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Sindacato Nazionale Autonomo C.R.I.

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Prot. 201/01                                                              Roma 19 maggio 2001

 

Al Consiglio Regionale del Lazio 

Via della Pisana 1301

Roma

 

OGGETTO: Relazione sulle problematiche trasfusionali            

 

La parziale mancata soluzione delle problematiche trasfusionali di Roma e della Regione Lazio, risentono del fatto che la Croce Rossa Italiana, dopo gli eventi bellici della seconda guerra mondiale, ha avuto l?incarico dall'Alto  Commissariato per la Sanità, tramite i fondi della Fondazione Strumia, di programmare e preparare le necessità emotrasfusionali italiane, tramite l?istituzione del Centro Nazionale Trasfusione Sangue.

Il CNTS ha avuto la funzione di preparare scorte di prodotti trasfusionali necessari a scopi militari e di emergenza civile; è stato l'Istituto referente presso il costituito Ministero della Sanità per ciò che concerne l?ematologia e l'immunoematologia e, siccome per poter operare aveva necessità di avere a disposizione la materia prima, il sangue, ha costituito a Roma, in convenzione con i preesistenti ospedali, molti centri Trasfusionali.

La legge n° 592 del 14/07 /67 ha attribuito, con l'art. 8, ufficialmente il CNTS alla CRI con le funzioni che svolgeva da anni ed il decreto del Ministero della Sanità del 1972 ne ha anche ampliato i compiti.

Nel frattempo in Italia si erano costituiti a livello ospedaliero la quasi totalità dei Centri Trasfusionali con le relative attribuzioni degli incarichi di primario, per cui dopo essersi costituiti in associazioni (AICT), iniziarono a mal tollerare di essere coordinati da un istituto pubblico che con la realtà ospedaliera non aveva nessuna influenza.

Iniziò il periodo dell?emarginazione e del boicottaggio nei confronti del CNTS, per cui, si  è cercato a tutti i costi di svuotarne le funzioni.

Un esempio emblematico è l?atteggiamento dei responsabili ospedalieri nei riguardi dei corsi di aggiornamento, qualificazione e perfezionamento, di pertinenza del CNTS: Il quale ha visto completamente boicottati i corsi per medici, e quelli per i tecnici lo sono stati ugualmente in quanto i responsabili ospedalieri li indicevano ai sensi di un Regio Decreto del 1938 sulle arti sanitarie,  di conseguenza il CNTS ha potuto effettuare pochissimi corsi ai sensi dell'art.8 della legge 592/67 e dei compiti attribuitigli con il decreto del Ministero della Sanità del 1972.

Fu fondata anche un'associazione, l'Associazione Nazionale Periti Tecnici Assistenti Tecnici di Ematologia ed Immunoematologia (ANPTATEI) che prevedeva il doppio livello della figura di operatore di Centro Trasfusionale: un Perito ed un Assistente, copiando un valido e collaudato modello inglese.

Tali figure furono riconosciute dal Ministero della Sanità che partecipò anche al rilascio dei rispettivi diplomi. Per quanto concerne la figura di Perito di Immunoematologia non si poterono effettuare altri corsi per il boicottaggio, come sopra detto,  delle strutture ospedaliere.

In ogni caso, l'ANPTATEI, con l'appoggio delle OOSS è riuscita nell'ambito del comparto degli Enti pubblici non economici a creare il profilo professionale di "perito di ematologia ed immunoematologia", sancito con D.P.R. 1/3/1988 n° 285 che prevede le seguenti specifiche mansioni:

"In collaborazione con il personale sanitario svolge compiti di ricerca per la scelta e l'approntamento di nuove metodologie di analisi. Con le metodologie più appropriate:

- esegue ed interpreta analisi immunochimiche, immunologiche ed immunogenetiche che richiedono conoscenze specifiche proprie della ematologia e della immunoematologia;

- provvede alla produzione di emocomponenti ed emoderivati.

- Esegue ed interpreta analisi battereologiche e virologiche."

Come disposto dal citato D.P.R., per poter conseguire il titolo, necessita possedere un diploma di scuola media superiore (in genere sono stati preferiti i periti chimici) più un corso di specializzazione triennale.

Dopo continue pressioni esercitate sui responsabili politici dell'epoca, tendenti ad ottenere una nuova riformulazione della legge 592/67, il 4/5/90 viene promulgata la nuova legge sul sangue che porta il n° 107. L'art.19 della citata legge dispone il trasferimento dei Centri Trasfusionali della CRI ivi compreso il CNTS alle strutture di competenza regionale.

Il ruolo svolto dai portatori di interessi, recepito dai politici, con la formulazione dell'art 19, dimostra come ancora una volta il Legislatore è stato più sensibile agli interessi di parte, che a quelli reali dell'Utente a cui avrebbe dovuto garantire maggiore sicurezza e tutela trasfusionale.

Infatti tutti gli scandali sul mancato rispetto della normativa trasfusionale, sia a livello Nazionale che romano, si sono verificati dopo l'emanazione della citata legge: molti procedimenti giudiziari istruiti all'epoca, a tutt'oggi non sono ancora definiti.

Il 27/1/1992 il Ministero della Sanità emana il decreto di scorporo ai sensi dell?art. 19 della legge 107/90. Nel tentare di attuare la legge sia la Regione Lazio che la CRI si comportano privilegiando gli egoismi di sempre, dimostrando ancora una volta che sono più importanti gli interessi di parte che un valido servizio trasfusionale.

Le diatribe tra Croce Rossa e Regione Lazio consistevano nel fatto che la prima non voleva cedere i beni mobili ed immobili, la seconda non era intenzionata ad assorbire il personale in servizio.

Vi sono stati enormi ritardi sia per colpa della regione, che voleva le strutture ed i beni mobili ed immobili, sia per colpa della CRI che minacciava di aprire un contenzioso legale paralizzando di fatto ogni operazione.

Fu così che il Ministro pro-tempore della Sanità, dopo manifestazioni sindacali unitarie, decise di emanare un decreto (30/12/1992) per costituire una Commissione con la partecipazione delle OOSS e dei rappresentanti delle strutture interessate, nominando come Presidente il Consigliere giuridico del Ministero della Sanità  dott. Francesco Castiello.

La Commissione era finalizzata " - per l'esame delle problematiche relative all'attuazione dell'art 19 della legge n° 107".

La Commissione rimase operativa per più di un anno, dove, nei verbali prodotti risulta l'irrigidimento delle posizioni sia della Regione Lazio che della CRI.

La Commissione venne sciolta con decreto del Ministro pro-tempore della Sanità On. Garavaglia, oggi attuale Presidente della Croce Rossa Italiana, con la motivazione che, siccome nel frattempo il Consiglio dei Ministri aveva provveduto a varare il decreto legge n° 8/1994, che riaffidava alla CRI sia il CNTS che i CTO dipendenti, " - erano venute meno le ragioni che avevano determinato la costituzione della Commissione per l'esame delle problematiche relative all'attuazione dell'art.19 della legge 107/90".

Tutto ciò dimostra come portatori di particolari interessi, sono capaci di prendere, decisioni diametralmente opposte. Quando ciò si verifica significa che le decisioni assunte non sono la vera e giusta soluzione del problema trattato.

Il Legislatore, quando si appresta a modificare un sistema, deve essere molto attento a contemplare le esigenze di  istituzioni specialmente se sono pubbliche, a cui si deve consentire di continuare ad operare al meglio.

La CRI ha delle esigenze che sono avallate anche dal Governo Italiano: sono le Risoluzioni Internazionali che la Croce Rossa Italiana è costretta a rispettare, come anche il programma sangue, che la Lega Internazionale di Croce Rossa e Mezza Luna Rossa , impone alle CRI nazionali.

I problemi della CRI, derivanti dagli impegni internazionali, a volte sono simili a quelli della Regione Lazio.

Del resto la Regione deve operare anche nel rispetto delle Leggi  dello Stato, ma può e deve valutare particolari situazioni di atipicità che sono esclusivi della stessa Regione Lazio.

La Regione Lazio, pur avendo legiferato in materia trasfusionale con l'individuazione del Centro Regionale di riferimento, si accinge seriamente per la prima volta a dotarsi del primo piano sangue regionale. 

E' interesse dei responsabili politici della Regione, provvedere, ignorando le pressioni e le necessità  che da più parti si fanno sempre più pesanti, per costruire un piano sangue che garantisca al meglio le esigenze degli utenti.

Il Lazio è una regione atipica, proprio per le ragioni che sono state esposte e quindi non può avere un piano sangue come è stato fatto per le restanti Regioni.

L'interesse politico è di far coagulare tutte quelle forze che in un quarantennio hanno garantito, nel bene e nel male l'assistenza, a coloro i quali ne avevano bisogno in materia trasfusionale.

Per stilare un proficuo piano sangue necessita esaminare seriamente la storia trasfusionale della Regione, apportando i dovuti correttivi ed ispirandosi a quelle nazioni, dove in materia (Inghilterra) hanno già fatto grandi progressi.

Necessita innanzi tutto razionalizzare le risorse, evitando gli sprechi, potenziando la ricerca, e soprattutto, assicurare al paziente assistito un servizio degno del contesto in cui l?Italia, la Regione Lazio, Roma, opera sia a livello Europeo che mondiale.

Facilitare e  consentire ai vari Enti, istituti universitari, volontariato, di operare al di là di interessi di parte,  finalizzando il tutto a creare qualcosa che potrebbe far onore all'attuale gestione politica.

E' opinione dell'Organizzazione Sindacale che rappresento, che un piano sangue e una futura nuova legge sul sangue, debba contenere una norma dove la prescrizione del sangue e dei componenti ematici, sia effettuata dall'equipe medica operante presso i SIT i CTO oppure i DMT come si vogliono chiamare.

Questa innovazione consente un forte risparmio di sangue ed emocomponenti in quanto, la relativa prescrizione viene effettuata dal personale medico specialistico che conosce le risorse disponibili  locali ed eventualmente, anche quelle regionali, se si provvede a dotare tutti i centri operanti nella Regione di una rete INTRANET, in modo che in qualsiasi momento si è a conoscenza delle disponibilità ematiche regionali.

E' notoria la corsa al caso urgente, che diventa tale anche per motivi feriali dell'operatore ed a volte per sopperire ad alcune esigenze straordinarie di reparto che impediscono di farvi fronte.

E' opportuno quindi che si istauri la guardia medica di immunoematologia e trasfusione, il cui compito, deve essere quello di valutare, al capezzale del malato le necessità immunoematologiche dello stesso; tutto ciò consentirebbe di risparmiare almeno il 25% del sangue e componenti trasfusionali.

Proprio per l'atipicità della Regione Lazio, necessita creare qualcosa che dia impulso,  e soprattutto omogeneizzi tutto verso un unico interesse.

La Fialp Cisal la denomina "Agenzia Regionale di Ematologia e Trasfusione della Regione Lazio", ma non è importante il nome quanto la sostanza.

L'Agenzia dovrebbe essere costituita da esperti della materia, portatori di interesse delle varie realtà (CRI, università, ospedali, volontariato etc.) che dovrebbero delineare le linee programmatiche, controllando ogni 6 mesi i risultati ottenuti ed individuando i relativi centri di costo.

Dovrebbe programmare la ricerca regionale ed informare le strutture dipendenti sulle innovazioni tecnologiche, creando un centro di costo unico per il rifornimento del materiale di consumo e delle attrezzature, onde consentire ulteriori risparmi economici.

Un gruppo operativo scientifico, formato da medici, biologi,chimici, personale tecnico a vari livelli, dovrebbe eseguire le direttive che il Comitato di gestione dell'agenzia indica.

Il responsabile della gestione potrebbe essere delegato a turno fra gli Enti portatori di interessi con modalità e tempi da determinare.

Con questo sistema si creerebbe una collaborazione fattiva  fra varie strutture operative nel settore, fermo restando le peculiarità  di ognuno.

E' ovvio che la struttura CNTS dovrebbe far parte di questo piano di integrazione per le ragioni che si sono su accennate.

Quando nel proprio territorio si ignora un patrimonio professionale di esperienza di circa 170 persone, operanti presso il CNTS, che a causa della cancellazione del proprio status da parte del vigente art.19 della legge 107/90, inevitabilmente, si vedrebbe costretto ad operare esclusivamente ai fini dell'emergenza e della protezione civile, con i compiti  residuali che la legge 107/90 prevede per i donatori di sangue, che responsabilità di politica regionale vi è?

La consapevolezza di tutti è che le funzioni del CNTS non esistono più e lo stesso non ha più ragione di chiamarsi in questo modo, se una nuova legge non ripristini le funzioni che deve continuare a svolgere.

Questo è anche un motivo per cui oggi, in attesa di nuovi eventi, si dovrebbe costituire una agenzia finalizzata alla cooperazione ed alla risoluzione dei problemi ematologici non risolti da tanti anni.

Nessun editore di giornale manterrebbe in funzione una redazione giornalistica se consapevole che la materia prima, la carta, non la potrà mai avere.

Questi sono i problemi che devono essere risolti, se politicamente si vuole continuare ad attuare il programma emotrasfusionale e soprattutto, si vuole incidere in modo determinante nel sistema emotrasfusionale regionale.

Necessita anche potenziare la donazione, esaminando quali sono state realmente le motivazioni  per cui nel Lazio, invece di far aumentare le donazioni,  esse sono diminuite.

Molto spesso i donatori, specialmente gli abituali e volontari, vengono penalizzati per mancanza di infrastrutture  idonee ad incentivare la donazione.

E' necessario quindi creare delle infrastrutture valide, preparando il personale a qualsiasi livello, in modo tale che chi si presenta a dare il sangue, sia trattato con il massimo rispetto e ciò significa, buona accoglienza, tempi accettabili per la donazione, recapito a domicilio di tutte le notizie sanitarie riguardanti la propria persona.

Nel frattempo, essendo il sangue necessario ed urgente, per i presidi ospedalieri, necessita propagandare al massimo la donazione nei posti di lavoro, anche con incentivi di carattere sociale o ricreativo. Bisognerebbe sensibilizzare di più sia i responsabili ospedalieri che la classe medica e paramedica che spesso fanno troppo poco per divulgare l'importanza della donazione di sangue come alto valore sociale.

Per quanto riguarda il futuro si dovrebbe,  già da subito, iniziare una campagna trasfusionale, iniziando dalle scuole elementari con appositi strumenti audiovisivi preparati da personale esperto, mirando ad infondere nei futuri cittadini, una seria coscienza trasfusionale.

Una giornata all'anno, dedicata a tutti i temi trasfusionali, da parte del Ministero della Pubblica Istruzione, sarebbe un momento, di sintesi e di riflessione, di enorme importanza per i cittadini del domani.

Lo SNACRI FIALP CISAL, cogliendo il momento di non condivisione della trasmissione dell'elenco nominativo del personale addetto ai centri trasfusionali CRI, ha chiesto, all'Assessore alla Sanità urgente convocazione per esaminare le varie problematiche che sono state in parte anche trattate in questo testo.

Vi sono anche altre argomentazioni di ordine procedurale, che hanno indotto lo SNACRI ad assumere tale linea.

La CRI a tutt'oggi non ha ancora siglato con le OOSS il Contratto Integrativo di Ente, che gli altri Enti del comparto hanno siglato già dal 1999.

Questo comportamento scorretto fa pensare ad un atteggiamento dell'Ente volutamente finalizzato a penalizzare i dipendenti, in quanto, già dal dicembre del 1998 vi è un verbale della Giunta Esecutiva della CRI che su richiesta di alcune OOSS sancisce il passaggio dei Centri Trasfusionali alle strutture regionali.

E' ovvio che, per qualsiasi motivo, la Regione Lazio dovesse prendere decisioni, che prevedono una parziale definizione delle problematiche trasfusionali con il conseguente assorbimento in tempi brevi dei centri della CRI alla struttura regionale, il tutto potrebbe essere possibile quando l'Ente avrà stipulato l'Integrativo aziendale consentendo così al personale di acquisire i benefici economici  e normativi della prevista contrattazione.

Oltre tutto necessita anche considerare che l'Ente CRI ha una dotazione organica approvata dai ministeri di 3300 unità.

L'attuale organico in forza all'Ente è di circa 1900 unità con un deficit della pianta organica di circa 1400 unità.

Non si capisce perché la CRI non debba riconoscere l'eventuale diritto di opzione, specialmente per quei lavoratori che hanno maturato una cospicua anzianità di servizio e che in breve lasso di tempo dovranno lasciarlo o per raggiunti limiti di età o per pensionamento in funzione della normativa vigente.

Vi è forse qualche interesse clientelare a proseguire nella logica delle assunzioni che sono state sempre criticate sia dalla Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati che, condannate all'unanimità da tutti i gruppi politici nell'indagine conoscitiva sulla CRI conclusasi il 3/12/97 e riverificata nel giugno del 98?

 

 

                                                                                          IL SEGRETARIO GENERALE

                                                                                                     (dott.Luigi Biscardi)