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SPETTACOLI PRODOTTI - INDICE

Uberto Paolo Quintavalle
EDIPO UOMO

regia Mario Mattia Giorgetti

scene Tiziana Gagliardi - costumi Danilo Donati

coreografie Gillian Whittingham

(prima mondiale a New York, Festival Milano-New York)

Esigenze tecniche
Panorama bianco - Palco minimo 12X12 – Quinte nere. No graticcia.

Durata 2, 15 ore. Intervallo

Affrontare Edipo (la storia, il personaggio, il mito) vuol dire partire alla ricerca della verità nelle profondità dell’essere umano. Edipo come emblema dell’umanità, Edipo come Soggetto in cui è sepolto il mistero della vita stessa.
Mentre nell’Edipo Re di Sofocle assistiamo alla devastante caduta di un re che, dopo aver perso il potere, parte per un viaggio dentro se stesso, nel tentativo di districare i nodi esistenziali della sua tragedia personale, ne L’Uomo Edipo di Quintavalle ci si trova di fronte ad un percorso differente e anzi, diametralmente opposto: l’uomo che diventa re e che successivamente ritorna ad essere uomo. Ed è proprio nella circolarità del passaggio nascita/morte che va ricercato il significato dell’opera. In altre parole l’essere umano è esplorato come centro universale del Sistema Vita, come punto di partenza delle linee vitali che s’incrociano e s’ingarbugliano, si fermano e poi crescono sempre più avviluppate intorno al protagonista.
Un’unica immagine cruciale domina la scena: una Sfinge che racchiude l’universo di Edipo. La Madre-Sfinge, crocevia di vita e morte (vita per Edipo, morte per suo padre, Re Laius), il trono del potere dal quale scivolano Edipo stesso e la sua regina-madre Jocasta; l’uno nelle profondità della notte, l’altra nelle viscere della terra. Una piramide che si erge come il Teatro del Mondo, una piramide che rappresenta il labirinto intellettuale di Edipo, una piramide che è una specie di stomaco in cui è destinato a finire colui che è impreparato alla vita. Una Piramide del Tempo che ingloba passato, presente e futuro, in cui le differenti epoche della vita possono essere distinte; dall’antichità più profonda, all’Età dell’oro. Durante la rappresentazione i personaggi si aggireranno dentro e fuori questo mondo-piramide, ma allo stesso tempo verranno spinti inesorabilmente verso il centro gravitazionale del "Totem".
Gli attori-personaggi, negli splendidi costumi disegnati da Danilo Donati, si troveranno "catturati" da un Rinascimento creativo, ovvero travolti dall’ondata di piena delle emozioni che straripa dal loro inconscio. E nello stesso tempo resteranno immobili e ieratici, stagliati nello spazio cosmico che avvolge la Piramide Tempo-Labirinto-Teatro-Mondo. L’interpretazione degli attori dovrà essere libera da qualsiasi caratterizzazione psicologica tipica del dramma realistico, mentre sarà tesa, spinta fino al limite estremo della tragedia di Edipo-uomo, la cui risonanza creerà così un linguaggio tragico ed essenziale.
La scena dovrà essere invasa da luci che riflettono l’anima di Edipo, non da colori che ricercano un mero effetto estetico, luci che s’adattino allo scorrere dei sentimenti che accompagnano la tragedia. Qui le luci si riferiscono al linguaggio narrativo, riempiono uno spazio della mente piuttosto che uno fisico, rendendo ogni oggetto "sintesi" di un differente nodo drammatico.
Anche la musica dovrà riflettere l’universo interiore dell’anima umana, con note che rievocano elementi naturali: acqua, sabbia, parole, ferro, pietre ed ogni cosa che amplifichi suoni e vibrazioni del nostro ambiente naturale. Un alfabeto, in altre parole, il linguaggio del mondo che ci accompagna nelle nostre peregrinazioni. Un unico personaggio animerà questo mondo di suoni, lo affiancherà a quello della tragedia, dialetticamente, ed allo stesso tempo li integrerà entrambi, muovendosi dalla tragedia degli eventi alla tragedia dell’anima, a quella dei suoni.
Sono questi, nel complesso, i punti fondamentali su cui intendo fondare il mio lavoro di regista.