BIOGRAFIA DI               VINCENT  VAN GOGH (1853-1890)

 

"La tristesse durera toujours..."

                                    Vincent Van Gogh

 

 

L'infanzia

Vincent van Gogh nacque a Groot Zundert, in Olanda, il 30 marzo 1853. La sua nascita avvenne un anno esatto dopo che sua madre ebbe dato alla luce un primo figlio, nato morto, pure chiamato Vincent. Ci sono state molte congetture sul fatto che Vincent van Gogh abbia più tardi patito un trauma psicologico per il fatto di essere un "figlio in sostituzione" e di avere un fratello morto col suo stesso nome e la sua stessa data di nascita. Questa teoria rimane comunque non comprovata, e non esiste alcuna testimonianza storica per sostenerla.

Van Gogh era figlio di Theodorus Van Gogh (1822-85), un pastore della Chiesa Riformata Olandese, e di Anna Cornelia Carbentus (1819-1907). Sfortunatamente, non esistono quasi informazioni sui suoi primi dieci anni di vita. E molto poco si conosce dei cinque anni successivi. Van Gogh stette in collegio per due anni a Zevenbergen, e continuò poi per un altro paio d'anni a frequentare le scuole secondarie al King Willem II di Tilburg. A quell'epoca, nel 1868, Van Gogh lasciò gli studi, all'età di 15 anni, e non li riprese mai più.

Nel 1869 Van Gogh fu assunto alla Goupil & Cie., una galleria di mercanti d'arte dell'Aia. La famiglia Van Gogh aveva da lungo tempo legami col mondo dell'arte--gli zii di Vincent, Cornelius ("zio Cor") e Vincent ("zio Cent") erano mercanti d'arte. Suo fratello minore, Theo, sarebbe pure diventato mercante d'arte, e questo fatto avrebbe avuto un'enorme influenza sulla successiva carriera artistica di Vincent.

Vincent ebbe un discreto successo come mercante d'arte e rimase alla Goupil & Cie per altri sette anni. Nel 1873 venne trasferito alla filiale di Londra della ditta e s'innamorò ben presto del clima culturale che si respirava in Inghilterra. Verso la fine di agosto si trasferì al n.87 di Hackford Road, dove visse con Ursula Loyer e sua figlia Eugenie. Si suppone che Vincent abbia nutrito un interesse sentimentale per Eugenie, ma molti dei suoi primi biografi scambiarono erroneamente il suo nome con quello della madre, Ursula. A confondere ulteriormente le cose, recenti studi dimostrerebbero che Vincent non era affatto innamorato di Eugenie, bensì di una donna Olandese, Caroline Haanebeek. La verità non si sa quale sia.

Vincent van Gogh rimase a Londra per altri due anni. Durante questo periodo visitò le molte gallerie e musei della città e divenne grande ammiratore di scrittori Britannici quali George Eliot e Charles Dickens. Van Gogh era inoltre un grande ammiratore degli incisori Britannici, i cui lavori illustravano riviste quali The Graphic. Queste illustrazioni ispirarono e influenzarono Van Gogh nella sua successiva carriera artistica.

Le relazioni tra Vincent e la Goupil si fecero sempre più tese col passare degli anni, e nel maggio del 1875 egli venne trasferito alla filiale di Parigi della ditta. Divenne chiaro nel corso di quell'anno che Vincent non era più tanto contento di trovarsi a trattare dipinti che non gli piacevano granchè. Vincent lasciò la Goupil verso la fine di marzo del 1876 e decise di ritornare in Inghilterra, dove aveva trascorso due anni per la maggior parte felici e gratificanti.

In aprile, Vincent van Gogh iniziò l'insegnamento alla scuola del Rev. William P. Stokes a Ramsgate. Vincent era responsabile di 24 ragazzi tra i 10 e i 14 anni di età. Le sue lettere fanno ritenere che egli amasse insegnare. Vincent passò poi ad insegnare in un'altra scuola per ragazzi, diretta questa dal Rev. T. Slade Jones a Isleworth. Nel suo tempo libero Van Gogh continuava a visitare gallerie e ad ammirare i molti capolavori che vi scopriva. Vincent si dedicava anche agli studi biblici--passando molte ore a leggere e rileggere il Vangelo. L'estate del 1876 fu per lui veramente un'estate di trasformazione religiosa. Sebbene fosse cresciuto in una famiglia religiosa, non è che a quest'epoca che Van Gogh iniziò seriamente a considerare l'ipotesi di dedicare la sua vita alla Chiesa.

Come mezzo di transizione dall'insegnamento allo stato ecclesiale, Vincent chiese al Rev. Jones che questi gli assegnasse maggiori responsabilità specifiche all'ambito ecclesiastico. Jones acconsentì, e Vincent inziò a prendere la parola agli incontri di preghiera che si tenevano nella parrocchia di Turnham Green. Questi discorsi servirono da preparazione al compito che si era a lungo prefigurato: il suo primo Sermone domenicale. Sebbene Vincent fosse entusiasta circa le sue prospettive come ministro di culto, i suoi sermoni appaiono piuttosto scialbi e spenti. Come suo padre, egli aveva una passione per la predicazione, ma il suo eloquio mancava di passione e faceva scarsa presa sull'uditorio.

Per nulla scoraggiato, Vincent van Gogh scelse di rimanere in Olanda dopo aver visitato la famiglia sotto Natale. Dopo un breve impiego presso una libreria a Dordrecht nel 1877, Van Gogh si volse nuovamente al suo desiderio di servire la Chiesa e decise di intraprendere formali studi teologici ad Amsterdam. Vincent era inizialmente entusiasta di questi studi, ma li trovò ben presto sempre più difficili e dentro di sé cominciò a rendersi conto che molte delle lezioni avevano scarsa attinenza con quello che rimaneva il suo desiderio più appassionato: predicare alla sua congregazione. Egli si dibattè coi suoi studi per gran parte del 1878. Trovò che il Latino era la materia più difficile--ironico se si pensi che parlava in modo assai scorrevole quattro lingue: Olandese, Inglese, Francese e Tedesco. In novembre Vincent non riuscì a passare gli esami per la scuola missionaria di Laeken dopo un periodo di prova di tre mesi. Essendo uno che mai si lasciava scoraggiare dalle avversità, Vincent van Gogh prese infine accordi con la Chiesa per iniziare un periodo di prova quale predicatore in una delle regioni più impoverite e inospitali dell'Europa occidentale: il distretto carbonifero del Borinage, nel Belgio.

Nel gennaio del 1879 Vincent iniziò le sue funzioni predicando ai minatori e alle loro famiglie nel villaggio minerario di Wasmes. Vincent provò subito un forte, commovente affetto per i minatori. Egli simpatizzò con le loro terribili condizioni di lavoro e fece del suo meglio, quale loro capo spirituale, per alleviare il fardello delle loro vite. Sfortunatamente, questo desiderio altruistico raggiunse proporzioni in qualche modo fanatiche quando Vincent iniziò a dare via gran parte del suo cibo e dei suoi vestiti alla povera gente sotto le sue cure. A dispetto delle nobili intenzioni di Vincent, rappresentanti della Chiesa disapprovarono fortemente l'ascetismo di Van Gogh e lo rimossero dall'incarico in luglio. Rifiutandosi di abbandonare la regione, Van Gogh si trasferì in un villaggio adiacente, Cuesmes, e lì rimase in abbietta povertà. L'anno seguente Vincent lottò per la vita giorno dopo giorno e, sebbene non in grado in alcun modo di assistere la gente del villaggio come sacerdote, egli ciò nonostante scelse di rimanere un membro della loro comunità. Un giorno Vincent ebbe l'impulso di recarsi a visitare la casa di Jules Breton, un pittore Francese che ammirava grandemente, e così, con in tasca solo 10 franchi, camminò per 70km. fino a Courrières, in Francia, per vederlo. Una volta arrivato, comunque, timido com'era non se la sentì di bussare alla porta e fece ritorno a Cuesmes completamente scoraggiato.

Fu allora che Vincent iniziò a dipingere i minatori e le loro famiglie, documentando le loro dure condizioni di vita. Fu in questo periodo fondamentale che Vincent van Gogh scelse la sua successiva ed ultima carriera: quella artistica.


Gli inizi della carriera artistica

Nell'autunno del 1880, dopo più di un anno trascorso da indigente nel Borinage, Vincent si trasferì a Bruxelles per iniziare i suoi studi artistici. Vincent ebbe l'idea di iniziare questi studi grazie al sostegno finanziario del fratello Theo. Lui e Theo erano sempre stati molto vicini fin da bambini e per quasi tutta la loro vita adulta mantennero una corrispondenza ininterrotta e assai rivelatrice. Sono queste lettere, più di 700 ancora esistenti in totale, a dar corpo a gran parte delle nostre conoscenze circa il modo in cui Van Gogh percepiva la sua propria vita e le sue opere.

Il 1881 si rivelò un anno turbolento per Vincent van Gogh. Vincent fece domanda di ammissione alla Ecole des Beaux-Arts di Bruxelles, sebbene i biografi Hulsker e Tralbaut siano in disaccordo tra loro sui dettagli: Tralbaut propende per una sia pur breve e irrilevante frequentazione della scuola, mentre Hulsker sostiene che la domanda di ammissione di Vincent non venne mai accettata. Qualunque sia il caso, Vincent continuò ad imparare il disegno da solo, traendo esempi da libri come Travaux des champs di Jean-Francois Millet e Cours de dessin di Charles Bargue. In estate, Vincent tornò di nuovo a vivere coi suoi genitori, ora ad Etten, e in quel periodo incontrò la cugina Cornelia Adriana Vos-Stricker (Kee). Kee (1848-1918) era rimasta vedova da poco e stava crescendo un figlio giovane da sola. Vincent si innamorò di Kee e rimase sconvolto quando lei rifiutò le sue avances. Lo sfortunato episodio si concluse con uno dei più memorabili incidenti nella vita di Van Gogh. Dopo essere stato respinto violentemente da Kee, Vincent decise di affrontarla a casa dei suoi genitori. Il padre di Kee non permise a Vincent di vedere la figlia e Vincent, sempre determinato, mise la sua mano sopra il tubo di una lampada ad olio, bruciandosela intenzionalmente. Il padre di Kee disinnescò rapidamente la situazione spegnendo semplicemente la lampada con un soffio, e Vincent lasciò la casa umiliato.

Nonostante i rovesci sentimentali con Kee e le tensioni personali col padre, Vincent trovò incoraggiamenti da parte di Anton Mauve (1838-88), suo cugino acquisito. Mauve si era affermato come artista di successo e, dalla sua casa all'Aia, procurò a Vincent il suo primo set di colori ad acquarello--introducendolo così al lavoro con i colori. Vincent era un grande ammiratore delle opere di Mauve e gli era profondamente riconoscente per tutti gli insegnamenti che questi fu in grado di fornirgli. La loro relazione era gradevole, ma finì per soffrire di tensioni quando Vincent iniziò a vivere con una prostituta.

Vincent van Gogh incontrò Clasina Maria Hoornik (1850-1904) verso la fine di febbraio del 1882 all'Aia. Già incinta del secondo figlio quando Vincent la incontrò, questa donna, conosciuta come "Sien", andò a vivere con lui poco tempo dopo. Vincent visse con Sien per il successivo anno e mezzo. La loro relazione fu di quelle tempestose, in parte a causa di entrambe le loro volubili personalità, in parte a causa della tensione dovuta al fatto che vivevano in completa povertà. Le lettere di Vincent a Theo mostrano come egli si dedicasse a Sien e specialmente ai suoi bambini, ma la sua arte rimaneva la sua prima passione--fino ad escludere qualsiasi altra preoccupazione, incluso il cibo. Sien e i suoi bambini posarono per dozzine di disegni di Vincent, e i suoi talenti artistici crebbero considerevolmente in questo periodo. I suoi primitivi disegni di minatori nel Borinage lasciarono il posto a lavori molto più raffinati e carichi di emozione. Nel disegno Sien, seduta su una cesta, con una ragazza, per esempio, Vincent raffigura magistralmente sia la quiete domestica che un sottostante senso di disperazione--sentimenti che definirebbero in modo veritiero i suoi 19 mesi di vita con Sien.

Il 1883 fu un altro anno di transizione per Van Gogh, sia per la sua vita personale che per il suo ruolo come artista. Vincent aveva iniziato a sperimentare la pittura ad olio nel 1882, ma fu solo nel 1883 che iniziò ad adoperare sempre più frequentemente questa tecnica. Man mano che la sua abilità nel disegnare e dipingere aumentava, la sua relazione con Sien si deteriorava, e in settembre essi si divisero. Come dopo il suo fallimento nel Borinage, anche questa volta Vincent si sarebbe ripreso da questa fallita relazione isolandosi. Con molto rincrescimento, in particolare a causa dei sentimenti che provava per i figli di Sien, Vincent lasciò l'Aia a metà settembre per dirigersi nel Drenthe, una regione alquanto desolata dei Paesi Bassi. Nelle successive sei settimane Vincent condusse una vita da nomade, spostandosi attraverso tutta la regione e disegnando e dipingendo quel paesaggio fuori mano e i suoi abitanti.

Vincent tornò di nuovo a casa dai suoi genitori, questa volta a Neunen, sul finire del 1883. Per tutto l'anno successivo continuò a rifinire la sua arte. In questo periodo produsse dozzine di disegni e di dipinti: tessitori, filatori e altri ritratti. I contadini del posto si rivelarono i suoi soggetti preferiti--in parte perchè Van Gogh sentiva una forte affinità con questi poveri lavoratori, in parte perché era un così grande ammiratore del pittore Millet, che produsse a sua volta dipinti teneri e compassionevoli di lavoratori nei campi. La vita romantica di Vincent subì quell'estate un'altra svolta drammatica, e infelice, quando una vicina, Margot Begeman, cercò di avvelenarsi. Margot, la cui famiglia era vicina di casa di quella di Vincent, era stata innamorata di Vincent, e lo sconvolgimento emotivo di quella relazione la portò a tentare il suicidio. Vincent rimase molto turbato dall'incidente, ma Margot alla fine si riprese.


L'anno della svolta – 1885: i primi capolavori

Nei primi mesi del 1885 Van Gogh continuò le sue serie di ritratti di contadini. Vincent li considerava degli "studi", lavori che avrebbero continuato a rifinire la sua arte in preparazione a quella che sarebbe stata la sua opera più ambiziosa fino a qual momento. Vincent lavorò tutto marzo e aprile a questi studi, brevemente distratto dal suo lavoro dalla morte del padre, il 26 marzo. Vincent e suo padre negli ultimi anni avevano mantenuto una relazione assai tesa e, sebbene certamente non felice per la morte di suo padre, Vincent rimase emotivamente quasi distaccato e continuò il suo lavoro.

Gordina de Groot--subject in 'The Potato Eaters'Tutti gli anni di duro lavoro, di continua ridefinizione della sua tecnica e di apprendimento di nuove--tutto ciò servì da preparazione graduale alla esecuzione del primo grande dipinto di Van Gogh: I mangiatori di patate.

Vincent lavorò a I mangiatori di patate per tutto aprile del 1885. Aveva eseguito vari abbozzi in preparazione della grande, definitiva versione a olio. I mangiatori di patate viene riconosciuto essere il primo vero capolavoro di Van Gogh, ed egli rimase incoraggiato dal risultato che ottenne. Sebbene irritato e sconvolto da ogni critica che riceveva per l'opera (all'amico e compagno d'arte Anton van Rappard non piacque, e i suoi commenti indussero Vincent a rompere la loro amicizia), Vincent era contento dei risultati ottenuti e questo fu l'inizio di una nuova, più fiduciosa e tecnicamente compiuta fase della sua carriera.

Van Gogh continuò a lavorare per tutto il 1885, ma divenne nuovamente inquieto e bisognoso di nuovi stimoli. Si iscrisse per breve tempo all'Accademia di Anversa all'inizio del 1886, ma la lasciò circa quattro settimane dopo, sentendosi soffocato dalla rigidità e ristrettezza di schemi mentali degli istruttori. Come dimostrò frequentemente in tutto il corso della sua vita, Vincent riteneva gli studi formali un misero sostituto del lavoro pratico. Vincent aveva lavorato cinque difficili anni ad affinare i suoi talenti artistici, e con la creazione de I mangiatori di patate aveva dimostrato di essere un pittore di prima qualità. Ma egli cercava continuamente di migliorarsi, di acquisire idee nuove ed esplorare nuove tecniche per diventare l'artista che veramente aspirava ad essere. In Olanda, Vincent aveva realizzato tutto quel che poteva. Era tempo ormai di esplorare nuovi orizzonti ed iniziare un viaggio che avrebbe rifinito ulteriormente la sua arte. Vincent lasciò l'Olanda per trovare le sue risposte a Parigi e . . . in compagnia degli Impressionisti.


Nuovi inizi: Parigi

Vincent van Gogh aveva scritto al fratello per tutti i primi mesi del 1886 per convincerlo che Parigi era ciò di cui aveva bisogno. Theo era troppo consapevole della personalità in qualche modo abrasiva del fratello, e resistette. Come sempre, Vincent non ne fu per nulla scoraggiato e si presentò semplicemente a Parigi senza annunciarsi, ai primi di marzo. Theo non aveva altra scelta che tenere Vincent con sé.

Il periodo parigino di Van Gogh è affascinante per il ruolo che ebbe nella sua trasformazione artistica. Sfortunatamente, i due anni che passò a Parigi sono anche i meno documentati della sua vita--per il fatto che i biografi dipendono in massima parte dalle lettere tra Vincent e Theo per documentare i fatti, e questa corrispondenza cessò, dal momento che i fratelli vissero assieme nell'appartamento di Theo al n.54 di rue Lepic, nel distretto parigino di Montmartre.

Pure, l'importanza del periodo parigino per Vincent è chiara. Theo, essendo un mercante d'arte, aveva molti contatti, e Vincent potè familiarizzare con gli artisti più innovativi della Parigi dell'epoca. I due anni trascorsi a Parigi furono spesi da Van Gogh a visitare alcune delle prime mostre degli Impressionisti (dove si esibivano opere di Degas, Monet, Renoir, Pissarro, Seurat e Sisley). Non c'è dubbio che Van Gogh venne influenzato dai metodi degli Impressionisti, ma egli rimase sempre comunque fedele al suo stile unico. Lungo tutti i due anni, Vincent adottò alcune delle tecniche degli Impressionisti ma non si lasciò mai sopraffare dalla loro potente influenza.

Per tutto il 1886 Vincent si divertì a dipingere nei dintorni di Parigi. La sua tavolozza iniziò a prendere le distanze dai colori più scuri e tradizionali della natia Olanda, per incorporare le tonalità più vibranti degli Impressionisti. Per aggiungere qualcosa alla complessa trama dello stile di Van Gogh, fu a Parigi in questo periodo che Vincent cominciò ad interessarsi all'arte Giapponese. Il Giappone aveva aperto solo recentemente i suoi porti agli stranieri dopo secoli di isolamento culturale e, come conseguenza di questo così a lungo mantenuto isolazionismo, il mondo occidentale rimase affascinato da tutto quanto fosse Giapponese. Van Gogh iniziò a collezionare un gran numero di stampe Giapponesi su matrici di legno (ora facenti parte della collezione del Van Gogh Museum ad Amsterdam) e i suoi dipinti di questo periodo (Il ritratto di Père Tanguy, ad esempio) riflettevano sia l'uso vibrante del colore prediletto dagli Impressionisti che nitidi ipertoni Giapponesi. Sebbene Vincent abbia eseguito in tutto solo tre copie da dipinti Giapponesi, l'influenza Giapponese sulla sua arte sarebbe risultata evidente in forme sottili per tutto il resto della sua vita.

Il 1887 a Parigi rappresentò per Vincent un altro anno di evoluzione artistica, ma si prese pure il suo pedaggio su di lui, sia emotivamente che fisicamente. La personalità volubile di Vincent rese tesa la sua relazione con Theo. Quando Vincent insisteva per andare a vivere con Theo, questi aveva ceduto nella speranza che assieme avrebbero potuto gestire meglio le loro spese e che Vincent avrebbe potuto dedicarsi più facilmente alla sua arte. Sfortunatamente, vivere con suo fratello portò anche ad una gran quantità di tensione tra i due. In aggiunta, la stessa Parigi non era certo priva di tentazioni, e gran parte dei due anni furono trascorsi da Vincent in condizioni estreme poco salutari: malnutrizione e abuso di bevande alcoliche e di fumo.

Come spesso accadde nel corso della sua vita, il brutto tempo durante i mesi invernali lasciava Vincent irritabile e depresso. La felicità per Vincent consisteva nello starsene all'aperto nella natura col tempo più bello possibile. Fosse per dipingere o solo per fare lunghe passeggiate, Vincent viveva per il sole. Durante i tetri mesi invernali del 1887-88 a Parigi Van Gogh divenne inquieto. E lo stesso modello di comportamento riemergeva. I due anni trascorsi a Parigi ebbero un tremendo impatto sull'evoluzione della sua carriera artistica, ma ora egli aveva ormai acquisito quello che cercava ed era tempo di procedere oltre. Mai veramente felice nelle grandi città, Vincent decise di lasciare Parigi e di seguire il sole, e il suo destino, nel Sud.


Lo Studio del Sud

Vincent van Gogh si trasferì ad Arles sul principio del 1888 spinto da un certo numero di motivazioni. Affaticato dalla frenetica energia di Parigi e dai lunghi mesi invernali, Van Gogh cercava il caldo sole della Provenza. Un'altra motivazione era il sogno di Vincent di stabilire una specie di "comune" di artisti ad Arles dove i suoi compagni di Parigi avrebbero trovato rifugio e dove avrebbero lavorato assieme e si sarebbero sostenuti a vicenda per raggiungere un obiettivo comune. Van Gogh prese il treno per Arles a Parigi il 20 febbraio 1888 rincuorato dai suoi sogni di un prospero futuro e dilettandosi alla scoperta del paesaggio, che gli sembrava sempre più Giapponese man mano che procedeva verso Sud.

Senza dubbio Van Gogh rimase deluso da Arles durante le prime settimane. In cerca del sole, Vincent trovò una Arles insolitamente fredda e ricoperta di neve. Questo dev'essere stato scoraggiante per Vincent, che aveva lasciato tutti quelli che conosceva per cercare calore e ristabilimento al Sud. Tuttavia, il cattivo tempo finì presto e Vincent iniziò a dipingere alcune delle opere più amate della sua carriera.

Una volta che la temperatura si fu alzata Vincent non sprecò tempo ad iniziare il suo lavoro all'aperto. Si notino le due opere complementari: il disegno Paesaggio con sentiero e alberi spuntati e il dipinto Sentiero attraverso un campo con salici. Il disegno fu eseguito in marzo, e gli alberi e il paesaggio appaiono spogli al termine dell'inverno. Nel dipinto, eseguito un mese dopo, si notano i primi germogli primaverili sulle piante. In questo periodo Vincent dipinse una serie di frutteti in fiore. Egli era contento della sua produttività e, come i frutteti, si sentiva rinnovato.

'Casa Gialla' di Vincent van GoghI mesi che seguirono furono felici. Vincent prese una camera al Café de la Gare in Place Lamartine 10 all'inizio di maggio e prese in affitto la sua famosa "Casa Gialla" (Place Lamartine 2) da usare come studio e magazzino. Vincent veramente non si trasferì nella Casa Gialla se non in settembre, preparandosi a sistemarla perché fosse la base del suo "Studio del Sud".

Vincent lavorò diligentemente per tutta la primavera e l'estate ed iniziò a spedire a Theo i suoi lavori. Van Gogh è spesso ritenuto, al giorno d'oggi, una persona irritabile e solitaria. In realtà gli piaceva veramente stare in compagnia della gente, e fece del suo meglio durante questi mesi per farsi degli amici--sia per avere un po' di compagnia che per farli posare come modelli. Sebbene a volte profondamente isolato, Vincent fece in effetti amicizia con Paul-Eugène Milliet e con un altro soldato Zuavo e dipinse i loro ritratti. Vincent non perse mai la speranza di costituire la comune degli artisti e inizio un'opera di convincimento per incoraggiare Paul Gauguin ad unirsi a lui nel Sud. Il progetto appariva comunque inverosimile, perché la risistemazione di Gauguin avrebbe richiesto un'assistenza finanziaria ancor maggiore da parte di Theo, che già aveva raggiunto il limite.

A fine luglio comunque, lo zio di Van Gogh, Vincent, morì e lasciò un lascito a Theo. Questo afflusso finanziario mise Theo in grado di finanziare il trasferimento di Gauguin ad Arles. Theo era motivato a ciò sia in quanto fratello premuroso, sia in quanto uomo d'affari. Egli sentiva che Vincent sarebbe stato più felice e più stabile in compagnia di Gauguin e sperava inoltre che i dipinti che avrebbe ricevuto da Gauguin in cambio del suo appoggio finanziario gli avrebbero procurato qualche profitto. Al contrario di Vincent, Paul Gauguin stava infatti iniziando ad ottenere qualche piccolo successo coi suoi lavori.

Nonostante il miglioramento delle finanze di Theo, Vincent rimaneva fedele ai suoi schemi, e spendeva un ammontare sproporzionato di soldi per il materiale artistico anziché per le necessità basilari della vita. Malnutrito com'era e sfinito per il lavoro, la sua salute iniziò a declinare ai primi di ottobre, ma egli si sentì rincuorato dopo che ebbe ricevuto la conferma che Gauguin lo avrebbe raggiunto nel Sud. Vincent lavorò duramente a preparare la Casa Gialla per far si che Gauguin si sentisse il benvenuto. Gauguin arrivò ad Arles col treno il mattino presto del 23 ottobre.

I due mesi successivi furono fondamentali, e disastrosi, sia per Vincent van Gogh che per Paul Gauguin. All'inizio, Van Gogh e Gauguin si trovarono bene assieme, dipingendo nei dintorni di Arles, discutendo della loro arte e delle diverse tecniche. Col passare delle settimane, tuttavia, il tempo volse al brutto e i due si trovarono costretti a stare in casa sempre più spesso. Come sempre, il temperamento di Vincent (e molto similmente anche quello di Gauguin) oscillava seguendo l'andamento del tempo. Forzato com'era a lavorare in casa, la depressione di Vincent venne tuttavia alleviata quando si trovò incoraggiato e stimolato da una serie di ritratti che aveva intrapreso. "Ho eseguito ritratti ad un'intera famiglia . . . ." scrisse a Theo (Lettera 560). Questi dipinti, della famiglia Roulin, rimangono tra i suoi lavori più amati.

La relazione tra Van Gogh e Gauguin si deteriorò, comunque, in dicembre. Le loro discussioni animate cominciarono a farsi sempre più frequenti--"elettriche" le avrebbe descritte Vincent. Le relazioni tra i due peggiorarono pari pari allo stato di salute mentale di Vincent. Il 23 dicembre Vincent van Gogh, in un attacco irrazionale di follia, si automutilò della parte inferiore del suo orecchio sinistro. Egli si tagliò il lobo con un rasoio e lo avvolse in un panno, portandolo quindi in un bordello per farne dono ad una delle donne. Vincent fece poi ritorno barcollando alla Casa Gialla, dove venne meno. Fu scoperto dalla polizia e venne ricoverato all'ospedale Hotel-Dieu di Arles. Dopo aver spedito un telegramma a Theo, Gauguin partì immediatamente per Parigi, sciegliendo di non fare visita a Van Gogh in ospedale. Van Gogh e Gauguin avrebbero in seguito avuto una sporadica corrispondenza epistolare, ma non si sarebbero mai più incontrati di persona.

Durante il tempo trascorso in ospedale, Vincent si trovò sotto le cure del Dr.Felix Rey (1867-1932). La settimana successiva alla mutilazione dell'orecchio fu critica per lui, sia mentalmente che fisicamente. Egli aveva perso sangue in abbondanza, e continuò a soffrire di seri attacchi durante i quali era incapace di intendere. Theo, che si era precipitato da Parigi, era sicuro che Vincent sarebbe morto, ma verso la fine di dicembre e i primi giorni di gennaio Vincent si ristabilì quasi del tutto.

Le prime settimane del 1889 non furono facili per Vincent van Gogh. Dopo essersi ristabilito, egli tornò alla sua Casa Gialla, ma continuò a recarsi dal Dr.Rey per farsi esaminare e per farsi cambiare le bende. Vincent era incoraggiato dai progressi fatti dopo il crollo, ma i suoi problemi economici continuavano ed egli si sentì particolarmente depresso quando il suo buon amico Joseph Roulin decise di accettare un impiego meglio retribuito e si trasferì con tutta la famiglia a Marsiglia. Roulin era stato un caro e fedele amico di Vincent per la gran parte del tempo che questi aveva trascorso ad Arles.

Vincent fu artisticamente alquanto produttivo per tutto gennaio e i primi di febbraio, dipingendo alcune delle sue opere più conosciute, come La Berceuse e i Girasoli. Il 7 febbraio, comunque, egli patì un altro attacco, nel corso del quale si immaginò di venire avvelenato. Vincent venne nuovamente ricoverato sotto osservazione all'ospedale Hotel-Dieu. Fu tenuto in ospedale dieci giorni, ma ritornò di nuovo, provvisoriamente, alla Casa Gialla: "Spero in bene." (Lettera 577)

A questo punto, però, alcuni dei cittadini di Arles erano ormai allarmati per il comportamento di Vincent, e firmarono una petizione esponendo dettagliatamente le loro preoccupazioni. La petizione fu sottoposta al sindaco di Arles e infine al soprintendente di polizia, il quale ordinò che Van Gogh venisse di nuovo ricoverato all'ospedale Hotel-Dieu. Vincent rimase in ospedale le sei settimane successive, ma gli fu comunque concesso di uscire, sotto sorveglianza, per dipingere e per porre i suoi averi in deposito. Fu per lui un periodo produttivo, ma scoraggiante dal lato emotivo. Come già aveva fatto un anno prima, Vincent tornò a dipingere i frutteti in fiore attorno ad Arles. Ma anche se stava producendo alcune delle sue opere migliori, Vincent capiva che la sua posizione era precaria e, dopo qualche discussione con Theo, acconsentì a farsi confinare volontariamente nel manicomio di Sain-Paul-de-Mausole a Saint-Rémy-de-Provence. Van Gogh lasciò Arles l'8 maggio.


Internamento

Al suo arrivo in manicomio, Van Gogh venne posto sotto le cure del Dr. Théophile Zacharie Auguste Peyron (1827-95). Dopo aver esaminato Vincent e riconsiderato il caso, il Dr.Peyron si convinse che il suo paziente soffriva di una forma di epilessia--una diagnosi che ancora oggi rimane tra le più verosimili. Il manicomio non era assolutamente una "fossa dei serpenti", ma Vincent rimase scoraggiato dalle grida degli altri internati e dal cattivo cibo. Egli trovava deprimente che i pazienti non avessero nulla da fare tutto il giorno--nessuno stimolo di nessuna specie. Parte del trattamento riservato a Van Gogh includeva l'idroterapia, una frequente immersione in una grande vasca piena d'acqua. Sebbene questa "terapia" non fosse certo in alcun modo crudele, non era pure minimamente benefica o di aiuto nel ristabilire la salute mentale di Vincent.

Col passare delle settimane, lo stato mentale di salute di Vincent rimaneva stabile e gli fu concesso di riprendere a dipingere. Lo staff medico era incoraggiato dai suoi progressi (o perlomeno dal fatto che non soffriva ulteriori attacchi) e a metà giugno Van Gogh dipinse il suo quadro più famoso: Notte stellata.

Lo stato di salute mentale relativamente tranquillo di Van Gogh non durò comunque a lungo, ed egli ebbe a soffrire un altro attacco a metà luglio. Durante questo attacco Vincent cercò di ingerire i suoi stessi tubetti di colore, e per questa ragione egli venne internato e gli venne negato l'accesso ai suoi materiali. Sebbene si riprendesse abbastanza prontamente dall'incidente, Van Gogh era scoraggiato per essere stato privato dell'unica cosa che gli procurava piacere e distrazione: la sua arte. Dopo un'altra settimana, il Dr.Peyron cedette ed acconsentì che Vincent riprendesse a dipingere. Questo coincise con un miglioramento del suo stato di salute mentale. Vincent inviava lettere a Theo descrivendo nei dettagli le sue precarie condizioni di salute, mentre allo stesso tempo Theo aveva a che fare con qualcosa di simile. La salute di Theo era sempre stata delicata, ed egli era stato ammalato per quasi tutta la parte iniziale del 1889.

Per due mesi Van Gogh non fu in grado di lasciare la sua stanza, e scrisse alla sorella: "…quando sono nei campi vengo sopraffatto da un sentimento di solitudine in maniera così orribile che rifuggo dall'uscire…" (Lettera W14) Nelle settimane seguenti, comunque, nuovamente Vincent superò le sue ansietà e riprese a dipingere. Durante questo periodo iniziò a fare piani per una sua eventuale partenza dal manicomio di Saint-Rémy. Egli espresse questi pensieri a Theo, il quale cominciò a cercare possibili alternative per le cure mediche di Vincent, questa volta più vicino a Parigi.

Lo stato di salute fisico e mentale di Van Gogh rimase del tutto stabile per il resto del 1889. La salute di Theo si era quasi del tutto ristabilita e, nel mentre metteva su casa con la sua nuova moglie, egli ebbe pure modo di organizzare una mostra a Bruxelles, Les XX, nell'ambito della quale sarebbero stati esposti anche sei quadri di Vincent. Vincent sembrò entusiasta dell'impresa e rimase assai produttivo in tutto questo periodo. Nella corrispondenza tra lui e Theo vennero discussi molti dei dettagli dell'esibizione di Vincent all'interno della mostra.

Il 23 dicembre 1889, un anno esatto dopo l'incidente del taglio dell'orecchio, Vincent soffrì un altro attacco: una "aberrazione" come egli la chiamò (Lettera 620). L'attacco fu serio e durò circa una settimana, ma Vincent si ristabilì abbastanza velocemente e tornò a dipingere--questa volta principalmente copie di opere di altri artisti, essendo stato confinato all'interno sia per il suo stato mentale di salute che per le condizioni del tempo. Tristemente, Van Gogh soffrì ulteriori attacchi per tutti i primi mesi del 1890. Questi attacchi furono più frequenti e lasciarono Vincent più privo di capacità di tutti quelli precedenti. Ironicamente, in questo periodo nel quale Van Gogh era probabilmente al livello più basso e più abbattuto per quanto riguarda il suo stato mentale, le sue opere stavano finalmente cominciando a ricevere acclamazioni dalla critica. Le notizie di ciò, comunque, servirono solo a deprimere ulteriormente Vincent, e rinnovarono le sue speranze di poter lasciare il manicomio e tornare al Nord.

Dopo aver fatto qualche ricerca, Theo si convinse che il miglior modo di procedere sarebbe stato quello di far tornare Vincent a Parigi e di porlo sotto le cure del Dr. Gachet, un terapista omeopatico che viveva ad Auvers-sur-Oise, vicino a Parigi. Vincent acconsentì, e portò a termine le faccende che aveva in corso a Saint-Rémy. Il 16 maggio 1890 Vincent van Gogh lasciò il manicomio e prese il treno della notte per Parigi.


"La tristezza durerà per sempre . . . ."

Il trasferimento di Vincent a Parigi fu senza storie, e al suo arrivo egli trovò Theo ad aspettarlo. Vincent trascorse con Theo, sua moglie Johanna e il loro figlio neonato, chiamato Vincent Willem come lui, tre giornate piacevoli. Mai a suo agio nell'agitazione e nella frenesia della vita cittadina, comunque, Vincent sentiva tornare un po' di tensione e optò per lasciare Parigi per la sua più tranquilla destinazione: Auvers-sur-Oise.

Vincent si incontrò col Dr.Gachet poco dopo il suo arrivo a Auvers. Sebbene inizialmente impressionato da Gachet, Vincent avrebbe più tardi espresso seri dubbi circa la sua competenza, spingendosi a commentare che Gachet sembrava "più malato di me, penso, o dovremmo dire almeno quanto me" (Lettera 648). Nonostante i suoi timori, comunque, Vincent riuscì a trovare una camera in una piccola locanda di proprietà di Arthur Gustave Ravoux e iniziò subito a dipingere i dintorni di Auvers-sur-Oise.

Nel corso delle due settimane successive, il giudizio di Van Gogh sul Dr.Gachet si addolcì in qualche modo, ed egli fu completamente assorbito dal suo lavoro. Vincent era compiaciuto di Auvers-sur-Oise, che gli offriva la libertà che gli era stata negata a Saint-Rémy, mentre allo stesso tempo gli forniva ampi soggetti per i suoi dipinti e disegni. Le prime settimane di Vincent a Auvers trascorsero piacevolmente e prive di eventi. L'8 giugno Theo, Jo e il piccolo si recarono ad Auvers a visitare Vincent e Gachet, e Vincent trascorse una giornata molto piacevole con la sua famiglia. Sotto ogni aspetto, Vincent sembrava del tutto ristabilito, mentalmente e fisicamente.

Per tutto giugno Vincent rimase pieno di entusiasmo e fu assai produttivo, dipingendo alcune delle sue opere più note (Ritratto del Doctor Gachet e La Chiesa di Auvers, per esempio). L'iniziale tranquillità del suo primo mese ad Auvers venne interrotta, comunque, quando Vincent ricevette la notizia che suo nipote era seriamente ammalato. Theo aveva attraversato un periodo molto difficile nei mesi precedenti: incertezza circa la sua stessa carriera e il suo futuro, ricorrenti problemi di salute e alla fine la malattia stessa di suo figlio. A seguito del ricovero del bambino, Vincent decise di far visita a Theo e alla sua famiglia il 6 luglio e prese un treno presto. Molto poco si sa della visita, ma Johanna, scrivendone anni dopo, lasciò intuire che la giornata fu stressante e carica di tensione. Vincent alla fine si sentì sopraffatto e fece rapidamente ritorno al più quieto santuario di Auvers.

Durante le tre settimane successive Vincent riprese a dipingere e, come sembrano suggerire le sue ultime lettere, fu più o meno felice. Alla madre e alla sorella scrisse: "Al momento mi sento molto più tranquillo che non lo scorso anno, e veramente l'inquietudine nella mia testa si è grandemente placata." (Lettera 650) Vincent era assorbito dai campi e dalle pianure attorno a Auvers, e dipinse alcuni brillanti paesaggi durante tutto luglio. La sua vita sembrava essersi stabilizzata in uno schema produttivo e--se non felice--perlomeno stabile.

Sebbene ci sia conflitto nei dettagli riferiti dalle varie relazioni, i fatti basilari occorsi il 27 luglio 1890 rimangono chiari. Quella domenica sera Vincent van Gogh si avviò, col suo cavalletto e i materiali da disegno, attraverso i campi. Là giunto, estrasse una pistola e si sparò nel petto. Vincent riuscì a tornare barcollando alla locanda Ravoux dove crollò sul letto, e dove Ravoux lo scoprì. Venne chiamato il Dr.Mazery, medico condotto, così come il Dr.Gachet. Fu deciso di non tentare di rimuovere il proiettile dal petto di Vincent, e Gachet scrisse una lettera urgente a Theo. Sfortunatamente, il Dr.Gachet non aveva l'indirizzo di casa di Theo e dovette indirizzargli la lettera alla galleria dove egli lavorava. Questo comunque non causò un ritardo eccessivo, e Theo arrivò il pomeriggio seguente.

Vincent e Theo rimasero assieme durante le ultime ore di vita di Vincent. Theo confortò il fratello, sorreggendolo e parlando con lui in Olandese. Vincent sembrava rassegnato al suo destino e Theo più tardi scrisse: "Egli stesso voleva morire; quando mi sedetti sul letto al suo fianco e gli dissi che avremmo cercato di farlo stare meglio e che speravamo pertanto di risparmiargli questo tipo di disperazione, egli disse 'La tristesse durera toujours' ('La tristezza durerà per sempre.') Io capisco quello che lui voleva dire con queste parole." Theo, da sempre il più grande amico e sostenitore di suo fratello, sorreggeva Vincent quando questi pronunciò le sue ultime parole: "Vorrei poter morire così."

Vincent van Gogh morì all'una e trenta del mattino del 29 luglio 1890. La chiesa Cattolica di Auvers non permise la sepoltura di Vincent nel suo cimitero, poiché questi aveva commesso suicidio. La vicina cittadina di Méry, comunque, acconsentì alla sepoltura, e il funerale si tenne il 30 luglio. Il pittore Emile Bernard, da lungo tempo amico di Vincent, raccontò nei dettagli il funerale a Gustave-Albert Aurier:


La bara era già chiusa. Arrivai troppo tardi per poter rivedere l'uomo che mi aveva lasciato quattro anni fa così carico di aspettative di ogni genere . . . .

Sulle pareti della stanza dove il suo corpo giaceva, quasi a fargli da alone, erano appesi tutti i suoi dipinti, e la brillantezza del genio che si irradiava da loro rendeva la sua morte ancor più dolorosa per noi artisti che eravamo là. La bara era rivestita di un semplice drappo bianco e circondata da mazzi di fiori, i girasoli che amava tanto, dalie gialle, fiori gialli ovunque. Era questo, se ben ricorda, il suo colore preferito, il simbolo della luce che egli sognava albergasse nel cuore delle persone così come nelle opere d'arte.

Accanto a lui sul pavimento di fronte alla sua bara c'erano anche il suo cavalletto, il suo seggiolino pieghevole e i suoi pennelli.

Molta gente arrivò, soprattutto artisti, tra i quali riconobbi Lucien Pissarro e Lauzet. Non conoscevo gli altri, anche gente del luogo che lo aveva conosciuto un poco, lo aveva visto una volta o due e ai quali era piaciuto perché era così di buon cuore, così umano . . . .

Eravamo là, completamente silenziosi, tutti assieme attorno a questa bara che conteneva il nostro amico. Io guardavo gli studi uno molto bello e triste basato su La vergine e Gesù di Delacroix. Detenuti che camminano in cerchio circondati dalle alte mura della prigione, una tela ispirata da Doré di una ferocia terrificante e che pure rappresenta simbolicamente la sua fine. Forse che non fu simile a quello la sua vita, un'alta prigione come questa, con mura così alte . . . . e questa gente che cammina incessantemente in cerchio non sono forse i poveri artisti, le povere anime dannate sotto la sferza del Destino? . . . .

Alle tre in punto la salma venne rimossa e caricata dagli amici sul carro funebre, numerose persone erano in lacrime. Theodore Van ghogh (sic) che si era dedicato a suo fratello, che lo aveva sempre sostenuto nel suo sforzo di mantenersi per mezzo della sua arte, singhiozzò in modo pietoso per tutto il tempo . . . .

Il sole fuori era terribilmente caldo. Salimmo la collina fuori Auvers parlando di lui, dell'impulso audace che aveva dato all'arte, dei grandiosi progetti ai quali pensava in continuazione, e di tutto il bene che aveva fatto a tutti noi.

Raggiungemmo il cimitero, un piccolo cimitero nuovo disseminato di nuove tombe. Si trova sulla collinetta sopra i campi maturi per il raccolto sotto l'ampio cielo blu che egli avrebbe ancora amato . . . forse.

Quindi fu adagiato nella fossa . . . .

Chiunque avrebbe cominciato a piangere in quel momento . . . il giorno sembrava così fatto apposta per lui perché uno potesse fare a meno di immaginare che egli era ancora vivo e ne stava godendo . . . .

Il dottor Gachet (che è un grande amante delle arti e possiede una delle migliori collezioni di dipinti impressionisti al giorno d'oggi) volle pronunciare poche parole di omaggio per Vincent e la sua vita, ma egli pure piangeva così forte che potè solo balbettare un addio molto confuso . . . (forse fu questo il modo migliore di farlo).

Egli diede una breve descrizione delle lotte e dei successi di Vincent, affermando quanto sublime fosse il suo intendimento e quale grande ammirazione provasse per lui (sebbene lo avesse conosciuto solo molto poco). Egli era, disse Gachet, un uomo onesto e un grande artista, aveva solo due obiettivi, l'umanità e l'arte. Era l'arte ciò che egli stimava sopra qualsiasi altra cosa e che avrebbe mantenuto vivo il suo nome.

Poi ce ne tornammo via. Theodore Van ghog (sic) era affranto dal dolore; tutti eravamo molto commossi, alcuni se ne andarono verso l'aperta campagna mentre altri tornavano verso la stazione.

Laval e io tornammo alla casa dei Ravoux, e parlammo di lui . . . .


Theo van Gogh morì sei mesi dopo Vincent. Fu sepolto a Utrecht, ma nel 1914 sua moglie Johanna, sostenitrice così devota ed instancabile delle opere di Vincent, fece riseppellire la salma nel cimitero di Auvers accanto a quella di Vincent. Jo richiese che un ramoscello di edera del giardino del Dr.Gachet venisse piantato tra le due pietre tombali. Quella stessa edera ricopre le tombe di Vincent e Theo ancora oggi.

 

 

 

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