Il 90% delle nostre azioni

sfugge a un controllo cosciente  

 

 

                  Siamo tutti  

INCOSCIENTI

 

A cura di Amelia Beltramini (ha collaborato Brunella Begnini)  

 Tratto da FOCUS (N. 121-novembre 2002)

 

[…] Secondo il famoso psicanalista Carl Jung (1875-1961), esistono immagini dette “archetipi”, come l’ombra, l’anima, il vecchio saggio, il buono, il brutto, il cattivo, che si sono formate da tempi immemorabili, sono universali, di tutta l’umanità, ed esistono nello strato profondo dell’inconscio collettivo. Ci sono però anche altri archetipi che non sono universali, ma diffusi in gruppi più ristretti: un popolo, una classe sociale, una generazione. Questi archetipi guidano il comportamento inconscio di ogni suo membro: il suo modo di vedere la famiglia, l’onestà, la guerra e via elencando.[…]

Fra gli archetipi culturali ci sono anche pregiudizi e stereotipi. Anche questi inconsci. Non solo: secondo le ultime ricerche un adulto può avere convinzioni consce in contraddizione con quelle inconsce. Anche chi crede di essere privo di pregiudizi, facendo i test di Mahzarin Banaji, docente di psicologia a Yale, scopre di non esserne immune. «A livello inconscio siamo tutti razzisti» dice Banaji. Il ricercatore presenta ai volontari una serie di aggettivi positivi o negativi, ognuno abbinato a un cognome tipicamente “bianco” o “nero”. Per esempio “elegante - sig. Bianchi” e “elegante - sig. Alì”. Cognome e aggettivo appaiono insieme sullo schermo di un pc e chi fa il test deve premere un tasto che indica se l’aggettivo è “positivo” o “negativo”. La maggior parte dei soggetti che partecipano all’esperimento (sia bianchi sia neri) risponde più velocemente quando l’aggettivo positivo è abbinato al cognome “bianco” o l’aggettivo negativo a quello “nero”. «La nostra mente elabora più velocemente queste associazioni perché è più abituata a farle» dice Banaji.

[…] Come si spiega la nascita di questi archetipi cuturali? Per comprendere il mondo, il cervello umano lo divide in categorie: persone, luoghi, cose. «Questa suddivisione è una componente importante dell’intelligenza» dice Banaji. «Ma gli stereotipi sono l’eccesso». Gran parte di ciò che è depositato nel nostro inconscio viene dalla cultura che ci circonda. Quando si infilano nella mente gli stereotipi? «A 5 anni molti bambini hanno stereotipi già assimilati su chi sono i neri, chi le donne, chi gli anziani» dice Margo Monteith, docente di psicologia all’University of Kentucky. «A 5 anni non si è in grado di scegliere se accettare o rifiutare queste idee: manca l’esperienza per farsi un’idea personale». E così il pregiudizio insegna che gli zingari sono ladri, le donne emotive, i carabinieri non molto intelligenti… «Gli stereotipi non devono esseri veri per ottenere il loro effetto» dice Monteith. E così l’inconscio influenza irrazionalmente il comportamento non solo dei singoli, ma anche delle culture.

[…] Inoltre abbiamo bisogno di sentire di far parte di un gruppo, un villaggio, una contrada e la nostra identità è attaccata a classificazioni ancor più ambigue, come razza e classe sociale. Vogliamo sentirci bene grazie al gruppo cui apparteniamo e allora denigriamo chi non ne fa parte. Tendiamo a vedere i membri del nostro gruppo come individui, e quelli degli altri gruppi come una massa indifferenziata. «Se pure lo stereotipo contenesse un po’ di verità, porta comunque ad errori di valutazione: si applica a un singolo una generalizzazione relativa a un gruppo» dice John Bargh, docente di psicologia sociale alla New York University «ed è giusto: le persone vanno giudicate come individui, non come membri di un gruppo».