sogno ma sonno non era

- Lo chiameranno figlio di Dio -

Parole confuse nella mia mente,

svanite in un sogno, ma impresse nel ventre."

E la parola ormai sfinita

si sciolse in pianto,

ma la paura dalle labbra

si raccolse negli occhi

semichiusi nel gesto

d'una quiete apparente

che si consuma nell'attesa

d'uno sguardo indulgente.

E tu, piano, posati le dita

all'orlo della sua fronte:

i vicini quando accarezzano

hanno il timore di far troppo forte.

 

AVE MARIA

E te ne vai, Maria, fra l'altra gente

che si raccoglie intorno al tuo passare,

siepe di sguardi che non fanno male

nella stagione di essere madre.

Sai che fra un'ora forse piangerai

poi la tua mano nasconderà un sorriso:

gioia e dolore hanno il confine incerto

nella stagione che illumina il viso.

Ave Maria, adesso che sei donna,

ave alle donne come te, Maria,

femmine un giorno per un nuovo amore

povero o ricco, umile o Messia.

Femmine un giorno e poi madri per sempre

nella stagione che stagioni non sente.

 

MARIA NELLA BOTTEGA D'UN FALEGNAME

Maria:

"Falegname col martello

perché fai den den?

Con la pialla su quel legno

perché fai fren fren?

Costruisci le stampelle

per chi in guerra andò?

Dalla Nubia sulle mani

a casa ritornò?"

Il falegname:

"Mio martello non colpisce,

pialla mia non taglia

per foggiare gambe nuove

a chi le offrì in battaglia,

ma tre croci, due per chi

disertò per rubare,

la più grande per chi guerra

insegnò a disertare".

La gente:

"Alle tempie addormentate

di questa città

pulsa il cuore di un martello,

quando smetterà?

Falegname, su quel legno,

quanti corpi ormai,

quanto ancora con la pialla

lo assottiglierai?"

Maria:

"Alle piaghe, alle ferite

che sul legno fai,

falegname su quei tagli

manca il sangue, ormai,

perché spieghino da soli,

con le loro voci,

quali volti sbiancheranno

sopra le tue croci".

Il falegname:

"Questi ceppi che han portato

perché il mio sudore

li trasformi nell'immagine

di tre dolori,

vedran lacrime di Dimaco

e di Tito al ciglio

il più grande che tu guardi

abbraccerà tuo figlio".

La gente:

"Dalla strada alla montagna

sale il tuo den den

ogni valle di Giordania

impara il tuo fren fren;

qualche gruppo di dolore

muove il passo inquieto,

altri aspettan di far bere

a quelle seti aceto".

 

VIA DELLA CROCE

"Poterti smembrare coi denti e le mani,

sapere i tuoi occhi bevuti dai cani,

di morire in croce puoi essere grato

a un brav'uomo di nome Pilato."

Ben più della morte che oggi ti vuole,

t'uccide il veleno di queste parole:

le voci dei padri di quei neonati,

da Erode, per te, trucidati.

Nel lugubre scherno degli abiti nuovi

misurano a gocce il dolore che provi;

trent'anni hanno atteso col fegato in mano,

i rantoli d'un ciarlatano.

Si muovono curve le vedove in testa,

per loro non è un pomeriggio di festa;

si serran le vesti sugli occhi e sul cuore

ma filtra dai veli il dolore:

fedeli umiliate da un credo inumano

che le volle schiave già prima di Abramo,

con riconoscenza ora soffron la pena

di chi perdono a Maddalena,

di chi con un gesto soltanto fraterno

una nuova indulgenza insegnò al Padreterno,

e guardano in alto, trafitti dal sole,

gli spasimi d'un redentore.

Confusi alla folla ti seguono muti,

sgomenti al pensiero che tu li saluti:

"A redimere il mondo" gli serve pensare,

il tuo sangue può certo bastare.

La semineranno per mare e per terra

tra boschi e città la tua buona novella,

ma questo domani, con fede migliore,

stasera è più forte il terrore.

Nessuno di loro ti grida un addio

per esser scoperto cugino di Dio:

gli apostoli han chiuso le gole alla voce,

fratello che sanguini in croce.

Han volti distesi, già inclini al perdono,

ormai che han veduto il tuo sangue di uomo

fregiarti le membra di rivoli viola,

incapace di nuocere ancora.

Il potere vestito d'umana sembianza,

ormai ti considera morto abbastanza

e già volge lo sguardo a spiar le intenzioni

degli umili, degli straccioni.

Ma gli occhi dei poveri piangono altrove,

non sono venuti a esibire un dolore

che alla via della croce ha proibito l'ingresso

a chi ti ama come se stesso.

Sono pallidi al volto, scavati al torace,

non hanno la faccia di chi si compiace

dei gesti che ormai ti propone il dolore,

eppure hanno un posto d'onore.

Non hanno negli occhi scintille di pena.

Non sono stupiti a vederti la schiena

piegata dal legno che a stento trascini,

eppure ti stanno vicini.

Perdonali se non ti lasciano solo,

se sanno morir sulla croce anche loro,

a piangerli sotto non han che le madri,

in fondo, son solo due ladri.

 

TRE MADRI

Madre di Tito:

"Tito, non sei figlio di Dio,

ma c'è chi muore nel dirti addio".

Madre di Dimaco:

"Dimaco, ignori chi fu tuo padre,

ma più di te muore tua madre".

Le due madri:

"Con troppe lacrime piangi, Maria,

solo l'immagine d'un'agonia:

sai che alla vita, nel terzo giorno,

il figlio tuo farà ritorno:

lascia noi piangere, un po' più forte,

chi non risorgerà più dalla morte".

Madre di Gesù:

"Piango di lui ciò che mi è tolto,

le braccia magre, la fronte, il volto,

ogni sua vita che vive ancora,

che vedo spegnersi ora per ora.

Figlio nel sangue, figlio nel cuore,

e chi ti chiama - Nostro Signore -,

nella fatica del tuo sorriso

cerca un ritaglio di Paradiso.

Per me sei figlio, vita morente,

ti portò cieco questo mio ventre,

come nel grembo, e adesso in croce,

ti chiama amore questa mia voce.

Non fossi stato figlio di Dio

t'avrei ancora per figlio mio".

 

IL TESTAMENTO DI TITO

Tito:

"Non avrai altro Dio all'infuori di me,

spesso mi ha fatto pensare:

genti diverse venute dall'est

dicevan che in fondo era uguale.

Credevano a un altro diverso da te

e non mi hanno fatto del male.

Credevano a un altro diverso da te

e non mi hanno fatto del male.

Non nominare il nome di Dio,

non nominarlo invano.

Con un coltello piantato nel fianco

gridai la mia pena e il suo nome:

ma forse era stanco, forse troppo occupato,

e non ascoltò il mio dolore.

Ma forse era stanco, forse troppo lontano,

davvero lo nominai invano.

Onora il padre, onora la madre

e onora anche il loro bastone,

bacia la mano che ruppe il tuo naso

perché le chiedevi un boccone:

quando a mio padre si fermò il cuore

non ho provato dolore.

Quanto a mio padre si fermò il cuore

non ho provato dolore.

Ricorda di santificare le feste.

Facile per noi ladroni

entrare nei templi che riguargitan salmi

di schiavi e dei loro padroni

senza finire legati agli altari

sgozzati come animali.

Senza finire legati agli altari

sgozzati come animali.

Il quinto dice non devi rubare

e forse io l'ho rispettato

vuotando, in silenzio, le tasche già gonfie

di quelli che avevan rubato:

ma io, senza legge, rubai in nome mio,

quegli altri nel nome di Dio.

Ma io, senza legge, rubai in nome mio,

quegli altri nel nome di Dio.

Non commettere atti che non siano puri

cioè non disperdere il seme.

Feconda una donna ogni volta che l'ami

così sarai uomo di fede:

Poi la voglia svanisce e il figlio rimane

e tanti ne uccide la fame.

Io, forse, ho confuso il piacere e l'amore:

ma non ho creato dolore.

Il settimo dice non ammazzare

se del cielo vuoi essere degno.

Guardatela oggi, questa legge di Dio,

tre volte inchiodata nel legno:

guardate la fine di quel nazzareno

e un ladro non muore di meno.

Guardate la fine di quel nazzareno

e un ladro non muore di meno.

Non dire falsa testimonianza

e aiutali a uccidere un uomo.

Lo sanno a memoria il diritto divino,

e scordano sempre il perdono:

ho spergiurato su Dio e sul mio onore

e no, non ne provo dolore.

Ho spergiurato su Dio e sul mio onore

e no, non ne provo dolore.

Non desiderare la roba degli altri

non desiderarne la sposa.

Ditelo a quelli, chiedetelo ai pochi

che hanno una donna e qualcosa:

nei letti degli altri già caldi d'amore

non ho provato dolore.

L'invidia di ieri non è già finita:

stasera vi invidio la vita.

Ma adesso che viene la sera ed il buio

mi toglie il dolore dagli occhi

e scivola il sole al di là delle dune

a violentare altre notti:

io nel vedere quest'uomo che muore,

madre, io provo dolore.

Nella pietà che non cede al rancore,

madre, ho imparato l'amore".

 

LAUDATE HOMINEM

Laudate dominum

Laudate dominum

Gli umili, gli straccioni:

"Il potere che cercava

il nostro umore

mentre uccideva

nel nome d'un dio,

nel nome d'un dio

uccideva un uomo:

nel nome di quel dio

si assolse.

Poi, poi chiamò dio

poi chiamo dio

poi chiamò dio quell'uomo

e nel suo nome

nuovo nome

altri uomini,

altri, altri uomini

uccise ".

Non voglio pensarti figlio di Dio

ma figlio dell'uomo, fratello anche mio.

Laudate dominum

Laudate dominum

Ancora una volta

abbracciamo

la fede

che insegna ad avere

ad avere il diritto

al perdono, perdono

sul male commesso

nel nome d'un dio

che il male non volle, il male non volle,

finché

restò uomo

uomo.

Non posso pensarti figlio di Dio

ma figlio dell'uomo, fratello anche mio.

Qualcuno

qualcuno

tentò di imitarlo

se non ci riuscì

fu scusato

anche lui

perdonato

perché non s'imita

imita un dio,

un dio va temuto e lodato

lodato...

Laudate hominem

No, non devo pensarti figlio di Dio

ma figlio dell'uomo, fratello anche mio.

Ma figlio dell'uomo, fratello anche mio.

Laudate hominem.