- Mastro Giorgio Andreoli nasce fra il 1465 e il 1470 a Intra presso il lago
Maggiore, come afferma Giuseppe Mazzatinti, storico eugubino dell'Ottocento. Altri storici
come Giovambattista Passeri, studioso del settecento, dicono invece che nasce a Pavia,
perché in alcuni atti notarili Mastro Giorgio è deto "Pavese" per aver
soggiornato in questa città alcuni anni prima di giungere a Gubbio. Infatti dal luogo di
nascita, dove probabilmente ha esercitato l'arte del vasaio, va a Pavia, poi in Romagna e,
attraverso le Marche, giunge in Umbria fino a Gubbio. Nel 1492 suo fratello Salimbene si
associa anche a nome di Giorgio che è assente da Gubbio, probabilmente si trova a Faenza
o in Lombardia, a un mastro di Borgo Sansepolcro, Francesco di Giovanni. Nello stesso anno
il Gonfaloniere e i Consoli proibiscono la vendita sul mercato di Gubbio dei vasi prodotti
in altre città, ad esclusione delle "pignate gualdenses". Grazie a questo
decreto la bottega di Mastro Giorgio prospera ed egli può acquistare nel 1499 una casa e
una bottega presso il Vescovato, comprare terre e vigne. Nel Maggio del 1498 Mastro
Giorgio e i suoi fratelli chiedono al duca di Urbino Guidubaldo I la cittadinanza eugubina
e l'esenzione dalle tasse. Il duca accetta la loro richiesta, perché sono lavoratori
onesti, bravi e sudditi devoti. La produzione della loro bottega fino al 1518, secondo il
Mazzatinti, è di comune uso domestico (tazze, scodelle, boccali per la chiesa di S.
Pietro).
- Secondo Francesco Ranghiasci, studioso eugubino dell'Ottocento, e Giovanbattista
Passeri, invece, Mastro Giorgio nel 1513 modella sia i candelieri di due altari, del
Rosario (oggi a Francoforte sul Meno) e di Sant'Antonio abate della chiesa di di S.
Domenico di Gubbio, sia l'altare dell'Annunziata del monastero degli Osservanti presso
Bevagna. Mazzatinti, tuttavia, afferma che Giorgio non fece alcuna opera plastica; a suo
avviso, le opere menzionate sono di produzione Toscana, forse di Mattia della Robbia. E'
comunque certo che dal 1518 in poi Mastro Giorgio diviene famoso per l'applicazione del
lustro metallico sulle maioliche. Da quast'anno infatti Mastro Giorgio contrassegna con un
suo monogramma le proprie opere. Nelle sue botteghe vengono riverberati piatti di artisti
famosi, quali: Xanto Avelli da Rovigo, Nicola da Urbino detto Pellipario e Baldassarre
Manara. Si ha anche notizia di atti stipulati da Mastro Giorgio e i pittori come Giovanni
Luca di Casteldurante, Federico da Urbino per la realizzazione, decorazione e lustro di
maioliche. La bottega di Mastro Giorgio acquista grande fama proprio per l'applicazione
dei lustri in oro e rosso rubino, ottenuti in terza cottura, contemporaneamente, pur
richiedendo i due colori temperature diverse. Non si sa con esattezza da chi Mastro
Giorgio riprenda tale tecnica: probabilmente a Deruta, forse a Faenza o nella bottega di
un ceramista, Giacomo di Paoluccio, che applica il lustro già prima di Mastro Giorgio.
Cipriano Piccolpasso, architetto e pittore del Cinquecento, nel II libro "dell'arte
del vasaio" descrive l'arte del lustro che dice di aver visto applicare "in casa
di un Mastro Cencio in Gubbio". Dunque Vincenzo, detto Cencio, applica come il padre
i riflessi sui piatti. Nel 1536 Mastro Giorgio, che ha allora circa 66 anni, e i figli
Vincenzo e Ubaldo e gli eredi del fratello Salimbene vogliono dividere i beni comuni,
compresa la "gloriosa officina
". Da quell'anno l'arte del Maestro è
continuata dai figli, i quali oltre al loro monogramma continuano a mettere nel retro del
piatto le lettere M.G. e i soliti fregi di foglie. In ogni modo le maioliche dipinte e
lustrate nella loro bottega non hanno più la iridescenza che si ammirano nelle opere di
Giorgio che muore nel 1555. La storia della ceramica di Gubbio con riflessi metallici, che
ha il massimo splendore dal 1518 al 1536, si chiude nel 1576, l'anno del testamento di
Mastro Vincenza; verrà poi ripresa nell'Ottocento ad opera di artisti famosi, quali
Angelico Fabbri, Giovanni Spinaci, Giuseppe Magni.
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Piatto con la "Caduta
di Fetonte"
Gubbio - Museo Civico
Sulla destra Apollo riceve il figlio Fetonte, che gli
chiede in prestito il carro del Sole, trainato da focosissimi cavalli; sul lato opposto,
Fetonte cade dal carro ormai rovesciato nel fiume Po, mentre al centro le sue sorelle
Eliodi, piangenti, vengono trasformate da Giove in pioppi.
Nella Torre di Porta Romana a Gubbio c'è un museo
privato che ospita una pregevole collezione di maioliche a riflessi, tra cui due piatti di
Mastro Giorgio: "Il ratto di Proserpina" e "S. Antonio da
Padova". |