Il 90% delle nostre azioni sfugge a un controllo cosciente
Siamo tutti INCOSCIENTI
[…]
Secondo il famoso psicanalista Carl Jung (1875-1961), esistono immagini
dette “archetipi”, come l’ombra, l’anima, il vecchio saggio, il buono, il
brutto, il cattivo, che si sono formate da tempi immemorabili, sono
universali, di tutta l’umanità, ed esistono nello strato profondo
dell’inconscio collettivo. Ci sono però anche altri archetipi che non sono
universali, ma diffusi in gruppi più ristretti: un popolo, una classe
sociale, una generazione. Questi archetipi guidano il comportamento
inconscio di ogni suo membro: il suo modo di vedere la famiglia, l’onestà,
la guerra e via elencando.[…] Fra
gli archetipi culturali ci sono anche pregiudizi e stereotipi. Anche
questi inconsci. Non solo: secondo le ultime ricerche un adulto può avere
convinzioni consce in contraddizione con quelle inconsce. Anche chi crede
di essere privo di pregiudizi, facendo i test di Mahzarin Banaji, docente
di psicologia a Yale, scopre di non esserne immune. «A livello inconscio
siamo tutti razzisti» dice Banaji. Il ricercatore presenta ai volontari
una serie di aggettivi positivi o negativi, ognuno abbinato a un cognome
tipicamente “bianco” o “nero”. Per esempio “elegante - sig. Bianchi” e
“elegante - sig. Alì”. Cognome e aggettivo appaiono insieme sullo schermo
di un pc e chi fa il test deve premere un tasto che indica se l’aggettivo
è “positivo” o “negativo”. La maggior parte dei soggetti che partecipano
all’esperimento (sia bianchi sia neri) risponde più velocemente quando
l’aggettivo positivo è abbinato al cognome “bianco” o l’aggettivo negativo
a quello “nero”. «La nostra mente elabora più velocemente queste
associazioni perché è più abituata a farle» dice Banaji. […]
Come si spiega la nascita di questi archetipi cuturali? Per comprendere il
mondo, il cervello umano lo divide in categorie: persone, luoghi, cose.
«Questa suddivisione è una componente importante dell’intelligenza» dice
Banaji. «Ma gli stereotipi sono l’eccesso». Gran parte di ciò che è
depositato nel nostro inconscio viene dalla cultura che ci circonda.
Quando si infilano nella mente gli stereotipi? «A 5 anni molti bambini
hanno stereotipi già assimilati su chi sono i neri, chi le donne, chi gli
anziani» dice Margo Monteith, docente di psicologia all’University of
Kentucky. «A 5 anni non si è in grado di scegliere se accettare o
rifiutare queste idee: manca l’esperienza per farsi un’idea personale». E
così il pregiudizio insegna che gli zingari sono ladri, le donne emotive,
i carabinieri non molto intelligenti… «Gli stereotipi non devono esseri
veri per ottenere il loro effetto» dice Monteith. E così l’inconscio
influenza irrazionalmente il comportamento non solo dei singoli, ma anche
delle culture. […] Inoltre abbiamo bisogno di sentire di far parte di un gruppo, un villaggio, una contrada e la nostra identità è attaccata a classificazioni ancor più ambigue, come razza e classe sociale. Vogliamo sentirci bene grazie al gruppo cui apparteniamo e allora denigriamo chi non ne fa parte. Tendiamo a vedere i membri del nostro gruppo come individui, e quelli degli altri gruppi come una massa indifferenziata. «Se pure lo stereotipo contenesse un po’ di verità, porta comunque ad errori di valutazione: si applica a un singolo una generalizzazione relativa a un gruppo» dice John Bargh, docente di psicologia sociale alla New York University «ed è giusto: le persone vanno giudicate come individui, non come membri di un gruppo».
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