Indice
STRATEGIE DI SVILUPPO E INDIRIZZI DI SPESA
Come richiamato in premessa, il DPEF 2002-2004 rappresenta
una nuova e significativa tappa nel percorso della politica
regionale di programmazione e sostegno dello sviluppo. Tale
percorso segue tre direttrici di fondo:
1) una politica economica che consenta alle risorse locali
(imprenditoriali, sociali, territoriali, ambientali) di
dispiegare un più forte potenziale competitivo entro
una logica di sviluppo sostenibile;
2) una politica delle risorse umane che punti al recupero
di un ritardo, nei livelli di istruzione e di diffusione
delle qualifiche specialistiche, che non è meno grave
ed è altrettanto strutturale del ritardo economico;
3) una riforma della amministrazione regionale che trasformi
efficacemente gli assetti burocratici in funzione della
missione principale dellente, che è quella
di programmazione strategica a supporto dello sviluppo regionale,
secondo principi di sussidiarietà e di decentramento
verso le comunità locali.
Le direttrici seguite hanno tutte rilevanza
per il tema centrale e di continua emergenza del lavoro, un
tema che richiede appunto politiche congiunte su più
fronti e che non può essere affrontato con piani
miracolosi, né dovrebbe essere affidato a provvedimenti
tampone.
La lettura dei dati di attuazione della L.R. 37/98 (Interventi
finalizzati all'occupazione e allo
sviluppo del sistema produttivo regionale) relativi allart.
19 (Iniziative locali per lo sviluppo e
l'occupazione), induce, come evidenziato in premessa di questo
DPEF, a ripensare il finanziamento di tali azioni in unottica
di maggiore oculatezza, per la ottimale allocazione e spendita
degli oltre 1.100 miliardi di lire sinora stanziati. Per gli
interventi a sostegno delloccupazione, infatti, sono
stati messi a disposizione dei Comuni circa 333 miliardi per
lannualità 1999, 378 miliardi per lannualità
2000 e 420 miliardi per lannualità 2001. Dei
fondi del 1999 è stato speso meno del 16% (52,8 Mld),
e dei fondi per il 2000 è stato speso meno del 2% (7
Mld). Loccupazione realizzata è stata pari ad
834 unità per il 1999, su 9.489 unità stimate,
pari a circa l8,8%, ed a 128 unità per il 2000,
su 8.123 unità stimate, pari a circa l1,6%.
La conclusione da trarre, a seguito di simili ritardi, non
è quella semplicistica di una inefficienza dei Comuni
o di una insufficiente assistenza tecnica (che pure si è
riscontrata). Occorre piuttosto rilanciare con fermezza e
chiarezza le componenti di una sana politica per il lavoro,
che sono essenzialmente quella economico-imprenditoriale e
quella della formazione.
Il sostegno solidale alle situazioni di più forte disagio
sociale, in un contesto di grave e strutturale crisi occupazionale
come quello sardo, è necessario e doveroso e
la Regione si impegna a non diminuire lincidenza della
spesa sociale sul volume complessivo delle risorse
ma è tuttavia dannoso per leconomia regionale
alimentare una confusione fra la solidarietà e la politica
economica per il lavoro, in quanto tale confusione rischia
di condurre a politiche ed a norme che risultano poi fallimentari
sulluno e sullaltro fronte. E necessario
pertanto rafforzare il ruolo dei Comuni a presidio della qualità
ambientale del proprio territorio e sostegno al disagio sociale,
tra cui quello della disoccupazione di lunga durata: ma ciò
si può ottenere promuovendo modelli di occupazione
temporanea con il relativo supporto tecnico e finanziario
che non conducano ad un lavoro stagionale rituale e
privo di ulteriori sbocchi, bensì ad uno stretto raccordo
fra lavoro temporaneo, formazione e crescita di qualificazione,
al fine di stabilire un ponte, oggi in gran parte
assente, con le reali politiche del lavoro.
Queste ultime afferiscono sostanzialmente alle tre direttrici
di fondo sopra richiamate, che hanno anche e principalmente
lo scopo di dare efficienza al sistema economico regionale.
Come è stato argomentato nei primi due capitoli del
DPEF, le politiche economiche di sviluppo regionale devono
essere orientate in primo luogo verso limpiego degli
incentivi agli investimenti ed alla produzione che si rivelano
più efficienti, ed in secondo luogo verso la nascita
di una progettualità locale che veda interagire le
comunità, i territori, le istituzioni e gli imprenditori
attraverso piani integrati darea.
Per quanto concerne i primi, i provvedimenti di incentivazione
fiscale legati agli investimenti ed alla occupazione costituiscono
lopzione principale della Regione riguardo alla politica
di aiuto alle imprese. Rientrano in questo ambito la riduzione
dellIRAP e gli sgravi degli oneri sociali di cui alla
L.R. 36/98.
Con il DPEF 2001-2003 e successivamente con il collegato alla
legge finanziaria concernente la Disciplina dellimposta
regionale sulle attività produttive (IRAP), la
regione ha orientato le politiche di aiuto verso gli incentivi
fiscali. Anche la Commissione europea ha dato il suo benestare
definitivo allutilizzo, entro i massimali dintervento
a favore delle regioni in ritardo di sviluppo di cui allobiettivo
1 del Quadro Comunitario di Sostegno (QCS), delle agevolazioni
fiscali in sostituzione di quelle finanziarie, così
come previsto allarticolo 8 della legge finanziaria
nazionale (legge 388/2000).
Per gli sgravi degli oneri sociali, la L.R. 36/98 (Politiche
attive sul costo del lavoro) ha attivato in soli 28 giorni,
durata di apertura del primo bando, 1500 richieste di incentivi
automatici (finalizzati allo sgravio quinquennale dei
contributi previdenziali e assistenziali) per un numero di
circa 5.100 assunzioni ed un impegno di 85 miliardi in un
quinquennio. Attraverso la L.R. 6/01 (legge finanziaria) la
Regione ha finanziato con 75 Mld un nuovo bando, e limpegno
è quello di fornire un ulteriore e stabile quadro di
certezza nella copertura finanziaria, in base alla domanda
emergente, a partire dalla prossima manovra.
Il secondo orientamento di fondo, relativo alla progettualità
locale dei territori, si traduce in una scommessa per la Regione
Sarda così come per il Mezzogiorno e le aree depresse.
La scommessa è quella di condurre fuori dal guado gli
strumenti di programmazione negoziata ed i partenariati pubblico-privati
che si formano attorno ai progetti di sviluppo locale, rispetto
alla passata stagione di ritardi, lungaggini e strozzature
procedurali, debolezza metodologica in sede di progetto ed
in fase di gestione dellattuazione. Tali strumenti,
che costituiscono ormai una ricca famiglia (programmi integrati
darea della R.A.S., patti territoriali nazionali e comunitari,
generalisti e tematici, contratti di programma, contratti
darea, progetti integrati territoriali comunitari),
debbono essere necessariamente condotti, oltre che verso una
semplificazione ed unificazione peraltro favorita dai
regimi di cofinanziamento comunitario, nazionale e regionale
su un terreno di efficienza e di meccanismi attuativi
rodati e consolidati. Un terreno che costituisce un approdo
oggi più che mai imprescindibile, in quanto i cofinanziamenti
comunitari soggetti alle regole del nuovo Quadro Comunitario
di Sostegno implicano scadenze ineludibili, con limpossibilità
di recuperare le risorse non spese.
Per la regione sarda tale scommessa è già in
atto, attraverso la complessa formulazione del
percorso locale di promozione, selezione ed attuazione dei
PIT (Progetti Integrati Territoriali). I PIT rappresentano
per la Sardegna una eccezionale occasione di sviluppo locale
sotto due profili: da un lato per la dotazione finanziaria
derivante dal QCS, che caratterizza una stagione probabilmente
irripetibile per il recupero dei ritardi strutturali di sviluppo
di cui allObiettivo 1 dei fondi UE, dallaltro
lato per la unificazione metodologica che viene favorita entro
la citata ricca famiglia di strumenti per lo sviluppo darea,
in quanto tali strumenti possono, secondo il QCS, trovare
attuazione con la formula del PIT.
Il modello attuativo dei PIT, pertanto, dovrà essere
utilizzato per rilanciare dal basso lo sviluppo dei territori
e delloccupazione con il coinvolgimento diretto delle
imprese. Uno dei nodi principali che la Regione e gli Enti
Locali dovranno sciogliere, al riguardo, è quello delle
priorità da adottare e delle conseguenti scelte selettive.
I progetti darea, infatti, devono essere coerenti con
la programmazione provinciale (e regionale), ma non coincidono
con questa, nel senso che non ne costituiscono la diretta
ed organica attuazione finanziaria. I PIT derivano piuttosto
da una strategia di creazione di avamposti di sviluppo e di
meccanismi virtuosi per il sostegno ai migliori partenariati
ed ai migliori progetti di investimento. Pertanto lindividuazione
di precise priorità attuative è indispensabile
per condurre in porto bandi selettivi ed efficaci, ferma restando
loperatività della programmazione regionale,
compresa quella del POR, rispetto a priorità di intervento
legate alle diverse condizioni di svantaggio infrastrutturale
ed occupazionale entro lisola.
La formula per lo sviluppo delleconomia, delle imprese
e del lavoro adottata dalla Regione,
dunque, poggia su due elementi:
- un modello di aiuti alle imprese prevalentemente orientato
su incentivi automatici in detrazione sul conto fiscale
o sugli oneri sociali;
- un modello di sviluppo territoriale affidato, oltre che
al quadro complessivo della programmazione regionale, alla
selezione ed attuazione di progetti integrati formulati
dai partenariati locali (principalmente comuni, province,
imprese).
Con tale strategia di intervento il governo
regionale mira ad ottenere nel prossimo triennio un
incremento degli occupati di almeno 20 mila unità ed
una riduzione del tasso di disoccupazione di almeno 1,5 punti,
calcolato in costanza di forza lavoro. La prudenzialità
di tale obiettivo è legata al reale andamento delleconomia
sarda, i cui dati vengono resi noti con circa un triennio
di ritardo. Le ultime cifre ufficiali, richiamate nella prima
parte del Dpef, rivelano una maggiore dinamica di crescita
dellisola rispetto a quella nazionale sino al 1999,
mentre secondo le stime e previsioni relative agli anni dal
2000 in poi la Sardegna crescerebbe con un passo più
lento rispetto al Paese.
Tuttavia, pur scontando sia lincertezza di stime e dati
previsionali, sia lassenza di una correlazione matematica
fra crescita ed occupazione, si può sostenere che il
complesso dei programmi in corso di avvio con la nuova stagione
di investimenti del POR, con i previsti indicatori di attuazione,
unitamente alle agevolazioni in termini di riduzione dei costi
per le assunzioni a tempo indeterminato (L.R. 36/98 e legge
sullapprendistato) potrà condurre ad incrementi
ben maggiori degli occupati.
In materia di crescita economica, lobiettivo della Regione
resta ovviamente la riduzione del divario del reddito pro
capite rispetto alla media nazionale, perseguendo un trend
già in atto (per quanto, come detto, messo a rischio
dai dati previsionali dal 2000 in poi). Ma ancora più
importante, rispetto alla crescita in termini assoluti, è
lobiettivo di una riduzione della dipendenza economica
dellisola, che si manifesta con un forte scarto fra
il livello dei consumi ed il livello del reddito di fonte
endogena. Il dato probabilmente più significativo al
riguardo, citato fra le variabili di rottura del
QCS, è costituito delle importazioni nette in percentuale
sul PIL. Le importazioni nette sono date dallammontare
degli impieghi (ovvero consumi, investimenti e variazione
delle scorte) sottratto allammontare del PIL. Quando
gli impieghi sono superiori al PIL si ha una dipendenza economica,
quando sono inferiori si ha una relativa indipendenza economica.
Se è normale una condizione di dipendenza in presenza
di una stagione di investimenti esogeni a fini di sviluppo,
un dato di ulteriore sensibile dipendenza che si riproponesse
al termine degli
investimenti evidenzierebbe il persistente carattere strutturale
della medesima. Ed è questo il caso della Sardegna,
la cui dipendenza economica, al termine della lunga stagione
di Intervento Straordinario, è tornata
nella prima metà degli anni 90 esattamente sugli
stessi valori di 40 anni prima, ovvero con un livello di importazioni
nette pari al 18% del PIL, mentre il Sud e le isole nel complesso
hanno visto progressivamente ridurre il livello di dipendenza
economica e lItalia è divenuta, dal 1993 in poi,
un paese il cui PIL è superiore agli impieghi.
Un ulteriore fronte cruciale su cui la Regione si è
mossa ed intende muoversi con decisione è quello della
continuità territoriale, che non poggia su meri meccanismi
di abbattimento dei prezzi ma sul pieno dispiegarsi della
logica concorrenziale, a seguito di gare, abbinata al sostegno
pubblico delle tariffe. Si tratta di una strada nuova sotto
diversi profili, incluso quello giuridico, che richiede una
adeguata sperimentazione, ma è chiaro che la Sardegna
porrà come tema permanente, come già fatto da
regioni transfrontaliere quale la Corsica, il tema della continuità
territoriale, ovvero della parità di costi per persone
e merci rispetto alle più vicine regioni continentali.
Infine, nellambito temporale del presente DPEF verrà
perseguita una riorganizzazione degli uffici dellamministrazione
regionale e delle competenze secondo criteri di più
marcata simmetria con lorganizzazione dei programmi
e dei progetti, portando a compimento la riforma del bilancio
verso una piena coerenza delle UPB (Unità Previsionali
di Base) con gli effettivi incarichi di elaborazione ed attuazione
dei progetti di sviluppo, ovvero con quelle funzioni-obiettivo
che esprimono la missione istituzionale della R.A.S., secondo
quanto da tempo previsto dal quadro normativo nazionale e
regionale.
LATTUAZIONE DEL PRECEDENTE DPEF 2001-2003
Il DPEF per gli anni 2001-2003 ha individuato le linee di
priorità dintervento da realizzarsi con apposite
previsioni di bilancio, supportate o meno dalle norme contenute
nella legge finanziaria nonché dalle riserve per nuovi
oneri legislativi allocate nelle tabelle A e B allegate alla
medesima legge.
Con riferimento allo stato di attuazione degli interventi
e dellattività in essere, mentre si rimanda,
quanto alle previsioni di bilancio alle schede che per materia
vengono predisposte dagli assessorati competenti, si espongono
gli elementi relativi alla predisposizione delle iniziative
legislative connesse al succitato FNOL ed al loro attuale
iter.
Iniziative assunte su interventi di spesa caratterizzanti
e priorità di azione
1) Promozione turistica, di adeguamento dellindustria
alberghiera e per la ricettività diffusa. Sono state
assunte le seguenti iniziative:
- DDL concernente: Imprenditoria Giovanile: Provvedimenti
urgenti per favorire loccupazione. Stanziamenti
previsti 170 mld. per il 2001 e 195 mld. Per ciascuno
degli anni 2002/2003 Tab. B, voce 16), FNOL.|
Attualmente allesame della VI Commissione consiliare
sotto il n. D.L. 201.
2) Rilancio dellartigianato, del commercio e della
cooperazione. Sono state assunte le seguenti iniziative:
- DDL. Concernente: Incentivi alle imprese artigiane
sullapprendistato stanziamenti previsti
20 mld. nel triennio 2001/2003, Tab. B, voce 7), FNOL.
Approvato dal Consiglio Regionale il 2 agosto 2001;
- DDL. Concernente: Istituzione regime di aiuti
per favorire le attività commerciali. Stanziamenti
previsti 10 mld. per lanno 2001 e 20 mld per gli
anni 2003/2003 Tab. B, voce 10), FNOL. Attualmente allesame
della VIa Commissione consiliare, sotto il n. D.L.220.
- DDL. Concernente: Agevolazioni continuative alle
imprese del comparto del commercio. Stanziamenti
previsti 20mld. per lanno 2001, 10 mld. per lanno
2002 e 5 mld per 2003, Tab. B, voce 10), FNOL. Attualmente
allesame della VIa Commissione consiliare, sotto
il nr. DL. 213;
- DDL. Concernente: interventi a favore della Cooperazione
Stanziamenti previsti: 80 mld. per lanno
2001 Tab. B, voce 13), FNOL. Iniziato esame in
Commissione consiliare VI, sotto il n. D.L. 157. In questo
punto è da ricomprendere anche quota a parte del
DDL. indicato al punto 1).
3) Rafforzamento dellazione di recupero dei centri
storici.
Ad oggi, nessun DDL è stato adottato.
4) Interventi di riqualificazione urbana, incluse le periferie
degradate.
Sono state assunte le seguenti iniziative.
- DDL. concernente: Disposizioni urgenti in materia
di pianificazione paesistica. Stanziamenti previsti: 1100
mld. per lanno 2001 e 1300 mld. per gli anni 2002/2003
Tab. A, voce 14), FNOL. Attualmente allesame
della IV Commissione consiliare, sotto il n. D.L. 221
5) Cofinanziamento della programmazione negoziata.
Ad oggi nessun DDL è stato adottato.
6) Incentivi per le nuove imprese ed iniziative produttive
anche attraverso sgravi fiscali sostitutivi di contributi
in conto capitale.
Sono state assunte le seguenti iniziative:
- DDL concernente: Disciplina dellimposta
regionale sulle attività produttive. Adeguamenti
per incentivi alle imprese: 1100 mld. per lanno
2001 e 2000 mld. per gli anni 2002/2003 Tab. A,
voce 2), FNOL. Attualmente allesame della III Commissione
consiliare sotto il n. D.L. 153.
- DDL. concernente: Disciplina dellimposta
regionale sulle attività produttive.
Stanziamento 5 mld. per lanno 2001 e 40 mld. per
il bilancio 2002/2003. Tab. B, voce 1) FNOL. Attualmente
allesame della III Commissione consiliare sotto
il n. D.L. 153.
- DDL. concernente: Interventi nel settore della
pesca e dellacquacoltura.
Stanziamenti previsti: 1.500 milioni per gli anni 2001/2002
e 750 milioni per lanno 2003. Tab. A, voce 4), FNOL;
nonché 1.500 milioni per il triennio 2001/2003
Tab. B, voce 2), FNOL. Attualmente allesame
della V Commissione consiliare, sotto il n. D.L. 146.
- DDL concernente: Interventi a favore di forme
collettive di garanzia e fidi nel settore agricolo.
Stanziamenti previsti: 1.000 milioni per il triennio 2001/2003.
Tab. B, voce 4) FNOL. Attualmente allesame della
V Commissione consiliare, sotto il n. D.L. 148.
- DDL. concernente: Disposizioni varie in materia
di difesa dellambiente. Stanziamenti 2.000
milioni per lanno 2001, 1.000 milioni per lanno
2002 e 1.100 milioni per lanno 2003 Tab.
A, voce 6), FNOL. Attualmente allesame della V Commissione
consiliare, sotto il n. D.L. 145.
7) Interventi per il rafforzamento quali quantitativo del
settore agricolo.
Sono state assunte le seguenti iniziative:
- DDL. concernente: Istituzione e Gestione della
Rete Contabile Agricola Regionale. Stanziamenti
previsti 3.650 milioni per il triennio 2001/2003, Tab.
A, voce 7), FNOL.
- Il DDL. portante il nr. D.L. 149 è stato approvato
dalla V Commissione consiliare nella riunione dell11/07/2001.
- DDL. concernente: Contributo Straordinario allARPOS.
Stanziamenti previsti 1.000 milioni per lanno 2001
Tab. A, voce 7), FNOL.
Il DDL attualmente è allesame della Giunta
Regionale.
8) Interventi urgenti per sopperire ai danni causati dalla
perdurante siccità, con particolare riguardo al settore
agro-pastorale.
POLITICHE PER LAMBIENTE ED IL TERRITORIO
Il valore del paesaggio storico
La salvaguardia della biodiversità
Situazione
La Sardegna può ancora costituire un riferimento europeo
in tema di biodiversità ed in generale di valore
aggiunto ambientale.
Habitat e fauna, pur soggetti ad un progressivo indebolimento,
costituiscono un patrimonio rispetto al quale sono giunti
riconoscimenti che portano a 114 i siti classificati di interesse
comunitario (per un totale di 460.000 ettari) che formano
il 6% dellintero patrimonio europeo; le zone umide che
costituiscono riserva privilegiata della biodiversità
si concentrano nellisola in misura assai superiore alla
media continentale e rappresentano una parte significativa
e qualitativamente assai rilevante di tali siti.
I paesaggi agrari tradizionali ed estensivi, che in Sardegna
sono ancora ampiamente dominanti, costituiscono un ulteriore
fondamentale corridoio biotico che si avvale delle siepi,
dei recinti, dei filari frangivento, degli ambiti umidi di
compluvio, come di altrettante nicchie ecologiche.
La conservatività del paesaggio sardo è fortemente
legata a quei processi di marginalizzazione delle aree interne
che ne hanno fissato la fisionomia ai caratteri dellhabitat
della fase premoderna.
Casi esemplari in questo senso sono costituiti dallassetto
alto medioevale dei centri delle aree storiche della Marmilla
e del Meilogu e dalla persistenza dei paesaggi rurali della
terra cruda dai Campidani al Cixerri, della pietra nelle aree
storiche del massiccio centrale, dellhabitat disperso
dei medaus del Sulcis e degli stazzi della Gallura.
Tutti questi habitat sono minacciati da una gestione non ancora
consapevole e pianificata, dalla mancata costituzione degli
organismi di gestione per quanto riguarda i siti protetti,
dalla crescente invasività delle pratiche colturali
intensive, dal degrado e dallabbandono degli insediamenti
storici e dalla perdita della memoria dei saperi materiali
tradizionali.
In questo campo diventano quindi decisive le politiche integrate
di gestione di tutti i fattori che
concorrono attualmente a ridurre la biodiversità
e che opportunamente riorientati possono invece costituire
uno dei caratteri qualificanti del prodotto Sardegna.
Come si afferma nello Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo
..lefficacia della conservazione della natura
nelle zone protette dipende da una gestione adeguata delle
zone che le circondano.
Solo una strategia che consideri un ampio orizzonte geografico
può invertire la tendenza alla perdita della biodiversità
in Europa.
Obiettivi specifici
La qualità ambientale costituisce una partita decisiva
per le prospettive future della Sardegna, sia in ordine allobiettivo
generale di mantenimento, riqualificazione e potenziamento
delle risorse di base, sia per quanto riguarda le linee di
sviluppo e di riconversione produttiva in termini di incremento
delloccupazione, di creazione di impresa in termini
innovativi e sostenibili.
In questo senso strategie, obiettivi e politiche (o linee
di intervento) tendono a sovrapporre il campo naturalistico
ambientale con i campi delle risorse culturali e del
patrimonio urbano e insediativo, integrando sostanzialmente
tutti i programmi di intervento sullambiente naturale
e concepito in una concezione unitaria e sinergica.
Nelle aree di particolare pregio ambientale e naturalistico,
gli obiettivi specifici coincidono con le operazioni identificate
nella misura 1.5 Rete ecologica regionale del
Complemento di
Programmazione del P.O.R. della Sardegna dei Fondi Strutturali
20002006 e che, più
precisamente, riguardano:
- il sostegno alla predisposizione dei piani di gestione,
conservazione e manutenzione del paesaggio e del territorio;
- il recupero di ambiti degradati (risanamento, ricostruzione
ambientale e rinaturalizzazione; sperimentazione di interventi
innovativi per la tutela del patrimonio boschivo e per la
difesa del suolo, di ambiti umidi, di fasce fluviali, di
ambienti marini, riqualificazione ambientale e paesaggistica);
- la tutela delle diversità biologiche e delle specie
faunistiche e floreali minacciate;
- la promozione delleducazione ambientale e della
sensibilità verso le risorse naturali del territorio;
- la valorizzazione mediante lorganizzazione dellaccessibilità
e della fruibilità;
- la dotazione di adeguati servizi didattici e di accoglienza
gestiti in forma imprenditoriale.
Strumenti ed obiettivi operativi per il triennio 2002
2004
La linea fondamentale, perseguita con il P.O.R. ed i documenti
di programmazione della R.A.S., è lapproccio
integrato che dovrà rendere più visibili i vantaggi
economici ed occupazionali derivanti dalle politiche di conservazione
ambientale con la realizzazione di un pacchetto organico di
interventi che troveranno accoglienza principalmente nei progetti
integrati e che riguarderanno:
- La promozione di iniziative economiche in particolare
di quelle legate al turismo ed alle attività produttive
tipicamente locali che richiedono, per svilupparsi, un alto
livello di qualità del patrimonio ambientale e la
promozione di attività imprenditoriali verdi.
- La tutela, il restauro ed il recupero degli immobili di
interesse storico e artistico, di edilizia abitativa rurale,
dei centri storici, da destinare alla ricettività,
alle attività culturali, alla gestione imprenditoriale
dei servizi, inerenti soprattutto lorganizzazione
della fruibilità delle aree naturali (sportelli informativi,
centri visite, museali, didattici ecc.).
- La realizzazione di reti di promozione dellofferta
di fruizione ambientale e turistica delle aree di intervento,
utilizzando le opportunità offerte dalla società
dellinformazione.
- Il potenziamento dei servizi locali e ladeguamento
dei servizi turistici e delle relative strutture a criteri
di sostenibilità e qualità ambientale (albergo
diffuso, bed & breakfast, ecc.).
In relazione alla Pianificazione Paesistica,
si darà seguito all'iter già avviato con il
D.G.R. n. 1/10 del 11.01.01 per apportare alcune modifiche
al quadro normativo della L.45/89 e per la rivisitazione dei
Piani Paesistici, anche per tener conto delle osservazioni
fatte dal Consiglio di Stato, che per molti di essi ne ha
dichiarato la nullità.
Il nuovo strumento sarà un Piano Urbanistico Territoriale,
esteso a tutto il territorio regionale, che dovrà definire
la disciplina paesistico ambientale in conformità al
D. L.vo 490/99, tenendo conto nel contempo della programmazione
socio-economica, ed avrà quindi valenza sia di Piano
Territoriale di Coordinamento che di Piano Paesistico. Sarà
pertanto un Piano che potrà delineare lo scenario di
assetto del territorio regionale e potrà fornire orientamenti
per le pianificazioni di settore, e per quelle di competenza
degli Enti Locali.
Il P.U.T. dovrà delineare le politiche di uso e valorizzazione
del territorio, elaborare i dispositivi di tutela delle valenze
archeologiche, storico-culturali, architettoniche, paesistiche
e naturalistiche e definire i criteri per verificare la sostenibilità
delle ipotesi pianificatorie e/o di realizzazione degli interventi
nei confronti del sistema di risorse ambientali.
Il P U.T. dovrà contemperare le esigenze di tutela
con quelle dello sviluppo ed in ogni caso il
P.U.T. che verrà predisposto dalla Regione individuerà
la compatibilità territoriale complessiva con la definizione
di un modello di sviluppo sostenibile.
I paesaggi insediativi
Situazione
Particolare attenzione va posta all'integrazione delle politiche
territoriali di recupero urbano
insediativo. Il documento emerso a Vienna nel '98 dal forum
sul quadro d'azione dello sviluppo sostenibile, che assegna
al problema delle aree urbane una nuova e particolare attenzione.
É opportuno osservare che il QCS 1994-99 non aveva
destinato assi prioritari di intervento alle città,
e che per la prima volta nella programmazione europea il complesso
urbano "città" esce, nel 2000, dall'unico
accesso consentito a finanziamenti costituito dal p.i.c. URBAN
(peraltro disponibili per numero di casi estremamente limitati
e aventi valenza sperimentale) e trova possibilità
operative concrete nell«Asse Città»
nel QCS 2000-2006 e quindi nel P.O.R. Sardegna.
Per la prima volta lo strumento programmatico europeo riconosce
alla qualità urbana un ruolo ed un valore
che può contribuire all'attenuazione delle condizioni
di disagio e di ritardo allo sviluppo.
Occorre perciò dotarsi di una solida strategia regionale
per questo settore, determinata sia nei contenuti che nelle
procedure, e correlata al quadro delle strategie condivise
in sede comunitaria e nazionale, definite con l'Agenda 21,
col Piano Nazionale per lo Sviluppo sostenibile e con gli
obiettivi e linee strategiche del P.O.R. Sardegna per gli
interventi strutturali comunitari 2000 - 2006.
La situazione delle aree urbane sarde è pressoché
identica, come dinamica dei problemi, a quella delle altre
regioni meridionali. Qui, come in tutto il Meridione dItalia
si constata,osservando i risultati di recenti indagini condotte
dal Dipartimento per le aree Urbane presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri, che la tipologia delle problematiche
delle aree urbane sono caratterizzate in gran parte dalla
dimensione delle gravitazioni:
- le Città di una certa dimensione, sopra i 100.000
abitanti, con le loro conurbazioni rappresentano oggi i
veri nodi dello sviluppo territoriale, sia in termini positivi
per quanto concerne le innovazioni economiche e sociali,
ma soprattutto in termini negativi di deterioramento delle
condizioni di vita associata: maggiore illegalità
delinquenza giovanile, fenomeni di emarginazione, immigrazione
extracomunitaria, abbandono scolastico, più elevati
tassi di disoccupazione, aumento dell'inquinamento da gas
di scarico, rumore, malattie da inquinamento, scarse dotazioni
infrastrutturali per quanto concerne 1' accessibilità
e i nodi di scambio, acqua, fogne, verde pubblico, traffico,
servizi di mobilità pubblica parcheggi, servizi sociali,
ecc.;
- anche in Sardegna, come nel resto dell'Italia, all'esodo
degli anni '80 dai centri delle grandi città, che
mediamente hanno perso il 20% di abitanti, è seguita
la "suburbanizzazione", ovvero centri limitrofi
che erano centri rurali fino a qualche decennio addietro
si sono rapidamente trasformati e urbanizzati in un contesto
generale di gravi arretratezze economico sociali e infrastrutturali
ed
in assenza di un disegno organico preordinato;
- le città di media dimensione mostrano maggiore
sicurezza e offrono migliore qualità della vita,
ma sono debolmente infrastrutturate e hanno necessità
di essere accompagnate nel loro processo di
evoluzione virtuosa per poter diventare anch'esse un
infrastruttura strategica e svolgere con soddisfazione il
ruolo di polo di attrazione verso i Comuni vicini più
piccoli;
- i comuni costieri risultano caratterizzati dal complesso
di problemi legati alle notevoli fluttuazioni turistiche
che normalmente portano al limite le potenzialità
di prestazioni dei servizi comunali e mettono a dura prova
tutte le capacità amministrative a causa della moltiplicazione
del numero
di abitanti residenti nel periodo estivo;
- i piccoli centri rurali e quelli delle aree interne, sono
caratterizzati da mancanza di sistemi efficienti di mobilità
locale e connessioni strategiche con i grandi assi, e necessitano
della costituzione di messa in rete specializzata.
Nelle città, dove normalmente si ritrovano
diffuse condizioni di ineguaglianza e ingiustizia sociale,
caratteristiche di una peculiare "povertà urbana",
le azioni frammentarie risultano inefficaci.
I contenuti degli interventi di recupero urbano-insediativo
devono combinarsi tra loro con misure a favore delle esigenze
sociali più visibili quali quelle espresse dai bambini,
dalla popolazione anziana, dagli studenti, dagli immigrati.
Obiettivi
Per poter promuovere un intervento di recupero urbano-insediativo
delle aree urbane capace di incidere sullo sviluppo del contesto,
occorre perciò coordinare la pluralità di azioni
ammissibili. Non ci si può attendere che la sommatoria
di azioni indipendenti e necessariamente frazionate per poterle
ricondurre a sotto-assi e misure non specifici quali turismo,
ambiente, beni culturali, sanità e servizi sociali,
reti ecc.., possa riprodurre gli stessi effetti di un progetto
unitario orientato allo sviluppo sostenibile.
Peraltro i governi locali, normalmente in preda a carenze
operative, impreparazione, crisi finanziaria devono affrontare
situazioni che spesso dal punto di vista dell'emergenza economico
sociale, non è esagerato definire drammatica.
Occorre quindi trovare necessariamente momenti di coordinamento
tra le diverse Amministrazioni e, ai fini del perseguimento
di qualunque politica di recupero urbano-insediativo, puntare
ad utilizzare nuovi strumenti di pianificazione e programmazione
concertata che consentano di costruire un disegno unitario,
condiviso e partecipato, di crescita e sviluppo dell'abitato
dove l'obiettivo riconoscibile non sia solo basato sull'entità
delle risorse da spendere, ma soprattutto sull'efficacia ed
efficienza dei risultati e sulla possibilità di incidere
sui principali indicatori dello sviluppo.
Per tali nuovi strumenti può farsi riferimento ai P.I.T.,
ai PRUSST, ai Contratti di quartiere, costruiti appositamente
sulle aree urbane.
In assenza di un "disegno urbano riconoscibile"
o di una trama che solo un programma organico di interventi
può intrecciare, quale insieme integrato di azioni
mutuamente interagenti, non si può raggiungere l'efficacia
degli investimenti.
Gli obiettivi definiti nellasse Città
del P.O.R. Sardegna, ovvero obiettivi di miglioramento delle
condizioni di vivibilità delle aree urbane per aumentare
e migliorare 1offerta di città anche in un'ottica
di marketing urbano, promuovono azioni volte a:
- introdurre o migliorare le azioni immateriali nei campi
del sociale e sanitario;
- rilanciare l'occupazione e l'economia locale;
- migliorare la qualità dei servizi amministrativi
da rendere ai cittadini;
- rafforzamento della società locale;
- adeguamento dei servizi pubblici;
- moltiplicare le occasioni di centralità;
- miglioramento del sistema di mobilità sia interno
che esterno ai centri urbani;
- miglioramento delle infrastrutture e della qualità
dell'ambiente;
- valorizzazione e tutela dei centri storici;
- valorizzazione dei beni culturali e architettonici.
Strumenti ed obiettivi operativi per il triennio2002
- 2004
Coerentemente agli obiettivi occorre definire un programma
di interventi fisici e non (reti idriche, fogne, illuminazione,
difesa del suolo, recupero edilizio, nuove costruzioni, strade,
parcheggi, verde urbano, corsi, manifestazioni culturali,
servizi immateriali, ecc.) strettamente correlato alle esigenze
del caso specifico, e definite a seguito di una approfondita
valutazione ex-ante e strategica.
Per puntare all'efficacia dell'intervento nelle città
occorre rendere più "vicini" alla cittadinanza
i
processi di decisione, favorendo lo snellimento delle procedure,
sperimentando processi di
pianificazione e progettazione partecipata. Occorre inoltre:
- attivare centri di monitoraggio e verifica ex-ante in
itinere, ex-post, dell'efficacia degli interventi;
- promuovere lo sviluppo e l'adesione dei Comuni all'Agenda
Locale 21 come strumento di coordinamento delle azioni locali
nei diversi settori in vista del miglioramento dell'ambiente
urbano e della qualità della vita in genere;
- tenere un tavolo di concertazione permanente per l'intervento
nelle città (Regione, Provincia, Comuni, soggetti
pubblici e privati) per poter affidare al Comune il ruolo
di soggetto promotore e gestore delle risorse, e per poter
seguire il processo di trasformazione dell'attività
di programmazione, tradizionalmente settoriale, verso un
modello intersettoriale e integrato, capace di coinvolgere
interessi economici e produttivi locali all'interno delle
politiche urbanistiche di investimento e di sviluppo economico
del territorio.
Per tradurre gli obiettivi delle politiche anzidette in interventi
operativi si rende indispensabile
procedere alla redazione di Programmi Urbani di Sviluppo Sostenibile,
che in base alle esigenze preventivamente concertate prevedano
azioni orientate a:
- rafforzare le aree urbane deboli;
- invertire i processi di degrado del patrimonio edilizio;
- consentire l'insediamento di attività di servizio:
commerciali, turistici, culturali, scolastici, assistenziali,
sociali...;
- potenziare le infrastrutture e i servizi pubblici, migliorare
l'accessibilità e la mobilità;
- stimolare l'iniziativa privata;
- introdurre metodi partecipativi nelle scelte di intervento;
- prevedere il coinvolgimento dei partner pubblici e privati
nell'intervento della trasformazione urbanistica;
- operare con il metodo della programmazione integrata e
negoziata per trovare interessanti scenari di sviluppo operativo.
Sicuramente per poter conseguire questi obiettivi
nella costruzione dei Progetti di Sviluppo delle aree urbane,
occorre prima di tutto garantire l'innovazione entro le pratiche
amministrative consolidate, che discendono da una cultura
burocratica auto referenziale, che trova giustificazione sul
fatto che la cultura politica e giuridica italiana è
abbastanza lontana dal diritto anglosassone del contratto.
E sulla base di tale cultura del contratto, infatti,
che sono concepiti i programmi Comunitari, i quali, come ribadito
nel Forum di Vienna, debbono fondare le procedure sui principi
dell'integrazione, partenariato e ampia partecipazione di
pubblico-privato, anche nelle risorse finanziarie.
Occorre dunque operare in maniera decisiva per modificare
il modello di comportamento usuale della Pubblica Amministrazione,
che ha comportato disfunzioni sia nel contesto Europeo sia
nell'ambito dei cosiddetti programmi complessi, quali i PRUSST
o i progetti di recupero delle aree urbane in genere, che
sono ispirati al modello anglosassone europeo del contratto.
Dove sono stati colti buoni risultati, del resto, la regolamentazione
dei conflitti di interessi è stata risolta nella fase
preventiva della assunzione delle decisioni, per poter garantire
tempi certi nella fase di attuazione degli interventi.
I programmi di interventi di Riqualificazione Urbana, che
siano contenuti nei P.I.T. o che siano promossi con appositi
atti dallAmministrazione Regionale, potranno essere
coordinati dall'Assessorato degli Enti Locali, Finanze ed
Urbanistica in collaborazione con gli altri Assessorati. Coerentemente
agli obiettivi individuati per le città ed i relativi
centri di gravitazione, ciascun programma definirà
un insieme di interventi fisici e non (reti idriche, fogne,
illuminazione, difesa del 96 suolo, recupero edilizio, nuove
costruzioni, strade, parcheggi, verde urbano, corsi, manifestazioni
culturali, servizi immateriali ecc ...) strettamente correlato
alle esigenze del caso specifico e corredato da una approfondita
valutazione ex-ante e strategica.
La Qualità dellAmbiente
Lanalisi della qualità ambientale dellIsola
presenta numerose difficoltà a causa della carenza
di sistemi informativi e di reti di monitoraggio che non consentono
una adeguata conoscenza del sistema e la disponibilità
di fondamentali dati. Ciò nonostante, si dispone di
informazioni che permettono di illustrare la situazione qualitativa
di alcuni aspetti importanti di risorse naturali quali lacqua
e il suolo.
La situazione
Con riferimento alla qualità delle acque destinate
ad uso potabile, la totalità delle stazioni di campionamento
si trova nelle classi di qualità A2, A3 e sub A3 e
nessuna nella classe A1. Ciò dipende dalle condizioni
dei 23 laghi artificiali a destinazione idropotabile, che
risultano eutrofici e ipertrofici a causa, soprattutto, dello
sversamento diretto di reflui non trattati o trattati in maniera
non ottimale. Inoltre, per quanto riguarda la dotazione infrastrutturale,
il 15% della popolazione non è ancora servita da fognature,
mentre solo il 68% è servita da impianti di depurazione,
nonostante risultino realizzati 13 depuratori al servizio
dei consorzi industriali e 484 al servizio dei centri urbani.
Solo alcuni di tali impianti (circa 10) sono attualmente in
corso di adeguamento alle disposizioni del Dlgs 152/1999,
che recepisce le direttive 91/271/CEE e 91/676/CEE. Per gli
altri si sta provvedendo alla definizione di un programma
specifico (Piano stralcio ex art.141, L23.12.2000, n.388,
da finanziare con i fondi strutturali del POR 2000-2006 e
con i fondi delle delibere CIPE destinati alle aree depresse)
finalizzato alladeguamento ai parametri qualitativi
e al rispetto delle scadenze stabilite dalle norme statali
e comunitarie su citate.
La situazione è di sostanziale buono stato,
invece, per le acque destinate alla balneazione (DPR 470/82),
in quanto su un totale di 1.849 km di costa: 981 Km circa
risultano balneabili; 57 Km circa risultano permanentemente
vietati per inquinamento; 550 Km circa non risultano controllabili,
perché inaccessibili con i mezzi a disposizione; 260
Km circa risultano interdetti permanentemente per motivi indipendenti
allinquinamento (es.:zone militari).
Per quanto concerne il degrado del suolo, negli ultimi anni
è stato rilevato un preoccupante peggioramento della
situazione di dissesto idrogeologico. Le cause vanno ricercate
nellerosione dovuta allo scorrimento superficiale delle
acque in territori caratterizzati da scarsa o assente vegetazione
perché distrutta dai frequenti incendi estivi, dagli
eccessivi sovraccarichi pascolativi e in conseguenza del sempre
più frequente abbandono dei territori montani e collinari.
Tale situazione, inoltre, ha contribuito ad accentuare il
fenomeno della desertificazione in vaste aree dellIsola;
da una recente indagine è infatti emerso che il 3%
circa del territorio regionale è ad altissimo rischio,
mentre il 60% è a rischio medio-alto.
Risulta preoccupante anche linquinamento di numerose
aree del territorio regionale. Nellambito di uno studio
del 1993, attualmente in corso di aggiornamento, erano stati
censiti 410 siti contaminati da attività di scarico
incontrollato di rifiuti solidi urbani (367), da attività
industriali (12), da attività minerarie dismesse (30)
e da attività industriali dismesse (1)
Infine, si evidenzia in primo luogo il problema che riguarda
la valutazione della qualità dellaria. Si tratta,
infatti, della risorsa naturale che presenta le più
grosse difficoltà di analisi per la rilevante carenza
di dati.
In realtà esiste in Sardegna, fin dai primi anni 90,
una rete di rilevamento formata da 39 postazioni di misura,
che necessita di un ampliamento alle aree a rischio ambientale
e sanitario attualmente non monitorate; ma, soprattutto, è
indispensabile ladeguamento della rete alla normativa
vigente, rendendo possibile lestensione del rilevamento
a quelle emissioni inquinanti finora non considerate e ritenute
di grande importanza per misurare limpatto sulla qualità
dellambiente e sulla salute umana. Inoltre, non va trascurata
la necessità di un maggiore impegno delle Province
nellattività, finora svolta in modo saltuario
e insufficiente, di monitoraggio e di trasmissione dei dati
al centro di coordinamento regionale.
Si sottolinea, peraltro, il passo avanti fatto dalla Regione
negli ultimi due anni nellapplicazione delle norme di
valutazione di impatto ambientale (direttive 85/337/CEE e
97/409/CEE; art.31 L.R.1/1999 e L.R. 17/2000) e di valutazione
di incidenza ambientale (direttive Habitat 92/43/CEE,
Uccelli selvatici, DPR 357/97). Con listituzione
dellOrganismo Tecnico Istruttore (OTI), di cui fa parte
anche lAutorità Ambientale come osservatore,
si provvede ormai sistematicamente alla verifica degli impatti
dovuti alla realizzazione di determinati progetti e alla valutazione
delle conseguenze sulle risorse rinnovabili e non rinnovabili.
Oltre agli aspetti qualitativi appena evidenziati e ai problemi
legati alla conoscenza delle componenti ambientali e degli
ecosistemi, la Sardegna, come molte altre regioni del Mezzogiorno,
è caratterizzata: da ritardi nellimplementazione
delle norme di settore e dalla carenza di strumenti di pianificazione
e programmazione con il conseguente ricorso a strumenti straordinari
per far fronte alle emergenze; da problemi di inefficienza
nella gestione delle risorse e, di conseguenza, del loro irrazionale
utilizzo; dalla scarsa percezione del patrimonio ambientale
come risorsa rilevante per lo sviluppo.
Le strategie
Tali presupposti indirizzano la Regione a concentrare la propria
attività, nel periodo 2002-2004 su due direttrici,
finalizzate alla conservazione, al risparmio e alla riproduzione
delle risorse, al loro corretto utilizzo e sfruttamento, ma
anche allintegrazione delle politiche ambientali negli
altri settori di intervento.
La prima direttrice riguarda il rinnovamento degli attuali
sistemi di governo e di gestione delle risorse naturali e
ambientali dellIsola, attraverso le seguenti azioni
da realizzare in modo correlato:
- attuazione di importanti norme di settore. La Regione,
anche al fine di rispettar le condizioni poste dal QCS per
lutilizzo dei fondi strutturali nel periodo 2000-2006,
ha già avviato le attività che riguardano
listituzione di appositi organismi previsti da importanti
leggi (lAutorità dAmbito prevista dalla
legge Galli; lAutorità di bacino, in applicazione
della legge sulla difesa del suolo); loperatività
degli Ambiti Territoriali Ottimali ai fini della gestione
integrata dei rifiuti e del ciclo dellacqua; la definizione
di piani che consentano di gestire in modo integrato e con
criteri imprenditoriali le risorse idriche e i rifiuti;
la elaborazione del Piano di bonifica dei siti inquinati
e del Piano di bacino, anche mediante piani stralcio (quello
relativo al dissesto idrogeologico sarà approvato
entro il prossimo autunno). Un quadro così definito
consentirà una chiara programmazione degli interventi,
in particolare di quelli infrastrutturali destinati alla
gestione delle risorse naturali; inoltre, per alcuni comparti
specifici, gli operatori privati saranno messi nelle condizioni
di valutare la convenienza economica alla gestione dei servizi
e allinvestimento di propri capitali.
- gestione imprenditoriale e sviluppo di nuove attività
produttive. Il riferimento va in primo luogo al ciclo integrato
dellacqua e ai rifiuti, settori finora caratterizzati
da servizi inefficienti, ma che a breve consentiranno lo
sviluppo di nuovi sistemi di impresa e la creazione di lavoro
qualificato.
- realizzazione e potenziamento dei sistemi informativi
integrati e di monitoraggio. E stato già avviato
con i fondi strutturali del POR 2000-2006 un programma diretto
ad ampliare le conoscenze e a monitorare la sensibilità
degli ecosistemi, lo stato dellambiente, i principali
fattori di pressione sulle risorse naturali. Il fine è
di permettere allAmministrazione pubblica di migliorare
la propria capacità di analisi, di controllo e di
indirizzo nella gestione delle risorse, ma anche di migliorare
i propri strumenti di previsione e prevenzione dei rischi
per i sistemi naturali e insediativi e per la salute e lincolumità
dei cittadini. Limpegno della Regione in questo ambito
è anche quello di giungere al più presto allapprovazione
della legge istitutiva dellARPAS (Agenzia Regionale
per la Protezione dellambiente Sardegna), in corso
di esame da parte degli organismi regionali competenti.
La seconda direttrice che vedrà impegnata
la Regione nei prossimi anni riguarda, coerentemente con gli
indirizzi comunitari, il perseguimento della qualità
ambientale attraverso lintegrazione delle politiche
ambientali negli interventi infrastrutturali, produttivi,
dei servizi, ecc., al fine di ridurre i fattori di pressione
e aggressione sullambiente. Finora, nonostante le frequenti
proclamazioni di adesione al principio di sostenibilità
dello sviluppo, nella pratica della programmazione territoriale
ed economica stentano ad affermarsi quei principi di precauzione
e prevenzione, oltre che di equilibrata gestione delle risorse
naturali e territoriali, che sono i cardini del concetto di
sviluppo sostenibile. Gli interventi previsti nel POR 2000-2006
rappresentano il banco di prova per la reale applicazione
del concetto di sostenibilità come processo. A tale
riguardo una funzione importante è chiamata a svolgere
lAutorità Ambientale, istituita in Sardegna già
con la programmazione dei fondi strutturali 1994-1999, in
applicazione di specifiche norme comunitarie. Limpegno
che attende la Regione a breve scadenza è di rendere
possibile lo svolgimento di tali funzioni, sia dotando lAutorità
Ambientale di risorse umane e finanziarie, sia definendo la
metodologia di verifica dellintegrazione dellambiente
nelle diverse tipologie di intervento e le procedure di concertazione
con lAutorità di gestione e i responsabili delle
misure del POR 2000- 2006.
POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO
Le politiche regionali si inseriscono nel quadro
stabilito dalla strategia europea dell’occupazione e dai NAP
(Piani di azione nazionali per l’occupazione) 1999 e 2000.
La strategia europea dell’occupazione, fondata sui quattro
pilastri fondamentali scaturiti dal “processo di Lussemburgo”,
occupabilità, imprenditorialità, adattabilità, pari opportunità,
valorizza decisamente la dimensione preventiva nel trattamento
dei fenomeni di disoccupazione, privilegiando l’adozione di
misure in grado di rafforzare la posizione degli individui
sul mercato del lavoro e di agevolarne l’inserimento occupazionale.
La definizione di politiche attive del lavoro ispirate a tali
principi informa i Piani d’azione nazionale, soprattutto a
partire dal 1999.
Con la programmazione dei Fondi Strutturali 2000/2006 l’Italia
ha scelto di utilizzare il FSE per sostenere la strategia
europea dell’occupazione. L’intervento del FSE consentirà
infatti di disporre di rilevanti risorse aggiuntive per la
realizzazione delle azioni previste nei NAP secondo le priorità
o pilastri prima citati.
Coerentemente con il QCS, il POR assegna un
valore strategico prioritario alle politiche attive del lavoro
previste dal Policy field A, al cui interno assumono particolare
rilievo gli interventi di organizzazione e modernizzazione
dei Servizi pubblici per l’impiego. Mentre quasi tutte le
regioni a statuto ordinario hanno recepito il Dlgs n. 469/97
relativo al conferimento alle regioni di funzioni e compiti
relativi al mercato del lavoro e hanno istituito i Centri
per l’impiego, la Sardegna sconta un notevole ritardo. Il
decreto di conferimento della delega è stato pubblicato il
19 maggio 2001.
Nel corso di quest’anno l’Amministrazione regionale
ha portato a termine gli studi preliminari per l’elaborazione
del disegno organizzativo sui servizi per l’impiego che dovrà
essere disciplinato con una specifica legge regionale, da
approvarsi entro i 12 mesi successivi alla data di emanazione
del decreto legislativo di conferimento.
La rete dei servizi per l’impiego dovrà essere
portata a regime entro il 31.12.2003, come previsto nel NAP
1999 e nelle strategie dell’Asse III “Risorse umane” del POR
2000-2006. Le norme in questione dovranno prevedere il ruolo
delle Province e degli altri Enti locali, la fisionomia ed
i compiti dei servizi territoriali per l’impiego. Dovranno,
inoltre, definire le funzioni da attribuire all’Agenzia del
Lavoro, che si avvia a cessare le proprie tradizionali attività
di incentivazione, in conseguenza delle modificazioni legislative
nel frattempo intervenute, in parte con la L.R. 36/1998 “Politiche
attive sul costo del lavoro” e in parte con la L.R. 16/1997
“Norme per la formazione e lo sviluppo della cooperazione
sociale”. La definizione dei servizi per l’impiego, e in tale
ambito, dell’Agenzia Regionale del Lavoro, comporterà anche,
la definizione del ruolo e la destinazione del personale statale
che opterà per seguire le funzioni delegate, nonché quelle
del personale con contratto a tempo determinato, attualmente
operante presso la stessa Agenzia Regionale del Lavoro.
Nell’ambito degli interventi a sostegno dell’imprenditorialità,
il quadro di riferimento delle politiche regionali è rappresentato
da una parte da interventi realizzati esclusivamente con fondi
nazionali e regionali e dall’altra da interventi cofinanziati
dai fondi strutturali all’interno del POR 2000-2006.In questo
quadro assumono particolare rilevanza strategica le azioni
relative alla gestione “decentrata” 100 della legge n.215/1992
“Azioni positive per l’imprenditoria femminile”. A seguito
dell’approvazione della L.R. n.26/2000 “Norme a sostegno dell’imprenditorialità
femminile in attuazione della L. 25.2.1992 n.215”, è stato
istituito nel 2001 il Comitato regionale che ha individuato
i criteri integrativi regionali per la concessione dei benefici
previsti dalla L. n.215. La gestione regionale della legge,
anche attraverso l’attuazione di un programma di promozione
e un’intensa attività di raccordo e concertazione con gli
enti locali, ha suscitato una reazione largamente positiva
del mercato, in termini di istanze presentate, le quali ammontano
a 763, un numero di gran lunga superiore rispetto quelle relative
all’ultimo bando a gestione ministeriale, pari 108 unità.
Questo dato, che evidenzia altresì la vivacità dell’imprenditoria
femminile regionale, peraltro indicata come uno dei fattori
forza dell’economia regionale nell’ambito del POR, rende opportuno
un incremento delle risorse finanziarie per il periodo 2002-2004,
per il quale si dovrà tener conto anche dei risultati di un
attento monitoraggio degli interventi, da avviare in tempi
brevissimi.
Le azioni positive previste dalla l. n.215/1992
si integrano in maniera organica con gli interventi previsti
nell’ambito della misura 3.11 “Promozione della partecipazione
femminile al mercato del lavoro” del POR 2000-2006, che prevede
concessioni di prestiti d’onore e offerta di servizi per la
creazione di lavoro autonomo e per la creazione di impresa.
Questa tipologia di azioni si colloca nel quadro più ampio
di una strategia regionale di pari opportunità finalizzata
all’inserimento e alla permanenza delle donne nel mondo del
lavoro, anche attraverso incentivazioni ai datori di lavoro
per interventi di innovazione e flessibilità organizzativa,
estensione del lavoro a distanza, e l’attivazione di una serie
di “misure di accompagnamento”, come la possibilità di usufruire
di servizi di assistenza alle persone in alcune fasi di particolare
carico e investimento lavorativo.
Le politiche regionali per il sostegno all’imprenditorialità
trovano, nell’ambito del POR, ulteriori strumenti strategici
ed applicativi, sia attraverso il FSE, sia attraverso il FESR.
Gli interventi FSE (misura 3.10 “Sviluppo e consolidamento
dell’imprenditorialità con priorità ai nuovi bacini d’impiego”)
privilegiano lo sviluppo delle vocazioni imprenditoriali nei
settori legati al miglioramento della qualità della vita (socio-assistenza,
tutela ambientale, cultura) e caratterizzati da un’elevata
ricaduta occupazionale a fronte di investimenti limitati per
ciascun posto di lavoro creato.Le iniziative previste in tale
contesto si riferiscono particolarmente ad un’offerta integrata
di incentivazioni e servizi di informazione, formazione, consulenza
per la fase di avvio, e di formazione e assistenza finalizzate
al rafforzamento dell’impresa sul mercato.
Attraverso il FESR (misura 4.3 “Sostegno alla
nascita e allo sviluppo di nuove imprese), saranno realizzati
interventi di animazione economica, progetti di incentivazione
di impresa, costituzione di fondi di seed capital e offerta
di prestiti d’onore a favore di microimprese.
Al di fuori delle iniziative cofinanziate dai
fondi strutturali, le strategie regionali riservano infine
un’attenzione particolare al settore della cooperazione. E’
stato infatti predisposto un nuovo disegno di legge concernente
“Interventi a favore della cooperazione”, che prevede iniziative
finalizzate allo sviluppo delle cooperative. Le politiche
regionali finalizzate al miglioramento dell’occupabilità degli
individui comprendono anche una seria di interventi relativi
all’inclusione sociale e all’inserimento lavorativo di alcune
categorie di soggetti svantaggiati (disabili, immigrati, tossicodipendenti,
soggetti che rientrano nelle nuove fasce di povertà, ecc.).
All’interno del POR, (misura 3.4 “Inserimento
e reinserimento lavorativo di gruppi svantaggiati”), è infatti
prevista l’attivazione di percorsi di inserimento che partono
da una specifica definizione dei fabbisogni, utilizzano la
formazione combinata con altri strumenti di politica attiva
e accompagnano tale inserimento nelle diverse modalità possibili.
Riguardo ai portatori di handicap sarà dato particolare rilievo
agli interventi che possono contribuire in maniera decisiva
all’attuazione della L. n.68/1999 “Norme per il diritto al
lavoro dei disabili”. Con questa legge, nel 2001 sono state
stipulate in Sardegna 80 convenzioni tra datori di lavoro
e direzioni provinciali del lavoro, per un totale di 153 assunzioni
attivate. Nel 2002 si passerà alla messa a regime degli interventi,
dopo il necessario adeguamento organizzativo degli uffici
e il coinvolgimento dei soggetti istituzionali e delle parti
sociali interessate, per la predisposizione dei programmi
annuali e dei progetti integrati. Infine, il Consiglio regionale
dovrà esaminare e varare il testo normativo per l’istituzione
del Fondo regionale per i disabili, previsto dall’articolo
14 della stessa legge.
Nel settore degli incentivi all’occupazione,
l’azione regionale ha riguardato gli interventi relativi alla
L.R. 36/1998 “Politiche attive sul costo del lavoro”, norma
regolarmente notificata e registrata dalla UE. Gli aiuti in
essa previsti hanno avuto particolare successo tra gli operatori.
L’Intesa/Convenzione sottoscritta con l’INPS e l’adozione
del sistema dell’autocertificazione per l’accesso ai benefici
sono i fattori che hanno determinato l’immediato interesse
degli operatori. Per il periodo 2000-2002 questo strumento
di incentivazione dovrà essere confermato e potenziato, prevedendo
anche un allargamento della platea dei soggetti che potranno
beneficiare di questi incentivi.
Un altro strumento utilizzato dalle politiche
regionali nel settore degli incentivi all’occupazione è costituito
dagli Interventi per il lavoro sostenuto (L.S.U.) ex L.R.
37/1998. Attraverso tale strumento la Regione ha inteso favorire
il processo di stabilizzazione occupativa dei lavoratori socialmente
utili. Il bacino di riferimento è oggi costituito da oltre
3.100 soggetti e circa 200 enti. Con la sottoscrizione della
convenzione tra il Ministro del Lavoro e la Regione, peraltro,
sono state formalmente trasferite le competenze e le risorse
per la programmazione e le attività socialmente utili, le
cui procedure di rinnovo sono state definite con deliberazione
della GR del 26/06/2001. Con tale convenzione, la Regione
ha assunto l’impegno, per i prossimi tre anni, di stabilizzare
annualmente il 30% dei lavoratori L.S.U e almeno 900 per il
solo 2001.
FORMAZIONE E RISORSE UMANE
In questi ultimi anni, a partire dal 1997,
ha avuto luogo un processo evolutivo di grande portata che
ha riguardato il sistema formativo ed educativo nel suo complesso.
E’ opportuno richiamare alcuni passaggi fondamentali, al fine
di evidenziare il contesto nel quale si inseriscono le strategie
regionali in questo settore.
Nel 1997, la legge 196 ha avviato la riforma
della formazione professionale, dell’apprendistato (introducendo
l’obbligo di formazione esterna all’impresa) e dei tirocini,
mentre, sempre nello stesso anno, la legge 59 introduce l’autonomia
scolastica. Nel 1998, il Decreto legislativo n.112 ha ridisegnato
le competenze diStato, Regioni ed Enti locali per quanto riguarda
l’istruzione e la formazione, in particolare definendo in
maniera più articolata rispetto al passato, relativamente
a quest’ultima, le competenze statali di indirizzo e coordinamento
in rapporto agli standard delle qualifiche professionali,
all’accreditamento delle strutture formative, ai criteri per
la formazione in apprendistato, per i tirocini e per la formazione
continua. Nel 1999 sono stati introdotti, con la legge n.144,
l’obbligo di formazione a 18 anni e la nuova filiera dell’Istruzione
e Formazione Tecnica Superiore (IFTS). Nel 2000, oltre alla
legge sulla riforma dei cicli scolastici, di cui è attualmente
sospesa l’applicazione, va segnalato il decollo della formazione
continua, con una circolare del Ministero del Lavoro attuativa
degli interventi previsti dalla legge n.236 del 1993, che
attraverso le Regioni e le Province autonome mette a disposizione
delle imprese nuove risorse finanziarie per l’attuazione delle
azioni formative aziendali, e con la legge n. 53, che introduce
nel nostro ordinamento il diritto al congedo formativo.
Le linee direttrici di questo vasto disegno
riformatore possono essere indicate: nell’integrazione tra
sistemi (obbligo formativo, IFTS); in una sempre più accentuata
diversificazione dell’offerta formativa, perché diventi realmente
adeguata alle concrete esigenze del lavoro e dello sviluppo;
nella riorganizzazione-riqualificazione sistemica della formazione
professionale, attraverso la definizione di un complesso di
standard nazionali di riferimento, dalla definizione dei requisiti
minimi per l’accreditamento delle strutture formative alla
certificazione dei percorsi, ecc.
L’applicazione di precise procedure e criteri
di accreditamento e, su tale base, il passaggio da una situazione
di mercato protetto a una situazione di effettiva concorrenzialità,
con la generalizzazione di procedure di evidenza pubblica,
costituisce la chiave di volta per una trasformazione del
sistema formativo secondo una logica di efficienza e di qualità.
Le strutture formative sono sollecitate ad assumere il modello
agenziale plurifunzionale, in relazione all’allargamento dei
servizi formativi connessi con la formazione (orientamento),
al passaggio da una funzione esclusivamente gestionale - l’erogazione
corsuale - alla realizzazione di funzioni diverse, quali l’analisi
del fabbisogno, la progettazione, il monitoraggio, la valutazione.
La programmazione dei fondi strutturali 2000-2006 rappresenta
un elemento decisivo per rafforzare queste linee di intervento,
in coerenza con la strategia europea dell’occupazione, fondata
sui quattro “pilastri” scaturiti dal processo di Lussemburgo:
occupabilità, imprenditorialità, adattabilità e pari opportunità.
103 Rispetto al passato, vanno sottolineati due aspetti del
FSE relativamente alla fase 2000-2006: 1) l’attuazione degli
interventi deve basarsi sugli indirizzi comunitari in materia
di occupazione e sulle priorità iscritte nei NAP (Piani d’azione
nazionali per l’occupazione); 2) le attività finanziabili
devono essere di tipo orizzontale ed estendersi al sistema
economico nel suo insieme.
Tutto ciò introduce un deciso mutamento di rotta
rispetto alla precedente programmazione e costituisce un’opportunità
senza precedenti, a livello regionale, per costruire e implementare
una politica delle risorse umane come reale fattore strategico
della crescita.
Va altresì rilevato che, in tale prospettiva,
la riforma della legge regionale n. 47/79 diventa un obiettivo
fondamentale delle politiche regionali. Gli elementi di criticità
emersi dalla valutazione dell’attuazione del POP regionale
1994-1999, quali la scarsa correlazione tra offerta formativa
e analisi dei fabbisogni, l’insufficiente integrazione tra
formazione e strategie di sviluppo locale, la mancanza di
un’azione incisiva volta alla riqualificazione dell’offerta
formativa, la limitata diversificazione delle iniziative formative,
con una prevalenza di attività rivolte a destinatari “deboli”,
rendono necessaria una decisa inversione di tendenza.
Affrontare il problema della costruzione di una strategia
complessiva delle risorse umane significa anche incidere su
alcune criticità relative ai percorsi educativi e all’area
dell’istruzione formale. A tale proposito, i principali fattori
di debolezza riguardano: a) l’incompiutezza del processo di
scolarizzazione di massa, con la presenza di quote significative
di popolazione adulta in età lavorativa che non dispone di
alcun titolo o al massimo della licenza elementare; b) l’ampiezza
del fenomeno della dispersione scolastica, particolarmente
per quanto riguarda gli studenti di sesso maschile; c) la
presenza di gravi carenze nel sistema delle infrastrutture
scolastiche.
All’interno del POR 2000-2006, le politiche
regionali per le risorse umane assumono come obiettivo prioritario
il miglioramento delle condizioni di occupabilità degli individui
in età lavorativa, secondo un approccio di tipo preventivo
del fenomeno della disoccupazione. A tale proposito sono previsti,
in primo luogo (v. Misura 3.2), interventi per l’attuazione
dell’obbligo formativo nel sistema della formazione e nell’apprendistato.
Nel 2002 e negli anni successivi si assisterà presumibilmente
ad un incremento delle iscrizioni ai corsi di formazione,
anche in considerazione di una compiuta e puntuale definizione
dei criteri e delle modalità di riconoscimento dei crediti
per il passaggio dal sistema della formazione professionale
a quello dell’istruzione e viceversa. La frequenza ai corsi
di formazione professionale nell’ambito dell’obbligo formativo
consentirà ai giovani che non intendono più proseguire la
loro esperienza scolastica di acquisire qualifiche professionali
spendibili sul mercato del lavoro locale. A tal fine saranno
individuate, sulla base di un’attenta valutazione dei fabbisogni,
le qualifiche da proporre ai giovani che intendono assolvere
l’obbligo formativo nel sistema della formazione. Altri interventi
di tipo preventivo riguardano: l’offerta di servizi integrati
di formazione, orientamento e consulenza e la riproposizione,
anche per il periodo 2002-2004, di iniziative formative direttamente
finalizzate all’inserimento in azienda già avviate positivamente
nelle annualità 2000 e 2001.
Interventi formativi prevalentemente integrati
con iniziative personalizzate di orientamento e consulenza
verranno attivati nei confronti dei disoccupati di lunga durata,
con una particolare attenzione ad azioni di sostegno alla
partecipazione femminile (v. Misura 3.3).
Un altro obiettivo strategico prioritario delle
politiche regionali è quello del miglioramento della qualità
dei sistemi di istruzione e formazione.
Per quanto riguarda l’istruzione, assumono particolare
rilevanza le iniziative volte a contrastare il fenomeno della
dispersione scolastica, da attuarsi in aree di particolare
disagio sociale, attraverso interventi di recupero educativo,
animazione, orientamento, iniziative di raccordo con le famiglie
e il territorio (v. Misura 3.6). A supporto di tali iniziative,
saranno realizzati anche interventi di tipo infrastrutturale
finalizzati alla riqualificazione degli edifici (Misura 3.12)
Nell’insieme delle strategie volte ad innalzare
la qualità del sistema formativo, contrastando i deficit di
istruzione della popolazione adulta, si inserisce anche l’offerta
di educazione permanente, in modo tale da consentire ai soggetti
destinatari, indipendentemente dalla condizione lavorativa,
di recuperare un titolo di studio o una qualifica o, comunque,
competenze necessarie ai fini dell’occupabilità e dei diritti
di cittadinanza (Misura 3.8).
Nell’ambito dell’istruzione superiore va assumendo particolare
rilievo la costruzione dell’ offerta integrata di istruzione
e formazione propria della nuova filiera dell’IFTS, la cui
sperimentazione è stata avviata a partire dal 1998. I dati
relativi al monitoraggio delle prime due annualità 1998-99
e 1999-2000 mostrano come anche in Sardegna, in sintonia con
una tendenza registrata a livello nazionale, si sia verificato
un sensibile incremento del numero di percorsi formativi avviati
e una crescita dell’interesse dei giovani per questo tipo
di formazione superiore, caratterizzato da una accentuata
innovazione didattica e da un forte collegamento con le esigenze
dello sviluppo economico del territorio.
Relativamente all’area della formazione professionale, l’obiettivo
del miglioramento complessivo dell’offerta sarà perseguito
essenzialmente attraverso: il completamento delle azioni relative
all’accreditamento, che dovranno compiersi, in base a quanto
previsto nel QCS e nel POR, entro il 30.6.2003; la costruzione
e la messa a regime di un sistema a rete di osservazione permanente
dei fabbisogni professionali, dove confluiranno le analisi
dei fabbisogni condotte dagli Organismi bilaterali e da Unioncamere
(Sistema Excelsior); la formazione e l’aggiornamento continuo
degli operatori; l’adozione di una modalità di progettazione
degli interventi formativi in stretta correlazione con lo
sviluppo locale e con i progetti integrati di sviluppo del
territorio, in coerenza con i nuovi indirizzi di attuazione
del FSE.
In un’ottica di integrazione tra politiche per
le risorse umane e politiche di sviluppo, all’interno del
POR 2000-2006 sono previsti interventi di formazione e affiancamento
consulenziale per il personale delle Pubbliche Amministrazioni,
per la formazione continua aziendale, con priorità per le
PMI e per il sostegno alla creazione d’impresa (cfr. in proposito,
la parte relativa alle politiche attive del lavoro del DPEF).
Un ambito privilegiato per lo sviluppo delle
risorse umane regionali è dato dagli interventi tesi a valorizzare
e incrementare l’occupazione femminile (cfr. anche su questo
la parte relativa alle politiche attive del lavoro).
Ulteriori interventi, caratterizzati da una
forte integrazione tra formazione e azioni di avvio e inserimento
lavorativo riguardano l’area dell’emarginazione e dell’esclusione
sociale, già considerati nell’ambito del precedente paragrafo.
AGRICOLTURA
L’individuazione delle linee guida per l’orientamento
dello sviluppo economico e sociale dell’agricoltura in Sardegna
non può prescindere dall’analisi delle dinamiche esogene che
influenzano le politiche di sostegno allo sviluppo del mondo
rurale.
In primo luogo, occorre citare la riforma della
PAC, cioè il graduale abbandono del regime dei sostegni ai
prezzi, politica questa mirata alla riduzione delle eccedenze
in agricoltura. L’apertura crescente dei mercati, la competitività,
la scarsità di risorse finanziarie, gli accordi internazionali,
sono alcuni degli elementi che impongono il ripensamento degli
strumenti diretti allo sviluppo del mondo rurale.
È necessario partire dalla consapevolezza che
le aree rurali non sono un punto debole del sistema Sardegna,
ma, al contrario, possono essere un’autentica ricchezza. Lo
sviluppo rurale, infatti, non può essere considerato semplicemente
uno degli elementi della politica agricola, ma va inteso come
politica fondamentale di accrescimento non solo di singoli
settori produttivi, ma direttamente dei sistemi territoriali.
Non bisogna dimenticare che oltre l’80% del territorio isolano
può essere considerato “rurale”. Qualsiasi intervento diretto
a rendere competitivo questo spazio ha, inevitabilmente, ricadute
positive su tutta l’Isola.
Occorre pertanto che, anche in Sardegna, venga
sancito il principio della preferenza rurale, considerando
lo sviluppo delle zone rurali come priorità per tutte le politiche
di sviluppo della Sardegna. Per fare ciò è necessario un approccio
multisettoriale integrato che, basandosi sulla diversificazione
delle attività economiche, sostenga lo sviluppo dei territori
non solo dal punto di vista infrastrutturale, ma anche dei
servizi e delle imprese agricole, rivalutando l’identità comune
e favorendo l’accrescimento sociale e culturale.
Sotto il profilo del rilancio della competitività
delle imprese, particolare attenzione va data all’incentivazione
delle forme associative dei produttori, al mondo della cooperazione
ed alla promozione di strutture consortili.
Il problema della tutela dei consumatori e
della corretta informazione degli stessi, legate anche alla
recenti discussioni sulla tematica degli Organismi Geneticamente
Modificati (OGM), deve essere affrontato con decisione, in
quanto può essere un notevole punto di forza dell’agricoltura
e del sistema naturalistico sardo nei confronti dell’opinione
pubblica dell’Unione Europea.
Queste enunciazioni di principio devono tradursi
in linee programmatiche e programmi operativi. Nelle aree
rurali, soprattutto dove l’agricoltura ha un ruolo strategico,
occorre sviluppare e promuovere misure che salvaguardino i
livelli occupativi e combattano lo spopolamento rurale, creando,
nel contempo, opzioni di sviluppo e di occupazione: sia alternative
che collaterali. In tale senso va inteso il significato della
multisettorialità.
Quanto detto comporta una profonda riorganizzazione
della politica rurale che,anche dal punto di vista sistematico,avrà
un notevole impatto. In particolare, tutti i programmi dovranno
essere visti nell’unica prospettiva dello sviluppo rurale
sostenibile e, benché le misure previste possano differenziarsi
in quattro distinte linee, l’insieme delle stesse dovrà portare
alla costruzione del nuovo modello di agricoltura sarda; detto
modello, basato sulla multifunzionalità, sulla competitività,
sulla sicurezza e qualità delle produzioni agricole, sullo
sviluppo di migliori condizioni di vita delle popolazioni
rurali, sulla realizzazione di attività alternative e sulla
sostenibilità ambientale, è capace, infatti, di produrre un
effetto moltiplicatore dei singoli interventi, di garantire
il rispetto del principio della coerenza interna, non solo
a livello di programma ma anche di strategia di sviluppo,
e di ridurre il rischio di dannose sovrapposizioni e duplicazioni
delle attività.
Obiettivi
Per quanto riguarda il comparto agricolo, il
DPEF 2002–2004 intende riprendere e rilanciare gli obiettivi
derivanti dalla riforma della Politica Agricola Comunitaria
(PAC). In tale contesto, l’imprenditore agricolo è visto non
solo come produttore di beni primari, bensì anche come soggetto
attivo della conservazione del territorio e dell’ambiente,
cioè come produttore di beni pubblici e di esternalità positive.
Gli obiettivi globali individuati sono, dunque:
il miglioramento della competitività dei sistemi agricoli
e agro - industriali, sia in un contesto di filiera nella
quale dovranno essere compresi l’innovazione tecnologica di
processo e di prodotto e la commercializzazione, sia attraverso
azioni orizzontali a sostegno dell’impresa agricola.
Per il conseguimento di questi obiettivi, l’Assessorato
dell’Agricoltura ha previsto principi guida che sinteticamente
possono essere così individuati:
- il miglioramento della competitività del sistema agro-alimentare;
- il miglioramento delle condizioni di vita in ambiente
rurale e sostegno dei redditi e dell’occupazione agricola;
- la promozione dello sviluppo sostenibile e salvaguardia
del territorio.
Complementari a tali obiettivi sono le tematiche
trasversali (formazione professionale specialistica, ricerche
di mercato e commerciali necessarie per il sostegno dell’export,
etc.) che si ricollegano all’erogazione dei servizi reali
qualificati alle imprese e ai territori intesi quali sistemi
socio - economici (proto - distretti, distretti, ecc.).
Per una più agevole lettura si riporta uno schema
che collega le linee di indirizzo alle linee di attività ed
ai Programmi Operativi attivati o da attivare (di cui all’Allegato
B) per il migliore perseguimento degli obiettivi prefissati.
Linea di intervento: MIGLIORAMENTO DELLA
COMPETITIVITÀ DEI SISTEMI AGRICOLI E AGRO - INDUSTRIALI SIA
MEDIANTE INTERVENTI DI FILIERA CHE CON AZIONI ORIZZONTALI.
Linee di attività/Programma operativo
- Potenziamento dell’impresa agricola nei comparti:
- zootecnico;
- arboreo;
- erbaceo;
- potenziamento ed adeguamento delle imprese di trasformazione
e commercializzazione dei prodotti agricoli;
- aiuti alle aziende agricole danneggiate;
- incentivazione ed introduzione di politiche attive a favore
dell’imprenditoria giovanile;
- promozione e controllo della qualità dei prodotti agricoli;
- promozione della certificazione dei processi di produzione
e trasformazione;
- miglioramento delle conoscenze e delle competenze professionali
degli agricoltori e dei soggetti coinvolti nelle attività
agricole.
Misure ambientali
- Introduzione e mantenimento di metodi di agricoltura
biologica;
- tutela di ambienti agricoli esposti a rischio desertificazione;
- mantenimento e miglioramento dei spazi boschivi;
- introduzione di metodi di Buona Pratica Agricola (BPA).
Interventi diretti alla diversificazione
economica del mondo agricolo
- Sviluppo di attività artigianali e turistiche in ambito
aziendale;
- sviluppo dell’attività agrituristica;
- introduzione di attività alternative in ambito aziendale
(piccoli impianti di trasformazione di prodotti tipici non
contenuti nell’allegato I Trattato dell’UE, produzione prodotti
artigianali tipici, etc.).
Interventi diretti al potenziamento delle
infrastrutture, gestione della risorsa idrica, servizi
- Sviluppo dell’infrastrutturazione rurale del territorio;
- razionalizzazione delle risorse idriche;
- diffusione dell’innovazione e potenziamento dei servizi
reali.
Miglioramento della competitività dei sistemi
agricoli e agro-industriali
Con riferimento a tale linea di indirizzo, occorre precisare
che la gran parte degli interventi strutturali di ammodernamento
sono attuati attraverso i programmi cofinanziati dall’Unione
Europea ed a essi, in particolare, si farà riferimento. La
messa a regime della normativa regionale, in particolare gli
interventi previsti dalla l.r. 21/2000 sull’adeguamento delle
provvidenze regionali agricole alla normativa comunitaria,
dovrà invece garantire interventi sussidiari e complementari
rispetto a quelli previsti dai programmi principali.
Produzione
La linea di intervento mira a creare le condizioni
strutturali per garantire un’adeguata reddittività delle aziende
agricole, attraverso il loro ammodernamento e l’aumento dell’efficienza
dei sistemi di produzione. Tali interventi dovranno,in ogni
caso, essere diretti al miglioramento delle condizioni di
vita dell’agricoltore e della sua famiglia e del lavoro.
Le priorità e i criteri da applicare nel periodo
2002/2004 per l’attuazione della linea di intervento dedicata
al potenziamento dell’impresa agricola si rinvengono in tutte
le linee finanziarie attivate di recente.
In generale, il sostegno agli investimenti verrà
riconosciuto ad aziende agricole che dimostrino: redditività,
possesso di conoscenza e competenze professionali adeguate,
il rispetto dei requisiti minimi in materia di ambiente, igiene
e benessere degli animali in base alla normativa vigente,
l’impegno a seguire il codice di buona pratica agricola e
il rispetto delle norme in materia di sicurezza sul lavoro.
Le condizioni di ammissibilità derivanti dalla normativa comunitaria
sono la grande novità degli interventi strutturali in agricoltura
ed imporranno una automatica selezione tra le aziende agricole
isolane.
Trasformazione e commercializzazione
Gli interventi mirati al miglioramento delle
condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei
prodotti agricoli daranno priorità agli investimenti volti
alla creazione di nuovi sbocchi di mercato, agevolando la
commercializzazione di nuovi prodotti, di quelli di qualità
che possiedano i requisiti conformi alla politica dell’Unione
Europea; tra questi, soprattutto i prodotti ottenuti mediante
i sistemi dell’agricoltura biologica, per i quali, ove possibile,
dovrà essere riservata priorità d’accesso ai finanziamenti.
Verranno finanziati investimenti connessi con la tutela dell’ambiente
(prevenzione degli inquinamenti e eliminazione dei rifiuti),
quelli che comportano una quota considerevole di innovazione
tecnologica o volti ad ottenere nuove tipologie di prodotto,
quelli mirati a rendere meno stagionale ed aleatoria la fabbricazione
dei prodotti trasformati; meritevoli di analoga considerazione
sono gli investimenti tesi a contenere i costi di lavorazione,
di trasformazione, di conservazione, di confezionamento e
di commercializzazione dei prodotti, con particolare riferimento
a quelli ottenuti da agricoltura biologica o, comunque, a
quelli che possono fregiarsi di marchi DOC o IGT.
Qualità
Il graduale e progressivo allargamento del mercato
agroalimentare europeo ha favorito le produzioni dei Paesi
dell’U.E. più progrediti e meglio organizzati, innescando
processi di marginalizzazione dell’agricoltura di quelli meno
evoluti e meno competitivi. Negli ultimi tempi, l’agricoltura
sarda ha registrato notevoli progressi nel campo delle esportazioni,
soprattutto grazie al settore lattiero caseario e vitivinicolo,
a ragione della buona immagine di qualità e salubrità riconosciuta
ai prodotti isolani. Tale processo va incoraggiato, rafforzato
ed esteso anche ad altri comparti più restii ad accettare
gli impegni e gli obblighi precisi ,ed a volte gravosi, che
l’implementazione dei processi di qualità richiedono.
Sarà necessario diffondere la cultura della
certificazione obbligatoria e volontaria di prodotto e di
processo, vista come mezzo di recupero e di rafforzamento
della competitività delle imprese, e come strumento su cui
fare leva per ridurre l'asimmetria informativa sulle caratteristiche
qualitative del prodotto e sulle sue peculiarità distintive
rispetto ai prodotti concorrenti, legandole strettamente all’area
di produzione.
Risulta, pertanto strategica l’azione finalizzata
al potenziamento dei sistemi consortili per la tutela e la
promozione delle produzioni DOP/IGP/STG e di tutte quelle
altre che presentano le credenziali qualitative per il riconoscimento
di un marchio di origine europeo.
Verrà data priorità ai progetti relativi a prodotti
agroalimentari che presentano reali potenzialità di sviluppo,
a più alto contenuto di tipicità e di qualità,in particolare
ai prodotti tradizionali ai sensi del D.M. 350/99 e ai prodotti
a DOC/DOP/IGP/STG - riconosciuti o in via di riconoscimento
ai sensi dei regolamenti comunitari CEE 2081/92 2082/92.
I giovani
L’andamento demografico della Regione registra,
negli ultimi anni, una costante senilizzazione della popolazione.
Il dato, che ha valore in termini generali (l’indice di vecchiaia
nel decennio 1981/91 è passato dal valore 48 al valore 81
e nel 1997 la soglia del valore 100 è stata superata), assume
connotazioni allarmanti in particolare nelle zone interne,
periferiche e montane; in pratica, in quelle realtà che vengono
definite rurali per le loro caratteristiche di orientamento
della forza lavoro e di struttura economica.
Anche i dati relativi all’occupazione sono tuttora
negativi, con un tasso di disoccupazione pari al 22,1% (ISTAT
- Gennaio 2000). L’occupazione agricola è pari al 9% del totale.
Gli interventi 2002/2004 mirano a creare le
condizioni ottimali per favorire l’insediamento dei giovani
in agricoltura, al fine di sostenere la permanenza delle giovani
famiglie in aree rurali e ridurre il fenomeno dello spopolamento.
Si propone inoltre di incentivare il ricambio generazionale
in agricoltura, innovando e qualificando il tessuto imprenditoriale.
Nella specifica realtà sarda occorrerà prevedere
l’erogazione di specifici premi all’insediamento e l’attribuzione,
nell’ambito delle varie misure dei programmi oggetto di cofinanziamento,
di priorità premiali nei riguardi degli imprenditori “under
40”.
Nel novero delle politiche attive occorre richiamare
la necessità di colmare la lacuna normativa in materia di
aiuti di stato; in particolare, come indirizzo strategico,
occorrerà integrare le disposizioni normative esistenti, coerentemente
con gli Orientamenti comunitari, con agevolazioni dedicate
alla creazione/costituzione/ acquisizione di nuove aziende
per i giovani under 40 che si insediano come capi azienda.
La diminuzione dell’età media degli operatori
agricoli ed il possesso delle prescritte competenze professionali,
infatti, costituiscono elementi essenziali ai fini dell’evoluzione
e della specializzazione dell’agricoltura, il cui razionale
esercizio richiede crescenti livelli di formazione generale,
tecnica ed economica.
La formazione
L’evoluzione della moderna agricoltura ed il
livello di specializzazione che essa richiede determinano
l’esigenza di attivare linee formative sia di carattere generale
che, soprattutto, sugli aspetti tecnici ed economici strettamente
connessi alla produzione agricola ed a quella agroindustriale.
La formazione appare indispensabile nei processi
di riorientamento delle produzioni e nell’indirizzo della
gestione verso modelli economicamente più vantaggiosi per
l’impresa; solo in tali condizione, infatti, quest’ultima
sarà in grado di indurre l’attuazione, non solo a livello
aziendale, di politiche dirette alla qualità delle produzioni
ed al rafforzamento della maglia delle imprese potenzialmente
produttive.
Inizialmente verrà pertanto attivata una linea
formativa cofinanziata dall’Unione Europea dedicata all’attuazione
delle misure del POR, con particolare riferimento all’acquisizione
delle competenze professionali richieste ai giovani agricoltori
per l’accesso alle provvidenze ed ai premi.
Aziende in difficoltà
Il sostegno all’impresa agricola, danneggiata
da calamità naturali o avversità atmosferiche o dalla aggressione
di fitopatie o da epizoozie, è finalizzato al ripristino di
adeguate condizioni di economicità e redditività, nonché all’introduzione
di sistemi di prevenzione adeguati. Nel contesto di tali aiuti
si comprendono anche i premi di assicurazione stipulati contro
i rischi di perdita della produzione a seguito delle avversità
sopra indicate; al riguardo, un ruolo di primo piano viene
svolto dai Consorzi di Difesa delle produzioni intensive,
costituiti per l’attuazione di iniziative di difesa attiva
e passiva delle produzioni.
Negli ultimi tempi, diversi eventi hanno visto
la Regione esposta in primo piano nella predisposizione e
nell’attuazione di interventi diretti a sopperire ai danni
subiti dalle imprese agricole; tra questi si richiamano di
seguito quelli di maggiore rilevanza:
- Riconoscimento dei danni causati dal“virus giallo” del
pomodoro in serra (Bemisia Tabaci) nelle annate 1994/95,
1995/96 e 1996/97;
- Piogge alluvionali dei giorni 11,12,e 13 novembre 1999
– Interventi a favore delle aziende agricole danneggiate;
- Interventi per i danni provocati dalla siccità dell’anno
2000;
- Interventi a favore degli allevatori per fronteggiare
l’epizoozia denominata “Febbre catarrale degli ovini (Blue
Tongue);
La successione dei suindicati eventi hanno reso
assai difficile, ed in alcuni casi ha impedito, il puntuale
completamento dei cicli produttivi annuali, incidendo in maniera
negativa anche sull’attuazione delle politiche di sviluppo
strutturale programmate e cofinanziate dai Fondi comunitari.
La normativa regionale istituisce, con la LR
4/98,la possibilità di un aiuto a favore delle aziende in
difficoltà; tale legge, pur prevedendo una procedura assai
complessa, rappresenta, tuttavia uno strumento basilare in
materia, in quanto non solo permette di intervenire sulle
difficoltà finanziarie delle aziende, ma permette in queste
anche interventi strutturali altrimenti non finanziabili con
altre misure, proprio a ragione della mancanza del requisito
della “redditività”.
Considerata la sistematicità degli eventi dannosi
che hanno una triplice effetto negativo, sulle produzioni,
sul tessuto imprenditoriale agricolo e sul bilancio regionale,
occorre ampliare le forme di intervento di tipo assicurativo,
con contenuti “all inclusive” che, accanto alla certezza della
spesa regionale, assicurino un pronto ristoro per i danneggiati.
Misure ambientali
La crescente attenzione ai problemi ecologici
si è materializzata in una serie di norme volte alla salvaguardia
degli equilibri degli ecosistemi, date le specificità ambientali
che emergono da un territorio fisicamente disomogeneo come
quello sardo. Se, da un lato, l’agricoltura sarda incontra
difficoltà sul piano produttivo ed economico, dall’altro,
si incontrano elementi positivi per gli aspetti più strettamente
ambientali.
Gli ordinamenti colturali e le tecniche di produzione
adottate si dovranno distinguere, in linea di massima, per
un contenimento del loro impatto sull'ambiente, determinando
conseguenti ricadute positive sulla conservazione e sull’eventuale
recupero degli equilibri di ecosistemi compromessi, nonché
sulle possibilità di incremento di valore aggiunto alla produzione
agricola derivante dalla maggiore salubrità degli ambienti
di coltivazione e della più elevata qualità “globale” della
produzione.
Il riconoscimento, all'interno del sistema agricolo
regionale, delle diversità ambientali porta a considerare
l'importanza della possibile individuazione, per i futuri
interventi, di specifiche priorità verso l’attivazione di
politiche capaci di coniugare la sostenibilità ambientale
con la specializzazione produttiva.
Le caratteristiche dell’ambiente sardo favoriscono,
in tutte le filiere produttive, l'ottimale applicazione della
legislazione regionale in materia di produzione biologica
e integrata, anche alla luce dell'opportuna estensione di
impiego di marchi di qualità e di provenienza geografica In
tale contesto, appare prioritaria l’armonizzazione e l'integrazione
di tutte le iniziative in atto in materia di tutela ambientale,
al fine di evitare la sovrapposizione di strategie non compatibili
e di attivare sistematici interventi di monitoraggio che consentano
valutazioni d'insieme alle diverse scale di intervento.
L’agricoltura biologica
L’agricoltura biologica ha registrato, a livello
europeo, una crescita esponenziale negli ultimi anni; nel
periodo 1994/1999, si è passati dai 98.000 ettari censiti
(Fonte: IFOAM) ai 2.970.155 ettari del 1999 (Fonte: Sol Stiftung
Okologie & Landabau – Germania).
La crescita del settore è stata sicuramente
condizionata dalla consistente azione comunitaria di sostegno
finanziario alle aziende che introducono e mantengono i metodi
dell’agricoltura biologica (Misura A del reg. CEE n. 2078/92).
Tuttavia è da evidenziare che recentemente, anche a livello
mediterraneo, si è sviluppata una buona sensibilità dei mercati
e dei consumatori nei confronti dei prodotti biologici certificati.
Ciò è confermato dal fatto chela crescita non si è arrestata
malgrado la graduale riduzione degli aiuti comunitari al settore
per effetto della chiusura del Reg. 2078/92 e del passaggio
ai PSR (Piani di Sviluppo Rurale) previsti dal Reg. (CE) n.1257/99
sul sostegno allo sviluppo rurale.
L’analisi della realtà italiana, attraverso
la scomposizione su base regionale del numero di aziende e
delle superfici certificate, evidenzia risultati interessanti;
nelle regioni italiane ricadenti nel bacino Mediterraneo Occidentale
(Sardegna, Sicilia, Calabria, Campania, Lazio, Toscana, Liguria),
infatti, l’agricoltura biologica è praticata da 27.587 aziende
(63,13% del totale nazionale), ponendo, di fatto, in risalto
la netta predominanza delle regioni tirreniche, per altro
favorite nell’adozione di metodi ecocompatibili di coltivazione
dalla tradizionale estensività dell’agricoltura locale oltre
che dalle più favorevoli condizioni climatiche rispetto alle
altre regioni.
Le Regioni leader nel comparto sono la Sardegna,
per quanto attiene alle superfici agricole controllate (oltre
250.000 ettari), e la Sicilia, per quanto riguarda l’aspetto
del numero di aziende aderenti (9.774). Le due isole, pertanto,
rappresentano il 25% del comparto a livello nazionale e, di
conseguenza, sono un fondamentale serbatoio di prodotti biologici
per i mercati dell’UE. I dati sopra esposti evidenziano il
particolare interesse e l’importante ruolo che può assumere
la Sardegna nel settore delle produzioni biologiche.
Per quanto attiene gli indirizzi produttivi
principalmente praticati nell’agricoltura biologica nazionale
si registra la netta prevalenza delle coltivazioni foraggiere
(46%) e cerealicole (21,4%); è evidente l’importanza delle
colture tipicamente mediterranee quali: l’olivicoltura (9,5%
- oltre 70.000 ettari), l’ortofrutta (6,7%) e la viticoltura
(2,4%) che, conseguentemente, rappresentano una quota importante
soprattutto nell’ottica della corrente esponenziale alimentata
nei confronti dei Paesi nord - europei (Fonte: Biobank – Italia).
In Sardegna sono notificate ai metodi dell’agricoltura
biologica oltre 8300 aziende che operano su una SAU di circa
250.000 ha. L’indirizzo produttivo principale è quello foraggiero
che interessa oltre il 65% delle aziende aderenti e quasi
il 90% delle superfici coinvolte. Assumono un discreto interesse
statistico l’olivicoltura (3500 ha - 900 aziende), la cerealicoltura
(5500 ha 650 aziende) e la viticoltura (1250 ha). Tra gli
altri comparti hanno discreto interesse economico l’orticoltura
e l’agrumicoltura biologica praticata da oltre 250 aziende.
Se, dal punto di vista produttivo, è evidente
la netta prevalenza dei paesi mediterranei e delle zone insulari
del comparto dell’agricoltura biologica, a livello comunitario
la situazione appare radicalmente opposta per quanto riguarda
il consumo di prodotti certificati. Infatti, anche in virtù
di una più spiccata attenzione nord europea alle tematiche
ambientali e di sanità degli alimenti, le medie più alte di
vendita di prodotti biologici a livello europeo si riscontrano
in Germania, in Inghilterra, in Francia e nei Paesi Scandinavi.
In tutti gli Stati del Bacino del Mediterraneo Occidentale
il consumo non supera l’1% del mercato alimentare complessivo
(Fonte: AcNielsen).
Il quadro che deriva dal raffronto tra offerta
e domanda di prodotti biologici evidenzia le ampie possibilità
di crescita del comparto a livello mediterraneo dove, oltre
al prevedibile incremento della domanda interna, vi sono concrete
possibilità di espansione di mercato soprattutto per i prodotti
ortofrutticoli, vitivinicoli e olivicolo-oleari. Discorso
a parte va fatto per il comparto zootecnico biologico (carni
e derivati, latte e derivati, uova etc.) dal momento che,solo
nel 1999 (Reg. CE n.1804), l’Unione Europea ha approvato una
normativa specifica che uniforma la loro certificazione. Infatti,
il comparto appare sottodimensionato rispetto alle proprie
potenzialità.
Tuttavia si riscontra un interesse crescente
verso le produzioni zootecniche biologiche. Nei prossimi anni,
è prevedibile una crescita esponenziale sia della produzione
che del consumo di prodotti biologici; pertanto, per il comparto
in argomento, si pongono prospettive importanti per le aree
del Bacino del Mediterraneo Occidentale, soprattutto per quanto
riguarda il settore ovicaprino largamente diffuso in tale
area. Ma se come numero di aziende i dati sono positivi, non
altrettanto si può dire dell’aspetto economico delle produzioni
biologiche. Infatti il comparto fattura attualmente poco più
di 40 miliardi di lire e la certificazione di prodotto viene
utilizzata annualmente da poco più di 200 aziende (3% delle
aziende notificate). E’ prevalso il concetto di agricoltura
biologica come fonte di aiuto al reddito concesso dalla Comunità
Europea, mentre è stato sottovalutato l’aspetto della valorizzazione
dell’offerta connessa all’attuazione dell’agricoltura biologica.
Gli spazi boschivi
Uno sviluppo rurale armonico e rispettoso dell’ambiente
non può prescindere dalla attenzione rivolta al settore forestale.
Pertanto, un regime di sostegno razionale ed equilibrato a
favore di quest’ultimo è indispensabile per contribuire alla
tutela ed alla salvaguardia del territorio in aree sensibili.
Gli interventi dovranno tendere ad innalzare l’indice di boscosità
della regione, dando così una valenza ambientale alle aree
interessate ad agricoltura tradizionale, contribuendo a una
ulteriore riduzione delle produzioni alimentari eccedentarie.
L'offerta di legno proveniente dai boschi isolani
è di fatto ridottissima: nel 1994 le utilizzazioni legnose
forestali sono state valutate in circa 26.800 metri cubi di
resinose e 122.700 di latifoglie. Per il 95% la produzione
è destinata all’ottenimento di energia (legna da ardere e
carbone principalmente), mentre la restante percentuale è
costituita da legname da opera. In Sardegna, tra le formazioni
boschive assumono importanza primaria le sugherete che forniscono
la materia prima per le industrie del comparto; tali formazioni
hanno una rilevante valenza in quanto coniugano, in maniera
non antitetica, l’elevato valore ambientale con l’interesse
commerciale del sughero, la cui domanda è in tendenziale aumento,
anche in relazione alla peculiarità qualitative che sono tali
da farlo preferire a quella proveniente da altri Paesi comunitari
ed extra-comunitari.
Appare indispensabile, nell’ottica di un potenziamento
e della tutela delle produzioni locali, favorire la realizzazione
di nuove sugherete in sostituzione di quelle fortemente degradate,
al fine di assicurare la continuità di una produzione di pregio
e quantitativamente adeguata ad approvvigionare le industrie
locali di trasformazione del prodotto “sughero”. Considerato,
inoltre, il divario tra la domanda e l’offerta della materia
prima e la dipendenza dall’esterno, occorre attivare politiche
dirette a superamento di tali situazioni, coinvolgendo, in
misura più incisiva, gli agricoltori in azioni di miglioramento
dell’ambiente rurale e di diversificazione dei redditi ottenibili
dalle superfici agricole.
La desertificazione
L’insieme dei fenomeni relativi a perdita di
suolo, siccità, alluvioni, deforestazione, ecc., può configurarsi,
in Sardegna come nelle altre Regioni del bacino del Mediterraneo,
come un vero e proprio processo avanzato di desertificazione.
E’ evidente che un simile problema influenzi, in modo drammatico,
tutte le attività economiche e sociali. La Regione Sardegna
ha già avviato concrete iniziative per contrastare il fenomeno,
ponendo in essere sia azioni di monitoraggio che interventi
tecnici mirati. In particolare è stata attivata una segreteria
tecnica interassessoriale che ha predisposto, sulla base di
linee nazionali, il Programma regionale di lotta alla siccità
ed alla desertificazione ed al cui lavoro si fa riferimento.
Particolare valenza assume, al riguardo, la
problematica connessa all’uso dei terreni a pascolo che hanno
rappresentato, in Sardegna, la destinazione d’uso prevalente
per tutte quelle aree dove la morfologia, il clima, la copertura
vegetale e il suolo le rendeva inadatte ad impieghi agricoli
più intensivi.
Fino agli anni ’60 tali aree, quasi sempre diffuse
in situazioni di media e alta collina, durante la stagione
estiva erano soggette al pascolo delle stoppie o erano interessate
da rotazioni, biennali a quadriennali, nel cui ciclo era previsto
un turno di riposo a pascolo. Nei decenni successivi le migrazioni
verso il continente, ma soprattutto quelle interne verso le
aree costiere metropolitane e industriali, hanno portato all’abbandono
di vaste superfici agricole: dagli anni 1961-91 si è registrata
infatti una progressiva diminuzione della superficie occupata
dai pascoli, passati da: 1.482.629 ettari del 1961 ai 789.499
ettari del 1991, pari rispettivamente al 61,5% e al 32,8%
della superficie regionale.
Nel contempo, una politica regionale di sostegno
finalizzata alla creazione e alla estensione della proprietà
diretta delle terre ha favorito la crescita del livello tecnologico
del settore agropastorale, determinando l’incremento del carico
animale gravante sui pascoli: Il numero di capi è passato
dai 3.059.301 del 1961 ai 3.923.080 del 1991, con un incremento
del 28%. L’intensivizzazione ha condotto alla costante necessità
di foraggi freschi per gran parte dell’anno, particolarmente
di erbe da pascolo, costringendo l’allevatore a mantenere
inerbito il pascolo e ad estenderne la superficie interessata
attraverso le classiche pratiche dell’aratura e dell’incendio.
Conseguentemente il sovrapascolamento, l’erosione, gli incendi
e l’utilizzo di aree non adatte all’agropastorizia di tipo
intensivo, hanno portato al rischio di desertificazione di
oltre il 50% della superficie totale delle aree a pascolo
in Sardegna, soprattutto sulle matrici più difficilmente alterabili
(quarziti, graniti, dolomie), che non consentono, se non in
tempi lunghissimi, la ricostituzione dei suoli erosi in tutto
od in parte.
Altro aspetto importante è rappresentato dalla
perdita di suolo per l’eccessiva urbanizzazione con particolare
riferimento alle aree costiere fortemente interessate dai
flussi turistici, i processi di modifica delle caratteristiche
e proprietà dei suoli, l’impoverimento eccessivo delle falde
profonde a causa degli emungimenti prolungati per sopperire
alle croniche e ricorrenti carenze nell’accumulo di risorse
idriche da destinare agli usi agricoli, industriali e civili.
E’ evidente che, solo attraverso una attenta programmazione
di una complessa ed articolata serie di interventi, che tenga
nel dovuto conto anche le iniziative degli altri Paesi interessati
dal fenomeno, sarà possibile arginare, rallentandolo, il decorso
degenerativo del processo di desertificazione. Potenziamento
delle infrastrutture, gestione della risorsa idrica, servizi.
Infrastrutture
L’infrastrutturazione del territorio rurale
sardo si caratterizza, in modo particolare quello delle zone
interne, per l’inadeguatezza e spesso per la carenza di una
rete di infrastrutture rurali che consentano l’ammodernamento
ed il conseguimento di economie esterne da parte delle aziende
agricole. Le modalità di intervento per rimediare a tale carenza
va programmata con una serie di interventi di rete, indirizzati
al conseguimento di assetti territoriali più organizzati che
permettano inoltre di dare valore aggiunto alle altre linee
di intervento da programmare per lo sviluppo dell’agricoltura
e dell’economia territoriale nel suo complesso.
Una prima serie di interventi riguardano la
manutenzione e la ricostruzione della viabilità rurale, l’estendimento
della rete elettrica, la costruzione di acquedotti rurali.
Una seconda serie di interventi riguarda la ricomposizione
fondiaria, con la predisposizione del programma di riordino
fondiario e del programma per la definizione di eventuali
esigenze infrastrutturali nonché la predisposizione e realizzazione
di permute migliorative e di eventuali acquisti ed assegnazioni
di terreni per la formazione e/o accorpamento di efficienti
imprese agricole. Gli interventi volti alla realizzazione
degli acquedotti rurali, al potenziamento dell’elettrificazione
rurale e manutenzione e costruzione della viabilità rurale
dovranno garantire il collegamento delle aziende con i Comuni
vicini, dotare di energia elettrica tutte le aziende che hanno
validità economica ed assetto produttivo stabilite anche in
zone marginali, dando la priorità a quelle provviste di mungitrici
meccaniche e garantire la disponibilità di acqua per uso potabile
agli operatori agricoli. Quindi evitare lo spopolamento delle
campagne e rendere più competitiva l’economia agraria della
Regione.
I servizi
L’agricoltura sarda è fortemente penalizzata
per condizioni strutturali, organizzative ed ambientali, rispetto
non solo alle più evolute agricolture europee ma anche rispetto
a quelle di delle altre regioni italiane anche rientranti
nell’obiettivo 1.
Risulta particolarmente debole l’aspetto dell’innovazione
tecnologica, della ricerca applicata e dell’assistenza tecnica.Si
pone dunque il problema di affrontare queste problematiche
mediante un’azione di potenziamento, razionalizzazione e coordinamento
delle risorse finanziarie ed esse dedicate, creando sinergie
con il sistema degli Enti e con le attività in essere già
finanziate a livello nazionale e comunitario, come ad esempio
il POM (Programma Operativo Multiregionale di cui al QCS 1994/99),
Assistenza ai Servizi di Sviluppo in Agricoltura che prevede
un’apposita misura diretta alla “Ricerca e trasferimento dei
risultati, potenziando il sistema dei servizi esistente, sia
dal punto di vista quantitativo che qualitativo.
Le priorità vanno individuate negli interventi che favoriscono
e potenziano il trasferimento dei risultati della ricerca
e sperimentazione, e delle innovazioni in genere, agli operatori
agricoli tramite l’azione di assistenza tecnica che avviene
attualmente anche con l’apporto della divulgazione agricola
e l’intervento delle organizzazioni professionali delle associazioni
di allevatori.
Inoltre il tema si lega direttamente ai cosiddetti
servizi reali, cioè a tutta quella attività “orizzontale”
che non promuove in maniera diretta il potenziamento delle
singole imprese ma agisce a livello di sistema intervenendo
sui punti di criticità del settore primario in senso immateriale:
assistenza tecnica in senso stretto, divulgazione, ricerca,
progettazione, valorizzazione delle produzioni, studi ed in
genere l’attività di consulenza globale sulle problematiche
di filiera. Le linea di intervento collega direttamente l’attività
dell’Assessorato a quella svolta dagli Enti Strumentali Agricoli,
a cui spetta istituzionalmente l’attività di ricerca, assistenza
tecnica e di supporto alle imprese.
Gli Enti strumentali
È necessario inquadrare le linee programmatiche
dell'attività degli Enti strumentali alla luce del più generale
disegno di legge di riforma degli Enti strumentali, in quanto
appare improcrastinabile una semplificazione strutturale del
sistema che consenta lo snellimento dell’azione amministrativa
e il raggiungimento di elevati standard di efficacia. Ad ogni
modo, sino a quando l'intervento legislativo non muterà lo
status quo, l'operatività degli Enti, pur pesantemente limitata
dalla diminuita disponibilità dei finanziamenti regionali,
continua ad essere utile per l'agricoltura regionale. Il minimo
comune denominatore degli interventi programmatici degli Enti
è il conseguimento ottimale dei compiti istituzionali affidati.
In particolare l’attività dell’Istituto Zootecnico e Caseario
si svolgerà secondo due principali linee di intervento. Innanzitutto,
quanto riguarda le strutture, gli impianti e le apparecchiature
scientifiche, l’obiettivo è quello di intervenire opportunamente
per mantenere elevato lo standard operativo e consentire all’Ente
di sviluppare al meglio i propri programmi In secondo luogo,
l’attività di ricerca e sperimentazione avrà come obiettivi
principali:
- il miglioramento genetico delle specie e delle razze
di interesse zootecnico per la regione;
- la messa a punto di modelli di alimentazione e di allevamento
degli animali particolarmente nel settore ovino e caprino,
che siano conciliabili con gli attuali indirizzi di salvaguardia
dell’ambiente e di valorizzazione dei criteri della produzione
biologica;
- lo studio e la ricerca sulle produzioni tipiche della
nostra Regione (latte, formaggi, salumi etc.);
- la creazione di nuovi prodotti a partire dal latte ovino
e caprino.
L’Ente Regionale di Sviluppo e Assistenza
Tecnica svolgerà compiti di assistenza tecnica nei diversi
comparti produttivi con interventi che riguardano le diverse
filiere in tutti i loro aspetti: dalla produzione alla trasformazione,
dalla commercializzazione alla valorizzazione (marchi di qualità).
Di importanza decisiva è considerata l’attività,
trasversale a tutti i settori sopraindicati che viene svolta
a favore delle produzioni biologiche o, quanto meno, delle
colture condotte con sistemi di agricoltura integrata. In
effetti la necessità di salvaguardare l’ambiente e le coltivazioni
dall’inquinamento è al centro di tutti i programmi di Assistenza
Tecnica.
Per quanto concerne gli indirizzi programmatici
dell’Istituto di Incremento Ippico, le risorse finanziarie
saranno concentrate preliminarmente all’adeguamento numerico
e alla riqualificazione della risorsa umana, in quanto strategiche
per qualsiasi altra trasformazione e miglioramento dei punti
critici del settore. Sono altresì previsti interventi tecnologici
binari ovvero sulla tecnologia della riproduzione e sull’informatizzazione.
Il Centro Regionale Agrario Sperimentale
nello svolgimento dei suoi compiti istituzionali connessi
alla necessità di innovare, razionalizzare e promuovere il
comparto agricolo e le sue produzioni opera nel campo della
gestione e valorizzazione delle risorse pedologiche, idriche
ambientali, colturali ed imprenditoriali. Nella valorizzazione
delle risorse ambientali viene dato notevole risalto, attraverso
ricerche avanzate, alla individuazione, moltiplicazione e
diffusione dei tipi floristici isolani, con particolare riferimento
a quelli di valore foraggero, aromatico, tintoreo, officinale
e paesaggistico.
Il sistema amministrativo
Per attivare le linee strategiche delineate
appare opportuno avviare una accelerazione ed un potenziamento
dell’attività mirata a realizzare condizioni di “discontinuità”
con le modalità attuative precedenti.In particolare tale obiettivo
si pone per quanto attiene l’azione amministrativa della Regione.
In tale direzione è auspicabile un intervento più incisivo
diretto a snellire i procedimenti burocratico-amministrativi,
ad attuare politiche del personale finalizzate a realizzare
condizioni di maggiore efficienza degli uffici regionali nell’attuazione
delle linee programmatiche e ad attivare sistemi di monitoraggio
e di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati
delle attività svolte.
Con riferimento ai procedimenti burocratico-amministrativi
sarebbe opportuno accelerare la fase di semplificazione legislativa
ed amministrativa attraverso l’approvazione del D.D.L. concernente
“Norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto
di accesso”. L’approvazione di tale provvedimento permetterebbe,
infatti, la riduzione del numero dei procedimenti e dei termini
procedimentali, la semplificazione ed accelerazione delle
procedure di spesa contabili ed il trasferimento ad Organi
monocratici od a Dirigenti amministrativi di funzioni, anche
decisionali, che, per loro natura, non richiedano l’esercizio
in forma collegiale e la sostituzione degli Organi collegiali
con Conferenze di Servizi o con interventi nei relativi procedimenti
dei soggetti portatori di interessi diffusi. Per quanto attiene
alle politiche del personale, in particolare per quello impegnato
nel raggiungimento degli obiettivi di programma, dovranno
essere applicati i sistemi di valutazione dei dipendenti previsto
dallo Contratto Collettivo Regionale di Lavoro di recente
approvazione.
Dovranno inoltre essere definite strategie che
consentano, nel breve-medio termine, l’effettivo decentramento
amministrativo agli Enti locali (Comuni e Province) delle
competenze inerenti la gestione degli interventi previsti
dalla programmazione regionale. Per conseguenza, dovranno
essere potenziate nell’Assessorato le funzioni di programmazione,
di indirizzo, di controllo e di monitoraggio delle attività.
Per poter assicurare il raggiungimento della semplificazione
amministrativa e della speditezza del procedimento, verrà
introdotto un sistema di “sportello unico” per le imprese
agricole, mutuando principi, procedure e metodologie da quanto
previsto per le PMI.
POLITICA PER LE IMPRESE
Il sistema industriale regionale, malgrado qualche
segnale di ripresa sia in termini di prodotto che di occupazione,
resta caratterizzato dalla debolezza strutturale tipica delle
regioni in ritardo di sviluppo che, sinteticamente, gli deriva
dal predominare della specializzazione produttiva in settori
a bassa intensità di lavoro, dal prevalere della piccola dimensione
nelle imprese, dalla mancanza di esternalità di sistema, dall’insufficiente
specializzazione del comparto manifatturiero, dalla scarsa
dotazione infrastrutturale che accresce le diseconomie dell’insularità.
Ne risulta un sistema industriale poco efficiente, a bassa
capacità competitiva, debolmente inserito nel mercato e nei
processi di internazionalizzazione.
La politica per le imprese, pertanto, non può
che essere orientata verso il tentativo di rimuovere gli elementi
che ostacolano il suo sviluppo e il suo consolidamento. In
tal senso si propone di procedere coerentemente e nel proseguo
dell’impostazione della strategia di sviluppo individuata
nel DPEF dello scorso anno che constatando la necessità per
le politiche regionali di sviluppo di una profonda trasformazione
al fine di ridurre il gap rispetto alle aree più sviluppate,
individuava tra gli obiettivi prioritari da raggiungere quello
di attivare e/o potenziare la capacità del sistema produttivo
di attrarre e di incentivare risorse mobili (principalmente
capitale finanziario e umano).
La politica per le imprese si collega, inoltre,
alle strategie espresse nel POR 2000-2006, tese a qualificare
il sistema imprenditoriale regionale ed a rafforzarne le capacità
attrattiva di investimenti esterni, dando priorità al potenziamento
delle filiere esistenti e dei sistemi produttivi locali, attraverso:
la qualificazione dei prodotti e dei processi aziendali e
dell’innovazione tecnologica, la promozione dei sistemi produttivi
locali, lo sviluppo dei fattori di contesto economico sociale,
il sostegno alla internazionalizzazione delle imprese (Misura
4.1/a, animazione economica).
In un’economia fondata sulla globalizzazione
l’acquisizione di un vantaggio concorrenziale basato sull’innovazione
ha minori possibilità di venire annullato: purtroppo il sistema
delle imprese regionale rispetto a quelli delle regioni più
sviluppate si contraddistingue per un sensibile divario tecnologico
nei sistemi della ricerca, dello sviluppo tecnologico e dell’innovazione.
E’ quindi necessario, per superare questo divario, stimolare
la creazione di imprese innovative, e della new economy in
particolare, oltre che, come già detto, incentivare la R&S
e i legami tra questa e il mondo delle imprese, agevolando
il trasferimento di know-how e l’accesso alla società dell’informazione.
Per il consolidamento e lo sviluppo della base
produttiva esistente, una particolare attenzione va posta
verso il comparto della chimica, in considerazione sia del
ruolo svolto, che di quello attuale, nel processo di industrializzazione
della Regione. Il comparto, infatti malgrado il consistente
ridimensionamento subito rappresenta ancora oggi il 30% della
produzione industriale della Sardegna, per quanto la tendenza
in atto prosegua nella direzione di una riduzione sia in termini
relativi che assoluti di V.A. e di occupati. Pertanto, malgrado
gli ulteriori programmi di dismissione delle attività chimiche
di base localizzate nell’Isola, predisposti da ENICHEM, uno
degli obiettivi della politica regionale per le imprese è
quello evitare lo smantellamento totale del comparto, e, quindi,
la perdita di un patrimonio tecnico oltre che umano, nonché
l’ulteriore riduzione dei posti di lavoro.
Nel perseguimento delle linee sopra delineate,
agli strumenti tradizionali finora utilizzati a favore delle
imprese (sostanzialmente agevolazioni in conto capitale e
in conto interessi, con un progressivo spostamento verso gli
incentivi fiscali) saranno affiancati da nuove metodologie
e nuove linee di intervento che trovano specificatamente attuazione
nell’ambito del Complemento di Programmazione. Ci si riferisce,
in particolare: agli interventi finalizzati all’animazione
per la nascita di nuove imprese, al sostegno alle imprese
per l’acquisizione di servizi per l’incremento delle capacità
imprenditoriali, con particolare riguardo alla crescita della
propensione ad esportare; ai servizi per l’attrazione di imprese
esterne; alle logiche di agglomerazione produttiva entro le
aree attrezzate, favorendo il potenziamento di servizi comuni,
sia logistici che consulenziali; alle politiche per le filiere
produttive favorendo la cooperazione tra produttori rispetto
ai mercati esterni ed agevolando la costituzione di servizi
comuni.
Specifico ruolo e valore rivestirà, per l’attuazione
degli interventi del POR, la realizzazione dei PIT, entro
i quali trova fra l’altro valorizzazione, in termini di ‘premialità’,
lo strumento degli sportelli unici, al cui rilancio su basi
metodologiche unitarie è dedicata una apposita azione della
Misura 4.1. Un particolare sostegno infine verrà confermato
per la imprenditorialità giovanile, con il varo di una nuova
norma sostitutiva della L.R. 28/84.
Industria
La normativa regionale a favore delle imprese
si presenta ancora disorganica e frammentata in molteplici
atti che rendono poco agevole il suo ricorso da parte dei
beneficiari ovvero le imprese. Al fine di razionalizzare le
norme che negli anni si sono succedute ed agevolare il loro
impiego si è formulata la “proposta di legge portante riordino
e razionalizzazione degli incentivi stabiliti dalla Regione
Autonoma della Sardegna a sostegno dello sviluppo industriale”,
attualmente all’esame del Consiglio Regionale che nelle sue
linee essenziali prevede:
- interventi a sostegno degli investimenti industriali;
- creazione di nuova imprenditoria giovanile nel settore
industriale;
- tutela dei livelli produttivi ed occupativi nel settore
industriale;
- sostegno delle maggiori esigenze di capitale circolante
delle aziende connesse all’attuazione di programmi di sviluppo;
- interventi a sostegno dello sviluppo della domanda e dell’offerta
di servizi alle imprese;
- interventi a sostegno dell’internazionalizzazione e dell’associazionismo
economico e commerciale;
- interventi a sostegno delle esportazioni verso Paesi Extracomunitari;
- interventi a sostegno dell’assestamento finanziario delle
imprese in difficoltà;
- interventi a sostegno delle aree attrezzate per l’insediamento
di attività produttive; - interventi a sostegno dello sviluppo
dei distretti industriali;
- interventi di agevolazione all’industria conferiti dallo
Stato alla Regione.
Gli interventi previsti da questo disegno di
legge, tuttavia, si muovono nella direzione della concessione
di contributi in conto capitale o in conto interessi e non
prevedono interventi di tipo fiscale. Pertanto, anche con
riferimento alle considerazioni di cui ai precedenti capitoli,
per cui la variabile fiscale presenta maggiore elasticità
relativamente alle decisioni di investimento di quanto invece
non abbiano gli incentivi tradizionali, è in corso di attivazione
una proposta di disegno di legge relativa alla concessione
di agevolazioni fiscali sotto forma di “crediti d’imposta”,
in sostituzione o ad integrazione dei contributi tradizionali,
e comunque, nei limiti concessi dalle vigenti disposizioni
comunitarie.
Il testo unico degli incentivi industriali rappresenta
un primo esempio di codificazione delle norme regionali che
dovrebbe poi estendersi arrivando gradualmente a ricoprire
l’intero sistema normativo regionale. L’ambizione è quella
di trasformare l’azione della P.A. da onere e vincolo per
le intraprese economiche in fattore della produzione, che
contribuisce all’attivazione e allo svolgimento dei processi
produttivi aziendali.
Nelle more dell’approvazione del surrichiamato
disegno di legge prosegue l’applicazione delle leggi regionali
di incentivazione alle imprese attualmente vigenti, ed in
particolare:
- L.R. 15/94 che consente la concessione di contributi
in conto capitale per la realizzazione, l’ampliamento, la
ristrutturazione e l’ammodernamento di attività nel settore
dell’industria e di alcuni servizi;
- L.R. 17/93 che prevede la concessione di contributi in
conto capitale ed in conto interessi in favore di imprese
ubicate nella Sardegna Centrale;
- L.R. 21/93 che prevede dei contributi in conto interessi
a fronte di finanziamenti per lo sviluppo di attività produttive;
- L.R. 66/76 che prevede finanziamenti in favore di imprese
che si trovano in situazione di crisi aziendale;
- L.R. 31/83 che prevede la concessione di finanziamenti
per l’incremento del capitale circolante di imprese che
attuano piani di investimento produttivi;
- L.R. 44/89 che prevede il consolidamento dei debiti di
azienda in situazione di crisi non strutturale;
- Art. 2 della L.R. 33/98 che prevede contributi in conto
capitale su programmi da realizzare nelle zone minerarie
dimesse;
- Art. 4 della L.R. 37/98 che prevede contributi in favore
dei distretti industriali.
La L.R. 15/94, che prevede la pubblicazione
di un bando e l’utilizzo di una procedura di tipo valutativo
per l’ammissione ai benefici previsti, nei due bandi sinora
effettuati ha reso disponibili a favore delle 269 imprese
ammesse risorse per Lire 411 miliardi, che attiveranno investimenti
per Lire 1.321 miliardi e creeranno un’occupazione aggiuntiva
di n. 5.692 dipendenti. Il bando 2001, di prossima emanazione,
prevede ulteriori risorse per Lire 100 miliardi circa che
potranno attivare investimenti per circa Lire 300 miliardi.
Per quanto riguarda la L.R. 17/93, dopo un periodo
di sospensione dovuto alle nuove regole in materia di aiuti,
che hanno determinato un riesame della stessa presso la C.E.,
nel maggio del 2000 ha ripreso il suo pieno funzionamento
sbloccando numerose istruttorie che si erano accumulate presso
gli enti creditizi convenzionati. Attualmente sono in corso
istruttorie che in caso di esito positivo dovranno attivare
risorse per circa Lire 150 miliardi.
Le LL.R.R. 66/76 e 44/89 sono attualmente all’esame
della Commissione Europea in adeguamento ai Nuovi Orientamenti
in materia di aiuti di stato.
Relativamente all’art.2 della L.R 33/98 sono
attualmente all’esame dell’Assessorato le pratiche istruite
dalla SFIRS. Si tratta di complessive n. 21 domande per un
investimento totale previsto di Lire 92.229 milioni, che dovrebbe
generare un’occupazione di n. 277 addetti ed una richiesta
di contributo per complessivi Lire 36.885 milioni. Al momento
sono state istruite e decretate n. 12 domande per un investimento
ammesso di Lire 27.876 milioni, un contributo di Lire 11.150
milioni e una nuova occupazione di n.102 addetti.
Quanto all’art.4 della L.R. 37/98, si sta procedendo
all’emanazione dei bandi, che prevedono una procedura a sportello.
Solo nei prossimi mesi pertanto si potrà valutare la performance
dell’ intervento.
Per quanto riguarda la L.R. 21/93 sono state
emanate nuove direttive in adeguamento ai Nuovi Orientamenti
comunitari in materia di aiuti di stato, con procedura a sportello.
Gli investimenti previsti da questa legge, in quanto complementari,
sono strettamente collegati a quelli delle L.R. 15/94 e 17/93.
Agli interventi di emanazione regionale si aggiungono quelli
della Legge 488/92, che come noto prevede a favore delle imprese
l’erogazione di contributi in conto capitale. Per l’applicazione
di questa norma la Regione definisce le priorità per territorio
e per settore, ai fini della determinazione dei punteggi regionali
da attribuire sia alla graduatoria ordinaria che a quella
speciale.
Le disponibilità assegnate alla Regione nel
bando 2000, pari a Lire 618 miliardi, sono state destinate
risorse per il 20% alla graduatoria speciale stabilita per
le aree di Villacidro e dell’Ogliastra, che hanno attivato
n. 36 iniziative industriali, mentre la graduatoria ordinaria
ha attivato n. 227 iniziative industriali e nel settore dei
servizi.
Per il bando 2001, le cui disponibilità sono
pari a Lire 322 miliardi, la Regione Sardegna ha confermato
i criteri ed i punteggi già definiti per la graduatoria ordinaria,
privilegiando gli investimenti da realizzare in zone industriali
ed in zone PIP. Per la graduatoria speciale, invece, si è
puntato su una scelta strategica, che anche sulla base delle
considerazioni di cui sopra tiene conto delle attività più
innovative, e della new economy in particolare: a questo comparto
la Regione riserva il 25% delle risorse disponibili della
488.
Più specificatamente le risorse disponibili
(pari Lire 80,5 miliardi) sono indirizzate ai settori della
fabbricazione di macchine per ufficio, di elaboratori e sistemi
informatici, fabbricazione di apparecchi radiotelevisivi e
di apparecchiature per le comunicazioni, all’informatica ed
attività connesse ivi inclusi i servizi connessi alla realizzazione
di sistemi tecnologici avanzati per la produzione e/o diffusione
di servizi telematici e quelli di supporto alla ricerca e
innovazione tecnologica in campo informatico e telematico;
alle telecomunicazioni; alla Ricerca e sviluppo ivi inclusi
i servizi di assistenza alla ricerca e all’introduzione o
adattamento di nuove tecnologie e nuovi processi produttivi
e di controllo, i servizi di consulenza per le problematiche
della ricerca e sviluppo e quelli di supporto alla ricerca
e all’innovazione tecnologica in campo informatico e telematico
(rientrano in questo settore anche le ricerche nel campo delle
biotecnologie).
La L.R. 2/2001 ha stabilito degli “Interventi
a sostegno dell’Associazionismo creditizio di mutua garanzia
tra piccole e medie imprese”. Si tratta di una forma di incentivo
automatico che si inserisce nelle ordinarie attività di provvista
finanziaria delle imprese. L’imprenditore socio di un Consorzio
di garanzia fidi presenta alla banca, o intermediario finanziario
convenzionati, domanda di contributo agli interessi sui prestiti
garantiti dal Consorzio stesso allegando la delibera di rilascio
della garanzia. Il contributo – pari per l’anno 2000 al 64%
del tasso di riferimento – viene erogato direttamente dalla
banca o dall’intermediario finanziario con un accredito contestuale
all’addebito periodico degli interessi passivi. L’istruttoria
delle domande viene effettuata dalle banche o dagli intermediari
finanziari sulla base di precise regole di valutazione del
merito creditizio dell’impresa richiedente, così come avviene
normalmente per la concessione di un prestito.
Il contributo interessi è decrescente nel tempo,
per cui si parte da un contributo del 64% del tasso di riferimento
per l’anno 2000 e si arriva ad un contributo del 40% del tasso
di riferimento nell’anno 2006, in cui scade la misura. La
legge prevede inoltre un contributo regionale in favore dei
Consorzi di garanzia collettiva fidi per l’integrazione dei
fondi rischi. La legge in esame è attualmente in istruttoria
presso la Commissione Europea.
Osservatorio regionale della chimica
Come detto, il settore della chimica rappresenta
ancora oggi il 30% della produzione industriale della Sardegna.
E’ pertanto necessario attivare misure di politica economica
che salvaguardino l’esistente ed evitino i gravi contraccolpi
sui livelli occupazionali che causerebbe un disimpegno totale
di Enichem (che ha in atto un programma di dismissione delle
attività chimiche di base localizzate in Sardegna).
Sulla base di queste considerazioni è stato
costituito l’Osservatorio Regionale della Chimica che, d’intesa
con l’Osservatorio Nazionale, sta portando avanti un accordo
di programma con il Governo per la qualificazione dei poli
chimici della Sardegna. In particolare, fine dell’Osservatorio
è quello di promuovere la qualificazione dei poli chimici
sardi e favorire la reindustrializzazione degli stessi, mantenendo
in Sardegna condizioni ottimali di coesistenza tra tutela
dell’ambiente, consolidamento e trasformazione produttiva
nel settore. Si prevede di promuovere la realizzazione di
investimenti industriali per dotare gli impianti esistenti
di adeguate tecnologie di processo e ambientali, al fine di
rendere le imprese concorrenziali soprattutto sui mercati
internazionali, garantendone l’economicità nel tempo, assicurando
il mantenimento e la qualificazione dell’occupazione. Gli
interventi riguarderanno bonifiche, infrastrutturazioni di
aree, adeguamento dei costi energetici, offerta di servizi
alle imprese, individuazione delle filiere da promuovere,
promozione del territorio per l’attrazione di nuove iniziative.
Inoltre è in corso di stipula tra la Regione
Sardegna, le Province di Cagliari, Nuoro e Sassari ed i Comuni
interessati dai poli chimici, le Organizzazioni Sindacali
e Imprenditoriali, le Imprese Chimiche della Sardegna ed i
Ministeri delle Attività Produttive e dei Lavori Pubblici,
un Accordo di Programma per la qualificazione dei poli chimici
della Sardegna. L’Accordo prevede in particolare “azioni di
risanamento e tutela dell’ambiente” e “investimenti e salvaguardia
dell’occupazione”. Nell’ambito di queste azioni sono già stati
stanziati ed impegnati i fondi a favore del CASIC per la realizzazione
di una pipe-line, che dal complesso di Sarroch porterà direttamente
all’area di Macchiareddu le materie prime fluide necessarie
alle industrie della zona.
Infrastrutture per gli insediamenti produttivi
La Regione Sardegna ha una dotazione di aree
attrezzate per l’insediamento produttivo (24 agglomerati di
16 consorzi industriali) poco nota non soltanto all’estero
ma anche agli operatori locali e nazionali. Per conoscere
l’effettiva potenzialità localizzativa dell’Isola sia sotto
il profilo quantitativo, sia sotto quello qualitativo l’Assessorato
dell’Industria, tramite l’Osservatorio Industriale della Sardegna,
ha attivato un importante strumento per il monitoraggio e
la promozione della localizzazione industriale in Sardegna.
Si tratta del Sistema Informativo Territoriale delle Aree
Industriali della Sardegna (SITAI) che si propone di rispondere
ai seguenti obiettivi:
- marketing territoriale;
- supporto informativo per la pianificazione dello sviluppo
industriale;
- gestione delle aree industriali.
Il sistema è in grado di fornire a potenziali
investitori un supporto tecnico geografico per l’individuazione
dei siti idonei alla localizzazione industriale. Considerate
le buone performance del SITAI per i Consorzi Industriali,
si è già avviata una seconda fase del progetto che prevede
l’estensione del sistema ai Piani di Insediamento Produttivo,
cioè alle aree per la localizzazione industriale e artigianale
presenti in tanti comuni dell’Isola.
Sempre nell’ambito dei servizi di supporto alle
Aree Industriali della Sardegna, l’Assessorato dell’Industria,
il BIC Sardegna e l’Osservatorio Industriale hanno stipulato,
in data 30 maggio 2001 un Protocollo d’Intesa che ha lo scopo
di:
- fornire ai Consorzi Industriali servizi di assistenza
tecnica, finalizzati al potenziamento competitivo delle
proprie aree;
- effettuare un trasferimento di tecnologia finalizzato
a fornire ai Consorzi Industriali moderni strumenti di pianificazione
territoriale e gestione amministrativa, del tipo GIS (Geographic
Information System), utili anche per implementare i meccanismi
di aggiornamento del SITAI; - promuovere la diffusione della
cultura d’impresa, attraverso l’attuazione di iniziative
di animazione economica finalizzate anche ad identificare
le opportunità d’investimento presenti nelle singole Aree
Industriali ed a favorire la creazione e lo sviluppo d’impresa,
attraverso l’offerta di servizi mirati agli imprenditori
o aspiranti tali e l’offerta di spazi localizzativi attrezzati
(Incubatori d’Impresa) all’interno delle singole aree industriali.
Nell’ambito dei Consorzi Industriali è peraltro
in fase di predisposizione un intervento, previsto dalla misura
4.1/H del POR 2000–2006, finalizzato al monitoraggio e potenziamento
del sistema di infrastrutturazione funzionale alle attività
produttive. In base a tale misura la Giunta Regionale approverà
un piano regionale di completamenti infrastrutturali a valere
sui finanziamenti del POR.
Si sta inoltre procedendo ad un riordino della
normativa in materia di Consorzi Industriali, siano essi creati
con legge nazionale (ASI ed NI) o con legge regionale (ZIR),
attualmente caratterizzata da una frammentazione e stratificazione
di norme. E’ in fase di approvazione da parte della Giunta
Regionale un disegno di legge che disciplinerà l’intera materia
dando uniformità e chiarezza alla gestione dei Consorzi Industriali.
Per quanto riguarda i PIP (piani di insediamento
produttivo) si è proceduto ad un riordino della procedura
relativa alla assegnazione dei finanziamenti ai Comuni e agli
Enti Locali che intendano creare o ampliare tali aree. Le
direttive approvate dalla Giunta regionale consentiranno il
superamento del problema, dovuto principalmente ai ritardi
accumulati dai comuni destinatari dell’intervento nel presentare
la documentazione progettuale necessaria, relativo alla formazione
di ingenti residui causati dalla distanza temporale eccessiva
tra assegnazione del finanziamento ad un Comune e delega dei
fondi.
Le zone franche doganali
Tra gli strumenti significativo interesse, soprattutto
relativamente all’efficacia per l’attrazione di impresa, riveste
l’istituzione di zone franche doganali.
Si è, pertanto, provveduto, in attuazione dello
Statuto Sardo e dal D.L.vo 75/98, che prevede l’istituzione
di zone franche doganali nei porti industriali della Sardegna
(Cagliari, Oristano, Porto Torres, Olbia, Arbatax, Portovesme)
e nelle aree industriali a questi collegate o collegabili,
ad approvare, previa concertazione con tutte le Autorità competenti
sulla materia, lo schema di regolamento di gestione della
zona franca del porto industriale di Cagliari, l’unica già
delimitata nel Decreto legislativo 75/98. Tale regolamento
è recentemente divenuto operativo dopo l’emanazione del Decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri che lo approva.
Per rendere operative le altre zone franche,
invece, occorre procedere prioritariamente alla delimitazione
delle aree interessate. Obiettivo della messa in funzione
di queste aree, virtualmente fuori dal territorio doganale
italiano ed europeo, è quello di insediare in particolare
aziende internazionali che traggono vantaggi competitivi da
questo sistema.
In particolare la partenza della zona franca
in un ambito ristretto risponde inoltre ad un duplice obiettivo:
da un lato mettere a punto gli strumenti per la migliore funzionalità
(ad esempio il modello gestionale); dall’altro, per quanto
riguarda la zona d’avvio di Cagliari, la necessità di dare
ulteriore impulso alle attuali delicate fasi di attrazione
di imprese regionali, nazionali od internazionali interessate
a localizzarsi all’interno della zona franca, specie ora che
il porto industriale è operativo.
Il regolamento operativo prevede la gestione
della zona franca del Porto di Cagliari da parte della Società
Cagliari Free Zone, costituita tra Autorità Portuale e Consorzio
per l’Area di Sviluppo Industriale di Cagliari, alla quale
partecipa per il 30% anche la Regione Sardegna.
Marketing Territoriale ed animazione economica
Il marketing del territorio è un fondamentale
strumento per lo sviluppo economico dell’Isola. L’attrazione
di nuova imprenditoria nell’Isola è presente in molte azioni
in atto. In questo senso, tra l’altro, si può parlare di azioni
di marketing territoriale anche per l’attività di riordino
della normativa industriale (testo unico degli incentivi industriali,
disegno di legge sui consorzi industriali, sulle attività
di cava, etc.).
In particolare il programma di marketing del
territorio in atto comprende una serie di misure volte ad
attrarre nuove iniziative economiche, sia attraverso la creazione
di strumenti informativi che, sfruttando le potenzialità delle
nuove tecnologie, agevolano la conoscenza dell’offerta insediativa
delle aree industriali della Sardegna, sia con una qualificata
e mirata azione da svolgersi direttamente all’estero.
Si è scelto di potenziare gli interventi in
atto con l’ausilio di soggetti esterni all’amministrazione
regionale, in grado di divulgare i vantaggi della localizzazione
in Sardegna sia in termini di contributi per nuovi investimenti
sia in riferimento all’esistenza di aree industriali infrastrutturate
e sia in termini di agevolazioni contributive sulla nuova
occupazione attivata.
Il programma approvato, la cui attuazione è
affidata alla SFIRS, ha visto, tra gli altri progetti, la
realizzazione del sopracitato SITAI da parte dell’Osservatorio
Industriale, di azioni di scouting e di trasferimento di know-how,
di azioni esterne di promozione finalizzate all’attrazione
di investimenti (in tale ambito rientrano la partecipazione
allo SMAU ed al Business Expo Boston Massachussetts, nonché
l’organizzazione della manifestazione “Your business in Sardinia”
tenutasi a Milano). Di particolare interesse per le potenzialità
in esso insite la creazione di un portale del marketing territoriale
della Sardegna, attualmente in fase di progettazione che vede
la collaborazione ed il coordinamento dei soggetti che dovrebbero
assumere lo status di agenzie governative regionali.
Ulteriori azioni di marketing del territorio
sono state inserite nel POR 2000-2006. Si tratta in particolare
delle seguenti misure:
- 4.2/A -sistemi di supporto alle decisioni di localizzazione
di impresa e all’attrazione di investimenti esterni,
- 4.2/B – attrazione diretta di investimenti esterni,
- 4.2/C – dispositivi di accoglienza per gli imprenditori
esteri.
Tali misure saranno attuate tramite le Agenzie
Governative regionali (che stanno già collaborando per la
realizzazione del programma di interventi in atto) coordinate
entro un tavolo di coordinamento unitario, come previsto dallo
stesso POR. Questa sorta di interagenzia per il marketing
territoriale sta al momento predisponendo il programma dettagliato
delle singole azioni ricomprese nelle misure del POR. Tale
programma unitario sarà sottoposto all’approvazione della
Giunta regionale e poi attuato dalle singole agenzie sulla
base delle proprie competenze specifiche.
Oltre alle misure di marketing territoriale,
all’interno del POR sono inserite misure di animazione economica,
servizi reali alle imprese, di monitoraggio e potenziamento
delle infrastrutture industriali, di formazione, che, pur
non costituendo regimi di aiuto alle imprese secondo la normativa
europea, hanno una funzione fondamentale nella creazione di
nuove iniziative industriali. Anche l’attuazione di queste
Misure verrà affidata a quegli enti e società a partecipazione
regionale che operano prioritariamente in tali settori ed
a cui la Giunta regionale intende attribuire lo status di
Agenzia Governativa. Secondo quanto previsto dal POR e dal
Complemento di Programmazione, per dette Misure le agenzie
dovranno anche avvalersi, attraverso la sollecitazione e selezione
di proposte secondo procedure di evidenza pubblica, delle
esperienze e delle professionalità esistenti in materia, anche
presso le organizzazioni di rappresentanza imprenditoriale.
Privatizzazioni
In ottemperanza al principio della dismissione
dell’intervento pubblico dell’economia auspicato non solo
a livello regionale (DPEF 2001-2003) ma a tutti i livelli
di Governo (Unione Europea, Stato), si sta procedendo alla
privatizzazione delle aziende produttive partecipate direttamente
ed indirettamente dalla Regione. Questo processo ha portato
alla messa in liquidazione delle diverse finanziarie regionali
di settore, dall’Ente Minerario Sardo (posto in liquidazione
con la L.R.33/98) alle società SIPAS e Intex che operano come
finanziarie rispettivamente nell’agroindustria e nel settore
tessile. La liquidazione delle holding regionali di settore
ha portato alla cessione delle quote societarie da queste
detenute in aziende operative nonché dei beni immobili di
proprietà, in particolare:
EMSA: l’Ente Minerario ha intensificato
le attività di dismissione del proprio patrimonio immobiliare
e mobiliare finalizzate alla liquidazione dell’Ente stesso.
Sono state emanate direttive per la dismissione dell’ingente
patrimonio immobiliare dell’ente e delle sue consociate, da
cedere in parte gratuitamente ai comuni e agli enti pubblici
per la realizzazione di opere di interesse pubblico e in parte
ai privati per la realizzazione di attività economiche attraverso
bandi di gara internazionali.E’ già iniziata la fase della
stipula degli atti pubblici per il trasferimento dei beni
immobili ai Comuni, mentre è in fase di predisposizione il
programma relativo alle cessioni dei beni destinati agli operatori
privati. La privatizzazione delle varie consociate ha visto
portare a compimento le cessioni di Salsarda, Isgra, F. Gold
Sardinia. Rimangono da completare quelle relative alla Nuova
Mineraria Silius, per la quale è previsto un nuovo bando di
gara entro il mese di luglio, alla Carbosulcis, che vedrà
il suo compimento non appena risolte alcune problematiche
sorte in capo all’ATI Sulcis, che dovrà realizzare il programma
di gassificazione del carbone Sulcis, e ad alcune altre piccole
partecipazioni le cui procedure di privatizzazione sono in
corso (Sardinya Crystal, Rimisa);
INTEX: la società ha in corso le procedure
di messa in liquidazione e a tale scopo ha effettuato un avviso
pubblico per manifestazione di interesse all’acquisto della
sua partecipazione del 40% del Calzificio Queen. Inoltre ha
già messo in vendita il suo patrimonio immobiliare ed ha completato
la cessione dello stabilimento industriale precedentemente
esercito dalla controllata Texal, posta anch’essa in liquidazione;
SIPAS: dopo la privatizzazione dello
stabilimento ex Valriso e la cessione delle altre principali
partecipate Casar e Valledoria si avvia ad una rapida chiusura
della fase di liquidazione. Sono destinate alla cessione anche
le altre partecipazioni possedute direttamente dalla Regione,
quali la Fluorsid.
Cave e miniere
È stato avviato il Piano Regionale delle Cave,
che vedrà il suo compimento entro i prossimi mesi, e contemporaneamente
si è avviata una nuova stesura della L.R. 30/89 finalizzata
a rendere più agevole l’esercizio dell’attività di cava. Si
stanno esaminando le possibilità di creare uno sportello unico,
che consenta di accelerare i tempi per la concessione di permessi
di ricerca e concessioni minerarie e di cava.
Nelle more dell’approvazione della nuova L.R.
30/89 è stata trovata una soluzione per coinvolgere maggiormente
i Comuni nella procedura di concessione dei titoli minerari,
consentendo che questi intervengano (attraverso il sindaco
ed un tecnico) alle riunioni del Comitato Miniere per le istanze
relative al proprio territorio. E’ stata anche prevista la
possibilità per l’Assessorato dell’Industria di convenzionarsi
con i comuni (che dispongano del personale qualificato) per
il monitoraggio delle attività estrattive nei rispettivi territori.
Artigianato
Per il comparto del’artigianato che, come noto,
rappresenta una quota consistente dell’imprese isolane e occupa
quantità significative di forza lavoro, valgono in via generale
considerazioni analoghe a quelle fatte circa le imprese industriali.
La politica regionale per il settore è finalizzata a sostenere
in modo strutturale il potenziamento della base produttiva
regionale ed il conseguente innalzamento dei livelli occupazionali.
In particolare si intende:
a) accrescere sensibilmente la diffusione di una cultura
tecnico aziendale idonea a sostenere la competitività delle
imprese attraverso attività di animazione economica diretta
sulle aziende e costruite su modelli d’intervento che regolano
i momenti di selezione di piani d’impresa e di piani di
esportazione degli imprenditori o aspiranti tali e le modalità
di assistenza tecnica per le realizzazioni di dette attività;
b) favorire la diffusione di servizi reali avanzati, ordinariamente
poco fruiti dalle aziende della Regione, attraverso la promozione
di un sistema coordinato di agevolazioni alle imprese per
l’acquisizione di servizi finalizzati a potenziare e migliorare
lo sviluppo di imprese esistenti per quanto concerne la
presenza sul mercato, in particolare estero, l’assetto tecnologico
e organizzativo, l’innovazione di processo e di prodotto,
la realizzazione di sistemi di qualità, la certificazione
dei processi e dei prodotti, l’accesso a forme di finanza
innovativa, la diffusione di tecnologie pulite, di sistemi
di gestione e di certificazione ambientale e di etichettatura
ecologica, l’aggregazione in consorzi specializzati;
c) sostenere finanziariamente in modo strutturale i programmi
di sviluppo delle piccole e microimprese destinati all’avvio
di nuove iniziative e/o al consolidamento di quelle esistenti
attraverso la costruzione di nuovi impianti, e solo in subordine
all’ampliamento, ammodernamento, ristrutturazione, riconversione
e trasferimento di quelli esistenti.
d) favorire l’accesso al credito da parte delle PMI con
il sostegno ai Consorzi fidi per regimi di finanziamento
del rischio delle imprese più innovative legato a investimenti
produttivi e, soprattutto, nel settore telematico, informatico,
elettronico;
e) semplificare il rapporto delle aziende con la Pubblica
Amministrazione tramite il sostegno e il coordinamento metodologico
degli sportelli unici che possa vedere un progetto unitario
di supporto basato sulla validazione delle migliori pratiche
di organizzazione, gestione e strutturazione dei contenuti
informativi e che coinvolga gli enti e soggetti che hanno
maturato nell’isola contenuti informativi e/o organizzativi.
Attraverso l’azione costante dell’Agenzia per gli investimenti
che dovrà svolgere funzioni di Conferenza permanente tra
gli attori dello sviluppo: gli imprenditori, i comuni, la
Regione e il mercato.
I programmi per l’artigianato si configurano
come attuativi delle linee d’azione indicate nelle misure
di competenza dell’Assessorato del Turismo Artigianato e Commercio
previste nel Complemento di Programmazione al POR 2000-2006.
Gli strumenti con cui si intende realizzare
gli obiettivi, sia quelli generali che quelli specifici testè
indicati, fanno riferimento alla normativa regionale esistente
e/o in corso di emanazione. Più specificamente:
- attraverso le provvidenze previste dalla L.R. 51/93
è possibile promuovere e qualificare lo sviluppo del comparto
artigianato, consentendo condizioni più favorevoli per l’ottenimento
di finanziamenti ad un tasso inferiore rispetto a quello
praticato di norma dagli istituti di credito.
- l’art. 10 bis della stessa legge, introdotto dall’art.
3 della L.R. 37/98, consente, attraverso lil contributo
in c/capitale per investimenti, un innesto di nuovi capitali
ovviando, in certa misura, alla cronica sottocapitalizzazione
delle imprese isolane.
Si vuole così perseguire in modo particolare
l’obiettivo di promuovere e qualificare lo sviluppo dell’artigianato
sardo attraverso la sua integrazione con la programmazione
economica regionale, tutelando i livelli produttivi ed occupativi
nel comparto, e facilitando il riassetto finanziario, tecnico
ed economico delle imprese. Sono possibili contributi in c/interessi,
in c/esercizio e in c/capitale, fondi di garanzia sussidiaria,
contributi per l’integrazione del fondo patrimoniale delle
cooperative artigiane di garanzia, consolidamento finanziario,
contributi per la creazione di reti di servizio altamente
innovativi finalizzate alla crescita ed alla qualificazione
delle imprese, contributi per la concessione di concorsi interessi
sui prestiti concessi alle imprese artigiane con la fidejussione
delle cooperative artigiane di garanzia e dei consorzi fidi.
Per tali contributi saranno in parte utilizzate
le risorse provenienti anche dal P.O.R. 2000-2006, in particolare
la misura 4.1 C, che ha come finalità prioritaria quella di
sostenere in modo strutturale il potenziamento della base
produttiva nella regione ed il conseguente innalzamento dei
livelli occupazionali attraverso il perseguimento di obiettivi
specifici, relativamente al sostegno finanziario di programmi
d’investimento destinati all’avvio di nuove iniziative e/o
al consolidamento di quelle esistenti attraverso la costruzione
di nuovi impianti, o l’ampliamento, ammodernamento, ristrutturazione
riconversione e trasferimento di quelle esistenti.
Un’attenzione particolare sarà riservata in
tale settore alla emersione del lavoro irregolare, meno diffuso
nell’isola rispetto al Sud nel complesso, e tuttavia da monitorare
sistematicamente e da combattere con le misure di riduzione
del carico fiscale nazionali e regionale.
Incentivazioni alle Cooperative artigiane
di garanzia; Consorzi Fidi; Confederazioni
Si tratta di contributi di cui al’art.12,comma
3 della L.R n°51/1993, a favore delle: Cooperative artigiane
di garanzia e dei Consorzi Fidi, per favorire la partecipazione
degli operatori all’attuazione degli obiettivi dello sviluppo
regionale. Rafforzando il potere contrattuale dei sopradetti
soggetti nei confronti delle banche convenzionate, si intende
valorizzare l’intervento regionale nell’abbattimento dei tassi
d’interesse.
In tal modo, attraverso il finanziamento dei
fondi di garanzia dei consorzi fidi, sarà possibile sostenere
le imprese più innovative con l’obiettivo di consentire un
più agevole e diffuso accesso al credito delle P.M.I. secondo
criteri di rotazione tra risorse erogate e recuperate. Verrà
inoltre attribuito ai consorzi fidi, come succesivamente richiamato
in relazione alle politiche sul credito, un maggiore ruolo
nella valutazione tecnico economica dei piani di investimento
per i fidi di importo minore (25-50 mila €) destinati alle
micro e piccole imprese, che attualmente scontano difficoltà
od impossibilità di istruttoria presso le banche.
L’I.S.O.L.A.
Una particolare attenzione va posta alla valorizzazione
dei prodotti tipici isolani, tra cui spiccano il manifatturiero
e l’artigianato artistico tradizionale. Tale comparto, infatti
non solo favorisce nuovi sbocchi occupazionali ma, grazie
anche alle sinergie con il comparto turistico, ha buone possibilità
ampliare i confini del mercato regionale. Il turista,infatti,
oltre ad essere attratto dalle bellezze naturali, è sempre
più interessato all’acquisto dei prodotti tipici. L’artigianato
artistico, per le sue peculiarità e qualità, suscita l’interesse
dei visitatori che rivolgono a tale comparto una sempre più
consistente quota del budget vacanziero.
Nell’attuale momento congiunturale, caratterizzato
da un elevato contesto di industrializzazione e di globalizzazione,
l’azione di promozione dell’I.S.O.L.A. appare essenziale ai
fini della tutela e della salvaguardia del comparto artigiano.
Tuttavia è opportuno rivedere l’impianto organizzativo e relazionale
dell’Istituto, ormai obsoleto, potenziando alcune funzioni
e sopratutto estendendo a tutti gli artigiani la possibilità
di operare con esso e considerando nuove strade e possibilità
promozionali e commerciali. La problematica della riorganizazione
delle funzioni e dell’organizzazione dell’ISOLA fa parte di
un disegno di legge, attualmente al vaglio del Consiglio Regionale
per la riorganizzazione degli Enti di promozione.
Nelle more dell’approvazione del citato disegno
di legge, si è provveduto al varo di un piano di rilancio
dell’I.S.O.L.A., contenente misure atte a innescare nell’Ente
meccanismi moltiplicatori capaci di dare impulso e valenza
economica al settore dell’artigianato artistico tipico e tradizionale.
A tal fine l’I.S.O.L.A. dovrà allargare la sua rete relazionale
a tutti gli artigiani che rientrano in quest’ambito produttivo,
agevolando il raccordo tra l’artigianato e il mercato, in
un quadro di controlli e di certificazioni di qualità.
Tra le finalità principali che il Piano persegue
vi è quella relativa all’attivazione di sinergie tra turismo,
artigianato, e agricoltura con l’obiettivo di creare “Ambasciate
sarde” che promuovano e veicolino il prodotto sardo nei suoi
aspetti più significativi, pervadendo il mercato con strategie
innovative e canali differenziati.
Nell’ambito del settore dell’artigianato specifica
e particolare rilevanza assume la pratica dell’apprendistato,
soprattutto ai fini del ricambio generazionale, dello scambio
di conoscenza, della conservazione di un patrimonio inestimabile
di esperienze di continuità, di tradizioni di lavoro che rappresentano
un bene culturale di inestimabile valore La politica regionale
prevede, quindi, con l’assegnazione di contributi in c/occupazione
di agevolare il ricambio generazionale ed il conseguente allargamento
della base occupativa: si stima che realisticamente nel corso
del triennio si potrebbero creare circa 5-6 mila nuovi posti
di lavoro.
In particolare nel disegno di legge, collegato
alla manovra finanziaria, concernente “Incentivi alle imprese
artigiane sull’apprendistato”, sono previste risorse che si
concretizzeranno in un contributo decrescente a favore delle
imprese artigiane che assumono apprendisti ed in un ulteriore
contributo aggiuntivo, qualora tali assunzioni vengano trasformate
da tempo determinato a tempo indeterminato.
Commercio
Tra gli obiettivi della politica regionale vi
sono anche la riqualificazione e lo sviluppo delle piccole
e medie imprese del settore del commercio, nonché la rivitalizzazione
del sistema distributivo nei contesti urbani, nei centri storici
e nelle aree rurali.
Quanto al primo obiettivo, la riqualificazione
e lo sviluppo delle piccole e medie imprese del comparto verrà
perseguita mediante una serie di strumenti normativi già elaborati.
In primo luogo vi sono due disegni di legge approvati dalla
Giunta Regionale (deliberazione n. 44/29 del 2 novembre 2000
e 46/28 del 13 novembre 2000), diretti a riqualificare e sviluppare
il comparto attraverso l’erogazione di agevolazioni contributive
a favore delle piccole e medie imprese commerciali. Le imprese
di questo comparto, infatti, non hanno potuto ottenere alcuna
forma di aiuto nell’anno 2000, in quanto i regimi previsti
dalle precedenti leggi di settore sono stati interrotti a
causa della loro incompatibilità con la disciplina comunitaria
relativa agli aiuti di Stato.
Un secondo strumento è costituito dalla legge
regionale 24 dicembre 1998, n. 37, art. 3, comma 3, mediante
la quale si punta all’adeguamento dei locali aziendali alla
normativa sull’igiene, ambiente e sicurezza nei luoghi di
lavoro.
Altro strumento è dato dalla legge regionale
10 gennaio 2001, n. 2, mediante la quale si vuole favorire
l’accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese.
Un ultimo strumento è rappresentato dalla legge
regionale 23 gennaio 1986 n. 19, mediante il quale l’Assessorato
contribuisce alla formazione dei quadri dirigenti delle imprese,
al finanziamento di studi sui problemi dello sviluppo economico
e sociale, all’erogazione di servizi di consulenza ed assistenza
mediante un contributo annuo alle associazioni di categoria
maggiormente rappresentative.
Quanto alla rivitalizzazione del sistema distributivo,
la forte concorrenza esercitata dalla grande distribuzione
nei confronti delle piccole e medie imprese commerciali e
l’obiettivo di attrarre il più possibile la domanda espressa
dal turismo nelle città sarde, finora trascurate, comporta
che vengano adottate misure atte a rivitalizzare il sistema
distributivo nei contesti urbani, nei centri storici, nelle
aree rurali.
A tal fine si ritiene strategico agevolare lo
sviluppo dell’associazionismo tra le piccole imprese del settore,
in modo tale da consentire la realizzazione di investimenti
di rivitalizzazione e promozione effettuati non in modo sporadico
ed isolato da singoli commercianti, ma da più imprenditori
associati. Gli strumenti previsti per la realizzazione del
programma sono costituititi da due provvedimenti tra loro
complementari. Con la Deliberazione della Giunta regionale
n. 24/6 del 9/6/2000 è stato adottato il programma attuativo
regionale previsto dalla Deliberazione del Cipe datata 8 agosto
1996, ai sensi della legge 549 del 1995, diretto alla rivitalizzazione
del sistema distributivo nei centri urbani, nei centri storici
e nelle aree rurali. Tale programma è stato approvato dal
Ministero dell’Industria, Commercio ed Artigianato con il
Decreto 12 febbraio 2001. Lo stesso Decreto ha disposto la
concessione alla Regione Sardegna della somma di lire 6.208.000.000.
Recentemente la Giunta regionale ha approvato le direttive
di attuazione (Deliberazione n. 12/48 del 12 aprile 2001).
Mediante tale strumento è prevista la concessione di un contributo
in conto capitale del 70% per l’acquisto di beni durevoli
da utilizzare per azioni di riqualificazione e rivitalizzazione.
Il secondo provvedimento è rappresentato dalla
la legge regionale 24 aprile 2001, n.6, art. 6, comma 26 (finanziaria
2001), con cui è stato introdotto un contributo in conto capitale
nella misura del 70% delle spese promozionali relative a programmi
annuali.
Interventi a sostegno dell’imprenditoria
femminile
Nell’ambito della politica regionale delle imprese
un posto di rilievo viene riservato all’imprenditoria femminile.
Si fa in particolare riferimento alla Legge 215/92, recentemente
decentrata alle Regioni, che ha messo a disposizione risorse
aggiuntive per incentivare la propensione a fare impresa per
le donne e per superare i numerosi ostacoli che le donne incontrano
nell’avvio del lavoro autonomo. Le numerose richieste pervenute
a valere sui fondi dell’anno in corso hanno dimostrato che
questo provvedimento legislativo può costituire uno strumento
di creazione di nuova occupazione e di nuove imprese femminili.
Particolare attenzione sarà riservata nella
programmazione regionale, quindi, alla rimozione degli ostacoli
per migliorare l’occupazione femminile, attivando, tra l’altro,politiche
tese alla conciliazione della vita familiare e professionale,
maternità e attività lavorativa con il rafforzamento del sistema
dei servizi sociali sul territorio, attraverso l’efficace
utilizzo dei Fondi Strutturali, così come previsto negli Assi
III e V del POR.
Più specificamente, gli interventi saranno rivolti
a
- incentivare il pieno utilizzo della Legge 215/92 potenziando
il sistema di informazione, sostenendo la progettualità
e accompagnando l’avvio di imprese su tutto il territorio
regionale; - adottare misure per facilitare l’organizzazione
delle piccole imprese in reti e consorzi per ottenere una
offerta specializzata di prodotti in determinati settori
spendibili sul mercato,
- promuovere la concessione di micro-credito o prestiti
d’onore per l’avvio di imprese femminili,
- incentivare le imprese pubbliche e private che attivano
servizi di cura per i /le dipendenti con figli minori a
carico o con figli portatori di handicap,
- promuovere servizi di sostegno alla diffusione nel mercato
dei beni prodotti dalle imprese femminili (ricerche di mercato,
marketing, certificazione di qualità,
- diffondere gli strumenti della programmazione negoziata,
creando l’opportunità per le imprese femminili di entrare
a pieno titolo nei PIT e di utilizzare le opportunità offerte
dai Fondi Strutturali 2000-2006
- attivare sportelli decentrati di consulenza per il lavoro,
con particolare attenzione alle problematiche di genere,
utilizzando le risorse messe a disposizione per la riorganizzazione
dei servizi per l’impiego (SCICA)
- avviare forme di agevolazioni per l’emersione del lavoro
in “nero”, dove alta è la presenza femminile, per offrire
garanzie previdenziali e una occupazione stabile.
POLITICA DEL CREDITO
La politica creditizia s’inserisce a pieno titolo,
come già si era posto in evidenza nel precedente DPEF, tra
le politiche d’internazionalizzazione dell’economia regionale.
Dopo la sostituzione delle monete nazionali con l’euro dal
prossimo 1 gennaio 2002, risulterà compiuto il processo di
unione monetaria tra i paesi dell’UE ed i mercati monetari
e creditizi saranno completamente e definitivamente unificati
a livello europeo.
Con la politica monetaria unica condotta dalla
BCE, scompaiono le nicchie di posizione locale che in passato
determinavano la segmentazione del mercato e favorivano la
formazione di rendite di posizione. Si va affermando al loro
posto un mercato perfettamente concorrenziale che non lascia
spazio alle aziende di credito inefficienti.
Perciò, la Regione ha visto con favore il processo
d’inserimento delle ex banche regionali in gruppi creditizi
più ampi, anche se le modalità con cui questo processo si
è consumato hanno creato non poche perplessità e riserve.
Nell’interesse regionale della comunità sarda, tuttavia, l’aspetto
più importante è che le ex banche regionali abbiano recuperato
o si avviino comunque a recuperare quei livelli di efficienza
in grado di fare fronte meglio alla concorrenza nel mercato
internazionale del credito, soprattutto a livello europeo.
Anche se inserite in gruppi di controllo, ciò
non toglie che le banche d’interesse regionale debbano concorrere
con la Regione al perseguimento degli obiettivi più generali
della politica di sviluppo regionale. Ciò potrà avvenire in
tre modi distinti ma tra loro complementari:
a) con la gestione della tesoreria regionale. Al riguardo,
la Giunta ha deliberato di non rinnovare la convenzione
con gli attuali istituti tesorieri, per inadempimenti vari
da parte di questi ultimi. Contestualmente, è stata indetta
una procedura negoziata per l’affidamento del servizio di
tesoreria ai sensi della Direttiva CEE 92/50 e del decreto
legislativo 17.3.95, n. 157, secondo il criterio di aggiudicazione
previsto alla lettera b), comma uno, dell’art. 23, che prevede
l’offerta economicamente più vantaggiosa. La gestione della
tesoreria, in particolare, dovrà garantire l’effettiva gratuità
del servizio nei confronti degli EE.LL., degli Enti regionali
e delle Aziende Sanitarie USL.;
b) in secondo luogo con l’affidamento alle migliori condizioni
della gestione delle istruttorie delle pratiche di concessione
del credito agevolato e dei contributi in conto capitale
previsti dall’attuale normativa d’incentivazione;
c) infine, con il coinvolgimento della Fondazione Banco
di Sardegna nella promozione delle politiche sociali e culturali.
Al riguardo, è opportuno che la Fondazione esca definitivamente
dal controllo del Banco di Sardegna S.p.A., così come è
previsto dalla normativa nazionale al riguardo e come insistentemente
suggerito dalla Banca d’Italia (da ultimo, nelle Considerazioni
finali del Governatore dello scorso mese di maggio).
Meno impellente appare, invece, soprattutto
alla luce della recente evoluzione della situazione del credito
in Sardegna, l’attuazione del disposto dell’art. 4 dello Statuto,
che riserva alla Regione una competenza in materia di credito
di rilevanza regionale. Nella promozione dello sviluppo economico
regionale verrà potenziato lo strumento dei consorzi fidi,
estendendolo (con apposita normativa) al settore dell’agricoltura
ed attribuendogli un maggiore ruolo nella valutazione tecnico
economica dei piani di investimento, soprattutto per i fidi
di importo minore destinati alle micro e piccole imprese,
che attualmente scontano difficoltà od impossibilità di istruttoria
presso le banche. I consorzi fidi, come noto, sono espressione
della imprenditoria locale e salvaguardano gli interessi di
affidabilità della stessa imprenditoria, supplendo alle carenze
di garanzie bancarie.
In ogni caso, ogni finanziamento ai consorzi
fidi sarà subordinato ad un’attenta analisi della loro situazione
finanziaria e degli effetti prodotti sull’economia regionale,
anche con riferimento alla opportunità di evitare equilibri
impropri fra le carenze strutturali del sistema bancario regionale
(evidenziate dal differenziale dei tassi con il Centro-Nord
di cui alla variabile di rottura “Capacità di finanziamento
a condizioni di mercato favorevoli”) e l’abbattimento sistematico
degli interessi secondo modalità esogene al sistema del credito
stesso.
Per fare chiarezza su questi ed altri problemi
del settore in Sardegna, anche alla luce della recente evoluzione
della situazione creditizia regionale, la Giunta Regionale
intende promuovere una conferenza sul credito da tenersi nel
prossimo autunno, con l’intento di far emergere in quella
sede la futura posizione della Regione con riguardo ad uno
dei settori più delicati del processo di sviluppo economico
regionale.
|