ABRAMO NOSTRO PADRE NELLA FEDE
Il sacrificio di Isacco
di Carlo M. Martini
Vogliamo meditare sulla prova di Abramo raccontata nel Cap. 22 della
Genesi. Essa rappresenta il momento culminante dell'esperienza di Abramo,
una prova a cui nessuno si può avvicinare in maniera neutrale.
In che cosa consiste la prova di Abramo? Quali sono le nostre prove?
Innanzitutto chiediamoci: da quale conoscenza di Dio è partito
Abramo? Abramo è partito da una conoscenza astrologica, certamente
imperfetta, di un Dio di cui si può disporre, dal quale si ottengono
favori attraverso riti, di cui si può prevedere dove va, dove
non va, guardando il corso degli astri. Quindi un Dio di cui in qualche
maniera siamo sicuri, che rende sicura la nostra vita, perché
su di lui possiamo contare.
Ora vediamo che Abramo, dal Dio su cui può contare, di cui può
disporre, passa gradualmente al Dio che dispone di lui, ne dispone continuamente,
sempre di più, con prove sempre più sottili, difficili,
intercalate da promesse, lo raffina in questa conoscenza e lo porta
al Dio della promessa, al Dio al quale bisogna appoggiarsi interamente,
totalmente, unicamente, al Dio che ha in mano il destino della sua vita,
che lo conosce, ma di cui Abramo non riesce a vedere le realizzazioni
concrete. Abramo aveva creduto nel Dio della promessa, nel Dio che lo
conduce, anche se non lo vede, nel Dio che gli prepara una terra ed
un popolo. Ed ecco finalmente un figlio
Ma ad un certo punto tutto
sembra essere rimesso in questione. Ad Abramo è richiesto un
nuovo salto nella conoscenza di Dio.
Il testo ha avuto tantissime interpretazioni. Da quelle "morbide",
secondo cui lo scopo del testo è quello di dimostrare che Dio
non vuole sacrifici umani, a quelle "dure", secondo cui lo
scopo è quello di dimostrare come il giudizio su ciò che
è eticamente macabro e ingiusto (come l'uccisione di un figlio)
può essere sospeso di fronte ad un'istanza più alta. Inserendomi
tra queste letture vorrei tentare una riflessione rifacendomi al testo
biblico.
L'uomo di fronte al caso limite
Cosa c'è di positivo nella mossa di Abramo? Mi pare che c'è
semplicemente questo: la prova di Abramo è, come ogni prova seria,
un mettere l'uomo di fronte al caso limite, dove l'uomo mostra veramente
ciò che è. La fede di Abramo viene provocata fino al limite
estremo.
Volendo far parlare Abramo con Dio senza troppa psicologia, con molta
semplicità, Abramo direbbe: insomma, mi hai promesso tanto, ho
atteso per tanto tempo, finalmente mi hai dato un inizio del popolo
che mi hai promesso, mi hai dato una speranza per il futuro, come pegno
che sei il mio Dio, e adesso mi dici di toglierlo di mezzo? Che sarà
di me? Dov'è allora la benedizione di Dio?
Le prove che sconvolgono la nostra fede
Anche noi, come Abramo, abbiamo delle prove che sono come frecce infuocate
contro la nostra identità di credenti. A volte, di fronte a certi
eventi, ci chiediamo: dov'è Dio, perché non interviene?
Certe prove, fisiche o morali, sono a volte interminabili, strazianti,
e fanno percepire l'assenza di Dio. Dio non viene in aiuto, lascia che
la persona si degradi nella sofferenza. Perché succede questo?
È il problema del male che è il comune denominatore di
tutte le obiezioni su Dio. Su queste prove, a partire dalla prova di
Abramo, propongo alcune riflessioni molto semplici.
Le prove di ogni giorno
La prima riflessione è questa: Dio ci prova e la prova ci aspetta.
Perché? Evidentemente perché in un mondo in cui è
presente il male, è fatale che chi fa il bene trovi ostacoli.
Difatto la prova è inevitabile nella vita. Perché però
la prova estrema? Do una risposta che non so se è pienamente
corretta: perché Dio è Dio, cioè è colui
che si dona nella fede, si dona attraverso un cammino di fede, e questo
cammino suppone il superamento di una nostra idea di Dio tendenzialmente
sbagliata. Noi spesso cerchiamo un Dio della sicurezza, chiaro, evidente,
e non sempre riusciamo ad adeguare la nostra immagine di Dio e ciò
che lui è veramente. Da qui il ragionamento frequente che avviene
nella prova: perché Dio non mi aiuta? O Dio non l'ho capito o
non c'è! La prova allora è una scelta fra queste due vie.
Seconda riflessione: la prova, proprio perché tale, rischia di
far cadere, è pericolosa, ed ha qualcosa di incomprensibile.
Pensiamo alla morte. La morte è il contrario della promessa di
vita di Dio, è la prova più assurda.
Da qui la terza riflessione: la prova è una prova! Se capissi
questo, cambierebbe il nostro atteggiamento. Saremmo colpiti, ma sapremmo
anche essere tranquilli, daremmo un significato. Il vangelo più
fondamentale è proprio questo: la prova è prova di Dio
nel cui mani io sto. Anche nelle prove peggiori, estreme, dobbiamo riuscire
a capire di essere nella prova, ma Dio ci ha nelle sue mani.
La tradizione neotestamentaria ha letto nella storia di Abramo l'amore
di Dio che, dandoci il Figlio, ci assicura che nessuna prova, di nessun
tipo, potrà mai andare al di là di una prova, cioè
separarci come tale dall'amore di Dio. La prova, da parte di Dio, rimarrà
prova e non diventerà scandalo.
La prova è prova di un Dio che ci tiene saldamente in mano.