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Quadro Comunitario di Sostegno
Programma Operativo Regionale
Complemento di Programmazione
Progetti Integrati Territoriali


 

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Indice

STRATEGIE DI SVILUPPO E INDIRIZZI DI SPESA


Come richiamato in premessa, il DPEF 2002-2004 rappresenta una nuova e significativa tappa nel percorso della politica regionale di programmazione e sostegno dello sviluppo. Tale percorso segue tre direttrici di fondo:

1) una politica economica che consenta alle risorse locali (imprenditoriali, sociali, territoriali, ambientali) di dispiegare un più forte potenziale competitivo entro una logica di sviluppo sostenibile;
2) una politica delle risorse umane che punti al recupero di un ritardo, nei livelli di istruzione e di diffusione delle qualifiche specialistiche, che non è meno grave ed è altrettanto strutturale del ritardo economico;
3) una riforma della amministrazione regionale che trasformi efficacemente gli assetti burocratici in funzione della missione principale dell’ente, che è quella di programmazione strategica a supporto dello sviluppo regionale, secondo principi di sussidiarietà e di decentramento verso le comunità locali.

Le direttrici seguite hanno tutte rilevanza per il tema centrale e di continua emergenza del lavoro, un tema che richiede appunto politiche congiunte su più fronti e che non può essere affrontato con “piani” miracolosi, né dovrebbe essere affidato a provvedimenti tampone.
La lettura dei dati di attuazione della L.R. 37/98 (Interventi finalizzati all'occupazione e allo
sviluppo del sistema produttivo regionale) relativi all’art. 19 (Iniziative locali per lo sviluppo e
l'occupazione), induce, come evidenziato in premessa di questo DPEF, a ripensare il finanziamento di tali azioni in un’ottica di maggiore oculatezza, per la ottimale allocazione e spendita degli oltre 1.100 miliardi di lire sinora stanziati. Per gli interventi a sostegno dell’occupazione, infatti, sono stati messi a disposizione dei Comuni circa 333 miliardi per l’annualità 1999, 378 miliardi per l’annualità 2000 e 420 miliardi per l’annualità 2001. Dei fondi del 1999 è stato speso meno del 16% (52,8 Mld), e dei fondi per il 2000 è stato speso meno del 2% (7 Mld). L’occupazione realizzata è stata pari ad 834 unità per il 1999, su 9.489 unità stimate, pari a circa l’8,8%, ed a 128 unità per il 2000, su 8.123 unità stimate, pari a circa l’1,6%.

La conclusione da trarre, a seguito di simili ritardi, non è quella semplicistica di una inefficienza dei Comuni o di una insufficiente assistenza tecnica (che pure si è riscontrata). Occorre piuttosto rilanciare con fermezza e chiarezza le componenti di una sana politica per il lavoro, che sono essenzialmente quella economico-imprenditoriale e quella della formazione.

Il sostegno solidale alle situazioni di più forte disagio sociale, in un contesto di grave e strutturale crisi occupazionale come quello sardo, è necessario e doveroso – e la Regione si impegna a non diminuire l’incidenza della spesa sociale sul volume complessivo delle risorse – ma è tuttavia dannoso per l’economia regionale alimentare una confusione fra la solidarietà e la politica economica per il lavoro, in quanto tale confusione rischia di condurre a politiche ed a norme che risultano poi fallimentari sull’uno e sull’altro fronte. E’ necessario pertanto rafforzare il ruolo dei Comuni a presidio della qualità ambientale del proprio territorio e sostegno al disagio sociale, tra cui quello della disoccupazione di lunga durata: ma ciò si può ottenere promuovendo modelli di occupazione temporanea – con il relativo supporto tecnico e finanziario – che non conducano ad un lavoro stagionale rituale e privo di ulteriori sbocchi, bensì ad uno stretto raccordo fra lavoro temporaneo, formazione e crescita di qualificazione, al fine di stabilire un “ponte”, oggi in gran parte assente, con le reali politiche del lavoro.

Queste ultime afferiscono sostanzialmente alle tre direttrici di fondo sopra richiamate, che hanno anche e principalmente lo scopo di dare efficienza al sistema economico regionale.
Come è stato argomentato nei primi due capitoli del DPEF, le politiche economiche di sviluppo regionale devono essere orientate in primo luogo verso l’impiego degli incentivi agli investimenti ed alla produzione che si rivelano più efficienti, ed in secondo luogo verso la nascita di una progettualità locale che veda interagire le comunità, i territori, le istituzioni e gli imprenditori attraverso piani integrati d’area.

Per quanto concerne i primi, i provvedimenti di incentivazione fiscale legati agli investimenti ed alla occupazione costituiscono l’opzione principale della Regione riguardo alla politica di aiuto alle imprese. Rientrano in questo ambito la riduzione dell’IRAP e gli sgravi degli oneri sociali di cui alla L.R. 36/98.

Con il DPEF 2001-2003 e successivamente con il collegato alla legge finanziaria concernente la “Disciplina dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP)”, la regione ha orientato le politiche di aiuto verso gli incentivi fiscali. Anche la Commissione europea ha dato il suo benestare definitivo all’utilizzo, entro i massimali d’intervento a favore delle regioni in ritardo di sviluppo di cui all’obiettivo 1 del Quadro Comunitario di Sostegno (QCS), delle agevolazioni fiscali in sostituzione di quelle finanziarie, così come previsto all’articolo 8 della legge finanziaria nazionale (legge 388/2000).

Per gli sgravi degli oneri sociali, la L.R. 36/98 (Politiche attive sul costo del lavoro) ha attivato in soli 28 giorni, durata di apertura del primo bando, 1500 richieste di ‘incentivi automatici’ (finalizzati allo sgravio quinquennale dei contributi previdenziali e assistenziali) per un numero di circa 5.100 assunzioni ed un impegno di 85 miliardi in un quinquennio. Attraverso la L.R. 6/01 (legge finanziaria) la Regione ha finanziato con 75 Mld un nuovo bando, e l’impegno è quello di fornire un ulteriore e stabile quadro di certezza nella copertura finanziaria, in base alla domanda emergente, a partire dalla prossima manovra.

Il secondo orientamento di fondo, relativo alla progettualità locale dei territori, si traduce in una scommessa per la Regione Sarda così come per il Mezzogiorno e le aree depresse. La scommessa è quella di condurre fuori dal guado gli strumenti di programmazione negoziata ed i partenariati pubblico-privati che si formano attorno ai progetti di sviluppo locale, rispetto alla passata stagione di ritardi, lungaggini e strozzature procedurali, debolezza metodologica in sede di progetto ed in fase di gestione dell’attuazione. Tali strumenti, che costituiscono ormai una ricca famiglia (programmi integrati d’area della R.A.S., patti territoriali nazionali e comunitari, generalisti e tematici, contratti di programma, contratti d’area, progetti integrati territoriali comunitari), debbono essere necessariamente condotti, oltre che verso una semplificazione ed unificazione – peraltro favorita dai regimi di cofinanziamento comunitario, nazionale e regionale – su un terreno di efficienza e di meccanismi attuativi rodati e consolidati. Un terreno che costituisce un approdo oggi più che mai imprescindibile, in quanto i cofinanziamenti comunitari soggetti alle regole del nuovo Quadro Comunitario di Sostegno implicano scadenze ineludibili, con l’impossibilità di recuperare le risorse non spese.

Per la regione sarda tale scommessa è già in atto, attraverso la complessa formulazione del
percorso locale di promozione, selezione ed attuazione dei PIT (Progetti Integrati Territoriali). I PIT rappresentano per la Sardegna una eccezionale occasione di sviluppo locale sotto due profili: da un lato per la dotazione finanziaria derivante dal QCS, che caratterizza una stagione probabilmente irripetibile per il recupero dei ritardi strutturali di sviluppo di cui all’Obiettivo 1 dei fondi UE, dall’altro lato per la unificazione metodologica che viene favorita entro la citata ricca famiglia di strumenti per lo sviluppo d’area, in quanto tali strumenti possono, secondo il QCS, trovare attuazione con la formula del PIT.

Il modello attuativo dei PIT, pertanto, dovrà essere utilizzato per rilanciare dal basso lo sviluppo dei territori e dell’occupazione con il coinvolgimento diretto delle imprese. Uno dei nodi principali che la Regione e gli Enti Locali dovranno sciogliere, al riguardo, è quello delle priorità da adottare e delle conseguenti scelte selettive. I progetti d’area, infatti, devono essere coerenti con la programmazione provinciale (e regionale), ma non coincidono con questa, nel senso che non ne costituiscono la diretta ed organica attuazione finanziaria. I PIT derivano piuttosto da una strategia di creazione di avamposti di sviluppo e di meccanismi virtuosi per il sostegno ai migliori partenariati ed ai migliori progetti di investimento. Pertanto l’individuazione di precise priorità attuative è indispensabile per condurre in porto bandi selettivi ed efficaci, ferma restando l’operatività della programmazione regionale, compresa quella del POR, rispetto a priorità di intervento legate alle diverse condizioni di svantaggio infrastrutturale ed occupazionale entro l’isola.

La formula per lo sviluppo dell’economia, delle imprese e del lavoro adottata dalla Regione,
dunque, poggia su due elementi:

- un modello di aiuti alle imprese prevalentemente orientato su incentivi automatici in detrazione sul conto fiscale o sugli oneri sociali;
- un modello di sviluppo territoriale affidato, oltre che al quadro complessivo della programmazione regionale, alla selezione ed attuazione di progetti integrati formulati dai partenariati locali (principalmente comuni, province, imprese).

Con tale strategia di intervento il governo regionale mira ad ottenere nel prossimo triennio un
incremento degli occupati di almeno 20 mila unità ed una riduzione del tasso di disoccupazione di almeno 1,5 punti, calcolato in costanza di forza lavoro. La prudenzialità di tale obiettivo è legata al reale andamento dell’economia sarda, i cui dati vengono resi noti con circa un triennio di ritardo. Le ultime cifre ufficiali, richiamate nella prima parte del Dpef, rivelano una maggiore dinamica di crescita dell’isola rispetto a quella nazionale sino al 1999, mentre secondo le stime e previsioni relative agli anni dal 2000 in poi la Sardegna crescerebbe con un passo più lento rispetto al Paese.
Tuttavia, pur scontando sia l’incertezza di stime e dati previsionali, sia l’assenza di una correlazione matematica fra crescita ed occupazione, si può sostenere che il complesso dei programmi in corso di avvio con la nuova stagione di investimenti del POR, con i previsti indicatori di attuazione, unitamente alle agevolazioni in termini di riduzione dei costi per le assunzioni a tempo indeterminato (L.R. 36/98 e legge sull’apprendistato) potrà condurre ad incrementi ben maggiori degli occupati.

In materia di crescita economica, l’obiettivo della Regione resta ovviamente la riduzione del divario del reddito pro capite rispetto alla media nazionale, perseguendo un trend già in atto (per quanto, come detto, messo a rischio dai dati previsionali dal 2000 in poi). Ma ancora più importante, rispetto alla crescita in termini assoluti, è l’obiettivo di una riduzione della dipendenza economica dell’isola, che si manifesta con un forte scarto fra il livello dei consumi ed il livello del reddito di fonte endogena. Il dato probabilmente più significativo al riguardo, citato fra le “variabili di rottura” del QCS, è costituito delle importazioni nette in percentuale sul PIL. Le importazioni nette sono date dall’ammontare degli impieghi (ovvero consumi, investimenti e variazione delle scorte) sottratto all’ammontare del PIL. Quando gli impieghi sono superiori al PIL si ha una dipendenza economica, quando sono inferiori si ha una relativa indipendenza economica.

Se è normale una condizione di dipendenza in presenza di una stagione di investimenti esogeni a fini di sviluppo, un dato di ulteriore sensibile dipendenza che si riproponesse al termine degli
investimenti evidenzierebbe il persistente carattere strutturale della medesima. Ed è questo il caso della Sardegna, la cui dipendenza economica, al termine della lunga stagione di “Intervento Straordinario”, è tornata nella prima metà degli anni ‘90 esattamente sugli stessi valori di 40 anni prima, ovvero con un livello di importazioni nette pari al 18% del PIL, mentre il Sud e le isole nel complesso hanno visto progressivamente ridurre il livello di dipendenza economica e l’Italia è divenuta, dal 1993 in poi, un paese il cui PIL è superiore agli impieghi.

Un ulteriore fronte cruciale su cui la Regione si è mossa ed intende muoversi con decisione è quello della continuità territoriale, che non poggia su meri meccanismi di abbattimento dei prezzi ma sul pieno dispiegarsi della logica concorrenziale, a seguito di gare, abbinata al sostegno pubblico delle tariffe. Si tratta di una strada nuova sotto diversi profili, incluso quello giuridico, che richiede una adeguata sperimentazione, ma è chiaro che la Sardegna porrà come tema permanente, come già fatto da regioni transfrontaliere quale la Corsica, il tema della continuità territoriale, ovvero della parità di costi per persone e merci rispetto alle più vicine regioni continentali.

Infine, nell’ambito temporale del presente DPEF verrà perseguita una riorganizzazione degli uffici dell’amministrazione regionale e delle competenze secondo criteri di più marcata simmetria con l’organizzazione dei programmi e dei progetti, portando a compimento la riforma del bilancio verso una piena coerenza delle UPB (Unità Previsionali di Base) con gli effettivi incarichi di elaborazione ed attuazione dei progetti di sviluppo, ovvero con quelle “funzioni-obiettivo” che esprimono la missione istituzionale della R.A.S., secondo quanto da tempo previsto dal quadro normativo nazionale e regionale.

L’ATTUAZIONE DEL PRECEDENTE DPEF 2001-2003 Inizio Pagina

Il DPEF per gli anni 2001-2003 ha individuato le linee di priorità d’intervento da realizzarsi con apposite previsioni di bilancio, supportate o meno dalle norme contenute nella legge finanziaria nonché dalle riserve per nuovi oneri legislativi allocate nelle tabelle A e B allegate alla medesima legge.

Con riferimento allo stato di attuazione degli interventi e dell’attività in essere, mentre si rimanda, quanto alle previsioni di bilancio alle schede che per materia vengono predisposte dagli assessorati competenti, si espongono gli elementi relativi alla predisposizione delle iniziative legislative connesse al succitato FNOL ed al loro attuale iter.

Iniziative assunte su interventi di spesa caratterizzanti e priorità di azione


1) Promozione turistica, di adeguamento dell’industria alberghiera e per la ricettività diffusa. Sono state assunte le seguenti iniziative:

- DDL concernente: “Imprenditoria Giovanile: Provvedimenti urgenti per favorire l’occupazione”. Stanziamenti previsti 170 mld. per il 2001 e 195 mld. Per ciascuno degli anni 2002/2003 – Tab. B, voce 16), FNOL.|
Attualmente all’esame della VI Commissione consiliare sotto il n. D.L. 201.

2) Rilancio dell’artigianato, del commercio e della cooperazione. Sono state assunte le seguenti iniziative:

  • DDL. Concernente: “Incentivi alle imprese artigiane sull’apprendistato” – stanziamenti previsti 20 mld. nel triennio 2001/2003, Tab. B, voce 7), FNOL. Approvato dal Consiglio Regionale il 2 agosto 2001;
  • DDL. Concernente: “Istituzione regime di aiuti per favorire le attività commerciali”. Stanziamenti previsti 10 mld. per l’anno 2001 e 20 mld per gli anni 2003/2003 Tab. B, voce 10), FNOL. Attualmente all’esame della VIa Commissione consiliare, sotto il n. D.L.220.
  • DDL. Concernente: “Agevolazioni continuative alle imprese del comparto del commercio”. Stanziamenti previsti 20mld. per l’anno 2001, 10 mld. per l’anno 2002 e 5 mld per 2003, Tab. B, voce 10), FNOL. Attualmente all’esame della VIa Commissione consiliare, sotto il nr. DL. 213;
  • DDL. Concernente: “interventi a favore della Cooperazione” – Stanziamenti previsti: 80 mld. per l’anno 2001 – Tab. B, voce 13), FNOL. Iniziato esame in Commissione consiliare VI, sotto il n. D.L. 157. In questo punto è da ricomprendere anche quota a parte del DDL. indicato al punto 1).

3) Rafforzamento dell’azione di recupero dei centri storici.
Ad oggi, nessun DDL è stato adottato.

4) Interventi di riqualificazione urbana, incluse le periferie degradate.
Sono state assunte le seguenti iniziative.

  • DDL. concernente: “Disposizioni urgenti in materia di pianificazione paesistica. Stanziamenti previsti: 1100 mld. per l’anno 2001 e 1300 mld. per gli anni 2002/2003 – Tab. A, voce 14), FNOL. Attualmente all’esame della IV Commissione consiliare, sotto il n. D.L. 221

5) Cofinanziamento della programmazione negoziata.
Ad oggi nessun DDL è stato adottato.

6) Incentivi per le nuove imprese ed iniziative produttive anche attraverso sgravi fiscali sostitutivi di contributi in conto capitale.
Sono state assunte le seguenti iniziative:

  • DDL concernente: “Disciplina dell’imposta regionale sulle attività produttive”. Adeguamenti per incentivi alle imprese: 1100 mld. per l’anno 2001 e 2000 mld. per gli anni 2002/2003 – Tab. A, voce 2), FNOL. Attualmente all’esame della III Commissione consiliare sotto il n. D.L. 153.
  • DDL. concernente: “Disciplina dell’imposta regionale sulle attività produttive”.
    Stanziamento 5 mld. per l’anno 2001 e 40 mld. per il bilancio 2002/2003. – Tab. B, voce 1) FNOL. Attualmente all’esame della III Commissione consiliare sotto il n. D.L. 153.
  • DDL. concernente: “Interventi nel settore della pesca e dell’acquacoltura”.
    Stanziamenti previsti: 1.500 milioni per gli anni 2001/2002 e 750 milioni per l’anno 2003. Tab. A, voce 4), FNOL; nonché 1.500 milioni per il triennio 2001/2003 – Tab. B, voce 2), FNOL. Attualmente all’esame della V Commissione consiliare, sotto il n. D.L. 146.
  • DDL concernente: “Interventi a favore di forme collettive di garanzia e fidi nel settore agricolo”. Stanziamenti previsti: 1.000 milioni per il triennio 2001/2003. Tab. B, voce 4) FNOL. Attualmente all’esame della V Commissione consiliare, sotto il n. D.L. 148.
  • DDL. concernente: “Disposizioni varie in materia di difesa dell’ambiente”. Stanziamenti 2.000 milioni per l’anno 2001, 1.000 milioni per l’anno 2002 e 1.100 milioni per l’anno 2003 – Tab. A, voce 6), FNOL. Attualmente all’esame della V Commissione consiliare, sotto il n. D.L. 145.

7) Interventi per il rafforzamento quali quantitativo del settore agricolo.
Sono state assunte le seguenti iniziative:

  • DDL. concernente: “Istituzione e Gestione della Rete Contabile Agricola Regionale”. Stanziamenti previsti 3.650 milioni per il triennio 2001/2003, Tab. A, voce 7), FNOL.
  • Il DDL. portante il nr. D.L. 149 è stato approvato dalla V Commissione consiliare nella riunione dell’11/07/2001.
  • DDL. concernente: “Contributo Straordinario all’ARPOS”.
    Stanziamenti previsti 1.000 milioni per l’anno 2001 Tab. A, voce 7), FNOL.
    Il DDL attualmente è all’esame della Giunta Regionale.

8) Interventi urgenti per sopperire ai danni causati dalla perdurante siccità, con particolare riguardo al settore agro-pastorale.


POLITICHE PER L’AMBIENTE ED IL TERRITORIO Inizio Pagina

Il valore del paesaggio storico

La salvaguardia della bio–diversità

Situazione

La Sardegna può ancora costituire un riferimento europeo in tema di bio–diversità ed in generale di “valore aggiunto ambientale”.
Habitat e fauna, pur soggetti ad un progressivo indebolimento, costituiscono un patrimonio rispetto al quale sono giunti riconoscimenti che portano a 114 i siti classificati di interesse comunitario (per un totale di 460.000 ettari) che formano il 6% dell’intero patrimonio europeo; le zone umide che costituiscono riserva privilegiata della bio–diversità si concentrano nell’isola in misura assai superiore alla media continentale e rappresentano una parte significativa e qualitativamente assai rilevante di tali siti.

I paesaggi agrari tradizionali ed estensivi, che in Sardegna sono ancora ampiamente dominanti, costituiscono un ulteriore fondamentale corridoio biotico che si avvale delle siepi, dei recinti, dei filari frangivento, degli ambiti umidi di compluvio, come di altrettante nicchie ecologiche.

La conservatività del paesaggio sardo è fortemente legata a quei processi di marginalizzazione delle aree interne che ne hanno fissato la fisionomia ai caratteri dell’habitat della fase pre–moderna.

Casi esemplari in questo senso sono costituiti dall’assetto alto medioevale dei centri delle aree storiche della Marmilla e del Meilogu e dalla persistenza dei paesaggi rurali della terra cruda dai Campidani al Cixerri, della pietra nelle aree storiche del massiccio centrale, dell’habitat disperso dei medaus del Sulcis e degli stazzi della Gallura.

Tutti questi habitat sono minacciati da una gestione non ancora consapevole e pianificata, dalla mancata costituzione degli organismi di gestione per quanto riguarda i siti “protetti”, dalla crescente invasività delle pratiche colturali intensive, dal degrado e dall’abbandono degli insediamenti storici e dalla perdita della memoria dei saperi materiali tradizionali.
In questo campo diventano quindi decisive le politiche integrate di gestione di tutti i fattori che
concorrono attualmente a ridurre la bio–diversità e che opportunamente riorientati possono invece costituire uno dei caratteri qualificanti del “prodotto Sardegna”.
Come si afferma nello Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo “..l’efficacia della conservazione della natura nelle zone protette dipende da una gestione adeguata delle zone che le circondano.
Solo una strategia che consideri un ampio orizzonte geografico può invertire la tendenza alla perdita della bio–diversità in Europa”.

Obiettivi specifici

La qualità ambientale costituisce una partita decisiva per le prospettive future della Sardegna, sia in ordine all’obiettivo generale di mantenimento, riqualificazione e potenziamento delle risorse di base, sia per quanto riguarda le linee di sviluppo e di riconversione produttiva in termini di incremento dell’occupazione, di creazione di impresa in termini innovativi e sostenibili.
In questo senso strategie, obiettivi e politiche (o linee di intervento) tendono a sovrapporre il campo naturalistico – ambientale con i campi delle risorse culturali e del patrimonio urbano e insediativo, integrando sostanzialmente tutti i programmi di intervento sull’ambiente naturale e concepito in una concezione unitaria e sinergica.
Nelle aree di particolare pregio ambientale e naturalistico, gli obiettivi specifici coincidono con le operazioni identificate nella misura 1.5 “Rete ecologica regionale” del Complemento di
Programmazione del P.O.R. della Sardegna dei Fondi Strutturali 2000–2006 e che, più
precisamente, riguardano:


- il sostegno alla predisposizione dei piani di gestione, conservazione e manutenzione del paesaggio e del territorio;
- il recupero di ambiti degradati (risanamento, ricostruzione ambientale e rinaturalizzazione; sperimentazione di interventi innovativi per la tutela del patrimonio boschivo e per la difesa del suolo, di ambiti umidi, di fasce fluviali, di ambienti marini, riqualificazione ambientale e paesaggistica);
- la tutela delle diversità biologiche e delle specie faunistiche e floreali minacciate;
- la promozione dell’educazione ambientale e della sensibilità verso le risorse naturali del territorio;
- la valorizzazione mediante l’organizzazione dell’accessibilità e della fruibilità;
- la dotazione di adeguati servizi didattici e di accoglienza gestiti in forma imprenditoriale.


Strumenti ed obiettivi operativi per il triennio 2002 – 2004

La linea fondamentale, perseguita con il P.O.R. ed i documenti di programmazione della R.A.S., è l’approccio integrato che dovrà rendere più visibili i vantaggi economici ed occupazionali derivanti dalle politiche di conservazione ambientale con la realizzazione di un pacchetto organico di interventi che troveranno accoglienza principalmente nei progetti integrati e che riguarderanno:

- La promozione di iniziative economiche in particolare di quelle legate al turismo ed alle attività produttive tipicamente locali che richiedono, per svilupparsi, un alto livello di qualità del patrimonio ambientale e la promozione di attività imprenditoriali “verdi”.
- La tutela, il restauro ed il recupero degli immobili di interesse storico e artistico, di edilizia abitativa rurale, dei centri storici, da destinare alla ricettività, alle attività culturali, alla gestione imprenditoriale dei servizi, inerenti soprattutto l’organizzazione della fruibilità delle aree naturali (sportelli informativi, centri visite, museali, didattici ecc.).
- La realizzazione di reti di promozione dell’offerta di fruizione ambientale e turistica delle aree di intervento, utilizzando le opportunità offerte dalla società dell’informazione.
- Il potenziamento dei servizi locali e l’adeguamento dei servizi turistici e delle relative strutture a criteri di sostenibilità e qualità ambientale (albergo diffuso, bed & breakfast, ecc.).

In relazione alla Pianificazione Paesistica, si darà seguito all'iter già avviato con il D.G.R. n. 1/10 del 11.01.01 per apportare alcune modifiche al quadro normativo della L.45/89 e per la rivisitazione dei Piani Paesistici, anche per tener conto delle osservazioni fatte dal Consiglio di Stato, che per molti di essi ne ha dichiarato la nullità.

Il nuovo strumento sarà un Piano Urbanistico Territoriale, esteso a tutto il territorio regionale, che dovrà definire la disciplina paesistico ambientale in conformità al D. L.vo 490/99, tenendo conto nel contempo della programmazione socio-economica, ed avrà quindi valenza sia di Piano Territoriale di Coordinamento che di Piano Paesistico. Sarà pertanto un Piano che potrà delineare lo scenario di assetto del territorio regionale e potrà fornire orientamenti per le pianificazioni di settore, e per quelle di competenza degli Enti Locali.

Il P.U.T. dovrà delineare le politiche di uso e valorizzazione del territorio, elaborare i dispositivi di tutela delle valenze archeologiche, storico-culturali, architettoniche, paesistiche e naturalistiche e definire i criteri per verificare la sostenibilità delle ipotesi pianificatorie e/o di realizzazione degli interventi nei confronti del sistema di risorse ambientali.

Il P U.T. dovrà contemperare le esigenze di tutela con quelle dello sviluppo ed in ogni caso il
P.U.T. che verrà predisposto dalla Regione individuerà la compatibilità territoriale complessiva con la definizione di un modello di sviluppo sostenibile.

I paesaggi insediativi Inizio Pagina

Situazione

Particolare attenzione va posta all'integrazione delle politiche territoriali di recupero urbano
insediativo. Il documento emerso a Vienna nel '98 dal forum sul quadro d'azione dello sviluppo sostenibile, che assegna al problema delle aree urbane una nuova e particolare attenzione.
É opportuno osservare che il QCS 1994-99 non aveva destinato assi prioritari di intervento alle città, e che per la prima volta nella programmazione europea il complesso urbano "città" esce, nel 2000, dall'unico accesso consentito a finanziamenti costituito dal p.i.c. URBAN (peraltro disponibili per numero di casi estremamente limitati e aventi valenza sperimentale) e trova possibilità operative concrete nell’«Asse Città» nel QCS 2000-2006 e quindi nel P.O.R. Sardegna.
Per la prima volta lo strumento programmatico europeo riconosce alla “qualità urbana” un ruolo ed un valore che può contribuire all'attenuazione delle condizioni di disagio e di ritardo allo sviluppo.
Occorre perciò dotarsi di una solida strategia regionale per questo settore, determinata sia nei contenuti che nelle procedure, e correlata al quadro delle strategie condivise in sede comunitaria e nazionale, definite con l'Agenda 21, col Piano Nazionale per lo Sviluppo sostenibile e con gli obiettivi e linee strategiche del P.O.R. Sardegna per gli interventi strutturali comunitari 2000 - 2006.
La situazione delle aree urbane sarde è pressoché identica, come dinamica dei problemi, a quella delle altre regioni meridionali. Qui, come in tutto il Meridione d’Italia si constata,osservando i risultati di recenti indagini condotte dal Dipartimento per le aree Urbane presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che la tipologia delle problematiche delle aree urbane sono caratterizzate in gran parte dalla dimensione delle gravitazioni:


- le Città di una certa dimensione, sopra i 100.000 abitanti, con le loro conurbazioni rappresentano oggi i veri nodi dello sviluppo territoriale, sia in termini positivi per quanto concerne le innovazioni economiche e sociali, ma soprattutto in termini negativi di deterioramento delle condizioni di vita associata: maggiore illegalità delinquenza giovanile, fenomeni di emarginazione, immigrazione extracomunitaria, abbandono scolastico, più elevati tassi di disoccupazione, aumento dell'inquinamento da gas di scarico, rumore, malattie da inquinamento, scarse dotazioni infrastrutturali per quanto concerne 1' accessibilità e i nodi di scambio, acqua, fogne, verde pubblico, traffico, servizi di mobilità pubblica parcheggi, servizi sociali, ecc.;
- anche in Sardegna, come nel resto dell'Italia, all'esodo degli anni '80 dai centri delle grandi città, che mediamente hanno perso il 20% di abitanti, è seguita la "suburbanizzazione", ovvero centri limitrofi che erano centri rurali fino a qualche decennio addietro si sono rapidamente trasformati e urbanizzati in un contesto generale di gravi arretratezze economico sociali e infrastrutturali ed
in assenza di un disegno organico preordinato;
- le città di media dimensione mostrano maggiore sicurezza e offrono migliore qualità della vita, ma sono debolmente infrastrutturate e hanno necessità di essere “accompagnate” nel loro processo di evoluzione virtuosa per poter diventare anch'esse un’ infrastruttura strategica e svolgere con soddisfazione il ruolo di polo di attrazione verso i Comuni vicini più piccoli;
- i comuni costieri risultano caratterizzati dal complesso di problemi legati alle notevoli fluttuazioni turistiche che normalmente portano al limite le potenzialità di prestazioni dei servizi comunali e mettono a dura prova tutte le capacità amministrative a causa della moltiplicazione del numero
di abitanti residenti nel periodo estivo;
- i piccoli centri rurali e quelli delle aree interne, sono caratterizzati da mancanza di sistemi efficienti di mobilità locale e connessioni strategiche con i grandi assi, e necessitano della costituzione di messa in rete specializzata.

Nelle città, dove normalmente si ritrovano diffuse condizioni di ineguaglianza e ingiustizia sociale, caratteristiche di una peculiare "povertà urbana", le azioni frammentarie risultano inefficaci.
I contenuti degli interventi di recupero urbano-insediativo devono combinarsi tra loro con misure a favore delle esigenze sociali più visibili quali quelle espresse dai bambini, dalla popolazione anziana, dagli studenti, dagli immigrati.

Obiettivi

Per poter promuovere un intervento di recupero urbano-insediativo delle aree urbane capace di incidere sullo sviluppo del contesto, occorre perciò coordinare la pluralità di azioni ammissibili. Non ci si può attendere che la sommatoria di azioni indipendenti e necessariamente frazionate per poterle ricondurre a sotto-assi e misure non specifici quali turismo, ambiente, beni culturali, sanità e servizi sociali, reti ecc.., possa riprodurre gli stessi effetti di un progetto unitario orientato allo sviluppo sostenibile.
Peraltro i governi locali, normalmente in preda a carenze operative, impreparazione, crisi finanziaria devono affrontare situazioni che spesso dal punto di vista dell'emergenza economico sociale, non è esagerato definire drammatica.

Occorre quindi trovare necessariamente momenti di coordinamento tra le diverse Amministrazioni e, ai fini del perseguimento di qualunque politica di recupero urbano-insediativo, puntare ad utilizzare nuovi strumenti di pianificazione e programmazione concertata che consentano di costruire un disegno unitario, condiviso e partecipato, di crescita e sviluppo dell'abitato dove l'obiettivo riconoscibile non sia solo basato sull'entità delle risorse da spendere, ma soprattutto sull'efficacia ed efficienza dei risultati e sulla possibilità di incidere sui principali indicatori dello sviluppo.

Per tali nuovi strumenti può farsi riferimento ai P.I.T., ai PRUSST, ai Contratti di quartiere, costruiti appositamente sulle aree urbane.
In assenza di un "disegno urbano riconoscibile" o di una trama che solo un programma organico di interventi può intrecciare, quale insieme integrato di azioni mutuamente interagenti, non si può raggiungere l'efficacia degli investimenti.
Gli obiettivi definiti nell’asse “Città” del P.O.R. Sardegna, ovvero obiettivi di miglioramento delle condizioni di vivibilità delle aree urbane per aumentare e migliorare 1’offerta di città anche in un'ottica di marketing urbano, promuovono azioni volte a:

- introdurre o migliorare le azioni immateriali nei campi del sociale e sanitario;
- rilanciare l'occupazione e l'economia locale;
- migliorare la qualità dei servizi amministrativi da rendere ai cittadini;
- rafforzamento della società locale;
- adeguamento dei servizi pubblici;
- moltiplicare le occasioni di centralità;
- miglioramento del sistema di mobilità sia interno che esterno ai centri urbani;
- miglioramento delle infrastrutture e della qualità dell'ambiente;
- valorizzazione e tutela dei centri storici;
- valorizzazione dei beni culturali e architettonici.

Strumenti ed obiettivi operativi per il triennio2002 - 2004

Coerentemente agli obiettivi occorre definire un programma di interventi fisici e non (reti idriche, fogne, illuminazione, difesa del suolo, recupero edilizio, nuove costruzioni, strade, parcheggi, verde urbano, corsi, manifestazioni culturali, servizi immateriali, ecc.) strettamente correlato alle esigenze del caso specifico, e definite a seguito di una approfondita valutazione ex-ante e strategica.
Per puntare all'efficacia dell'intervento nelle città occorre rendere più "vicini" alla cittadinanza i
processi di decisione, favorendo lo snellimento delle procedure, sperimentando processi di
pianificazione e progettazione partecipata. Occorre inoltre:

- attivare centri di monitoraggio e verifica ex-ante in itinere, ex-post, dell'efficacia degli interventi;
- promuovere lo sviluppo e l'adesione dei Comuni all'Agenda Locale 21 come strumento di coordinamento delle azioni locali nei diversi settori in vista del miglioramento dell'ambiente urbano e della qualità della vita in genere;
- tenere un tavolo di concertazione permanente per l'intervento nelle città (Regione, Provincia, Comuni, soggetti pubblici e privati) per poter affidare al Comune il ruolo di soggetto promotore e gestore delle risorse, e per poter seguire il processo di trasformazione dell'attività di programmazione, tradizionalmente settoriale, verso un modello intersettoriale e integrato, capace di coinvolgere interessi economici e produttivi locali all'interno delle politiche urbanistiche di investimento e di sviluppo economico del territorio.


Per tradurre gli obiettivi delle politiche anzidette in interventi operativi si rende indispensabile
procedere alla redazione di Programmi Urbani di Sviluppo Sostenibile, che in base alle esigenze preventivamente concertate prevedano azioni orientate a:

- rafforzare le aree urbane deboli;
- invertire i processi di degrado del patrimonio edilizio;
- consentire l'insediamento di attività di servizio: commerciali, turistici, culturali, scolastici, assistenziali, sociali...;
- potenziare le infrastrutture e i servizi pubblici, migliorare l'accessibilità e la mobilità;
- stimolare l'iniziativa privata;
- introdurre metodi partecipativi nelle scelte di intervento;
- prevedere il coinvolgimento dei partner pubblici e privati nell'intervento della trasformazione urbanistica;
- operare con il metodo della programmazione integrata e negoziata per trovare interessanti scenari di sviluppo operativo.

Sicuramente per poter conseguire questi obiettivi nella costruzione dei Progetti di Sviluppo delle aree urbane, occorre prima di tutto garantire l'innovazione entro le pratiche amministrative consolidate, che discendono da una cultura burocratica auto referenziale, che trova giustificazione sul fatto che la cultura politica e giuridica italiana è abbastanza lontana dal diritto anglosassone del contratto. E’ sulla base di tale cultura del contratto, infatti, che sono concepiti i programmi Comunitari, i quali, come ribadito nel Forum di Vienna, debbono fondare le procedure sui principi dell'integrazione, partenariato e ampia partecipazione di pubblico-privato, anche nelle risorse finanziarie.

Occorre dunque operare in maniera decisiva per modificare il modello di comportamento usuale della Pubblica Amministrazione, che ha comportato disfunzioni sia nel contesto Europeo sia nell'ambito dei cosiddetti programmi complessi, quali i PRUSST o i progetti di recupero delle aree urbane in genere, che sono ispirati al modello anglosassone europeo del contratto.

Dove sono stati colti buoni risultati, del resto, la regolamentazione dei conflitti di interessi è stata risolta nella fase preventiva della assunzione delle decisioni, per poter garantire tempi certi nella fase di attuazione degli interventi.

I programmi di interventi di Riqualificazione Urbana, che siano contenuti nei P.I.T. o che siano promossi con appositi atti dall’Amministrazione Regionale, potranno essere coordinati dall'Assessorato degli Enti Locali, Finanze ed Urbanistica in collaborazione con gli altri Assessorati. Coerentemente agli obiettivi individuati per le città ed i relativi centri di gravitazione, ciascun programma definirà un insieme di interventi fisici e non (reti idriche, fogne, illuminazione, difesa del 96 suolo, recupero edilizio, nuove costruzioni, strade, parcheggi, verde urbano, corsi, manifestazioni culturali, servizi immateriali ecc ...) strettamente correlato alle esigenze del caso specifico e corredato da una approfondita valutazione ex-ante e strategica.

La Qualità dell’Ambiente Inizio Pagina

L’analisi della qualità ambientale dell’Isola presenta numerose difficoltà a causa della carenza di sistemi informativi e di reti di monitoraggio che non consentono una adeguata conoscenza del sistema e la disponibilità di fondamentali dati. Ciò nonostante, si dispone di informazioni che permettono di illustrare la situazione qualitativa di alcuni aspetti importanti di risorse naturali quali l’acqua e il suolo.

La situazione

Con riferimento alla qualità delle acque destinate ad uso potabile, la totalità delle stazioni di campionamento si trova nelle classi di qualità A2, A3 e sub A3 e nessuna nella classe A1. Ciò dipende dalle condizioni dei 23 laghi artificiali a destinazione idropotabile, che risultano eutrofici e ipertrofici a causa, soprattutto, dello sversamento diretto di reflui non trattati o trattati in maniera non ottimale. Inoltre, per quanto riguarda la dotazione infrastrutturale, il 15% della popolazione non è ancora servita da fognature, mentre solo il 68% è servita da impianti di depurazione, nonostante risultino realizzati 13 depuratori al servizio dei consorzi industriali e 484 al servizio dei centri urbani. Solo alcuni di tali impianti (circa 10) sono attualmente in corso di adeguamento alle disposizioni del Dlgs 152/1999, che recepisce le direttive 91/271/CEE e 91/676/CEE. Per gli altri si sta provvedendo alla definizione di un programma specifico (Piano stralcio ex art.141, L23.12.2000, n.388, da finanziare con i fondi strutturali del POR 2000-2006 e con i fondi delle delibere CIPE destinati alle aree depresse) finalizzato all’adeguamento ai parametri qualitativi e al rispetto delle scadenze stabilite dalle norme statali e comunitarie su citate.

La situazione è di sostanziale “buono stato”, invece, per le acque destinate alla balneazione (DPR 470/82), in quanto su un totale di 1.849 km di costa: 981 Km circa risultano balneabili; 57 Km circa risultano permanentemente vietati per inquinamento; 550 Km circa non risultano controllabili, perché inaccessibili con i mezzi a disposizione; 260 Km circa risultano interdetti permanentemente per motivi indipendenti all’inquinamento (es.:zone militari).

Per quanto concerne il degrado del suolo, negli ultimi anni è stato rilevato un preoccupante peggioramento della situazione di dissesto idrogeologico. Le cause vanno ricercate nell’erosione dovuta allo scorrimento superficiale delle acque in territori caratterizzati da scarsa o assente vegetazione perché distrutta dai frequenti incendi estivi, dagli eccessivi sovraccarichi pascolativi e in conseguenza del sempre più frequente abbandono dei territori montani e collinari. Tale situazione, inoltre, ha contribuito ad accentuare il fenomeno della desertificazione in vaste aree dell’Isola; da una recente indagine è infatti emerso che il 3% circa del territorio regionale è ad altissimo rischio, mentre il 60% è a rischio medio-alto.

Risulta preoccupante anche l’inquinamento di numerose aree del territorio regionale. Nell’ambito di uno studio del 1993, attualmente in corso di aggiornamento, erano stati censiti 410 siti contaminati da attività di scarico incontrollato di rifiuti solidi urbani (367), da attività industriali (12), da attività minerarie dismesse (30) e da attività industriali dismesse (1)

Infine, si evidenzia in primo luogo il problema che riguarda la valutazione della qualità dell’aria. Si tratta, infatti, della risorsa naturale che presenta le più grosse difficoltà di analisi per la rilevante carenza di dati.

In realtà esiste in Sardegna, fin dai primi anni ’90, una rete di rilevamento formata da 39 postazioni di misura, che necessita di un ampliamento alle aree a rischio ambientale e sanitario attualmente non monitorate; ma, soprattutto, è indispensabile l’adeguamento della rete alla normativa vigente, rendendo possibile l’estensione del rilevamento a quelle emissioni inquinanti finora non considerate e ritenute di grande importanza per misurare l’impatto sulla qualità dell’ambiente e sulla salute umana. Inoltre, non va trascurata la necessità di un maggiore impegno delle Province nell’attività, finora svolta in modo saltuario e insufficiente, di monitoraggio e di trasmissione dei dati al centro di coordinamento regionale.

Si sottolinea, peraltro, il passo avanti fatto dalla Regione negli ultimi due anni nell’applicazione delle norme di valutazione di impatto ambientale (direttive 85/337/CEE e 97/409/CEE; art.31 L.R.1/1999 e L.R. 17/2000) e di valutazione di incidenza ambientale (direttive “Habitat” 92/43/CEE, “Uccelli selvatici”, DPR 357/97). Con l’istituzione dell’Organismo Tecnico Istruttore (OTI), di cui fa parte anche l’Autorità Ambientale come osservatore, si provvede ormai sistematicamente alla verifica degli impatti dovuti alla realizzazione di determinati progetti e alla valutazione delle conseguenze sulle risorse rinnovabili e non rinnovabili.

Oltre agli aspetti qualitativi appena evidenziati e ai problemi legati alla conoscenza delle componenti ambientali e degli ecosistemi, la Sardegna, come molte altre regioni del Mezzogiorno, è caratterizzata: da ritardi nell’implementazione delle norme di settore e dalla carenza di strumenti di pianificazione e programmazione con il conseguente ricorso a strumenti “straordinari” per far fronte alle emergenze; da problemi di inefficienza nella gestione delle risorse e, di conseguenza, del loro irrazionale utilizzo; dalla scarsa percezione del patrimonio ambientale come risorsa rilevante per lo sviluppo.

Le strategie

Tali presupposti indirizzano la Regione a concentrare la propria attività, nel periodo 2002-2004 su due direttrici, finalizzate alla conservazione, al risparmio e alla riproduzione delle risorse, al loro corretto utilizzo e sfruttamento, ma anche all’integrazione delle politiche ambientali negli altri settori di intervento.
La prima direttrice riguarda il rinnovamento degli attuali sistemi di governo e di gestione delle risorse naturali e ambientali dell’Isola, attraverso le seguenti azioni da realizzare in modo correlato:

- attuazione di importanti norme di settore. La Regione, anche al fine di rispettar le condizioni poste dal QCS per l’utilizzo dei fondi strutturali nel periodo 2000-2006, ha già avviato le attività che riguardano l’istituzione di appositi organismi previsti da importanti leggi (l’Autorità d’Ambito prevista dalla legge Galli; l’Autorità di bacino, in applicazione della legge sulla difesa del suolo); l’operatività degli Ambiti Territoriali Ottimali ai fini della gestione integrata dei rifiuti e del ciclo dell’acqua; la definizione di piani che consentano di gestire in modo integrato e con criteri imprenditoriali le risorse idriche e i rifiuti; la elaborazione del Piano di bonifica dei siti inquinati e del Piano di bacino, anche mediante piani stralcio (quello relativo al dissesto idrogeologico sarà approvato entro il prossimo autunno). Un quadro così definito consentirà una chiara programmazione degli interventi, in particolare di quelli infrastrutturali destinati alla gestione delle risorse naturali; inoltre, per alcuni comparti specifici, gli operatori privati saranno messi nelle condizioni di valutare la convenienza economica alla gestione dei servizi e all’investimento di propri capitali.

- gestione imprenditoriale e sviluppo di nuove attività produttive. Il riferimento va in primo luogo al ciclo integrato dell’acqua e ai rifiuti, settori finora caratterizzati da servizi inefficienti, ma che a breve consentiranno lo sviluppo di nuovi sistemi di impresa e la creazione di lavoro qualificato.

- realizzazione e potenziamento dei sistemi informativi integrati e di monitoraggio. E’ stato già avviato con i fondi strutturali del POR 2000-2006 un programma diretto ad ampliare le conoscenze e a monitorare la sensibilità degli ecosistemi, lo stato dell’ambiente, i principali fattori di pressione sulle risorse naturali. Il fine è di permettere all’Amministrazione pubblica di migliorare la propria capacità di analisi, di controllo e di indirizzo nella gestione delle risorse, ma anche di migliorare i propri strumenti di previsione e prevenzione dei rischi per i sistemi naturali e insediativi e per la salute e l’incolumità dei cittadini. L’impegno della Regione in questo ambito è anche quello di giungere al più presto all’approvazione della legge istitutiva dell’ARPAS (Agenzia Regionale per la Protezione dell’ambiente Sardegna), in corso di esame da parte degli organismi regionali competenti.


La seconda direttrice che vedrà impegnata la Regione nei prossimi anni riguarda, coerentemente con gli indirizzi comunitari, il perseguimento della qualità ambientale attraverso l’integrazione delle politiche ambientali negli interventi infrastrutturali, produttivi, dei servizi, ecc., al fine di ridurre i fattori di pressione e aggressione sull’ambiente. Finora, nonostante le frequenti proclamazioni di adesione al principio di sostenibilità dello sviluppo, nella pratica della programmazione territoriale ed economica stentano ad affermarsi quei principi di precauzione e prevenzione, oltre che di equilibrata gestione delle risorse naturali e territoriali, che sono i cardini del concetto di sviluppo sostenibile. Gli interventi previsti nel POR 2000-2006 rappresentano il banco di prova per la reale applicazione del concetto di sostenibilità come processo. A tale riguardo una funzione importante è chiamata a svolgere l’Autorità Ambientale, istituita in Sardegna già con la programmazione dei fondi strutturali 1994-1999, in applicazione di specifiche norme comunitarie. L’impegno che attende la Regione a breve scadenza è di rendere possibile lo svolgimento di tali funzioni, sia dotando l’Autorità Ambientale di risorse umane e finanziarie, sia definendo la metodologia di verifica dell’integrazione dell’ambiente nelle diverse tipologie di intervento e le procedure di concertazione con l’Autorità di gestione e i responsabili delle misure del POR 2000- 2006.

POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO Inizio Pagina

Le politiche regionali si inseriscono nel quadro stabilito dalla strategia europea dell’occupazione e dai NAP (Piani di azione nazionali per l’occupazione) 1999 e 2000.
La strategia europea dell’occupazione, fondata sui quattro pilastri fondamentali scaturiti dal “processo di Lussemburgo”, occupabilità, imprenditorialità, adattabilità, pari opportunità, valorizza decisamente la dimensione preventiva nel trattamento dei fenomeni di disoccupazione, privilegiando l’adozione di misure in grado di rafforzare la posizione degli individui sul mercato del lavoro e di agevolarne l’inserimento occupazionale. La definizione di politiche attive del lavoro ispirate a tali principi informa i Piani d’azione nazionale, soprattutto a partire dal 1999.

Con la programmazione dei Fondi Strutturali 2000/2006 l’Italia ha scelto di utilizzare il FSE per sostenere la strategia europea dell’occupazione. L’intervento del FSE consentirà infatti di disporre di rilevanti risorse aggiuntive per la realizzazione delle azioni previste nei NAP secondo le priorità o pilastri prima citati.

Coerentemente con il QCS, il POR assegna un valore strategico prioritario alle politiche attive del lavoro previste dal Policy field A, al cui interno assumono particolare rilievo gli interventi di organizzazione e modernizzazione dei Servizi pubblici per l’impiego. Mentre quasi tutte le regioni a statuto ordinario hanno recepito il Dlgs n. 469/97 relativo al conferimento alle regioni di funzioni e compiti relativi al mercato del lavoro e hanno istituito i Centri per l’impiego, la Sardegna sconta un notevole ritardo. Il decreto di conferimento della delega è stato pubblicato il 19 maggio 2001.

Nel corso di quest’anno l’Amministrazione regionale ha portato a termine gli studi preliminari per l’elaborazione del disegno organizzativo sui servizi per l’impiego che dovrà essere disciplinato con una specifica legge regionale, da approvarsi entro i 12 mesi successivi alla data di emanazione del decreto legislativo di conferimento.

La rete dei servizi per l’impiego dovrà essere portata a regime entro il 31.12.2003, come previsto nel NAP 1999 e nelle strategie dell’Asse III “Risorse umane” del POR 2000-2006. Le norme in questione dovranno prevedere il ruolo delle Province e degli altri Enti locali, la fisionomia ed i compiti dei servizi territoriali per l’impiego. Dovranno, inoltre, definire le funzioni da attribuire all’Agenzia del Lavoro, che si avvia a cessare le proprie tradizionali attività di incentivazione, in conseguenza delle modificazioni legislative nel frattempo intervenute, in parte con la L.R. 36/1998 “Politiche attive sul costo del lavoro” e in parte con la L.R. 16/1997 “Norme per la formazione e lo sviluppo della cooperazione sociale”. La definizione dei servizi per l’impiego, e in tale ambito, dell’Agenzia Regionale del Lavoro, comporterà anche, la definizione del ruolo e la destinazione del personale statale che opterà per seguire le funzioni delegate, nonché quelle del personale con contratto a tempo determinato, attualmente operante presso la stessa Agenzia Regionale del Lavoro.

Nell’ambito degli interventi a sostegno dell’imprenditorialità, il quadro di riferimento delle politiche regionali è rappresentato da una parte da interventi realizzati esclusivamente con fondi nazionali e regionali e dall’altra da interventi cofinanziati dai fondi strutturali all’interno del POR 2000-2006.In questo quadro assumono particolare rilevanza strategica le azioni relative alla gestione “decentrata” 100 della legge n.215/1992 “Azioni positive per l’imprenditoria femminile”. A seguito dell’approvazione della L.R. n.26/2000 “Norme a sostegno dell’imprenditorialità femminile in attuazione della L. 25.2.1992 n.215”, è stato istituito nel 2001 il Comitato regionale che ha individuato i criteri integrativi regionali per la concessione dei benefici previsti dalla L. n.215. La gestione regionale della legge, anche attraverso l’attuazione di un programma di promozione e un’intensa attività di raccordo e concertazione con gli enti locali, ha suscitato una reazione largamente positiva del mercato, in termini di istanze presentate, le quali ammontano a 763, un numero di gran lunga superiore rispetto quelle relative all’ultimo bando a gestione ministeriale, pari 108 unità. Questo dato, che evidenzia altresì la vivacità dell’imprenditoria femminile regionale, peraltro indicata come uno dei fattori forza dell’economia regionale nell’ambito del POR, rende opportuno un incremento delle risorse finanziarie per il periodo 2002-2004, per il quale si dovrà tener conto anche dei risultati di un attento monitoraggio degli interventi, da avviare in tempi brevissimi.

Le azioni positive previste dalla l. n.215/1992 si integrano in maniera organica con gli interventi previsti nell’ambito della misura 3.11 “Promozione della partecipazione femminile al mercato del lavoro” del POR 2000-2006, che prevede concessioni di prestiti d’onore e offerta di servizi per la creazione di lavoro autonomo e per la creazione di impresa. Questa tipologia di azioni si colloca nel quadro più ampio di una strategia regionale di pari opportunità finalizzata all’inserimento e alla permanenza delle donne nel mondo del lavoro, anche attraverso incentivazioni ai datori di lavoro per interventi di innovazione e flessibilità organizzativa, estensione del lavoro a distanza, e l’attivazione di una serie di “misure di accompagnamento”, come la possibilità di usufruire di servizi di assistenza alle persone in alcune fasi di particolare carico e investimento lavorativo.

Le politiche regionali per il sostegno all’imprenditorialità trovano, nell’ambito del POR, ulteriori strumenti strategici ed applicativi, sia attraverso il FSE, sia attraverso il FESR. Gli interventi FSE (misura 3.10 “Sviluppo e consolidamento dell’imprenditorialità con priorità ai nuovi bacini d’impiego”) privilegiano lo sviluppo delle vocazioni imprenditoriali nei settori legati al miglioramento della qualità della vita (socio-assistenza, tutela ambientale, cultura) e caratterizzati da un’elevata ricaduta occupazionale a fronte di investimenti limitati per ciascun posto di lavoro creato.Le iniziative previste in tale contesto si riferiscono particolarmente ad un’offerta integrata di incentivazioni e servizi di informazione, formazione, consulenza per la fase di avvio, e di formazione e assistenza finalizzate al rafforzamento dell’impresa sul mercato.

Attraverso il FESR (misura 4.3 “Sostegno alla nascita e allo sviluppo di nuove imprese), saranno realizzati interventi di animazione economica, progetti di incentivazione di impresa, costituzione di fondi di seed capital e offerta di prestiti d’onore a favore di microimprese.

Al di fuori delle iniziative cofinanziate dai fondi strutturali, le strategie regionali riservano infine un’attenzione particolare al settore della cooperazione. E’ stato infatti predisposto un nuovo disegno di legge concernente “Interventi a favore della cooperazione”, che prevede iniziative finalizzate allo sviluppo delle cooperative. Le politiche regionali finalizzate al miglioramento dell’occupabilità degli individui comprendono anche una seria di interventi relativi all’inclusione sociale e all’inserimento lavorativo di alcune categorie di soggetti svantaggiati (disabili, immigrati, tossicodipendenti, soggetti che rientrano nelle nuove fasce di povertà, ecc.).

All’interno del POR, (misura 3.4 “Inserimento e reinserimento lavorativo di gruppi svantaggiati”), è infatti prevista l’attivazione di percorsi di inserimento che partono da una specifica definizione dei fabbisogni, utilizzano la formazione combinata con altri strumenti di politica attiva e accompagnano tale inserimento nelle diverse modalità possibili. Riguardo ai portatori di handicap sarà dato particolare rilievo agli interventi che possono contribuire in maniera decisiva all’attuazione della L. n.68/1999 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”. Con questa legge, nel 2001 sono state stipulate in Sardegna 80 convenzioni tra datori di lavoro e direzioni provinciali del lavoro, per un totale di 153 assunzioni attivate. Nel 2002 si passerà alla messa a regime degli interventi, dopo il necessario adeguamento organizzativo degli uffici e il coinvolgimento dei soggetti istituzionali e delle parti sociali interessate, per la predisposizione dei programmi annuali e dei progetti integrati. Infine, il Consiglio regionale dovrà esaminare e varare il testo normativo per l’istituzione del Fondo regionale per i disabili, previsto dall’articolo 14 della stessa legge.

Nel settore degli incentivi all’occupazione, l’azione regionale ha riguardato gli interventi relativi alla L.R. 36/1998 “Politiche attive sul costo del lavoro”, norma regolarmente notificata e registrata dalla UE. Gli aiuti in essa previsti hanno avuto particolare successo tra gli operatori. L’Intesa/Convenzione sottoscritta con l’INPS e l’adozione del sistema dell’autocertificazione per l’accesso ai benefici sono i fattori che hanno determinato l’immediato interesse degli operatori. Per il periodo 2000-2002 questo strumento di incentivazione dovrà essere confermato e potenziato, prevedendo anche un allargamento della platea dei soggetti che potranno beneficiare di questi incentivi.

Un altro strumento utilizzato dalle politiche regionali nel settore degli incentivi all’occupazione è costituito dagli Interventi per il lavoro sostenuto (L.S.U.) ex L.R. 37/1998. Attraverso tale strumento la Regione ha inteso favorire il processo di stabilizzazione occupativa dei lavoratori socialmente utili. Il bacino di riferimento è oggi costituito da oltre 3.100 soggetti e circa 200 enti. Con la sottoscrizione della convenzione tra il Ministro del Lavoro e la Regione, peraltro, sono state formalmente trasferite le competenze e le risorse per la programmazione e le attività socialmente utili, le cui procedure di rinnovo sono state definite con deliberazione della GR del 26/06/2001. Con tale convenzione, la Regione ha assunto l’impegno, per i prossimi tre anni, di stabilizzare annualmente il 30% dei lavoratori L.S.U e almeno 900 per il solo 2001.

FORMAZIONE E RISORSE UMANE Inizio Pagina

In questi ultimi anni, a partire dal 1997, ha avuto luogo un processo evolutivo di grande portata che ha riguardato il sistema formativo ed educativo nel suo complesso. E’ opportuno richiamare alcuni passaggi fondamentali, al fine di evidenziare il contesto nel quale si inseriscono le strategie regionali in questo settore.

Nel 1997, la legge 196 ha avviato la riforma della formazione professionale, dell’apprendistato (introducendo l’obbligo di formazione esterna all’impresa) e dei tirocini, mentre, sempre nello stesso anno, la legge 59 introduce l’autonomia scolastica. Nel 1998, il Decreto legislativo n.112 ha ridisegnato le competenze diStato, Regioni ed Enti locali per quanto riguarda l’istruzione e la formazione, in particolare definendo in maniera più articolata rispetto al passato, relativamente a quest’ultima, le competenze statali di indirizzo e coordinamento in rapporto agli standard delle qualifiche professionali, all’accreditamento delle strutture formative, ai criteri per la formazione in apprendistato, per i tirocini e per la formazione continua. Nel 1999 sono stati introdotti, con la legge n.144, l’obbligo di formazione a 18 anni e la nuova filiera dell’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS). Nel 2000, oltre alla legge sulla riforma dei cicli scolastici, di cui è attualmente sospesa l’applicazione, va segnalato il decollo della formazione continua, con una circolare del Ministero del Lavoro attuativa degli interventi previsti dalla legge n.236 del 1993, che attraverso le Regioni e le Province autonome mette a disposizione delle imprese nuove risorse finanziarie per l’attuazione delle azioni formative aziendali, e con la legge n. 53, che introduce nel nostro ordinamento il diritto al congedo formativo.

Le linee direttrici di questo vasto disegno riformatore possono essere indicate: nell’integrazione tra sistemi (obbligo formativo, IFTS); in una sempre più accentuata diversificazione dell’offerta formativa, perché diventi realmente adeguata alle concrete esigenze del lavoro e dello sviluppo; nella riorganizzazione-riqualificazione sistemica della formazione professionale, attraverso la definizione di un complesso di standard nazionali di riferimento, dalla definizione dei requisiti minimi per l’accreditamento delle strutture formative alla certificazione dei percorsi, ecc.

L’applicazione di precise procedure e criteri di accreditamento e, su tale base, il passaggio da una situazione di mercato protetto a una situazione di effettiva concorrenzialità, con la generalizzazione di procedure di evidenza pubblica, costituisce la chiave di volta per una trasformazione del sistema formativo secondo una logica di efficienza e di qualità. Le strutture formative sono sollecitate ad assumere il modello agenziale plurifunzionale, in relazione all’allargamento dei servizi formativi connessi con la formazione (orientamento), al passaggio da una funzione esclusivamente gestionale - l’erogazione corsuale - alla realizzazione di funzioni diverse, quali l’analisi del fabbisogno, la progettazione, il monitoraggio, la valutazione.

La programmazione dei fondi strutturali 2000-2006 rappresenta un elemento decisivo per rafforzare queste linee di intervento, in coerenza con la strategia europea dell’occupazione, fondata sui quattro “pilastri” scaturiti dal processo di Lussemburgo: occupabilità, imprenditorialità, adattabilità e pari opportunità. 103 Rispetto al passato, vanno sottolineati due aspetti del FSE relativamente alla fase 2000-2006: 1) l’attuazione degli interventi deve basarsi sugli indirizzi comunitari in materia di occupazione e sulle priorità iscritte nei NAP (Piani d’azione nazionali per l’occupazione); 2) le attività finanziabili devono essere di tipo orizzontale ed estendersi al sistema economico nel suo insieme.

Tutto ciò introduce un deciso mutamento di rotta rispetto alla precedente programmazione e costituisce un’opportunità senza precedenti, a livello regionale, per costruire e implementare una politica delle risorse umane come reale fattore strategico della crescita.

Va altresì rilevato che, in tale prospettiva, la riforma della legge regionale n. 47/79 diventa un obiettivo fondamentale delle politiche regionali. Gli elementi di criticità emersi dalla valutazione dell’attuazione del POP regionale 1994-1999, quali la scarsa correlazione tra offerta formativa e analisi dei fabbisogni, l’insufficiente integrazione tra formazione e strategie di sviluppo locale, la mancanza di un’azione incisiva volta alla riqualificazione dell’offerta formativa, la limitata diversificazione delle iniziative formative, con una prevalenza di attività rivolte a destinatari “deboli”, rendono necessaria una decisa inversione di tendenza.

Affrontare il problema della costruzione di una strategia complessiva delle risorse umane significa anche incidere su alcune criticità relative ai percorsi educativi e all’area dell’istruzione formale. A tale proposito, i principali fattori di debolezza riguardano: a) l’incompiutezza del processo di scolarizzazione di massa, con la presenza di quote significative di popolazione adulta in età lavorativa che non dispone di alcun titolo o al massimo della licenza elementare; b) l’ampiezza del fenomeno della dispersione scolastica, particolarmente per quanto riguarda gli studenti di sesso maschile; c) la presenza di gravi carenze nel sistema delle infrastrutture scolastiche.

All’interno del POR 2000-2006, le politiche regionali per le risorse umane assumono come obiettivo prioritario il miglioramento delle condizioni di occupabilità degli individui in età lavorativa, secondo un approccio di tipo preventivo del fenomeno della disoccupazione. A tale proposito sono previsti, in primo luogo (v. Misura 3.2), interventi per l’attuazione dell’obbligo formativo nel sistema della formazione e nell’apprendistato. Nel 2002 e negli anni successivi si assisterà presumibilmente ad un incremento delle iscrizioni ai corsi di formazione, anche in considerazione di una compiuta e puntuale definizione dei criteri e delle modalità di riconoscimento dei crediti per il passaggio dal sistema della formazione professionale a quello dell’istruzione e viceversa. La frequenza ai corsi di formazione professionale nell’ambito dell’obbligo formativo consentirà ai giovani che non intendono più proseguire la loro esperienza scolastica di acquisire qualifiche professionali spendibili sul mercato del lavoro locale. A tal fine saranno individuate, sulla base di un’attenta valutazione dei fabbisogni, le qualifiche da proporre ai giovani che intendono assolvere l’obbligo formativo nel sistema della formazione. Altri interventi di tipo preventivo riguardano: l’offerta di servizi integrati di formazione, orientamento e consulenza e la riproposizione, anche per il periodo 2002-2004, di iniziative formative direttamente finalizzate all’inserimento in azienda già avviate positivamente nelle annualità 2000 e 2001.

Interventi formativi prevalentemente integrati con iniziative personalizzate di orientamento e consulenza verranno attivati nei confronti dei disoccupati di lunga durata, con una particolare attenzione ad azioni di sostegno alla partecipazione femminile (v. Misura 3.3).

Un altro obiettivo strategico prioritario delle politiche regionali è quello del miglioramento della qualità dei sistemi di istruzione e formazione.

Per quanto riguarda l’istruzione, assumono particolare rilevanza le iniziative volte a contrastare il fenomeno della dispersione scolastica, da attuarsi in aree di particolare disagio sociale, attraverso interventi di recupero educativo, animazione, orientamento, iniziative di raccordo con le famiglie e il territorio (v. Misura 3.6). A supporto di tali iniziative, saranno realizzati anche interventi di tipo infrastrutturale finalizzati alla riqualificazione degli edifici (Misura 3.12)

Nell’insieme delle strategie volte ad innalzare la qualità del sistema formativo, contrastando i deficit di istruzione della popolazione adulta, si inserisce anche l’offerta di educazione permanente, in modo tale da consentire ai soggetti destinatari, indipendentemente dalla condizione lavorativa, di recuperare un titolo di studio o una qualifica o, comunque, competenze necessarie ai fini dell’occupabilità e dei diritti di cittadinanza (Misura 3.8).

Nell’ambito dell’istruzione superiore va assumendo particolare rilievo la costruzione dell’ offerta integrata di istruzione e formazione propria della nuova filiera dell’IFTS, la cui sperimentazione è stata avviata a partire dal 1998. I dati relativi al monitoraggio delle prime due annualità 1998-99 e 1999-2000 mostrano come anche in Sardegna, in sintonia con una tendenza registrata a livello nazionale, si sia verificato un sensibile incremento del numero di percorsi formativi avviati e una crescita dell’interesse dei giovani per questo tipo di formazione superiore, caratterizzato da una accentuata innovazione didattica e da un forte collegamento con le esigenze dello sviluppo economico del territorio.

Relativamente all’area della formazione professionale, l’obiettivo del miglioramento complessivo dell’offerta sarà perseguito essenzialmente attraverso: il completamento delle azioni relative all’accreditamento, che dovranno compiersi, in base a quanto previsto nel QCS e nel POR, entro il 30.6.2003; la costruzione e la messa a regime di un sistema a rete di osservazione permanente dei fabbisogni professionali, dove confluiranno le analisi dei fabbisogni condotte dagli Organismi bilaterali e da Unioncamere (Sistema Excelsior); la formazione e l’aggiornamento continuo degli operatori; l’adozione di una modalità di progettazione degli interventi formativi in stretta correlazione con lo sviluppo locale e con i progetti integrati di sviluppo del territorio, in coerenza con i nuovi indirizzi di attuazione del FSE.

In un’ottica di integrazione tra politiche per le risorse umane e politiche di sviluppo, all’interno del POR 2000-2006 sono previsti interventi di formazione e affiancamento consulenziale per il personale delle Pubbliche Amministrazioni, per la formazione continua aziendale, con priorità per le PMI e per il sostegno alla creazione d’impresa (cfr. in proposito, la parte relativa alle politiche attive del lavoro del DPEF).

Un ambito privilegiato per lo sviluppo delle risorse umane regionali è dato dagli interventi tesi a valorizzare e incrementare l’occupazione femminile (cfr. anche su questo la parte relativa alle politiche attive del lavoro).

Ulteriori interventi, caratterizzati da una forte integrazione tra formazione e azioni di avvio e inserimento lavorativo riguardano l’area dell’emarginazione e dell’esclusione sociale, già considerati nell’ambito del precedente paragrafo.

AGRICOLTURA Inizio Pagina

L’individuazione delle linee guida per l’orientamento dello sviluppo economico e sociale dell’agricoltura in Sardegna non può prescindere dall’analisi delle dinamiche esogene che influenzano le politiche di sostegno allo sviluppo del mondo rurale.

In primo luogo, occorre citare la riforma della PAC, cioè il graduale abbandono del regime dei sostegni ai prezzi, politica questa mirata alla riduzione delle eccedenze in agricoltura. L’apertura crescente dei mercati, la competitività, la scarsità di risorse finanziarie, gli accordi internazionali, sono alcuni degli elementi che impongono il ripensamento degli strumenti diretti allo sviluppo del mondo rurale.

È necessario partire dalla consapevolezza che le aree rurali non sono un punto debole del sistema Sardegna, ma, al contrario, possono essere un’autentica ricchezza. Lo sviluppo rurale, infatti, non può essere considerato semplicemente uno degli elementi della politica agricola, ma va inteso come politica fondamentale di accrescimento non solo di singoli settori produttivi, ma direttamente dei sistemi territoriali. Non bisogna dimenticare che oltre l’80% del territorio isolano può essere considerato “rurale”. Qualsiasi intervento diretto a rendere competitivo questo spazio ha, inevitabilmente, ricadute positive su tutta l’Isola.

Occorre pertanto che, anche in Sardegna, venga sancito il principio della preferenza rurale, considerando lo sviluppo delle zone rurali come priorità per tutte le politiche di sviluppo della Sardegna. Per fare ciò è necessario un approccio multisettoriale integrato che, basandosi sulla diversificazione delle attività economiche, sostenga lo sviluppo dei territori non solo dal punto di vista infrastrutturale, ma anche dei servizi e delle imprese agricole, rivalutando l’identità comune e favorendo l’accrescimento sociale e culturale.

Sotto il profilo del rilancio della competitività delle imprese, particolare attenzione va data all’incentivazione delle forme associative dei produttori, al mondo della cooperazione ed alla promozione di strutture consortili.

Il problema della tutela dei consumatori e della corretta informazione degli stessi, legate anche alla recenti discussioni sulla tematica degli Organismi Geneticamente Modificati (OGM), deve essere affrontato con decisione, in quanto può essere un notevole punto di forza dell’agricoltura e del sistema naturalistico sardo nei confronti dell’opinione pubblica dell’Unione Europea.

Queste enunciazioni di principio devono tradursi in linee programmatiche e programmi operativi. Nelle aree rurali, soprattutto dove l’agricoltura ha un ruolo strategico, occorre sviluppare e promuovere misure che salvaguardino i livelli occupativi e combattano lo spopolamento rurale, creando, nel contempo, opzioni di sviluppo e di occupazione: sia alternative che collaterali. In tale senso va inteso il significato della multisettorialità.

Quanto detto comporta una profonda riorganizzazione della politica rurale che,anche dal punto di vista sistematico,avrà un notevole impatto. In particolare, tutti i programmi dovranno essere visti nell’unica prospettiva dello sviluppo rurale sostenibile e, benché le misure previste possano differenziarsi in quattro distinte linee, l’insieme delle stesse dovrà portare alla costruzione del nuovo modello di agricoltura sarda; detto modello, basato sulla multifunzionalità, sulla competitività, sulla sicurezza e qualità delle produzioni agricole, sullo sviluppo di migliori condizioni di vita delle popolazioni rurali, sulla realizzazione di attività alternative e sulla sostenibilità ambientale, è capace, infatti, di produrre un effetto moltiplicatore dei singoli interventi, di garantire il rispetto del principio della coerenza interna, non solo a livello di programma ma anche di strategia di sviluppo, e di ridurre il rischio di dannose sovrapposizioni e duplicazioni delle attività.

Obiettivi

Per quanto riguarda il comparto agricolo, il DPEF 2002–2004 intende riprendere e rilanciare gli obiettivi derivanti dalla riforma della Politica Agricola Comunitaria (PAC). In tale contesto, l’imprenditore agricolo è visto non solo come produttore di beni primari, bensì anche come soggetto attivo della conservazione del territorio e dell’ambiente, cioè come produttore di beni pubblici e di esternalità positive.

Gli obiettivi globali individuati sono, dunque: il miglioramento della competitività dei sistemi agricoli e agro - industriali, sia in un contesto di filiera nella quale dovranno essere compresi l’innovazione tecnologica di processo e di prodotto e la commercializzazione, sia attraverso azioni orizzontali a sostegno dell’impresa agricola.

Per il conseguimento di questi obiettivi, l’Assessorato dell’Agricoltura ha previsto principi guida che sinteticamente possono essere così individuati:

- il miglioramento della competitività del sistema agro-alimentare;

- il miglioramento delle condizioni di vita in ambiente rurale e sostegno dei redditi e dell’occupazione agricola;

- la promozione dello sviluppo sostenibile e salvaguardia del territorio.

Complementari a tali obiettivi sono le tematiche trasversali (formazione professionale specialistica, ricerche di mercato e commerciali necessarie per il sostegno dell’export, etc.) che si ricollegano all’erogazione dei servizi reali qualificati alle imprese e ai territori intesi quali sistemi socio - economici (proto - distretti, distretti, ecc.).

Per una più agevole lettura si riporta uno schema che collega le linee di indirizzo alle linee di attività ed ai Programmi Operativi attivati o da attivare (di cui all’Allegato B) per il migliore perseguimento degli obiettivi prefissati.

Linea di intervento: MIGLIORAMENTO DELLA COMPETITIVITÀ DEI SISTEMI AGRICOLI E AGRO - INDUSTRIALI SIA MEDIANTE INTERVENTI DI FILIERA CHE CON AZIONI ORIZZONTALI.

Linee di attività/Programma operativo

- Potenziamento dell’impresa agricola nei comparti:

- zootecnico;
- arboreo;
- erbaceo;

- potenziamento ed adeguamento delle imprese di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli;
- aiuti alle aziende agricole danneggiate;
- incentivazione ed introduzione di politiche attive a favore dell’imprenditoria giovanile;
- promozione e controllo della qualità dei prodotti agricoli;
- promozione della certificazione dei processi di produzione e trasformazione;
- miglioramento delle conoscenze e delle competenze professionali degli agricoltori e dei soggetti coinvolti nelle attività agricole.

Misure ambientali

- Introduzione e mantenimento di metodi di agricoltura biologica;
- tutela di ambienti agricoli esposti a rischio desertificazione;
- mantenimento e miglioramento dei spazi boschivi;
- introduzione di metodi di Buona Pratica Agricola (BPA).

Interventi diretti alla diversificazione economica del mondo agricolo

- Sviluppo di attività artigianali e turistiche in ambito aziendale;
- sviluppo dell’attività agrituristica;
- introduzione di attività alternative in ambito aziendale (piccoli impianti di trasformazione di prodotti tipici non contenuti nell’allegato I Trattato dell’UE, produzione prodotti artigianali tipici, etc.).

Interventi diretti al potenziamento delle infrastrutture, gestione della risorsa idrica, servizi

- Sviluppo dell’infrastrutturazione rurale del territorio;
- razionalizzazione delle risorse idriche;
- diffusione dell’innovazione e potenziamento dei servizi reali.

Miglioramento della competitività dei sistemi agricoli e agro-industriali

Con riferimento a tale linea di indirizzo, occorre precisare che la gran parte degli interventi strutturali di ammodernamento sono attuati attraverso i programmi cofinanziati dall’Unione Europea ed a essi, in particolare, si farà riferimento. La messa a regime della normativa regionale, in particolare gli interventi previsti dalla l.r. 21/2000 sull’adeguamento delle provvidenze regionali agricole alla normativa comunitaria, dovrà invece garantire interventi sussidiari e complementari rispetto a quelli previsti dai programmi principali.

Produzione

La linea di intervento mira a creare le condizioni strutturali per garantire un’adeguata reddittività delle aziende agricole, attraverso il loro ammodernamento e l’aumento dell’efficienza dei sistemi di produzione. Tali interventi dovranno,in ogni caso, essere diretti al miglioramento delle condizioni di vita dell’agricoltore e della sua famiglia e del lavoro.

Le priorità e i criteri da applicare nel periodo 2002/2004 per l’attuazione della linea di intervento dedicata al potenziamento dell’impresa agricola si rinvengono in tutte le linee finanziarie attivate di recente.

In generale, il sostegno agli investimenti verrà riconosciuto ad aziende agricole che dimostrino: redditività, possesso di conoscenza e competenze professionali adeguate, il rispetto dei requisiti minimi in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali in base alla normativa vigente, l’impegno a seguire il codice di buona pratica agricola e il rispetto delle norme in materia di sicurezza sul lavoro. Le condizioni di ammissibilità derivanti dalla normativa comunitaria sono la grande novità degli interventi strutturali in agricoltura ed imporranno una automatica selezione tra le aziende agricole isolane.

Trasformazione e commercializzazione

Gli interventi mirati al miglioramento delle condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli daranno priorità agli investimenti volti alla creazione di nuovi sbocchi di mercato, agevolando la commercializzazione di nuovi prodotti, di quelli di qualità che possiedano i requisiti conformi alla politica dell’Unione Europea; tra questi, soprattutto i prodotti ottenuti mediante i sistemi dell’agricoltura biologica, per i quali, ove possibile, dovrà essere riservata priorità d’accesso ai finanziamenti. Verranno finanziati investimenti connessi con la tutela dell’ambiente (prevenzione degli inquinamenti e eliminazione dei rifiuti), quelli che comportano una quota considerevole di innovazione tecnologica o volti ad ottenere nuove tipologie di prodotto, quelli mirati a rendere meno stagionale ed aleatoria la fabbricazione dei prodotti trasformati; meritevoli di analoga considerazione sono gli investimenti tesi a contenere i costi di lavorazione, di trasformazione, di conservazione, di confezionamento e di commercializzazione dei prodotti, con particolare riferimento a quelli ottenuti da agricoltura biologica o, comunque, a quelli che possono fregiarsi di marchi DOC o IGT.

Qualità

Il graduale e progressivo allargamento del mercato agroalimentare europeo ha favorito le produzioni dei Paesi dell’U.E. più progrediti e meglio organizzati, innescando processi di marginalizzazione dell’agricoltura di quelli meno evoluti e meno competitivi. Negli ultimi tempi, l’agricoltura sarda ha registrato notevoli progressi nel campo delle esportazioni, soprattutto grazie al settore lattiero caseario e vitivinicolo, a ragione della buona immagine di qualità e salubrità riconosciuta ai prodotti isolani. Tale processo va incoraggiato, rafforzato ed esteso anche ad altri comparti più restii ad accettare gli impegni e gli obblighi precisi ,ed a volte gravosi, che l’implementazione dei processi di qualità richiedono.

Sarà necessario diffondere la cultura della certificazione obbligatoria e volontaria di prodotto e di processo, vista come mezzo di recupero e di rafforzamento della competitività delle imprese, e come strumento su cui fare leva per ridurre l'asimmetria informativa sulle caratteristiche qualitative del prodotto e sulle sue peculiarità distintive rispetto ai prodotti concorrenti, legandole strettamente all’area di produzione.

Risulta, pertanto strategica l’azione finalizzata al potenziamento dei sistemi consortili per la tutela e la promozione delle produzioni DOP/IGP/STG e di tutte quelle altre che presentano le credenziali qualitative per il riconoscimento di un marchio di origine europeo.

Verrà data priorità ai progetti relativi a prodotti agroalimentari che presentano reali potenzialità di sviluppo, a più alto contenuto di tipicità e di qualità,in particolare ai prodotti tradizionali ai sensi del D.M. 350/99 e ai prodotti a DOC/DOP/IGP/STG - riconosciuti o in via di riconoscimento ai sensi dei regolamenti comunitari CEE 2081/92 2082/92.

I giovani

L’andamento demografico della Regione registra, negli ultimi anni, una costante senilizzazione della popolazione. Il dato, che ha valore in termini generali (l’indice di vecchiaia nel decennio 1981/91 è passato dal valore 48 al valore 81 e nel 1997 la soglia del valore 100 è stata superata), assume connotazioni allarmanti in particolare nelle zone interne, periferiche e montane; in pratica, in quelle realtà che vengono definite rurali per le loro caratteristiche di orientamento della forza lavoro e di struttura economica.

Anche i dati relativi all’occupazione sono tuttora negativi, con un tasso di disoccupazione pari al 22,1% (ISTAT - Gennaio 2000). L’occupazione agricola è pari al 9% del totale.

Gli interventi 2002/2004 mirano a creare le condizioni ottimali per favorire l’insediamento dei giovani in agricoltura, al fine di sostenere la permanenza delle giovani famiglie in aree rurali e ridurre il fenomeno dello spopolamento. Si propone inoltre di incentivare il ricambio generazionale in agricoltura, innovando e qualificando il tessuto imprenditoriale.

Nella specifica realtà sarda occorrerà prevedere l’erogazione di specifici premi all’insediamento e l’attribuzione, nell’ambito delle varie misure dei programmi oggetto di cofinanziamento, di priorità premiali nei riguardi degli imprenditori “under 40”.

Nel novero delle politiche attive occorre richiamare la necessità di colmare la lacuna normativa in materia di aiuti di stato; in particolare, come indirizzo strategico, occorrerà integrare le disposizioni normative esistenti, coerentemente con gli Orientamenti comunitari, con agevolazioni dedicate alla creazione/costituzione/ acquisizione di nuove aziende per i giovani under 40 che si insediano come capi azienda.

La diminuzione dell’età media degli operatori agricoli ed il possesso delle prescritte competenze professionali, infatti, costituiscono elementi essenziali ai fini dell’evoluzione e della specializzazione dell’agricoltura, il cui razionale esercizio richiede crescenti livelli di formazione generale, tecnica ed economica.

La formazione

L’evoluzione della moderna agricoltura ed il livello di specializzazione che essa richiede determinano l’esigenza di attivare linee formative sia di carattere generale che, soprattutto, sugli aspetti tecnici ed economici strettamente connessi alla produzione agricola ed a quella agroindustriale.

La formazione appare indispensabile nei processi di riorientamento delle produzioni e nell’indirizzo della gestione verso modelli economicamente più vantaggiosi per l’impresa; solo in tali condizione, infatti, quest’ultima sarà in grado di indurre l’attuazione, non solo a livello aziendale, di politiche dirette alla qualità delle produzioni ed al rafforzamento della maglia delle imprese potenzialmente produttive.

Inizialmente verrà pertanto attivata una linea formativa cofinanziata dall’Unione Europea dedicata all’attuazione delle misure del POR, con particolare riferimento all’acquisizione delle competenze professionali richieste ai giovani agricoltori per l’accesso alle provvidenze ed ai premi.

Aziende in difficoltà

Il sostegno all’impresa agricola, danneggiata da calamità naturali o avversità atmosferiche o dalla aggressione di fitopatie o da epizoozie, è finalizzato al ripristino di adeguate condizioni di economicità e redditività, nonché all’introduzione di sistemi di prevenzione adeguati. Nel contesto di tali aiuti si comprendono anche i premi di assicurazione stipulati contro i rischi di perdita della produzione a seguito delle avversità sopra indicate; al riguardo, un ruolo di primo piano viene svolto dai Consorzi di Difesa delle produzioni intensive, costituiti per l’attuazione di iniziative di difesa attiva e passiva delle produzioni.

Negli ultimi tempi, diversi eventi hanno visto la Regione esposta in primo piano nella predisposizione e nell’attuazione di interventi diretti a sopperire ai danni subiti dalle imprese agricole; tra questi si richiamano di seguito quelli di maggiore rilevanza:

- Riconoscimento dei danni causati dal“virus giallo” del pomodoro in serra (Bemisia Tabaci) nelle annate 1994/95, 1995/96 e 1996/97;
- Piogge alluvionali dei giorni 11,12,e 13 novembre 1999 – Interventi a favore delle aziende agricole danneggiate;
- Interventi per i danni provocati dalla siccità dell’anno 2000;
- Interventi a favore degli allevatori per fronteggiare l’epizoozia denominata “Febbre catarrale degli ovini (Blue Tongue);

La successione dei suindicati eventi hanno reso assai difficile, ed in alcuni casi ha impedito, il puntuale completamento dei cicli produttivi annuali, incidendo in maniera negativa anche sull’attuazione delle politiche di sviluppo strutturale programmate e cofinanziate dai Fondi comunitari.

La normativa regionale istituisce, con la LR 4/98,la possibilità di un aiuto a favore delle aziende in difficoltà; tale legge, pur prevedendo una procedura assai complessa, rappresenta, tuttavia uno strumento basilare in materia, in quanto non solo permette di intervenire sulle difficoltà finanziarie delle aziende, ma permette in queste anche interventi strutturali altrimenti non finanziabili con altre misure, proprio a ragione della mancanza del requisito della “redditività”.

Considerata la sistematicità degli eventi dannosi che hanno una triplice effetto negativo, sulle produzioni, sul tessuto imprenditoriale agricolo e sul bilancio regionale, occorre ampliare le forme di intervento di tipo assicurativo, con contenuti “all inclusive” che, accanto alla certezza della spesa regionale, assicurino un pronto ristoro per i danneggiati.

Misure ambientali

La crescente attenzione ai problemi ecologici si è materializzata in una serie di norme volte alla salvaguardia degli equilibri degli ecosistemi, date le specificità ambientali che emergono da un territorio fisicamente disomogeneo come quello sardo. Se, da un lato, l’agricoltura sarda incontra difficoltà sul piano produttivo ed economico, dall’altro, si incontrano elementi positivi per gli aspetti più strettamente ambientali.

Gli ordinamenti colturali e le tecniche di produzione adottate si dovranno distinguere, in linea di massima, per un contenimento del loro impatto sull'ambiente, determinando conseguenti ricadute positive sulla conservazione e sull’eventuale recupero degli equilibri di ecosistemi compromessi, nonché sulle possibilità di incremento di valore aggiunto alla produzione agricola derivante dalla maggiore salubrità degli ambienti di coltivazione e della più elevata qualità “globale” della produzione.

Il riconoscimento, all'interno del sistema agricolo regionale, delle diversità ambientali porta a considerare l'importanza della possibile individuazione, per i futuri interventi, di specifiche priorità verso l’attivazione di politiche capaci di coniugare la sostenibilità ambientale con la specializzazione produttiva.

Le caratteristiche dell’ambiente sardo favoriscono, in tutte le filiere produttive, l'ottimale applicazione della legislazione regionale in materia di produzione biologica e integrata, anche alla luce dell'opportuna estensione di impiego di marchi di qualità e di provenienza geografica In tale contesto, appare prioritaria l’armonizzazione e l'integrazione di tutte le iniziative in atto in materia di tutela ambientale, al fine di evitare la sovrapposizione di strategie non compatibili e di attivare sistematici interventi di monitoraggio che consentano valutazioni d'insieme alle diverse scale di intervento.

L’agricoltura biologica

L’agricoltura biologica ha registrato, a livello europeo, una crescita esponenziale negli ultimi anni; nel periodo 1994/1999, si è passati dai 98.000 ettari censiti (Fonte: IFOAM) ai 2.970.155 ettari del 1999 (Fonte: Sol Stiftung Okologie & Landabau – Germania).

La crescita del settore è stata sicuramente condizionata dalla consistente azione comunitaria di sostegno finanziario alle aziende che introducono e mantengono i metodi dell’agricoltura biologica (Misura A del reg. CEE n. 2078/92). Tuttavia è da evidenziare che recentemente, anche a livello mediterraneo, si è sviluppata una buona sensibilità dei mercati e dei consumatori nei confronti dei prodotti biologici certificati. Ciò è confermato dal fatto chela crescita non si è arrestata malgrado la graduale riduzione degli aiuti comunitari al settore per effetto della chiusura del Reg. 2078/92 e del passaggio ai PSR (Piani di Sviluppo Rurale) previsti dal Reg. (CE) n.1257/99 sul sostegno allo sviluppo rurale.

L’analisi della realtà italiana, attraverso la scomposizione su base regionale del numero di aziende e delle superfici certificate, evidenzia risultati interessanti; nelle regioni italiane ricadenti nel bacino Mediterraneo Occidentale (Sardegna, Sicilia, Calabria, Campania, Lazio, Toscana, Liguria), infatti, l’agricoltura biologica è praticata da 27.587 aziende (63,13% del totale nazionale), ponendo, di fatto, in risalto la netta predominanza delle regioni tirreniche, per altro favorite nell’adozione di metodi ecocompatibili di coltivazione dalla tradizionale estensività dell’agricoltura locale oltre che dalle più favorevoli condizioni climatiche rispetto alle altre regioni.

Le Regioni leader nel comparto sono la Sardegna, per quanto attiene alle superfici agricole controllate (oltre 250.000 ettari), e la Sicilia, per quanto riguarda l’aspetto del numero di aziende aderenti (9.774). Le due isole, pertanto, rappresentano il 25% del comparto a livello nazionale e, di conseguenza, sono un fondamentale serbatoio di prodotti biologici per i mercati dell’UE. I dati sopra esposti evidenziano il particolare interesse e l’importante ruolo che può assumere la Sardegna nel settore delle produzioni biologiche.

Per quanto attiene gli indirizzi produttivi principalmente praticati nell’agricoltura biologica nazionale si registra la netta prevalenza delle coltivazioni foraggiere (46%) e cerealicole (21,4%); è evidente l’importanza delle colture tipicamente mediterranee quali: l’olivicoltura (9,5% - oltre 70.000 ettari), l’ortofrutta (6,7%) e la viticoltura (2,4%) che, conseguentemente, rappresentano una quota importante soprattutto nell’ottica della corrente esponenziale alimentata nei confronti dei Paesi nord - europei (Fonte: Biobank – Italia).

In Sardegna sono notificate ai metodi dell’agricoltura biologica oltre 8300 aziende che operano su una SAU di circa 250.000 ha. L’indirizzo produttivo principale è quello foraggiero che interessa oltre il 65% delle aziende aderenti e quasi il 90% delle superfici coinvolte. Assumono un discreto interesse statistico l’olivicoltura (3500 ha - 900 aziende), la cerealicoltura (5500 ha 650 aziende) e la viticoltura (1250 ha). Tra gli altri comparti hanno discreto interesse economico l’orticoltura e l’agrumicoltura biologica praticata da oltre 250 aziende.

Se, dal punto di vista produttivo, è evidente la netta prevalenza dei paesi mediterranei e delle zone insulari del comparto dell’agricoltura biologica, a livello comunitario la situazione appare radicalmente opposta per quanto riguarda il consumo di prodotti certificati. Infatti, anche in virtù di una più spiccata attenzione nord europea alle tematiche ambientali e di sanità degli alimenti, le medie più alte di vendita di prodotti biologici a livello europeo si riscontrano in Germania, in Inghilterra, in Francia e nei Paesi Scandinavi. In tutti gli Stati del Bacino del Mediterraneo Occidentale il consumo non supera l’1% del mercato alimentare complessivo (Fonte: AcNielsen).

Il quadro che deriva dal raffronto tra offerta e domanda di prodotti biologici evidenzia le ampie possibilità di crescita del comparto a livello mediterraneo dove, oltre al prevedibile incremento della domanda interna, vi sono concrete possibilità di espansione di mercato soprattutto per i prodotti ortofrutticoli, vitivinicoli e olivicolo-oleari. Discorso a parte va fatto per il comparto zootecnico biologico (carni e derivati, latte e derivati, uova etc.) dal momento che,solo nel 1999 (Reg. CE n.1804), l’Unione Europea ha approvato una normativa specifica che uniforma la loro certificazione. Infatti, il comparto appare sottodimensionato rispetto alle proprie potenzialità.

Tuttavia si riscontra un interesse crescente verso le produzioni zootecniche biologiche. Nei prossimi anni, è prevedibile una crescita esponenziale sia della produzione che del consumo di prodotti biologici; pertanto, per il comparto in argomento, si pongono prospettive importanti per le aree del Bacino del Mediterraneo Occidentale, soprattutto per quanto riguarda il settore ovicaprino largamente diffuso in tale area. Ma se come numero di aziende i dati sono positivi, non altrettanto si può dire dell’aspetto economico delle produzioni biologiche. Infatti il comparto fattura attualmente poco più di 40 miliardi di lire e la certificazione di prodotto viene utilizzata annualmente da poco più di 200 aziende (3% delle aziende notificate). E’ prevalso il concetto di agricoltura biologica come fonte di aiuto al reddito concesso dalla Comunità Europea, mentre è stato sottovalutato l’aspetto della valorizzazione dell’offerta connessa all’attuazione dell’agricoltura biologica.

Gli spazi boschivi

Uno sviluppo rurale armonico e rispettoso dell’ambiente non può prescindere dalla attenzione rivolta al settore forestale. Pertanto, un regime di sostegno razionale ed equilibrato a favore di quest’ultimo è indispensabile per contribuire alla tutela ed alla salvaguardia del territorio in aree sensibili. Gli interventi dovranno tendere ad innalzare l’indice di boscosità della regione, dando così una valenza ambientale alle aree interessate ad agricoltura tradizionale, contribuendo a una ulteriore riduzione delle produzioni alimentari eccedentarie.

L'offerta di legno proveniente dai boschi isolani è di fatto ridottissima: nel 1994 le utilizzazioni legnose forestali sono state valutate in circa 26.800 metri cubi di resinose e 122.700 di latifoglie. Per il 95% la produzione è destinata all’ottenimento di energia (legna da ardere e carbone principalmente), mentre la restante percentuale è costituita da legname da opera. In Sardegna, tra le formazioni boschive assumono importanza primaria le sugherete che forniscono la materia prima per le industrie del comparto; tali formazioni hanno una rilevante valenza in quanto coniugano, in maniera non antitetica, l’elevato valore ambientale con l’interesse commerciale del sughero, la cui domanda è in tendenziale aumento, anche in relazione alla peculiarità qualitative che sono tali da farlo preferire a quella proveniente da altri Paesi comunitari ed extra-comunitari.

Appare indispensabile, nell’ottica di un potenziamento e della tutela delle produzioni locali, favorire la realizzazione di nuove sugherete in sostituzione di quelle fortemente degradate, al fine di assicurare la continuità di una produzione di pregio e quantitativamente adeguata ad approvvigionare le industrie locali di trasformazione del prodotto “sughero”. Considerato, inoltre, il divario tra la domanda e l’offerta della materia prima e la dipendenza dall’esterno, occorre attivare politiche dirette a superamento di tali situazioni, coinvolgendo, in misura più incisiva, gli agricoltori in azioni di miglioramento dell’ambiente rurale e di diversificazione dei redditi ottenibili dalle superfici agricole.

La desertificazione

L’insieme dei fenomeni relativi a perdita di suolo, siccità, alluvioni, deforestazione, ecc., può configurarsi, in Sardegna come nelle altre Regioni del bacino del Mediterraneo, come un vero e proprio processo avanzato di desertificazione. E’ evidente che un simile problema influenzi, in modo drammatico, tutte le attività economiche e sociali. La Regione Sardegna ha già avviato concrete iniziative per contrastare il fenomeno, ponendo in essere sia azioni di monitoraggio che interventi tecnici mirati. In particolare è stata attivata una segreteria tecnica interassessoriale che ha predisposto, sulla base di linee nazionali, il Programma regionale di lotta alla siccità ed alla desertificazione ed al cui lavoro si fa riferimento.

Particolare valenza assume, al riguardo, la problematica connessa all’uso dei terreni a pascolo che hanno rappresentato, in Sardegna, la destinazione d’uso prevalente per tutte quelle aree dove la morfologia, il clima, la copertura vegetale e il suolo le rendeva inadatte ad impieghi agricoli più intensivi.

Fino agli anni ’60 tali aree, quasi sempre diffuse in situazioni di media e alta collina, durante la stagione estiva erano soggette al pascolo delle stoppie o erano interessate da rotazioni, biennali a quadriennali, nel cui ciclo era previsto un turno di riposo a pascolo. Nei decenni successivi le migrazioni verso il continente, ma soprattutto quelle interne verso le aree costiere metropolitane e industriali, hanno portato all’abbandono di vaste superfici agricole: dagli anni 1961-91 si è registrata infatti una progressiva diminuzione della superficie occupata dai pascoli, passati da: 1.482.629 ettari del 1961 ai 789.499 ettari del 1991, pari rispettivamente al 61,5% e al 32,8% della superficie regionale.

Nel contempo, una politica regionale di sostegno finalizzata alla creazione e alla estensione della proprietà diretta delle terre ha favorito la crescita del livello tecnologico del settore agropastorale, determinando l’incremento del carico animale gravante sui pascoli: Il numero di capi è passato dai 3.059.301 del 1961 ai 3.923.080 del 1991, con un incremento del 28%. L’intensivizzazione ha condotto alla costante necessità di foraggi freschi per gran parte dell’anno, particolarmente di erbe da pascolo, costringendo l’allevatore a mantenere inerbito il pascolo e ad estenderne la superficie interessata attraverso le classiche pratiche dell’aratura e dell’incendio. Conseguentemente il sovrapascolamento, l’erosione, gli incendi e l’utilizzo di aree non adatte all’agropastorizia di tipo intensivo, hanno portato al rischio di desertificazione di oltre il 50% della superficie totale delle aree a pascolo in Sardegna, soprattutto sulle matrici più difficilmente alterabili (quarziti, graniti, dolomie), che non consentono, se non in tempi lunghissimi, la ricostituzione dei suoli erosi in tutto od in parte.

Altro aspetto importante è rappresentato dalla perdita di suolo per l’eccessiva urbanizzazione con particolare riferimento alle aree costiere fortemente interessate dai flussi turistici, i processi di modifica delle caratteristiche e proprietà dei suoli, l’impoverimento eccessivo delle falde profonde a causa degli emungimenti prolungati per sopperire alle croniche e ricorrenti carenze nell’accumulo di risorse idriche da destinare agli usi agricoli, industriali e civili. E’ evidente che, solo attraverso una attenta programmazione di una complessa ed articolata serie di interventi, che tenga nel dovuto conto anche le iniziative degli altri Paesi interessati dal fenomeno, sarà possibile arginare, rallentandolo, il decorso degenerativo del processo di desertificazione. Potenziamento delle infrastrutture, gestione della risorsa idrica, servizi.

Infrastrutture

L’infrastrutturazione del territorio rurale sardo si caratterizza, in modo particolare quello delle zone interne, per l’inadeguatezza e spesso per la carenza di una rete di infrastrutture rurali che consentano l’ammodernamento ed il conseguimento di economie esterne da parte delle aziende agricole. Le modalità di intervento per rimediare a tale carenza va programmata con una serie di interventi di rete, indirizzati al conseguimento di assetti territoriali più organizzati che permettano inoltre di dare valore aggiunto alle altre linee di intervento da programmare per lo sviluppo dell’agricoltura e dell’economia territoriale nel suo complesso.

Una prima serie di interventi riguardano la manutenzione e la ricostruzione della viabilità rurale, l’estendimento della rete elettrica, la costruzione di acquedotti rurali. Una seconda serie di interventi riguarda la ricomposizione fondiaria, con la predisposizione del programma di riordino fondiario e del programma per la definizione di eventuali esigenze infrastrutturali nonché la predisposizione e realizzazione di permute migliorative e di eventuali acquisti ed assegnazioni di terreni per la formazione e/o accorpamento di efficienti imprese agricole. Gli interventi volti alla realizzazione degli acquedotti rurali, al potenziamento dell’elettrificazione rurale e manutenzione e costruzione della viabilità rurale dovranno garantire il collegamento delle aziende con i Comuni vicini, dotare di energia elettrica tutte le aziende che hanno validità economica ed assetto produttivo stabilite anche in zone marginali, dando la priorità a quelle provviste di mungitrici meccaniche e garantire la disponibilità di acqua per uso potabile agli operatori agricoli. Quindi evitare lo spopolamento delle campagne e rendere più competitiva l’economia agraria della Regione.

I servizi

L’agricoltura sarda è fortemente penalizzata per condizioni strutturali, organizzative ed ambientali, rispetto non solo alle più evolute agricolture europee ma anche rispetto a quelle di delle altre regioni italiane anche rientranti nell’obiettivo 1.

Risulta particolarmente debole l’aspetto dell’innovazione tecnologica, della ricerca applicata e dell’assistenza tecnica.Si pone dunque il problema di affrontare queste problematiche mediante un’azione di potenziamento, razionalizzazione e coordinamento delle risorse finanziarie ed esse dedicate, creando sinergie con il sistema degli Enti e con le attività in essere già finanziate a livello nazionale e comunitario, come ad esempio il POM (Programma Operativo Multiregionale di cui al QCS 1994/99), Assistenza ai Servizi di Sviluppo in Agricoltura che prevede un’apposita misura diretta alla “Ricerca e trasferimento dei risultati, potenziando il sistema dei servizi esistente, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.

Le priorità vanno individuate negli interventi che favoriscono e potenziano il trasferimento dei risultati della ricerca e sperimentazione, e delle innovazioni in genere, agli operatori agricoli tramite l’azione di assistenza tecnica che avviene attualmente anche con l’apporto della divulgazione agricola e l’intervento delle organizzazioni professionali delle associazioni di allevatori.

Inoltre il tema si lega direttamente ai cosiddetti servizi reali, cioè a tutta quella attività “orizzontale” che non promuove in maniera diretta il potenziamento delle singole imprese ma agisce a livello di sistema intervenendo sui punti di criticità del settore primario in senso immateriale: assistenza tecnica in senso stretto, divulgazione, ricerca, progettazione, valorizzazione delle produzioni, studi ed in genere l’attività di consulenza globale sulle problematiche di filiera. Le linea di intervento collega direttamente l’attività dell’Assessorato a quella svolta dagli Enti Strumentali Agricoli, a cui spetta istituzionalmente l’attività di ricerca, assistenza tecnica e di supporto alle imprese.

Gli Enti strumentali

È necessario inquadrare le linee programmatiche dell'attività degli Enti strumentali alla luce del più generale disegno di legge di riforma degli Enti strumentali, in quanto appare improcrastinabile una semplificazione strutturale del sistema che consenta lo snellimento dell’azione amministrativa e il raggiungimento di elevati standard di efficacia. Ad ogni modo, sino a quando l'intervento legislativo non muterà lo status quo, l'operatività degli Enti, pur pesantemente limitata dalla diminuita disponibilità dei finanziamenti regionali, continua ad essere utile per l'agricoltura regionale. Il minimo comune denominatore degli interventi programmatici degli Enti è il conseguimento ottimale dei compiti istituzionali affidati. In particolare l’attività dell’Istituto Zootecnico e Caseario si svolgerà secondo due principali linee di intervento. Innanzitutto, quanto riguarda le strutture, gli impianti e le apparecchiature scientifiche, l’obiettivo è quello di intervenire opportunamente per mantenere elevato lo standard operativo e consentire all’Ente di sviluppare al meglio i propri programmi In secondo luogo, l’attività di ricerca e sperimentazione avrà come obiettivi principali:

- il miglioramento genetico delle specie e delle razze di interesse zootecnico per la regione;
- la messa a punto di modelli di alimentazione e di allevamento degli animali particolarmente nel settore ovino e caprino, che siano conciliabili con gli attuali indirizzi di salvaguardia dell’ambiente e di valorizzazione dei criteri della produzione biologica;
- lo studio e la ricerca sulle produzioni tipiche della nostra Regione (latte, formaggi, salumi etc.);
- la creazione di nuovi prodotti a partire dal latte ovino e caprino.

L’Ente Regionale di Sviluppo e Assistenza Tecnica svolgerà compiti di assistenza tecnica nei diversi comparti produttivi con interventi che riguardano le diverse filiere in tutti i loro aspetti: dalla produzione alla trasformazione, dalla commercializzazione alla valorizzazione (marchi di qualità).

Di importanza decisiva è considerata l’attività, trasversale a tutti i settori sopraindicati che viene svolta a favore delle produzioni biologiche o, quanto meno, delle colture condotte con sistemi di agricoltura integrata. In effetti la necessità di salvaguardare l’ambiente e le coltivazioni dall’inquinamento è al centro di tutti i programmi di Assistenza Tecnica.

Per quanto concerne gli indirizzi programmatici dell’Istituto di Incremento Ippico, le risorse finanziarie saranno concentrate preliminarmente all’adeguamento numerico e alla riqualificazione della risorsa umana, in quanto strategiche per qualsiasi altra trasformazione e miglioramento dei punti critici del settore. Sono altresì previsti interventi tecnologici binari ovvero sulla tecnologia della riproduzione e sull’informatizzazione.

Il Centro Regionale Agrario Sperimentale nello svolgimento dei suoi compiti istituzionali connessi alla necessità di innovare, razionalizzare e promuovere il comparto agricolo e le sue produzioni opera nel campo della gestione e valorizzazione delle risorse pedologiche, idriche ambientali, colturali ed imprenditoriali. Nella valorizzazione delle risorse ambientali viene dato notevole risalto, attraverso ricerche avanzate, alla individuazione, moltiplicazione e diffusione dei tipi floristici isolani, con particolare riferimento a quelli di valore foraggero, aromatico, tintoreo, officinale e paesaggistico.

Il sistema amministrativo

Per attivare le linee strategiche delineate appare opportuno avviare una accelerazione ed un potenziamento dell’attività mirata a realizzare condizioni di “discontinuità” con le modalità attuative precedenti.In particolare tale obiettivo si pone per quanto attiene l’azione amministrativa della Regione. In tale direzione è auspicabile un intervento più incisivo diretto a snellire i procedimenti burocratico-amministrativi, ad attuare politiche del personale finalizzate a realizzare condizioni di maggiore efficienza degli uffici regionali nell’attuazione delle linee programmatiche e ad attivare sistemi di monitoraggio e di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati delle attività svolte.

Con riferimento ai procedimenti burocratico-amministrativi sarebbe opportuno accelerare la fase di semplificazione legislativa ed amministrativa attraverso l’approvazione del D.D.L. concernente “Norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso”. L’approvazione di tale provvedimento permetterebbe, infatti, la riduzione del numero dei procedimenti e dei termini procedimentali, la semplificazione ed accelerazione delle procedure di spesa contabili ed il trasferimento ad Organi monocratici od a Dirigenti amministrativi di funzioni, anche decisionali, che, per loro natura, non richiedano l’esercizio in forma collegiale e la sostituzione degli Organi collegiali con Conferenze di Servizi o con interventi nei relativi procedimenti dei soggetti portatori di interessi diffusi. Per quanto attiene alle politiche del personale, in particolare per quello impegnato nel raggiungimento degli obiettivi di programma, dovranno essere applicati i sistemi di valutazione dei dipendenti previsto dallo Contratto Collettivo Regionale di Lavoro di recente approvazione.

Dovranno inoltre essere definite strategie che consentano, nel breve-medio termine, l’effettivo decentramento amministrativo agli Enti locali (Comuni e Province) delle competenze inerenti la gestione degli interventi previsti dalla programmazione regionale. Per conseguenza, dovranno essere potenziate nell’Assessorato le funzioni di programmazione, di indirizzo, di controllo e di monitoraggio delle attività. Per poter assicurare il raggiungimento della semplificazione amministrativa e della speditezza del procedimento, verrà introdotto un sistema di “sportello unico” per le imprese agricole, mutuando principi, procedure e metodologie da quanto previsto per le PMI.

POLITICA PER LE IMPRESE Inizio Pagina

Il sistema industriale regionale, malgrado qualche segnale di ripresa sia in termini di prodotto che di occupazione, resta caratterizzato dalla debolezza strutturale tipica delle regioni in ritardo di sviluppo che, sinteticamente, gli deriva dal predominare della specializzazione produttiva in settori a bassa intensità di lavoro, dal prevalere della piccola dimensione nelle imprese, dalla mancanza di esternalità di sistema, dall’insufficiente specializzazione del comparto manifatturiero, dalla scarsa dotazione infrastrutturale che accresce le diseconomie dell’insularità. Ne risulta un sistema industriale poco efficiente, a bassa capacità competitiva, debolmente inserito nel mercato e nei processi di internazionalizzazione.

La politica per le imprese, pertanto, non può che essere orientata verso il tentativo di rimuovere gli elementi che ostacolano il suo sviluppo e il suo consolidamento. In tal senso si propone di procedere coerentemente e nel proseguo dell’impostazione della strategia di sviluppo individuata nel DPEF dello scorso anno che constatando la necessità per le politiche regionali di sviluppo di una profonda trasformazione al fine di ridurre il gap rispetto alle aree più sviluppate, individuava tra gli obiettivi prioritari da raggiungere quello di attivare e/o potenziare la capacità del sistema produttivo di attrarre e di incentivare risorse mobili (principalmente capitale finanziario e umano).

La politica per le imprese si collega, inoltre, alle strategie espresse nel POR 2000-2006, tese a qualificare il sistema imprenditoriale regionale ed a rafforzarne le capacità attrattiva di investimenti esterni, dando priorità al potenziamento delle filiere esistenti e dei sistemi produttivi locali, attraverso: la qualificazione dei prodotti e dei processi aziendali e dell’innovazione tecnologica, la promozione dei sistemi produttivi locali, lo sviluppo dei fattori di contesto economico sociale, il sostegno alla internazionalizzazione delle imprese (Misura 4.1/a, animazione economica).

In un’economia fondata sulla globalizzazione l’acquisizione di un vantaggio concorrenziale basato sull’innovazione ha minori possibilità di venire annullato: purtroppo il sistema delle imprese regionale rispetto a quelli delle regioni più sviluppate si contraddistingue per un sensibile divario tecnologico nei sistemi della ricerca, dello sviluppo tecnologico e dell’innovazione. E’ quindi necessario, per superare questo divario, stimolare la creazione di imprese innovative, e della new economy in particolare, oltre che, come già detto, incentivare la R&S e i legami tra questa e il mondo delle imprese, agevolando il trasferimento di know-how e l’accesso alla società dell’informazione.

Per il consolidamento e lo sviluppo della base produttiva esistente, una particolare attenzione va posta verso il comparto della chimica, in considerazione sia del ruolo svolto, che di quello attuale, nel processo di industrializzazione della Regione. Il comparto, infatti malgrado il consistente ridimensionamento subito rappresenta ancora oggi il 30% della produzione industriale della Sardegna, per quanto la tendenza in atto prosegua nella direzione di una riduzione sia in termini relativi che assoluti di V.A. e di occupati. Pertanto, malgrado gli ulteriori programmi di dismissione delle attività chimiche di base localizzate nell’Isola, predisposti da ENICHEM, uno degli obiettivi della politica regionale per le imprese è quello evitare lo smantellamento totale del comparto, e, quindi, la perdita di un patrimonio tecnico oltre che umano, nonché l’ulteriore riduzione dei posti di lavoro.

Nel perseguimento delle linee sopra delineate, agli strumenti tradizionali finora utilizzati a favore delle imprese (sostanzialmente agevolazioni in conto capitale e in conto interessi, con un progressivo spostamento verso gli incentivi fiscali) saranno affiancati da nuove metodologie e nuove linee di intervento che trovano specificatamente attuazione nell’ambito del Complemento di Programmazione. Ci si riferisce, in particolare: agli interventi finalizzati all’animazione per la nascita di nuove imprese, al sostegno alle imprese per l’acquisizione di servizi per l’incremento delle capacità imprenditoriali, con particolare riguardo alla crescita della propensione ad esportare; ai servizi per l’attrazione di imprese esterne; alle logiche di agglomerazione produttiva entro le aree attrezzate, favorendo il potenziamento di servizi comuni, sia logistici che consulenziali; alle politiche per le filiere produttive favorendo la cooperazione tra produttori rispetto ai mercati esterni ed agevolando la costituzione di servizi comuni.

Specifico ruolo e valore rivestirà, per l’attuazione degli interventi del POR, la realizzazione dei PIT, entro i quali trova fra l’altro valorizzazione, in termini di ‘premialità’, lo strumento degli sportelli unici, al cui rilancio su basi metodologiche unitarie è dedicata una apposita azione della Misura 4.1. Un particolare sostegno infine verrà confermato per la imprenditorialità giovanile, con il varo di una nuova norma sostitutiva della L.R. 28/84.

Industria Inizio Pagina

La normativa regionale a favore delle imprese si presenta ancora disorganica e frammentata in molteplici atti che rendono poco agevole il suo ricorso da parte dei beneficiari ovvero le imprese. Al fine di razionalizzare le norme che negli anni si sono succedute ed agevolare il loro impiego si è formulata la “proposta di legge portante riordino e razionalizzazione degli incentivi stabiliti dalla Regione Autonoma della Sardegna a sostegno dello sviluppo industriale”, attualmente all’esame del Consiglio Regionale che nelle sue linee essenziali prevede:

- interventi a sostegno degli investimenti industriali;
- creazione di nuova imprenditoria giovanile nel settore industriale;
- tutela dei livelli produttivi ed occupativi nel settore industriale;
- sostegno delle maggiori esigenze di capitale circolante delle aziende connesse all’attuazione di programmi di sviluppo;
- interventi a sostegno dello sviluppo della domanda e dell’offerta di servizi alle imprese;
- interventi a sostegno dell’internazionalizzazione e dell’associazionismo economico e commerciale;
- interventi a sostegno delle esportazioni verso Paesi Extracomunitari;
- interventi a sostegno dell’assestamento finanziario delle imprese in difficoltà;
- interventi a sostegno delle aree attrezzate per l’insediamento di attività produttive; - interventi a sostegno dello sviluppo dei distretti industriali;
- interventi di agevolazione all’industria conferiti dallo Stato alla Regione.

Gli interventi previsti da questo disegno di legge, tuttavia, si muovono nella direzione della concessione di contributi in conto capitale o in conto interessi e non prevedono interventi di tipo fiscale. Pertanto, anche con riferimento alle considerazioni di cui ai precedenti capitoli, per cui la variabile fiscale presenta maggiore elasticità relativamente alle decisioni di investimento di quanto invece non abbiano gli incentivi tradizionali, è in corso di attivazione una proposta di disegno di legge relativa alla concessione di agevolazioni fiscali sotto forma di “crediti d’imposta”, in sostituzione o ad integrazione dei contributi tradizionali, e comunque, nei limiti concessi dalle vigenti disposizioni comunitarie.

Il testo unico degli incentivi industriali rappresenta un primo esempio di codificazione delle norme regionali che dovrebbe poi estendersi arrivando gradualmente a ricoprire l’intero sistema normativo regionale. L’ambizione è quella di trasformare l’azione della P.A. da onere e vincolo per le intraprese economiche in fattore della produzione, che contribuisce all’attivazione e allo svolgimento dei processi produttivi aziendali.

Nelle more dell’approvazione del surrichiamato disegno di legge prosegue l’applicazione delle leggi regionali di incentivazione alle imprese attualmente vigenti, ed in particolare:

- L.R. 15/94 che consente la concessione di contributi in conto capitale per la realizzazione, l’ampliamento, la ristrutturazione e l’ammodernamento di attività nel settore dell’industria e di alcuni servizi;
- L.R. 17/93 che prevede la concessione di contributi in conto capitale ed in conto interessi in favore di imprese ubicate nella Sardegna Centrale;
- L.R. 21/93 che prevede dei contributi in conto interessi a fronte di finanziamenti per lo sviluppo di attività produttive;
- L.R. 66/76 che prevede finanziamenti in favore di imprese che si trovano in situazione di crisi aziendale;
- L.R. 31/83 che prevede la concessione di finanziamenti per l’incremento del capitale circolante di imprese che attuano piani di investimento produttivi;
- L.R. 44/89 che prevede il consolidamento dei debiti di azienda in situazione di crisi non strutturale;
- Art. 2 della L.R. 33/98 che prevede contributi in conto capitale su programmi da realizzare nelle zone minerarie dimesse;
- Art. 4 della L.R. 37/98 che prevede contributi in favore dei distretti industriali.

La L.R. 15/94, che prevede la pubblicazione di un bando e l’utilizzo di una procedura di tipo valutativo per l’ammissione ai benefici previsti, nei due bandi sinora effettuati ha reso disponibili a favore delle 269 imprese ammesse risorse per Lire 411 miliardi, che attiveranno investimenti per Lire 1.321 miliardi e creeranno un’occupazione aggiuntiva di n. 5.692 dipendenti. Il bando 2001, di prossima emanazione, prevede ulteriori risorse per Lire 100 miliardi circa che potranno attivare investimenti per circa Lire 300 miliardi.

Per quanto riguarda la L.R. 17/93, dopo un periodo di sospensione dovuto alle nuove regole in materia di aiuti, che hanno determinato un riesame della stessa presso la C.E., nel maggio del 2000 ha ripreso il suo pieno funzionamento sbloccando numerose istruttorie che si erano accumulate presso gli enti creditizi convenzionati. Attualmente sono in corso istruttorie che in caso di esito positivo dovranno attivare risorse per circa Lire 150 miliardi.

Le LL.R.R. 66/76 e 44/89 sono attualmente all’esame della Commissione Europea in adeguamento ai Nuovi Orientamenti in materia di aiuti di stato.

Relativamente all’art.2 della L.R 33/98 sono attualmente all’esame dell’Assessorato le pratiche istruite dalla SFIRS. Si tratta di complessive n. 21 domande per un investimento totale previsto di Lire 92.229 milioni, che dovrebbe generare un’occupazione di n. 277 addetti ed una richiesta di contributo per complessivi Lire 36.885 milioni. Al momento sono state istruite e decretate n. 12 domande per un investimento ammesso di Lire 27.876 milioni, un contributo di Lire 11.150 milioni e una nuova occupazione di n.102 addetti.

Quanto all’art.4 della L.R. 37/98, si sta procedendo all’emanazione dei bandi, che prevedono una procedura a sportello. Solo nei prossimi mesi pertanto si potrà valutare la performance dell’ intervento.

Per quanto riguarda la L.R. 21/93 sono state emanate nuove direttive in adeguamento ai Nuovi Orientamenti comunitari in materia di aiuti di stato, con procedura a sportello. Gli investimenti previsti da questa legge, in quanto complementari, sono strettamente collegati a quelli delle L.R. 15/94 e 17/93. Agli interventi di emanazione regionale si aggiungono quelli della Legge 488/92, che come noto prevede a favore delle imprese l’erogazione di contributi in conto capitale. Per l’applicazione di questa norma la Regione definisce le priorità per territorio e per settore, ai fini della determinazione dei punteggi regionali da attribuire sia alla graduatoria ordinaria che a quella speciale.

Le disponibilità assegnate alla Regione nel bando 2000, pari a Lire 618 miliardi, sono state destinate risorse per il 20% alla graduatoria speciale stabilita per le aree di Villacidro e dell’Ogliastra, che hanno attivato n. 36 iniziative industriali, mentre la graduatoria ordinaria ha attivato n. 227 iniziative industriali e nel settore dei servizi.

Per il bando 2001, le cui disponibilità sono pari a Lire 322 miliardi, la Regione Sardegna ha confermato i criteri ed i punteggi già definiti per la graduatoria ordinaria, privilegiando gli investimenti da realizzare in zone industriali ed in zone PIP. Per la graduatoria speciale, invece, si è puntato su una scelta strategica, che anche sulla base delle considerazioni di cui sopra tiene conto delle attività più innovative, e della new economy in particolare: a questo comparto la Regione riserva il 25% delle risorse disponibili della 488.

Più specificatamente le risorse disponibili (pari Lire 80,5 miliardi) sono indirizzate ai settori della fabbricazione di macchine per ufficio, di elaboratori e sistemi informatici, fabbricazione di apparecchi radiotelevisivi e di apparecchiature per le comunicazioni, all’informatica ed attività connesse ivi inclusi i servizi connessi alla realizzazione di sistemi tecnologici avanzati per la produzione e/o diffusione di servizi telematici e quelli di supporto alla ricerca e innovazione tecnologica in campo informatico e telematico; alle telecomunicazioni; alla Ricerca e sviluppo ivi inclusi i servizi di assistenza alla ricerca e all’introduzione o adattamento di nuove tecnologie e nuovi processi produttivi e di controllo, i servizi di consulenza per le problematiche della ricerca e sviluppo e quelli di supporto alla ricerca e all’innovazione tecnologica in campo informatico e telematico (rientrano in questo settore anche le ricerche nel campo delle biotecnologie).

La L.R. 2/2001 ha stabilito degli “Interventi a sostegno dell’Associazionismo creditizio di mutua garanzia tra piccole e medie imprese”. Si tratta di una forma di incentivo automatico che si inserisce nelle ordinarie attività di provvista finanziaria delle imprese. L’imprenditore socio di un Consorzio di garanzia fidi presenta alla banca, o intermediario finanziario convenzionati, domanda di contributo agli interessi sui prestiti garantiti dal Consorzio stesso allegando la delibera di rilascio della garanzia. Il contributo – pari per l’anno 2000 al 64% del tasso di riferimento – viene erogato direttamente dalla banca o dall’intermediario finanziario con un accredito contestuale all’addebito periodico degli interessi passivi. L’istruttoria delle domande viene effettuata dalle banche o dagli intermediari finanziari sulla base di precise regole di valutazione del merito creditizio dell’impresa richiedente, così come avviene normalmente per la concessione di un prestito.

Il contributo interessi è decrescente nel tempo, per cui si parte da un contributo del 64% del tasso di riferimento per l’anno 2000 e si arriva ad un contributo del 40% del tasso di riferimento nell’anno 2006, in cui scade la misura. La legge prevede inoltre un contributo regionale in favore dei Consorzi di garanzia collettiva fidi per l’integrazione dei fondi rischi. La legge in esame è attualmente in istruttoria presso la Commissione Europea.

Osservatorio regionale della chimica

Come detto, il settore della chimica rappresenta ancora oggi il 30% della produzione industriale della Sardegna. E’ pertanto necessario attivare misure di politica economica che salvaguardino l’esistente ed evitino i gravi contraccolpi sui livelli occupazionali che causerebbe un disimpegno totale di Enichem (che ha in atto un programma di dismissione delle attività chimiche di base localizzate in Sardegna).

Sulla base di queste considerazioni è stato costituito l’Osservatorio Regionale della Chimica che, d’intesa con l’Osservatorio Nazionale, sta portando avanti un accordo di programma con il Governo per la qualificazione dei poli chimici della Sardegna. In particolare, fine dell’Osservatorio è quello di promuovere la qualificazione dei poli chimici sardi e favorire la reindustrializzazione degli stessi, mantenendo in Sardegna condizioni ottimali di coesistenza tra tutela dell’ambiente, consolidamento e trasformazione produttiva nel settore. Si prevede di promuovere la realizzazione di investimenti industriali per dotare gli impianti esistenti di adeguate tecnologie di processo e ambientali, al fine di rendere le imprese concorrenziali soprattutto sui mercati internazionali, garantendone l’economicità nel tempo, assicurando il mantenimento e la qualificazione dell’occupazione. Gli interventi riguarderanno bonifiche, infrastrutturazioni di aree, adeguamento dei costi energetici, offerta di servizi alle imprese, individuazione delle filiere da promuovere, promozione del territorio per l’attrazione di nuove iniziative.

Inoltre è in corso di stipula tra la Regione Sardegna, le Province di Cagliari, Nuoro e Sassari ed i Comuni interessati dai poli chimici, le Organizzazioni Sindacali e Imprenditoriali, le Imprese Chimiche della Sardegna ed i Ministeri delle Attività Produttive e dei Lavori Pubblici, un Accordo di Programma per la qualificazione dei poli chimici della Sardegna. L’Accordo prevede in particolare “azioni di risanamento e tutela dell’ambiente” e “investimenti e salvaguardia dell’occupazione”. Nell’ambito di queste azioni sono già stati stanziati ed impegnati i fondi a favore del CASIC per la realizzazione di una pipe-line, che dal complesso di Sarroch porterà direttamente all’area di Macchiareddu le materie prime fluide necessarie alle industrie della zona.

Infrastrutture per gli insediamenti produttivi

La Regione Sardegna ha una dotazione di aree attrezzate per l’insediamento produttivo (24 agglomerati di 16 consorzi industriali) poco nota non soltanto all’estero ma anche agli operatori locali e nazionali. Per conoscere l’effettiva potenzialità localizzativa dell’Isola sia sotto il profilo quantitativo, sia sotto quello qualitativo l’Assessorato dell’Industria, tramite l’Osservatorio Industriale della Sardegna, ha attivato un importante strumento per il monitoraggio e la promozione della localizzazione industriale in Sardegna. Si tratta del Sistema Informativo Territoriale delle Aree Industriali della Sardegna (SITAI) che si propone di rispondere ai seguenti obiettivi:

- marketing territoriale;
- supporto informativo per la pianificazione dello sviluppo industriale;
- gestione delle aree industriali.

Il sistema è in grado di fornire a potenziali investitori un supporto tecnico geografico per l’individuazione dei siti idonei alla localizzazione industriale. Considerate le buone performance del SITAI per i Consorzi Industriali, si è già avviata una seconda fase del progetto che prevede l’estensione del sistema ai Piani di Insediamento Produttivo, cioè alle aree per la localizzazione industriale e artigianale presenti in tanti comuni dell’Isola.

Sempre nell’ambito dei servizi di supporto alle Aree Industriali della Sardegna, l’Assessorato dell’Industria, il BIC Sardegna e l’Osservatorio Industriale hanno stipulato, in data 30 maggio 2001 un Protocollo d’Intesa che ha lo scopo di:

- fornire ai Consorzi Industriali servizi di assistenza tecnica, finalizzati al potenziamento competitivo delle proprie aree;
- effettuare un trasferimento di tecnologia finalizzato a fornire ai Consorzi Industriali moderni strumenti di pianificazione territoriale e gestione amministrativa, del tipo GIS (Geographic Information System), utili anche per implementare i meccanismi di aggiornamento del SITAI; - promuovere la diffusione della cultura d’impresa, attraverso l’attuazione di iniziative di animazione economica finalizzate anche ad identificare le opportunità d’investimento presenti nelle singole Aree Industriali ed a favorire la creazione e lo sviluppo d’impresa, attraverso l’offerta di servizi mirati agli imprenditori o aspiranti tali e l’offerta di spazi localizzativi attrezzati (Incubatori d’Impresa) all’interno delle singole aree industriali.

Nell’ambito dei Consorzi Industriali è peraltro in fase di predisposizione un intervento, previsto dalla misura 4.1/H del POR 2000–2006, finalizzato al monitoraggio e potenziamento del sistema di infrastrutturazione funzionale alle attività produttive. In base a tale misura la Giunta Regionale approverà un piano regionale di completamenti infrastrutturali a valere sui finanziamenti del POR.

Si sta inoltre procedendo ad un riordino della normativa in materia di Consorzi Industriali, siano essi creati con legge nazionale (ASI ed NI) o con legge regionale (ZIR), attualmente caratterizzata da una frammentazione e stratificazione di norme. E’ in fase di approvazione da parte della Giunta Regionale un disegno di legge che disciplinerà l’intera materia dando uniformità e chiarezza alla gestione dei Consorzi Industriali.

Per quanto riguarda i PIP (piani di insediamento produttivo) si è proceduto ad un riordino della procedura relativa alla assegnazione dei finanziamenti ai Comuni e agli Enti Locali che intendano creare o ampliare tali aree. Le direttive approvate dalla Giunta regionale consentiranno il superamento del problema, dovuto principalmente ai ritardi accumulati dai comuni destinatari dell’intervento nel presentare la documentazione progettuale necessaria, relativo alla formazione di ingenti residui causati dalla distanza temporale eccessiva tra assegnazione del finanziamento ad un Comune e delega dei fondi.

Le zone franche doganali

Tra gli strumenti significativo interesse, soprattutto relativamente all’efficacia per l’attrazione di impresa, riveste l’istituzione di zone franche doganali.

Si è, pertanto, provveduto, in attuazione dello Statuto Sardo e dal D.L.vo 75/98, che prevede l’istituzione di zone franche doganali nei porti industriali della Sardegna (Cagliari, Oristano, Porto Torres, Olbia, Arbatax, Portovesme) e nelle aree industriali a questi collegate o collegabili, ad approvare, previa concertazione con tutte le Autorità competenti sulla materia, lo schema di regolamento di gestione della zona franca del porto industriale di Cagliari, l’unica già delimitata nel Decreto legislativo 75/98. Tale regolamento è recentemente divenuto operativo dopo l’emanazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che lo approva.

Per rendere operative le altre zone franche, invece, occorre procedere prioritariamente alla delimitazione delle aree interessate. Obiettivo della messa in funzione di queste aree, virtualmente fuori dal territorio doganale italiano ed europeo, è quello di insediare in particolare aziende internazionali che traggono vantaggi competitivi da questo sistema.

In particolare la partenza della zona franca in un ambito ristretto risponde inoltre ad un duplice obiettivo: da un lato mettere a punto gli strumenti per la migliore funzionalità (ad esempio il modello gestionale); dall’altro, per quanto riguarda la zona d’avvio di Cagliari, la necessità di dare ulteriore impulso alle attuali delicate fasi di attrazione di imprese regionali, nazionali od internazionali interessate a localizzarsi all’interno della zona franca, specie ora che il porto industriale è operativo.

Il regolamento operativo prevede la gestione della zona franca del Porto di Cagliari da parte della Società Cagliari Free Zone, costituita tra Autorità Portuale e Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di Cagliari, alla quale partecipa per il 30% anche la Regione Sardegna.

Marketing Territoriale ed animazione economica

Il marketing del territorio è un fondamentale strumento per lo sviluppo economico dell’Isola. L’attrazione di nuova imprenditoria nell’Isola è presente in molte azioni in atto. In questo senso, tra l’altro, si può parlare di azioni di marketing territoriale anche per l’attività di riordino della normativa industriale (testo unico degli incentivi industriali, disegno di legge sui consorzi industriali, sulle attività di cava, etc.).

In particolare il programma di marketing del territorio in atto comprende una serie di misure volte ad attrarre nuove iniziative economiche, sia attraverso la creazione di strumenti informativi che, sfruttando le potenzialità delle nuove tecnologie, agevolano la conoscenza dell’offerta insediativa delle aree industriali della Sardegna, sia con una qualificata e mirata azione da svolgersi direttamente all’estero.

Si è scelto di potenziare gli interventi in atto con l’ausilio di soggetti esterni all’amministrazione regionale, in grado di divulgare i vantaggi della localizzazione in Sardegna sia in termini di contributi per nuovi investimenti sia in riferimento all’esistenza di aree industriali infrastrutturate e sia in termini di agevolazioni contributive sulla nuova occupazione attivata.

Il programma approvato, la cui attuazione è affidata alla SFIRS, ha visto, tra gli altri progetti, la realizzazione del sopracitato SITAI da parte dell’Osservatorio Industriale, di azioni di scouting e di trasferimento di know-how, di azioni esterne di promozione finalizzate all’attrazione di investimenti (in tale ambito rientrano la partecipazione allo SMAU ed al Business Expo Boston Massachussetts, nonché l’organizzazione della manifestazione “Your business in Sardinia” tenutasi a Milano). Di particolare interesse per le potenzialità in esso insite la creazione di un portale del marketing territoriale della Sardegna, attualmente in fase di progettazione che vede la collaborazione ed il coordinamento dei soggetti che dovrebbero assumere lo status di agenzie governative regionali.

Ulteriori azioni di marketing del territorio sono state inserite nel POR 2000-2006. Si tratta in particolare delle seguenti misure:

- 4.2/A -sistemi di supporto alle decisioni di localizzazione di impresa e all’attrazione di investimenti esterni,
- 4.2/B – attrazione diretta di investimenti esterni,
- 4.2/C – dispositivi di accoglienza per gli imprenditori esteri.

Tali misure saranno attuate tramite le Agenzie Governative regionali (che stanno già collaborando per la realizzazione del programma di interventi in atto) coordinate entro un tavolo di coordinamento unitario, come previsto dallo stesso POR. Questa sorta di interagenzia per il marketing territoriale sta al momento predisponendo il programma dettagliato delle singole azioni ricomprese nelle misure del POR. Tale programma unitario sarà sottoposto all’approvazione della Giunta regionale e poi attuato dalle singole agenzie sulla base delle proprie competenze specifiche.

Oltre alle misure di marketing territoriale, all’interno del POR sono inserite misure di animazione economica, servizi reali alle imprese, di monitoraggio e potenziamento delle infrastrutture industriali, di formazione, che, pur non costituendo regimi di aiuto alle imprese secondo la normativa europea, hanno una funzione fondamentale nella creazione di nuove iniziative industriali. Anche l’attuazione di queste Misure verrà affidata a quegli enti e società a partecipazione regionale che operano prioritariamente in tali settori ed a cui la Giunta regionale intende attribuire lo status di Agenzia Governativa. Secondo quanto previsto dal POR e dal Complemento di Programmazione, per dette Misure le agenzie dovranno anche avvalersi, attraverso la sollecitazione e selezione di proposte secondo procedure di evidenza pubblica, delle esperienze e delle professionalità esistenti in materia, anche presso le organizzazioni di rappresentanza imprenditoriale.

Privatizzazioni

In ottemperanza al principio della dismissione dell’intervento pubblico dell’economia auspicato non solo a livello regionale (DPEF 2001-2003) ma a tutti i livelli di Governo (Unione Europea, Stato), si sta procedendo alla privatizzazione delle aziende produttive partecipate direttamente ed indirettamente dalla Regione. Questo processo ha portato alla messa in liquidazione delle diverse finanziarie regionali di settore, dall’Ente Minerario Sardo (posto in liquidazione con la L.R.33/98) alle società SIPAS e Intex che operano come finanziarie rispettivamente nell’agroindustria e nel settore tessile. La liquidazione delle holding regionali di settore ha portato alla cessione delle quote societarie da queste detenute in aziende operative nonché dei beni immobili di proprietà, in particolare:

EMSA: l’Ente Minerario ha intensificato le attività di dismissione del proprio patrimonio immobiliare e mobiliare finalizzate alla liquidazione dell’Ente stesso. Sono state emanate direttive per la dismissione dell’ingente patrimonio immobiliare dell’ente e delle sue consociate, da cedere in parte gratuitamente ai comuni e agli enti pubblici per la realizzazione di opere di interesse pubblico e in parte ai privati per la realizzazione di attività economiche attraverso bandi di gara internazionali.E’ già iniziata la fase della stipula degli atti pubblici per il trasferimento dei beni immobili ai Comuni, mentre è in fase di predisposizione il programma relativo alle cessioni dei beni destinati agli operatori privati. La privatizzazione delle varie consociate ha visto portare a compimento le cessioni di Salsarda, Isgra, F. Gold Sardinia. Rimangono da completare quelle relative alla Nuova Mineraria Silius, per la quale è previsto un nuovo bando di gara entro il mese di luglio, alla Carbosulcis, che vedrà il suo compimento non appena risolte alcune problematiche sorte in capo all’ATI Sulcis, che dovrà realizzare il programma di gassificazione del carbone Sulcis, e ad alcune altre piccole partecipazioni le cui procedure di privatizzazione sono in corso (Sardinya Crystal, Rimisa);

INTEX: la società ha in corso le procedure di messa in liquidazione e a tale scopo ha effettuato un avviso pubblico per manifestazione di interesse all’acquisto della sua partecipazione del 40% del Calzificio Queen. Inoltre ha già messo in vendita il suo patrimonio immobiliare ed ha completato la cessione dello stabilimento industriale precedentemente esercito dalla controllata Texal, posta anch’essa in liquidazione;

SIPAS: dopo la privatizzazione dello stabilimento ex Valriso e la cessione delle altre principali partecipate Casar e Valledoria si avvia ad una rapida chiusura della fase di liquidazione. Sono destinate alla cessione anche le altre partecipazioni possedute direttamente dalla Regione, quali la Fluorsid.

Cave e miniere

È stato avviato il Piano Regionale delle Cave, che vedrà il suo compimento entro i prossimi mesi, e contemporaneamente si è avviata una nuova stesura della L.R. 30/89 finalizzata a rendere più agevole l’esercizio dell’attività di cava. Si stanno esaminando le possibilità di creare uno sportello unico, che consenta di accelerare i tempi per la concessione di permessi di ricerca e concessioni minerarie e di cava.

Nelle more dell’approvazione della nuova L.R. 30/89 è stata trovata una soluzione per coinvolgere maggiormente i Comuni nella procedura di concessione dei titoli minerari, consentendo che questi intervengano (attraverso il sindaco ed un tecnico) alle riunioni del Comitato Miniere per le istanze relative al proprio territorio. E’ stata anche prevista la possibilità per l’Assessorato dell’Industria di convenzionarsi con i comuni (che dispongano del personale qualificato) per il monitoraggio delle attività estrattive nei rispettivi territori.

Artigianato Inizio Pagina

Per il comparto del’artigianato che, come noto, rappresenta una quota consistente dell’imprese isolane e occupa quantità significative di forza lavoro, valgono in via generale considerazioni analoghe a quelle fatte circa le imprese industriali. La politica regionale per il settore è finalizzata a sostenere in modo strutturale il potenziamento della base produttiva regionale ed il conseguente innalzamento dei livelli occupazionali.

In particolare si intende:

a) accrescere sensibilmente la diffusione di una cultura tecnico aziendale idonea a sostenere la competitività delle imprese attraverso attività di animazione economica diretta sulle aziende e costruite su modelli d’intervento che regolano i momenti di selezione di piani d’impresa e di piani di esportazione degli imprenditori o aspiranti tali e le modalità di assistenza tecnica per le realizzazioni di dette attività;
b) favorire la diffusione di servizi reali avanzati, ordinariamente poco fruiti dalle aziende della Regione, attraverso la promozione di un sistema coordinato di agevolazioni alle imprese per l’acquisizione di servizi finalizzati a potenziare e migliorare lo sviluppo di imprese esistenti per quanto concerne la presenza sul mercato, in particolare estero, l’assetto tecnologico e organizzativo, l’innovazione di processo e di prodotto, la realizzazione di sistemi di qualità, la certificazione dei processi e dei prodotti, l’accesso a forme di finanza innovativa, la diffusione di tecnologie pulite, di sistemi di gestione e di certificazione ambientale e di etichettatura ecologica, l’aggregazione in consorzi specializzati;
c) sostenere finanziariamente in modo strutturale i programmi di sviluppo delle piccole e microimprese destinati all’avvio di nuove iniziative e/o al consolidamento di quelle esistenti attraverso la costruzione di nuovi impianti, e solo in subordine all’ampliamento, ammodernamento, ristrutturazione, riconversione e trasferimento di quelli esistenti.
d) favorire l’accesso al credito da parte delle PMI con il sostegno ai Consorzi fidi per regimi di finanziamento del rischio delle imprese più innovative legato a investimenti produttivi e, soprattutto, nel settore telematico, informatico, elettronico;
e) semplificare il rapporto delle aziende con la Pubblica Amministrazione tramite il sostegno e il coordinamento metodologico degli sportelli unici che possa vedere un progetto unitario di supporto basato sulla validazione delle migliori pratiche di organizzazione, gestione e strutturazione dei contenuti informativi e che coinvolga gli enti e soggetti che hanno maturato nell’isola contenuti informativi e/o organizzativi. Attraverso l’azione costante dell’Agenzia per gli investimenti che dovrà svolgere funzioni di Conferenza permanente tra gli attori dello sviluppo: gli imprenditori, i comuni, la Regione e il mercato.

I programmi per l’artigianato si configurano come attuativi delle linee d’azione indicate nelle misure di competenza dell’Assessorato del Turismo Artigianato e Commercio previste nel Complemento di Programmazione al POR 2000-2006.

Gli strumenti con cui si intende realizzare gli obiettivi, sia quelli generali che quelli specifici testè indicati, fanno riferimento alla normativa regionale esistente e/o in corso di emanazione. Più specificamente:

- attraverso le provvidenze previste dalla L.R. 51/93 è possibile promuovere e qualificare lo sviluppo del comparto artigianato, consentendo condizioni più favorevoli per l’ottenimento di finanziamenti ad un tasso inferiore rispetto a quello praticato di norma dagli istituti di credito.
- l’art. 10 bis della stessa legge, introdotto dall’art. 3 della L.R. 37/98, consente, attraverso lil contributo in c/capitale per investimenti, un innesto di nuovi capitali ovviando, in certa misura, alla cronica sottocapitalizzazione delle imprese isolane.

Si vuole così perseguire in modo particolare l’obiettivo di promuovere e qualificare lo sviluppo dell’artigianato sardo attraverso la sua integrazione con la programmazione economica regionale, tutelando i livelli produttivi ed occupativi nel comparto, e facilitando il riassetto finanziario, tecnico ed economico delle imprese. Sono possibili contributi in c/interessi, in c/esercizio e in c/capitale, fondi di garanzia sussidiaria, contributi per l’integrazione del fondo patrimoniale delle cooperative artigiane di garanzia, consolidamento finanziario, contributi per la creazione di reti di servizio altamente innovativi finalizzate alla crescita ed alla qualificazione delle imprese, contributi per la concessione di concorsi interessi sui prestiti concessi alle imprese artigiane con la fidejussione delle cooperative artigiane di garanzia e dei consorzi fidi.

Per tali contributi saranno in parte utilizzate le risorse provenienti anche dal P.O.R. 2000-2006, in particolare la misura 4.1 C, che ha come finalità prioritaria quella di sostenere in modo strutturale il potenziamento della base produttiva nella regione ed il conseguente innalzamento dei livelli occupazionali attraverso il perseguimento di obiettivi specifici, relativamente al sostegno finanziario di programmi d’investimento destinati all’avvio di nuove iniziative e/o al consolidamento di quelle esistenti attraverso la costruzione di nuovi impianti, o l’ampliamento, ammodernamento, ristrutturazione riconversione e trasferimento di quelle esistenti.

Un’attenzione particolare sarà riservata in tale settore alla emersione del lavoro irregolare, meno diffuso nell’isola rispetto al Sud nel complesso, e tuttavia da monitorare sistematicamente e da combattere con le misure di riduzione del carico fiscale nazionali e regionale.

Incentivazioni alle Cooperative artigiane di garanzia; Consorzi Fidi; Confederazioni

Si tratta di contributi di cui al’art.12,comma 3 della L.R n°51/1993, a favore delle: Cooperative artigiane di garanzia e dei Consorzi Fidi, per favorire la partecipazione degli operatori all’attuazione degli obiettivi dello sviluppo regionale. Rafforzando il potere contrattuale dei sopradetti soggetti nei confronti delle banche convenzionate, si intende valorizzare l’intervento regionale nell’abbattimento dei tassi d’interesse.

In tal modo, attraverso il finanziamento dei fondi di garanzia dei consorzi fidi, sarà possibile sostenere le imprese più innovative con l’obiettivo di consentire un più agevole e diffuso accesso al credito delle P.M.I. secondo criteri di rotazione tra risorse erogate e recuperate. Verrà inoltre attribuito ai consorzi fidi, come succesivamente richiamato in relazione alle politiche sul credito, un maggiore ruolo nella valutazione tecnico economica dei piani di investimento per i fidi di importo minore (25-50 mila €) destinati alle micro e piccole imprese, che attualmente scontano difficoltà od impossibilità di istruttoria presso le banche.

L’I.S.O.L.A.

Una particolare attenzione va posta alla valorizzazione dei prodotti tipici isolani, tra cui spiccano il manifatturiero e l’artigianato artistico tradizionale. Tale comparto, infatti non solo favorisce nuovi sbocchi occupazionali ma, grazie anche alle sinergie con il comparto turistico, ha buone possibilità ampliare i confini del mercato regionale. Il turista,infatti, oltre ad essere attratto dalle bellezze naturali, è sempre più interessato all’acquisto dei prodotti tipici. L’artigianato artistico, per le sue peculiarità e qualità, suscita l’interesse dei visitatori che rivolgono a tale comparto una sempre più consistente quota del budget vacanziero.

Nell’attuale momento congiunturale, caratterizzato da un elevato contesto di industrializzazione e di globalizzazione, l’azione di promozione dell’I.S.O.L.A. appare essenziale ai fini della tutela e della salvaguardia del comparto artigiano. Tuttavia è opportuno rivedere l’impianto organizzativo e relazionale dell’Istituto, ormai obsoleto, potenziando alcune funzioni e sopratutto estendendo a tutti gli artigiani la possibilità di operare con esso e considerando nuove strade e possibilità promozionali e commerciali. La problematica della riorganizazione delle funzioni e dell’organizzazione dell’ISOLA fa parte di un disegno di legge, attualmente al vaglio del Consiglio Regionale per la riorganizzazione degli Enti di promozione.

Nelle more dell’approvazione del citato disegno di legge, si è provveduto al varo di un piano di rilancio dell’I.S.O.L.A., contenente misure atte a innescare nell’Ente meccanismi moltiplicatori capaci di dare impulso e valenza economica al settore dell’artigianato artistico tipico e tradizionale. A tal fine l’I.S.O.L.A. dovrà allargare la sua rete relazionale a tutti gli artigiani che rientrano in quest’ambito produttivo, agevolando il raccordo tra l’artigianato e il mercato, in un quadro di controlli e di certificazioni di qualità.

Tra le finalità principali che il Piano persegue vi è quella relativa all’attivazione di sinergie tra turismo, artigianato, e agricoltura con l’obiettivo di creare “Ambasciate sarde” che promuovano e veicolino il prodotto sardo nei suoi aspetti più significativi, pervadendo il mercato con strategie innovative e canali differenziati.

Nell’ambito del settore dell’artigianato specifica e particolare rilevanza assume la pratica dell’apprendistato, soprattutto ai fini del ricambio generazionale, dello scambio di conoscenza, della conservazione di un patrimonio inestimabile di esperienze di continuità, di tradizioni di lavoro che rappresentano un bene culturale di inestimabile valore La politica regionale prevede, quindi, con l’assegnazione di contributi in c/occupazione di agevolare il ricambio generazionale ed il conseguente allargamento della base occupativa: si stima che realisticamente nel corso del triennio si potrebbero creare circa 5-6 mila nuovi posti di lavoro.

In particolare nel disegno di legge, collegato alla manovra finanziaria, concernente “Incentivi alle imprese artigiane sull’apprendistato”, sono previste risorse che si concretizzeranno in un contributo decrescente a favore delle imprese artigiane che assumono apprendisti ed in un ulteriore contributo aggiuntivo, qualora tali assunzioni vengano trasformate da tempo determinato a tempo indeterminato.

Commercio Inizio Pagina

Tra gli obiettivi della politica regionale vi sono anche la riqualificazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese del settore del commercio, nonché la rivitalizzazione del sistema distributivo nei contesti urbani, nei centri storici e nelle aree rurali.

Quanto al primo obiettivo, la riqualificazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese del comparto verrà perseguita mediante una serie di strumenti normativi già elaborati. In primo luogo vi sono due disegni di legge approvati dalla Giunta Regionale (deliberazione n. 44/29 del 2 novembre 2000 e 46/28 del 13 novembre 2000), diretti a riqualificare e sviluppare il comparto attraverso l’erogazione di agevolazioni contributive a favore delle piccole e medie imprese commerciali. Le imprese di questo comparto, infatti, non hanno potuto ottenere alcuna forma di aiuto nell’anno 2000, in quanto i regimi previsti dalle precedenti leggi di settore sono stati interrotti a causa della loro incompatibilità con la disciplina comunitaria relativa agli aiuti di Stato.

Un secondo strumento è costituito dalla legge regionale 24 dicembre 1998, n. 37, art. 3, comma 3, mediante la quale si punta all’adeguamento dei locali aziendali alla normativa sull’igiene, ambiente e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Altro strumento è dato dalla legge regionale 10 gennaio 2001, n. 2, mediante la quale si vuole favorire l’accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese.

Un ultimo strumento è rappresentato dalla legge regionale 23 gennaio 1986 n. 19, mediante il quale l’Assessorato contribuisce alla formazione dei quadri dirigenti delle imprese, al finanziamento di studi sui problemi dello sviluppo economico e sociale, all’erogazione di servizi di consulenza ed assistenza mediante un contributo annuo alle associazioni di categoria maggiormente rappresentative.

Quanto alla rivitalizzazione del sistema distributivo, la forte concorrenza esercitata dalla grande distribuzione nei confronti delle piccole e medie imprese commerciali e l’obiettivo di attrarre il più possibile la domanda espressa dal turismo nelle città sarde, finora trascurate, comporta che vengano adottate misure atte a rivitalizzare il sistema distributivo nei contesti urbani, nei centri storici, nelle aree rurali.

A tal fine si ritiene strategico agevolare lo sviluppo dell’associazionismo tra le piccole imprese del settore, in modo tale da consentire la realizzazione di investimenti di rivitalizzazione e promozione effettuati non in modo sporadico ed isolato da singoli commercianti, ma da più imprenditori associati. Gli strumenti previsti per la realizzazione del programma sono costituititi da due provvedimenti tra loro complementari. Con la Deliberazione della Giunta regionale n. 24/6 del 9/6/2000 è stato adottato il programma attuativo regionale previsto dalla Deliberazione del Cipe datata 8 agosto 1996, ai sensi della legge 549 del 1995, diretto alla rivitalizzazione del sistema distributivo nei centri urbani, nei centri storici e nelle aree rurali. Tale programma è stato approvato dal Ministero dell’Industria, Commercio ed Artigianato con il Decreto 12 febbraio 2001. Lo stesso Decreto ha disposto la concessione alla Regione Sardegna della somma di lire 6.208.000.000. Recentemente la Giunta regionale ha approvato le direttive di attuazione (Deliberazione n. 12/48 del 12 aprile 2001). Mediante tale strumento è prevista la concessione di un contributo in conto capitale del 70% per l’acquisto di beni durevoli da utilizzare per azioni di riqualificazione e rivitalizzazione.

Il secondo provvedimento è rappresentato dalla la legge regionale 24 aprile 2001, n.6, art. 6, comma 26 (finanziaria 2001), con cui è stato introdotto un contributo in conto capitale nella misura del 70% delle spese promozionali relative a programmi annuali.

Interventi a sostegno dell’imprenditoria femminile Inizio Pagina

Nell’ambito della politica regionale delle imprese un posto di rilievo viene riservato all’imprenditoria femminile. Si fa in particolare riferimento alla Legge 215/92, recentemente decentrata alle Regioni, che ha messo a disposizione risorse aggiuntive per incentivare la propensione a fare impresa per le donne e per superare i numerosi ostacoli che le donne incontrano nell’avvio del lavoro autonomo. Le numerose richieste pervenute a valere sui fondi dell’anno in corso hanno dimostrato che questo provvedimento legislativo può costituire uno strumento di creazione di nuova occupazione e di nuove imprese femminili.

Particolare attenzione sarà riservata nella programmazione regionale, quindi, alla rimozione degli ostacoli per migliorare l’occupazione femminile, attivando, tra l’altro,politiche tese alla conciliazione della vita familiare e professionale, maternità e attività lavorativa con il rafforzamento del sistema dei servizi sociali sul territorio, attraverso l’efficace utilizzo dei Fondi Strutturali, così come previsto negli Assi III e V del POR.

Più specificamente, gli interventi saranno rivolti a

- incentivare il pieno utilizzo della Legge 215/92 potenziando il sistema di informazione, sostenendo la progettualità e accompagnando l’avvio di imprese su tutto il territorio regionale; - adottare misure per facilitare l’organizzazione delle piccole imprese in reti e consorzi per ottenere una offerta specializzata di prodotti in determinati settori spendibili sul mercato,
- promuovere la concessione di micro-credito o prestiti d’onore per l’avvio di imprese femminili,
- incentivare le imprese pubbliche e private che attivano servizi di cura per i /le dipendenti con figli minori a carico o con figli portatori di handicap,
- promuovere servizi di sostegno alla diffusione nel mercato dei beni prodotti dalle imprese femminili (ricerche di mercato, marketing, certificazione di qualità,
- diffondere gli strumenti della programmazione negoziata, creando l’opportunità per le imprese femminili di entrare a pieno titolo nei PIT e di utilizzare le opportunità offerte dai Fondi Strutturali 2000-2006
- attivare sportelli decentrati di consulenza per il lavoro, con particolare attenzione alle problematiche di genere, utilizzando le risorse messe a disposizione per la riorganizzazione dei servizi per l’impiego (SCICA)
- avviare forme di agevolazioni per l’emersione del lavoro in “nero”, dove alta è la presenza femminile, per offrire garanzie previdenziali e una occupazione stabile.

POLITICA DEL CREDITO

La politica creditizia s’inserisce a pieno titolo, come già si era posto in evidenza nel precedente DPEF, tra le politiche d’internazionalizzazione dell’economia regionale. Dopo la sostituzione delle monete nazionali con l’euro dal prossimo 1 gennaio 2002, risulterà compiuto il processo di unione monetaria tra i paesi dell’UE ed i mercati monetari e creditizi saranno completamente e definitivamente unificati a livello europeo.

Con la politica monetaria unica condotta dalla BCE, scompaiono le nicchie di posizione locale che in passato determinavano la segmentazione del mercato e favorivano la formazione di rendite di posizione. Si va affermando al loro posto un mercato perfettamente concorrenziale che non lascia spazio alle aziende di credito inefficienti.

Perciò, la Regione ha visto con favore il processo d’inserimento delle ex banche regionali in gruppi creditizi più ampi, anche se le modalità con cui questo processo si è consumato hanno creato non poche perplessità e riserve. Nell’interesse regionale della comunità sarda, tuttavia, l’aspetto più importante è che le ex banche regionali abbiano recuperato o si avviino comunque a recuperare quei livelli di efficienza in grado di fare fronte meglio alla concorrenza nel mercato internazionale del credito, soprattutto a livello europeo.

Anche se inserite in gruppi di controllo, ciò non toglie che le banche d’interesse regionale debbano concorrere con la Regione al perseguimento degli obiettivi più generali della politica di sviluppo regionale. Ciò potrà avvenire in tre modi distinti ma tra loro complementari:

a) con la gestione della tesoreria regionale. Al riguardo, la Giunta ha deliberato di non rinnovare la convenzione con gli attuali istituti tesorieri, per inadempimenti vari da parte di questi ultimi. Contestualmente, è stata indetta una procedura negoziata per l’affidamento del servizio di tesoreria ai sensi della Direttiva CEE 92/50 e del decreto legislativo 17.3.95, n. 157, secondo il criterio di aggiudicazione previsto alla lettera b), comma uno, dell’art. 23, che prevede l’offerta economicamente più vantaggiosa. La gestione della tesoreria, in particolare, dovrà garantire l’effettiva gratuità del servizio nei confronti degli EE.LL., degli Enti regionali e delle Aziende Sanitarie USL.;
b) in secondo luogo con l’affidamento alle migliori condizioni della gestione delle istruttorie delle pratiche di concessione del credito agevolato e dei contributi in conto capitale previsti dall’attuale normativa d’incentivazione;
c) infine, con il coinvolgimento della Fondazione Banco di Sardegna nella promozione delle politiche sociali e culturali. Al riguardo, è opportuno che la Fondazione esca definitivamente dal controllo del Banco di Sardegna S.p.A., così come è previsto dalla normativa nazionale al riguardo e come insistentemente suggerito dalla Banca d’Italia (da ultimo, nelle Considerazioni finali del Governatore dello scorso mese di maggio).

Meno impellente appare, invece, soprattutto alla luce della recente evoluzione della situazione del credito in Sardegna, l’attuazione del disposto dell’art. 4 dello Statuto, che riserva alla Regione una competenza in materia di credito di rilevanza regionale. Nella promozione dello sviluppo economico regionale verrà potenziato lo strumento dei consorzi fidi, estendendolo (con apposita normativa) al settore dell’agricoltura ed attribuendogli un maggiore ruolo nella valutazione tecnico economica dei piani di investimento, soprattutto per i fidi di importo minore destinati alle micro e piccole imprese, che attualmente scontano difficoltà od impossibilità di istruttoria presso le banche. I consorzi fidi, come noto, sono espressione della imprenditoria locale e salvaguardano gli interessi di affidabilità della stessa imprenditoria, supplendo alle carenze di garanzie bancarie.

In ogni caso, ogni finanziamento ai consorzi fidi sarà subordinato ad un’attenta analisi della loro situazione finanziaria e degli effetti prodotti sull’economia regionale, anche con riferimento alla opportunità di evitare equilibri impropri fra le carenze strutturali del sistema bancario regionale (evidenziate dal differenziale dei tassi con il Centro-Nord di cui alla variabile di rottura “Capacità di finanziamento a condizioni di mercato favorevoli”) e l’abbattimento sistematico degli interessi secondo modalità esogene al sistema del credito stesso.

Per fare chiarezza su questi ed altri problemi del settore in Sardegna, anche alla luce della recente evoluzione della situazione creditizia regionale, la Giunta Regionale intende promuovere una conferenza sul credito da tenersi nel prossimo autunno, con l’intento di far emergere in quella sede la futura posizione della Regione con riguardo ad uno dei settori più delicati del processo di sviluppo economico regionale.

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