di Rolando Alberto Borzetti r.a.borzetti@inwind.it |
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L'Educazione
dell'uomo e del cittadino, di Mauro Laeng
L'Elementare
una scuola che c'è
Modalità
di attuazione dell'inserimento
Diagnosi
funzionale
Formazione
delle classi
Profilo
Dinamico Funzionale
Piano
Educativo Individualizzato (PEI)
Verifiche
GLH
Cosa
fare se gli operatori della ASL non partecipano ai GLH
L'Insegnante
per le attività di sostegno
Quali
sono i problemi per il sostegno?
Continuità
educativa e didattica
Assistenti
per l'autonomia e comunicazione personale
Mansioni
degli ex bidelli (ora collaboratori scolastici)
Trasporti
gratuiti
Gite
scolastiche
Ausili
e sussidi didattici
Sperimentazione
Finanziamenti
alle scuole
Formazione
dei docenti e Dirigenti Scolastici nella scuola dell'autonomia
Valutazione
agli esami e scrutini
Riordino
dei cicli dell'Istruzione
Competenze
dei Comuni e Province relative all'edilizia scolastica
Regolamento
per l'apertura pomeridiana delle scuole
Conclusioni
"Le leggi che
regolano l'handicap nella scuola elementare" e' scaricabile anche dal sito della
BDP con i link alle leggi oppure in formato word. http://www.bdp.it/risorse/sistemieducativi/elementare.htm
"L'educazione dell'uomo e del cittadino " di Mauro Laeng (Dagli Annali della Pubblica Istruzione)
Quasi senza eccezione, tutti i programmi della
scuola, non solo in Italia, esordiscono con una introduzione che assegna come
compito fondamentale la formazione dell’uomo e del cittadino.
La presenza costante di questo concetto potrebbe essere
motivo di compiacimento per la unità dei valori riconosciuti alla base
dell’educazione, se qualche volta non ci assalisse il sospetto che essa sia
piuttosto una sorta di concessione alla tradizione e all’uso, quasi un «obolo al
rito» da pagare al più presto per passare poi alle cose che «veramente»
contano.
Può darsi che secoli di ossequio
prima al Re e poi alla Patria
abbiano
prodotto una specie di saturazione, per la quale certe cose vengono ormai date
per scontate e non varrebbe la pena di soffermarvisi più che tanto. Un fenomeno
analogo e forse ancora più grave si determina sul terreno religioso, dove molti
«credono che si debba credere», indipendentemente dal «che cosa» si crede.
Bisogna scuotersi da questa acquiescenza se si vuole recuperare il senso
autentico di certi discorsi.
Da questo punto di vista, l’educazione dell’uomo e
del cittadino è necessaria oggi più che mai. Con la graduale «secolarizzazione»
della società, nella quale i valori religiosi testé accennati sono ovunque in
declino, vengono meno parecchie certezze fondate sul trascendente. A sua volta
la condotta, che di fatto si era sempre tenuta molto al disotto dei postulati
morali, viene anche di diritto in larga misura a prescinderne. Come è stato
detto, ieri c’erano non meno peccatori di oggi, ma avevano almeno il senso del
peccato; oggi anche questo è smarrito o almeno molto attutito.
Si aggiunga che per secoli i peccati sono stati
prevalentemente individuati in maniera ossessiva nella sfera sessuale, mentre
oggi il permissivismo li ha quasi cancellati, mettendo assai più in evidenza
altre colpe attinenti all’egoismo e alla disonestà privata e pubblica.
In sostanza, si avverte un diffuso bisogno di certezze e di guida della condotta, ma non solo di tipo trascendente; l’uomo moderno vorrebbe certezze radicate nella sua vita sociale, condivisibili da tutti e impegnative per tutti, quali che siano le credenze individuali, al di là delle labili frontiere ideologiche delle chiese e dei partiti politici. Se non si trova una piattaforma comune di principi riconosciuti, qualsiasi intesa è impossibile, e resta solo, come già rilevava lucidamente Tommaso Hobbes, la triste legge dell’homo homini lupus.
Per fortuna, in Italia abbiamo una Costituzione
della Repub-blica che nei suoi primi titoli costituisce un compendio di principi
che si avvicinano molto alla esigenza indicata. È stato detto che la nostra
Costituzione, come già quella della Germania di Weimar, è troppo «filosofica» e
più che altro «programmatica».
Qualche
interprete poco benevolo intende forse dire con questo che essa è un po’ il
«libro dei sogni» di mezzo secolo degli italiani; ma in effetti essa condivide
da un lato quel tanto di realismo che la aggancia alla situazione storica, e da
un altro lato quel tanto di utopismo che la proietta nella dimensione futuribile
di un «progetto» di società. È insomma, come legge fondamentale dello Stato
democratico uscito da drammatiche esperienze, una «buona» Costituzione, non
statica ma dinamica.
L’attuazione della
Costituzione ha per altro segnato il passo;
ove si pensi se non altro all’ordinamento regionale, che ha
cominciato a divenire effettivo solo dall’inizio degli anni Settanta. Del resto
la filosofia politica che sta alla base di tutto il nostro ordinamento, compreso
l’equilibrio dei «tre poteri», sta esprimendo i propri frutti soltanto adesso,
nel corso della crisi dei partiti e dei gruppi di pressione tradizionali. Meglio
tardi che mai. Più che parlare di «seconda repubblica», come amano dire certi
giornali, converrebbe parlare, come pensano molti autorevoli costituzionalisti,
di un approfondimento delle ragioni della Costituzione repubblicana del 1947,
che è ancora pietra angolare. La scelta di nuovi sistemi elettorali e di nuove
pubbliche garanzie che deprimano il gioco correntizio e lo strapotere delle
segreterie partitocratriche e degli organi di informazione non va «contro» ma
semmai «a favore» dello spirito che fu alimentato dalla Costituzione nata dalla
resistenza e dalla ricostruzione.
In
conclusione, l’appello alla formazione dell’uomo e del cit-tadino come base di
ogni educazione democratica resta validissimo se viene ancorato a un testo
fondamentale come quello della Costituzione.
È interessante sul piano storico, ma ancora di più sul
piano etico, che alla carta fondamentale repubblicana abbiano collaborato fianco
a fianco uomini come De Gasperi e Togliatti , Moro e Terracini, Fanfani e
Corbino, De Nicola ed Einaudi; uomini che avevano proprie ferme convinzioni non
tutte in armonia tra loro, ma che seppero garantirne il libero gioco attraverso
un sistema di confronti civilmente regolati dalla sovranità della legge.
Con tutto ciò, non si può dire che la Costituzione uscita dalle discussioni della Assemblea costituente (la prima della storia d’Italia; lo Statuto albertino era di concessione regia) sia stata il frutto di troppi «compromessi», una specie di accordo a mezza via tra destra e sinistra. Essa ha saputo raggiungere un buon livello, anche se perfettibile, di «sintesi» e non di mera sovrapposizione di esigenze. Si può andare avanti, ma la strada è segnata. Lo stesso deve dirsi dello spirito che l’ ha sostenuta; è difficile andare d’accordo con persone che non la pensano come noi, ma è tuttavia necessario il farlo, quando solo la cooperazione di tutti permette di sperare in un migliore domani del Paese.
La scuola, dalla fine del sec. XVIII, è riconosciuta come compito primario dello Stato; oggi anche le scuole non statali rivendicano la condizione di «paritarie» e la natura di un servizio che rimane «pubblico» anche quando sia di fatto gestito da privati o da enti ecclesiastici; questo è un segno di maturazione della coscienza civica, che ha abolito le contrapposizioni arroccate dietro «storici steccati», come più tardi dietro «cortine di ferro».
E la nuova scuola che si riconosce comunque non
come servizio ad una parte, ma a tutta la nazione, giustamente trova nella carta
costituzionale un compendio dei principi regolativi della vita associata. C’è da
notare per altro che il doppio fine enunciato come formazione dell’uomo e
del cittadino non è semplicemente un modo di dire.
Già Rousseau notava che l’educazione deve sopra tutto
abilitare alla «professione di uomo», prima ancora di ogni altra aggettivazione.
Questa prospettiva implicita nei fondamenti del cristianesimo ma di fatto
limitata per secoli da pregiudizi di esclusivismo confessionale, fu pienamente
riguadagnata all’epoca delle grandi rivoluzioni americana e francese.
Essa venne allora in parte ispirata
dall’universalismo illuministico; fu corretta in un senso più rispettoso delle
differenze storico nazionali dal romanticismo; ma non fu mai rinnegata nella sua
aspirazione ad abbracciare il mondo intero.
Oggi, essa prende forza attraverso dure prove in quanto si riafferma come l’unica speranza contro le aberrazioni e le assurdità dei nazionalismi esplosi dopo la caduta dei grandi sistemi repressivi.
Essa rivive nell’aspirazione a un’Europa delle
nazioni diversa al suo interno eppure saldamente unitaria, e si prolunga al di
là del continente verso la cooperazione mondiale, soprattutto verso i popoli in
via di sviluppo, e quelli ancora più deboli.
La rivendicazione della comune umanità assume nella maniera
più semplice ed efficace il postulato altrimenti vago della eguaglianza dei
diritti di tutti gli uomini, indipendentemente dal sesso, età, nazionalità,
razza, lingua, cultura, religione, partito, e anche da eventuali
handicap.
A questo proposito si dice che possiamo essere
diversi, purché non disuguali. Essa pone pure le basi al diritto all’educazione
e al diritto allo studio. Da questo punto di vista sono condannati privilegi,
discriminazioni o anche soltanto separazione di abitazioni, scuole, ospedali,
ristoranti, servizi pubblici per diverse categorie di cittadini (apartheid).
Rimangono per altro alcune distinzioni funzionali, purché siano a vantaggio di
tutti gli interessati nessuno escluso. Così, è consentita la valutazione delle
abilità e competenze per certi lavori, come le qualificazioni, le abilitazioni,
i concorsi e le varie forme di selezione sulla base del merito. Il voler
sopprimere anche queste in base a un principio astratto esprimerebbe un
radicalismo utopistico che negherebbe certi valori e che non è nell’interesse
del corpo sociale né in quello dei suoi membri.
Ma il rispetto dell’uomo vuol dire rispetto non di una
umanità astratta, bensì di una concreta.
Ancora Rousseau diceva che «molti dicono di amare i Tartari, ma non sopportano il proprio vicino». L’umanità è costituita da tutti gli uomini individui, l’uno diverso dall’altro.
Sul piano educativo ciò significa che si deve mirare allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno secondo una educazione individualizzata, o meglio personalizzata.
Occorrono a tutti elementi di base della cultura, fondamenti generali delle lingue, delle scienze e delle arti; ma questo non vuol dire che le scuole debbano uniformarsi tutte a un modello unico, né che i traguardi debbano essere identici, né che le vie per raggiungerli debbano seguire un solo percorso. Occorre invece, questo sì, che ognuno trovi le opportunità migliori per prepararsi ad esprimere il meglio di sé.
Non è chi non veda che solo così si risolvono
senza pregiudizio i problemi sia dei subdotati, sia dei superdotati; in altre
parole, solo una scuola che tende a far sì che ognuno si esprima al meglio non
introduce differenze di trattamento contrarie.
Allora è possibile capire anche la frase di Don Milani che
«bisogna dare di più a chi ha avuto di meno», senza cadere in una
interpretazione demagogica.
Spingendo
questo discorso al limite, esso investe pure il problema dell’assistenza
psichiatrica, della prevenzione dei comportamenti a rischio, del trattamento
rieducativo dei devianti, delle carceri.
In secondo luogo, la scuola si rivolge alla educazione del
cittadino. Anche il concetto di cittadino che era ben presente alla civiltà
greca e romana fu in seguito oscurato da quello di suddito, e la sua ripresa
moderna risale all’epoca delle rivoluzioni americana e francese. Il cittadino è
soggetto libero di diritti e di doveri, e come singolo e come gruppo è tutelato
dalla legge positiva, che riconosce e convalida agli effetti pubblici e
sanzionatori la legge naturale. Di fatto, la socialità esprime la politica, e
questa il diritto.
L’assemblea dei
cittadini esercita in forme dirette o indirette e delegate (rappresentative) il
potere di governo come popolo sovrano.
Nessuno ignora come attorno a questi concetti si sia
arrovellato il pensiero di filosofi, giuristi, uomini di Stato; ma è
significativo che le divergenze riguardino piuttosto modalità tecniche
dell’esercizio, che la sostanza dell’azione. Tutti cercano «come» i principi
esposti possano essere realizzati nella maniera migliore, quasi nessuno se ne
discosta. Questo è quanto oggi noi dichiariamo come la fede politica della
democrazia. Qui si trova la piattaforma cercata per trovare i modi del dialogo e
della dialettica delle varie posizioni che non riesca distruttiva, ma cerchi la
collaborazione, o, dove questa non è possibile, assicuri un ordinato
avvicendamento.
La scuola elementare si
ispira a questi principi per gli stessi motivi per i quali è appunto
«elementare», ovvero pone gli elementi del sapere e dell’agire futuro.
Ciò vuol dire che gli insegnanti ne devono essere
permeati come primi agenti della collettività, in collaborazione con le
famiglie, verso gli ultimi giunti. I bambini sono per lo più immuni dai
pregiudizi adulti, se questi non sono precocemente istillati da esempi e
comportamenti; ma non sono affatto immuni da egoismo, sopraffazione, spirito di
corpo ed esclusione degli estranei al gruppo.
Si direbbe, anche se non si vogliono condividere le opinioni di certi etologi, che il piccolo dell’uomo si prepari alla competizione come mezzo di sopravvivenza. Occorre dunque introdurlo al più presto nel circuito civile, facendogli esercitare le virtù positive di cui esistono pure in lui copiosi germi: l’apertura al nuovo, la curiosità, la benevolenza, la pietà, la simpatia, la gentilezza e la soccorrevolezza; ed anche la difesa degli indifesi e la protesta contro l’ingiustizia.
La scuola è una piccola comunità di fatto, che può
trasformarsi in una piccola società di diritto, quando prende consapevolezza di
sé.
In passato si credette di dover
avviare i ragazzi alla democrazia, simulando in piccolo le istituzioni dei
grandi. Poi ci si accorse che questo non era necessario, o forse era addirittura
superfluo. Era più importante coltivare lo spirito di rispetto reciproco e di
cooperazione, in tutte le forme che la vita in comune per imparare
consente.
I nuovi programmi accentuano per
questo gli aspetti della convivenza democratica, ed in essi fanno rientrare
anche certi aspetti che un linguaggio privilegiato in passato avrebbe chiamato
di educazione morale. Qualcuno si è stupito, anzi scandalizzato della parsimonia
di riferimenti a questo termine. Ma non è la sola parola che conta; anzi la
parola può sviare se ad essa si associano significati desueti o parziali. Nella
socialità partecipata, con i suoi aspetti di decisione e di responsabilità, ci
sono elementi di moralità di grande spessore. E la nostra Costituzione, per
tornare a un tema centrale, è ispirata ad opzioni etiche piuttosto precise, per
la difesa della persona umana e delle istituzioni in cui essa si espande, a
cominciare dalla famiglia.
Altre tematiche venute di attualità più recente, come la conoscenza delle lingue straniere per una migliore intesa tra i popoli, o temi esplicitamente morali come la difesa della vita e della salute, l’educazione ambientale, l’educazione sessuale, i diritti dei portatori di handicap, la solidarietà verso gli extracomunitari non sono estranee al medesimo spirito, anzi in esso si inseriscono a pieno titolo, conferendogli concretezza di impegni per il presente.
L’ELEMENTARE, UNA SCUOLA CHE C’ÈLa scuola elementare, come scuola dell'obbligo,
accoglie tutti i bambini dai 6 agli 11 anni ed è perciò il settore scolastico
più consistente del nostro sistema formativo.
Le classi collocate in un edificio scolastico costituiscono
un plesso. I plessi sono riuniti in circoli didattici. La grandezza dei circoli
e la loro distribuzione sul territorio hanno subito modifiche nell'ultimo
decennio sia per la diminuzione degli alunni (effetto del calo delle nascite)
sia per interventi diretti a rendere più funzionale il servizio (la cosiddetta
"razionalizzazione").
La Scuola Elementare, nell'ambito dell'istruzione obbligatoria, concorre alla formazione dell'uomo e del cittadino nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità individuali, sociali e culturali. Lo scopo che si propone, è sviluppo della personalità del fanciullo, promovendo la prima alfabetizzazione culturale, Legge 5 giugno 1990, n. 148. Inoltre mediante forme di raccordo pedagogico, curricolare ed organizzativo con la scuola materna e con la scuola media, contribuisce a realizzare la continuità del processo educativo ed occupa di fatto, una collocazione centrale nella scuola dell'obbligo ed è chiamata ad assolvere la sua funzione educativa anche con le agenzie formative ad esso esterne C.M. n° 339, del 16 novembre 1992.
L'ORGANIZZAZIONE DIDATTICA
La Legge 5 giugno 1990, n. 148 ha modificato il modello
tradizionale della scuola elementare introducendo la c.d. scuola dei moduli
nella quale l'insegnamento è "collegiale". Gli insegnanti progettano e
programmano insieme, insieme portano avanti il programma, insieme verificano il
lavoro compiuto e valutano gli alunni.
Le
innovazioni più rilevanti hanno riguardato l'aggregazione delle discipline in
"ambiti" con pari dignità culturale e formativa, l'aumento del tempo scolastico
da 24 a 27 ore, l'introduzione dell'insegnamento della lingua straniera con la
conseguente estensione a 30 ore settimanali del tempo-scuola, l'articolazione
antimeridiana e pomeridiana dell'orario delle lezioni. Il 18 % circa delle
classi è organizzato a tempo pieno (40 ore settimanali, comprensive di tempo per
la mensa scolastica), mentre il restante 82 per cento è organizzato a moduli (3
docenti che operano in due classi) secondo i principi del nuovo
ordinamento.
L'ORGANICO FUNZIONALE
In applicazione della disposizione contenuta
nell'art. 72, comma 1, della legge finanziaria Legge - 23/12/1996 n. 662
"Misure di razionalizzazione della finanza
pubblica."
Si veda in particolare: [ art.
1 commi 70 - 81 ], è stato introdotto, con l'anno scolastico 1997/98, l'organico
funzionale di circolo nella scuola elementare. Questo tipo di organico è un
modello strutturalmente nuovo di assegnazione dei posti, centrato sulle diverse
situazioni di contesto delle scuole, e consente di rispondere meglio alle
esigenze didattico-organizzative attraverso una più equa e mirata distribuzione
delle risorse.
Al progetto responsabile
delle scuole stesse è affidata la competenza circa l'impiego del personale nel
circolo, per tutte le attività didattiche previste. L'innovazione si inserisce
nel processo di realizzazione dell'autonomia scolastica di cui all'art. 21 della
legge Bassanini e consente di poterne applicare gli standard
didattico-organizzativi.
Il diritto alla
frequenza della scuola elementare è garantito dalla Costituzione. La Legge
104/92, art.12 , comma 2 ne sancisce l'obbligo.
Le scuole private, se ottengono la parità scolastica ai
sensi della Legge 62/2000, sono obbligate a realizzare l'integrazione
scolastica, come espressamente previsto nell'art.1, comma 3, comma 4
lettera 'e' e comma 14.
Da ultimo la
materia delle iscrizioni è stata regolata con la C.M. n°311/99, poi con le
indicazioni applicative C.M. n°163, del 15 Giugno 2000, che confermano la
precedente normativa
L’integrazione scolastica, fa parte di un progetto più ampio, globale ed individualizzato al tempo stesso, che coinvolge non solo il singolo individuo ma anche tutte le realtà del territorio. Una vera integrazione si realizza unicamente se al centro dell’attenzione si pongono non soltanto i bisogni della persona con deficit, ma anche i suoi desideri, le sue risorse e le potenzialità nell’ambito dell’apprendimento, della comunicazione, delle relazioni e della socializzazione. Essa deve intendersi, come un processo dinamico, dialettico, di sviluppo delle potenzialità soggettive, e si deve basare sul rispetto e la valorizzazione della diversità della persona con deficit, che deve essere vista come risorsa, piuttosto che solo come portatrice di bisogni.
In quest’ottica assume una particolare rilevanza
la costruzione di progetto educativo, derivante dal confronto di tutte le
Istituzioni e basato sulla messa in rete delle risorse umane e strumentali
offerte dal territorio, il cui coordinamento è necessario anche per evitare
interventi frazionati ed inutili dispersioni.
Tra queste risorse, un ruolo sempre più attivo deve
essere riconosciuto alle famiglie, sia nella formulazione del Profilo Dinamico
Funzionale e del Piano Educativo Individualizzato, sia nella loro verifica in
itinere. L’adeguamento del sistema scolastico ai bisogni di formazione e
crescita della persona con handicap, la flessibilità organizzativa e di
contenuti, aperta alla sperimentazione di strategie multi-disciplinari, la
progettazione congiunta, la realizzazione di progetti di orientamento e di
continuità educativa, l’attenzione alla prospettiva della vita adulta, diventano
elementi essenziali per la qualificazione del percorso di integrazione.
Si devono, in conclusione, porre in essere tutte le condizioni, secondo le diverse competenze istituzionali, per rendere effettivo il diritto allo studio dell’alunno con deficit, rimuovere in definitiva, tutti quegli ostacoli che, limitando di fatto il pieno sviluppo della persona, impediscono l’uguaglianza dei cittadini, art.2, 3 e 4 della Costituzione. Insomma, una maggiore aderenza dell'intervento al bisogno e alle finalità dell'integrazione scolastica.
Alcuni dei punti della normativa applicativa:
Programmazione obbligatoria e coordinata tra
Scuola Asl e Enti Locali:
Le Regioni hanno
l'obbligo di provvedere a che le AA.SS.LL. assicurino l'intervento medico e per
lo sviluppo cognitivo degli alunni in situazione di handicap, come affermato
nella Legge Quadro pubblicato sulla G.U. del 15/04/94 ( art.12, commi 5 e 6)
(Pubblicato la prima volta nella G.U 6 aprile 1994, n. 79, il D.P.R. è stato
ripubblicato, dopo la registrazione alla Corte dei conti, sulla G.U. 15 aprile
1994, n. 87).
La programmazione
obbligatoria e coordinata tra Scuola ASL e Enti Locali è stata successivamente
disciplinata dall'atto di indirizzo, D.P.R. 24/02/94, in relazione alla Diagnosi
Funzionale, al Profilo Dinamico Funzionale, al GLH, al Piano Educativo
Individualizzato ( PEI ) e alle verifiche degli interventi educativi.
Infatti il Ministero P.I., conseguentemente
emanava il D.M. n. D.M. 141 del 31 Giugno 1999, nel quale è stabilito che le
classi frequentate da alunni portatori di handicap, non abbiano più di 20
alunni, purché sia predisposto, da parte dell'intero Consiglio di classe (e non
da parte del solo insegnante di sostegno) un progetto per l'integrazione. In
tale progetto devono essere espressamente indicati: le motivazioni per la
riduzione del numero degli alunni, in rapporto alle esigenze formative
dell'alunno e le strategie e le metodologie adottate dal Consiglio di
classe.
Il progetto va inviato dal Capo di
Istituto al GLH del Provveditorato agli Studi, il quale, sulla base dei criteri
predisposti dal GLIP in merito alla formazione delle classi, esprime motivato
parere al Provveditore. Se tale progetto non è stato presentato o non viene
approvato, le classi di ogni ordine e grado frequentate da alunni in situazione
di handicap, non possono comunque avere più di venticinque alunni. Esiste però
una flessibilità da ventuno a venticinque alunni determinata dalla gravità dell'
handicap, dalle situazioni oggettive degli alunni interessati e dalle difficoltà
organizzative della scuola e dalle risorse professionali in essa presenti
(sufficiente numero di ore di sostegno, preparazione di tutti gli insegnanti
sulle tematiche dell' handicap, etc…).
La
presenza nella stessa classe di più di un alunno in situazione di handicap deve
essere prevista solo in casi eccezionali e come ipotesi residuale, e solo in
presenza di handicap lievi.
Le classi
iniziali con più di un alunno in situazione di handicap sono comunque costituite
con non più di venti iscritti.
Per alunni
con o senza handicap, temporaneamente ospitati presso ospedali per un periodo
non inferiore a 30 giorni, possono essere autorizzate dal Provveditore agli
Studi classi di scuola elementare o media, anche con un basso numero di alunni.
La materia è regolata dalla C.M.353 del 7 agosto 1998 (art.11).
Che cosa è:
Il Piano educativo individualizzato (indicato in seguito
con il termine P.E.I.), è il documento nel quale vengono descritti gli
interventi integrati ed equilibrati tra di loro, predisposti per l'alunno in
situazione di handicap, in un determinato periodo di tempo, ai fini della
realizzazione del diritto all'educazione e all'istruzione, di cui ai primi
quattro commi dell'art. 12 della legge n. 104 del 1992.
Il P.E.I. è redatto, ai sensi del comma 5 del predetto art. 12, congiuntamente dagli operatori sanitari individuati dalla ASL (UONPI) e dal personale insegnante curriculare e di sostegno della scuola e, ove presente, con la partecipazione dell'insegnante operatore psico-pedagogico, in collaborazione con i genitori o gli esercenti la potestà parentale dell'alunno. Atto di indirizzo: D.P.R. del 24/02/94, art.4.
Il P.E.I. tiene presenti i progetti didattico-educativi, riabilitativi e di socializzazione individualizzati, nonché le forme di integrazione tra attività scolastiche ed extrascolastiche, di cui alla lettera a), comma 1, dell'art. 13 della legge n. 104 del 1992.Nella definizione del P.E.I., i soggetti di cui al precedente comma 2, propongono, ciascuno in base alla propria esperienza pedagogica, medico-scientifica e di contatto e sulla base dei dati derivanti dalla diagnosi funzionale e dal profilo dinamico funzionale, di cui ai precedenti articoli 3 e 4, gli interventi finalizzati alla piena realizzazione del diritto all'educazione, all'istruzione ed integrazione scolastica dell'alunno in situazione di handicap. Detti interventi propositivi vengono, successivamente, integrati tra di loro, in modo da giungere alla redazione conclusiva di un piano educativo che sia correlato alle disabilità dell'alunno stesso, alle sue conseguenti difficoltà e alle potenzialità dell'alunno comunque disponibili.
IN SINTESI
Il P.E.I. è:
-
progetto operativo interistituzionale tra operatori della scuola, dei servizi
sanitari e sociali, in collaborazione con i familiari
- progetto educativo e didattico personalizzato riguardante
la dimensione dell'apprendimento correlata agli aspetti riabilitativi e
sociali
contiene:
- finalità e obiettivi didattici
- itinerari di lavoro
- tecnologia
-
metodologie, tecniche e verifiche
-
modalità di coinvolgimento della famiglia
tempi:
- si definisce
entro il secondo mese dell'anno scolastico
- si verifica con frequenza, possibilmente
trimestrale
- verifiche straordinarie per
casi di particolare difficoltà
E' importante, in caso di inadempienze nella
elaborazione del P.D.F o P.E.I. , oppure il GLH non viene convocato,
formulare la richiesta al Dirigente Scolastico, citando come normativa: la
Legge Quadro, o l'Atto di indirizzo D.P.R. 294, oltre la Legge
Regionale, per il Diritto allo Studio.
Inoltre, vedere se tra Ente Locale, ASL e
Provveditorato, sono stati sottoscritti accordi o intese, per stabilire i
servizi e le disponibilità finanziarie che le Amministrazioni si impegnano a
realizzare.
Che cosa è L'Accordo di Programma?
L'art27 della L.142/90, definisce
l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che
richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata
di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti
pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti.
Il presidente della Regione o il Presidente della Provincia
o il Sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o
sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un
accordo di programma, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati,
per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le
modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento
Occorre diffidare formalmente il Direttore Generale, quello Sanitario e quello Amministrativo della ASL affinché rispettino l'atto di indirizzo approvato con D.P.R. del 24/02/94, che prevedendo espressamente tali compiti collaborativi con la scuola, impone implicitamente alla ASL di organizzare il funzionamento delle unità multidisciplinari, in modo da non impedire o intralciare il funzionamento della scuola. Occorre contemporaneamente diffidare l'Assessorato Regionale alla Sanità a vigilare al rispetto dell'Atto di indirizzo, come espressamente stabilito dallo stesso Atto (art.7). Se necessario, le diffide vanno diffuse via stampa e televisione, purché in forma tale da non comportare eventuali denuncie o querele dei funzionari e degli Amministratori interessati.
L'insegnante per le attività di sostegnoCosa può fare un genitore?
Riguardo ai punti 1 e 3, segnalare il disagio al Gruppo di
Lavoro Interistituzionale del Provveditorato (GLIP). Per quanto riguarda il
punto 2 si ricorda l'art.40 del D.M. n°331/98 che ribadisce l'obbligo della
continuità educativa.
Per quanto riguarda il punto 4, fare un esposto sul disservizio al Provveditore e, per conoscenza, al Ministero della Pubblica Istruzione Ufficio di Gabinetto ed Osservatorio permanente sull'integrazione scolastica presso il Ministero della Pubblica Istruzione.
Continuità Educativa e didatticaPer quanto riguarda la scuola dell'obbligo la
normativa di riferimento più importante è la C.M.1/88.
Questa normativa indica criteri e modalità di raccordo a
livello didattico-istituzionale per agevolare il passaggio dell'alunno
handicappato da un ordine di scuola a quello successivo. Prevede incontri tra
gli operatori scolastici e socio - sanitari, la trasmissione di notizie e
documentazioni e in particolare la possibilità che l'insegnante di sostegno
della scuola di provenienza segua l'alunno nella fase di passaggio e di iniziale
frequenza della nuova istituzione scolastica.
Sulla continuità educativa in senso lato e per tutti gli
alunni (ivi compresi gli alunni con Handicap)si parla nel D.M. del 16/11/90 e
nella C.M. n° 339/92.
Nel collegato alla
legge finanziaria 662 del 23/12/96, art.1 comma 72, è previsto il principio che
sancisce :"è garantita la continuità del sostegno per gli alunni portatori di
Handicap".
Tale norma è ribadita dal
citato art.40 del D.M. n°331/98.
Infine,
tra le ipotesi di sperimentazione il D.M. n°331/98 all'art.43 indica anche
quella concernente la continuità educativa.
Nella Legge 104/92 , art.13, comma 3 è ribadito l'obbligo "per gli Enti Locali di fornire assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con Handicap fisici o sensoriali".
Dal momento che questo tipo di problemi non è, in genere, presente in alunni con sindrome di Down, non è opportuno che la scuola utilizzi per loro tali figure professionali, poiché questo, al contrario, potrebbe non giovare allo sviluppo della loro autonomia e comunicazione.
Mansioni degli "ex" bidelli (ora denominati "collaboratori scolastici") AIPD * Osservatorio Scolastico Nazionale,* Carta dei.Diritti , aggiornamento a cura dell'Avv. Salvatore Nocera).Essenziale, per porre le basi per una
progettualità il più ricca possibile in sede locale , è l'Accordo di Programma,
in cui i diversi soggetti firmatari, sottoscrivono gli impegni finanziari
concreti, atti a garantire la realizzazione della piena integrazione scolastica
dei ragazzi con deficit.
L'adeguamento del
sistema scolastico ai bisogni di formazione e crescita della persona con
handicap, la flessibilità organizzativa e di contenuti, aperta alla
sperimentazione di strategie multidisciplinari, la progettazione congiunta, la
realizzazione di progetti di orientamento e di continuità educativa,
l'attenzione alla prospettiva della vita adulta, diventano elementi essenziali
per la qualificazione del percorso di integrazione.
L'Atto di indirizzo:
Decreto Ministeriale - Ministero della Pubblica Istruzione
e Ministero della Sanità - 9 luglio 1992.
"Indirizzi per la stipula degli accordi di programma ai
sensi dell'art. 13 della legge-quadro 5 febbraio 1992, n. 104, sull'assistenza,
l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate."
(Pubblicato nella G.U. 30 ottobre 1992, n. 256.)
….Omissis
f) innovazione e sperimentazione didattica.
4. Gli accordi di programma per le attività di
cui ai commi precedenti prevedono modalità di collegamento delle stesse con i
progetti educativi, riabilitativi e di socializzazione individualizzati e la
distribuzione dei finanziamenti relativi fra i soggetti competenti ad erogarli;
le attività possono consistere in ludoteche, centri di documentazione,
addestramento all'uso di ausili anche informatici e quanto altro sia ritenuto
utile a favorire interventi precoci anche presso le famiglie per sviluppare
l'autonomia fisica psicologica e sociale; dette attività possono riguardare,
altresì, più mirati interventi culturali, ricreativi, sportivi, di orientamento
e formazione professionale, di tempo libero e di contatto con il mondo del
lavoro. In ogni caso esse debbono mirare quanto più possibile al coinvolgimento
di tutta la classe e non solo degli alunni in situazione di handicap, anche
quando vengono svolte al di fuori dell'ambiente scolastico, fatte salve le
competenze del consiglio di circolo o di istituto di cui all'art. 6 del D.P.R.
31 luglio 1974, n. 416.
5. Negli accordi
di programma sono altresì indicate le figure professionali per gli interventi di
cui al presente articolo nonché le modalità che garantiscono la partecipazione
degli stessi alle attività previste ed ai gruppi di lavoro provinciali, previsti
dall'art. 15, commi 1 e 2. Gli accordi di programma prevedono modalità e tempi
per la predisposizione, attuazione e verifica degli adempimenti di cui ai
precedenti commi 2 e 3 in modo coordinato tra gli operatori delle diverse
amministrazioni, nonché le forme di integrazione tra attività scolastiche ed
extrascolastiche.
6. E' considerato
intervento essenziale nell'ambito degli accordi di programma, ai fini
dell'orientamento scolastico e professionale, la stipula di intese
interistituzionali, a livello provinciale o comunale, su apposti progetti
operativi.
7. Per gli alunni con handicap
in situazioni di gravità, gli accordi di programma debbono garantire interventi
prioritari, rispettosi del principio dell'integrazione nella scuola di
competenza territoriale dell'alunno. Le relative modalità saranno stabilite
negli accordi di programma stessi anche per quanto riguarda l'utilizzazione
delle attrezzature di cui all'art. 13, comma 1, lettera b), della legge
quadro.
Sui criteri di assegnazione dei
finanziamenti da parte del M.P.I., oltre la C.M. 766/96, il D.M. 6 Agosto 1998,
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, n.229 il 1 Ottobre 1998, e il D.M. 331/98,
art.43 che indica le tipologie di sperimentazione per la quale c'è priorità di
finanziamento, e cioè:
….Omissis
43.3 Il Provveditore agli studi, sulla base delle
proposte del Gruppo di lavoro provinciale interistituzionale (Glip), individuerà
i progetti da approvare osservando le seguenti priorità:
a) interventi precoci finalizzati alla prevenzione dei
fenomeni di aggravamento delle situazioni di handicap nei gradi iniziali dei
processo formativo;
b) percorsi integrati
di istruzione e formazione professionale e di inserimento nel mondo dei lavoro,
con particolare riferimento a progetti che prevedono l'uso di risorse
provenienti da altri soggetti, con particolare attenzione alle cooperative
sociali, al riconoscimento di crediti formativi e all'alternanza
scuola-lavoro;
c) percorsi di integrazione
che prevedano l'impiego anche di persone esterne al corpo docente, come tutors
reclutati attraverso "borse amicali", esperti in specifiche attività lavorative
o figure di sistema;
d) interventi
formativi in contesti esterni alla scuola e attività didattiche cooperative, con
il coinvolgimento di tutti gli alunni e gli insegnanti;
e) integrazione scolastica di minorati dell'udito e della
vista, con l’intervento dei diversi soggetti istituzionali competenti, anche al
fine di mettere le strumentazioni e le competenze specializzate a disposizione
di reti di scuole;
f) progetti di
integrazione scolastica dei disabili fisici e psichici, in particolare
situazione di gravità, più direttamente mirati alle potenzialità di
apprendimento e al miglioramento della vita di relazione;
g) progetti che si colleghino all'autonomia didattica ed
organizzativa, prevedendo attività per gruppi, tempi scolastici flessibili,
curricoli individualizzati, che, partendo dalle esigenze degli alunni in
situazione di handicap determinino cambiamenti significativi dell'intera
organizzazione, della scuola.
43.4 Il
Provveditore agli studi dispone, altresì:
- l'eventuale assegnazione temporanea di insegnanti di
sostegno dei grado di scuola precedente, nella fase di passaggio di un alunno da
un grado all'altro di scuola, qualora il progetto educativo individuale e le
esigenze di inserimento rendano necessarie forme di raccordo e integrazione tra
i due gruppi di docenti;
- l'eventuale
finalizzazione di competenze professionali assegnate per alunni in particolari
situazione di handicap anche a reti di scuole.
43.5 In ogni caso i progetti dovranno, evitare la
concentrazione di alunni della stessa tipologia di handicap nella stessa scuola,
favorendo invece i consorzi tra scuole e lo scambio di strumenti ed
esperienze;
43.6 Le scuole a cui verrà
affidato il progetto di sperimentazione dovranno garantire l'informazione e la
diffusione delle esperienze, attraverso la promozione di centri territoriali di
servizi didattici e strumentali, in attuazione dell'autonomia gestionale o
organizzativa delle scuole.
43.7 Le
sperimentazioni proposte dai commi precedenti verranno sottoposte a specifico
monitoraggio, al fine di valutare la qualità dei progetti, il conseguimento
degli obiettivi prefissati e l'opportunità della diffusione delle esperienze
realizzate.
Prove di esame ( Dal sito dell'Associazione
Italiana Persone Down)
O.M. 80/95 Titolo I
art. 3 c. 3 (confermato ed integrato dalla O.M. 330/97 e dalla O.M. 65/98 e
dall’art. 1 della O.M. 128/99): “La valutazione degli alunni riconosciuti in
situazione di handicap viene operata, sulla base del piano educativo
individualizzato, mediante prove di esame, anche differenziate, corrispondenti
agli insegnamenti impartiti ed idonee a valutare il processo formativo
dell’allievo in rapporto alle sue potenzialità ed ai livelli di apprendimento e
di autonomia iniziali”.
Circolare Ministero dell' Interno 23 GIUGNO 1998
La legge n.23 dell’11 gennaio 1996 ha così
ripartito le competenze:
1. “i comuni
provvedono alla fornitura ed alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli
edifici da destinare a sede di scuole materne, elementari e medie”;
2. le province provvedono alla fornitura degli
edifici per le scuole superiori ed alla loro manutenzione ordinaria e
straordinaria.
Pertanto per chiedere
l’eliminazione di barriere architettoniche negli edifici scolastici, ci si dovrà
rivolgere al Comune o alla provincia secondo le rispettive competenze.
Comuni e province dovranno provvedere inoltre
“alle spese varie d’ufficio, all’arredamento, alle spese per utenze elettriche e
telefoniche, alle spese per provvista di acqua e gas, al riscaldamento ed ai
relativi impianti”. Quanto all’arredamento, si tenga presente che esso può anche
riguardare banchi particolari o particolari sedie per persone con handicap
motorio, particolari lavagne a fibre ottiche per alunni ipovedenti, congegni per
campo magnetici antirumore per alunni minorati dell’udito protesizzati, computer
con particolari programmi per alunni con handicap intellettivo.Lo Stato, Comuni
e Province stanno provvedendo a riassegnare i propri fondi da loro
precedentemente impegnati secondo le nuove competenze.