CONCLUSIONE PERSONALE

Come potete osservare dall’analisi effettuata nei testi, le definizioni dei concetti di stereotipo e pregiudizio non sono ben chiare, o meglio, non vengono evidenziate accuratamente le differenze e la consequenzialità temporale di questi due importanti concetti, spesso considerati semplici sinonimi. Per questo ho cercato di elaborare una spiegazione dei rispettivi termini, avvalendomi anche di appunti tratti dalle lezioni in classe di psicologia.  

Lo stereotipo può essere descritto un insieme di credenze, spesso negative (ma possono essere anche positive), riguardo le caratteristiche degli appartenenti a un determinato gruppo sociale o ad una categoria, tali da orientare, o comunque influenzare in parte, le aspettative e gli orientamenti valutativi nei loro confronti.

Si tratta di un’immagine semplicistica e riduttiva di un individuo, un gruppo, una religione, una cultura ecc.. Il termine, che deriva dal greco stereós (duro, solido) e túpos (impressione, tipo), significa letteralmente "immagine rigida".

La nozione di stereotipo è impiegata quasi sempre in un'accezione negativa, in quanto riduce la capacità della persona, che rimane imprigionata in formule prefissate, incapace di modificare i propri giudizi alla luce di nuove esperienze e percezioni della realtà. Lo stereotipo, quindi, è alla base del pregiudizio ed è molto irrazionale, poiché non si basa su un'effettiva sintesi dell'esperienza. Si tratta di un processo molto radicato nella mente umana che forse un tempo, nei primi stadi dell'evoluzione delle società umane, ha rappresentato un vantaggio in termini evolutivi (nella lotta per il controllo del territorio o per il mantenimento della coesione nella tribù).

La persistenza degli stereotipi nelle società moderne, in particolare di quelli associati alle caratteristiche somatiche o culturali, è alla base di fenomeni razzisti e xenofobi ed è indice di quanto sia difficile l'affermazione di un'idea dell'uomo libera da categorie preconcette.

 

Esistono innumerevoli esempi di stereotipi:

  • gli zingari sono sporchi

  • gli extracomunitari non hanno voglia di lavorare

  • un soggetto affetto dalla sindrome di down è sempre affettuoso e molto comunicativo

  • un tossicodipendente ruba

  • gli italiani sanno cantare e mangiano spaghetti

  • i tedeschi sono osservanti delle regole

  • ecc.

Esempio: molti pensano che lo scozzese sia avaro, biondo rossiccio, bevitore e pronto a indossare il gonnellino. Questa credenza che ritrae lo scozzese prende il nome di stereotipo e tende ad essere condivisa da più persone, in quanto si forma nelle relazioni intergruppo.

Lo stereotipo funziona da aspettativa: se immaginiamo che lo scozzese sia un gran bevitore, siamo pronti a scommettere che a cena esagererà con gli alcolici; siccome lo riteniamo avaro, prevediamo che tirerà sul prezzo trattando un affare.

La stereotipizzazione, pertanto, consiste nell’assegnare attributi specifici all’intera categoria di persone, dimenticando, che ogni individuo è portatore di qualità e di attributi assolutamente differenziati e personali.

 Il termine pregiudizio dal punto di vista etimologico indica un giudizio emesso in assenza di dati sufficienti (dal lat. praeiudicĭu(m), comp. di prae- 'pre-' e iudicĭum 'giudizio'; propr. 'giudizio anticipato'). Proprio per tale carenza di validazione empirica, il pregiudizio viene di solito considerato anche come giudizio errato. A livello generale si tratta dunque di un giudizio precedente all’esperienza o in assenza di dati empirici. A livello più specifico per pregiudizio s’intende la tendenza a considerare in modo ingiustamente sfavorevole le persone che appartengono ad un determinato gruppo sociale.

Le caratteristiche ritenute tipiche di una categoria sociale vengono attribuite quasi in modo automatico ai singoli individui.

I pregiudizi possono essere negativi, ma anche positivi, ad esempio un soggetto può nutrire un pregiudizio negativo nei confronti dei negri e dei pregiudizi positivi nei confronti dei suoi simili, i bianchi. Si sono, però, studiati molto di più i pregiudizi negativi perché hanno effetti più gravi e costituiscono un problema sociale; per questo quando si utilizza il termine pregiudizio di solito, quotidianamente e nella letteratura scientifica, si fa riferimento a pregiudizi negativi.

Lo stereotipo è il nucleo cognitivo del pregiudizio in quanto la tendenza a pensare e ad agire in modo sfavorevole nei confronti di un gruppo poggia sulla convinzione che quel gruppo o categoria possieda in maniera abbastanza omogenea tratti che si giudicano negativi.  

 

 

Da quanto emerge, dal punto di vista logico-consequenziale prima c’è lo stereotipo e successivamente il pregiudizio.

Lo stereotipo può essere positivo o negativo e si rivolge ad un gruppo sociale o ad una categoria, mentre il pregiudizio è maggiormente inteso in senso negativo e attribuito al singolo.

Lo stereotipo può far insorgere pregiudizi, può essere quindi descritto un concetto lontano dai principi cognitivistici, che sostengono l’individualità e la diversità di ogni individuo.

A questo punto può sorgere questa domanda: a monte di ogni pregiudizio sta sempre uno stereotipo? 

La risposta, ritengo, è che "dietro" un pregiudizio c'è sempre una base stereotipata. E' però necessario puntualizzare che, di per sé, lo stereotipo non conduce al pregiudizio. Esso non si trasforma in pregiudizio nel momento in cui ciò che afferma viene negato dall'esperienza (ad esempio un comune stereotipo all'interno della nostra società 'gli extracomunitari non hanno voglia di lavorare' non genera pregiudizio nel momento in cui si viene a contatto con un extracomunitario ben inserito nel mondo del lavoro). Nella formazione di un pregiudizio, quindi, incidono molto anche le esperienze personali.

 

 Il luogo comune può essere paragonato ad uno stereotipo ma, mentre quest’ultimo appartiene ad un gruppo sociale o ad una categoria, il luogo comune riguarda singoli aspetti, settori della realtà, ha alla base delle motivazioni di partenza condivise e può avere una funzione neutra.

Ad esempio alla base del luogo comune “Le casalinghe non fanno niente” c’è una ragione storica, ossia che nel passato, facendo riferimento al mondo contadino, il pesante lavoro dei campi era svolto prevalentemente dall’uomo, mentre la donna restava il più delle volte a casa ad accudire ai figli e si impegnava nei lavori domestici.

Altro esempio di luogo comune è “Il liceo è la scuola migliore”. Il luogo comune non si rivolge solamente a persone, ma anche ad animali, cose, situazioni, ecc. .

 

E’ importante evidenziare anche alcuni fattori congiunti alla base di stereotipi e pregiudizi:

  •  le caratteristiche e i limiti propri del sistema cognitivo umano che portano alla necessità di semplificare la realtà e di prevedere gli eventi

  • il bisogno di appartenenza che porta all’identificazione con un gruppo ritenuto simile (ingroup) escludendo gruppi ritenuti diversi (outgroup)

  •  il contesto generale di natura storica e sociale che definisce i rapporti e la funzione di determinati gruppi all’interno della società

      L’uomo dal principio della sua esistenza, per la necessità di semplificare la realtà, di giustificare o di prevedere determinati eventi, ha prodotto rappresentazioni sociali che unificano sommariamente più soggetti o gruppi umani.

Una dimostrazione ci è stata data dalla persecuzione degli ebrei consumata dai nazisti, che ha prodotto il più terribile esempio di quanto i pregiudizi, in questo caso etnici, possano sviluppare la violenza dell’uomo contro l’uomo. Ma si tratta di una realtà che non appartiene solo al passato….è, infatti, ancora presente. Gli eventi che nella cronaca quotidiana possono testimoniare la presenza di un tale fenomeno sono molteplici; basta solamente pensare alle continue guerre alla base delle quali stanno pregiudizi che hanno giustificato e continuano a giustificare discriminazioni e soprusi contro popoli e nazioni.

Ma guardando l’umanità del ventunesimo secolo si potrebbe ottimisticamente pensare che finalmente ci si stia avvicinando alla comprensione dell’uguaglianza di tutti i popoli e di tutte le culture e si stia uscendo dalla tanto pericolosa quanto errata idea che esista una società giusta, una religione esatta, degli usi e costumi migliori. Sta infatti prendendo avvio l’idea di interculturalità e di integrazione sociale. Si pensi ad esempio al lungo cammino che si sta operando nel campo dell’handicap e ai risultati, per quanto ancora perfettibili, già ottenuti.

Ma l’uomo sa odiare tanto quanto è in grado di amare e così non riesce a superare i suoi limiti, a sconfiggere quella parte istintiva, che lo spinge ad avere diffidenza ed allontanare ciò che non conosce , considerando ostile ciò che è solamente diverso.

Ed allora speriamo che l’uomo inizi ad aprire gli occhi per capire che l’istinto di odio e di diffidenza che prova per chi non è come lui è  da tenere saldamente a freno con il guinzaglio della ragione. Ciò non è sicuramente un’impresa immediata, ma solamente il primo passo per poter affermare di vivere in una società avanzata culturalmente e felice, nella quale ognuno impara ed insegna liberamente, senza essere soggiogato da banali pregiudizi. 

Buon inizio a tutti! 

 

                                      Chiara Favaro     3^A