Rapporto
del Gruppo Ristretto di Lavoro
costituito
con D.m. 18 luglio 2001, n. 672
e
Raccomandazioni
per
l’attuazione della Riforma
Giuseppe Bertagna, università di
Bergamo (Presidente),
Norberto Bottani, direttore del
Dipartimento Innovazione Educativa del Cantone di Ginevra (Svizzera),
Giorgio Chiosso, università di
Torino,
Michele Colasanto, università
Cattolica di Milano,
Ferdinando Montuschi, università
di Roma Tre,
Silvano Tagliagambe, università
di Sassari, sede di Alghero.
Il
Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, con decreto
ministeriale n. 672 del 18 luglio 2001, ha istituito un Gruppo ristretto di
lavoro (Grl) allo scopo “di svolgere una complessiva riflessione sull’intero
sistema di istruzione e, nel contempo, di fornire concreti riscontri per un
nuovo piano di attuazione della riforma degli ordinamenti scolastici, ovvero
per le eventuali modifiche da apportare alla legge 30 del 10 febbraio 2000”.
Il
Ministro, alla luce del suo discorso alle Commissioni parlamentari, ha poi
chiesto al Grl di procedere a questa “complessiva riflessione” e ad una ipotesi
di “un nuovo piano di attuazione della riforma degli ordinamenti scolastici”
tenendo conto, per quanto possibile e
se condivise, delle seguenti raccomandazioni:
1)
ribadire
il principio che il sistema di istruzione e di formazione del Paese è al
servizio della società e del progresso economico se e solo se è primariamente
al servizio della persona di ciascuno e mira al massimo sviluppo possibile
delle capacità di tutti; in questa prospettiva va collocato l’obbligo di 12
anni di istruzione e/o di formazione per tutti;
2)
valorizzare
ulteriormente il ruolo e la funzione educativi della scuola dell’infanzia
valutando “se e in quale modo considerare la frequenza della scuola
dell’infanzia triennale, che resta non obbligatoria e curricolarmente unitaria,
come possibile credito ai fini del soddisfacimento di almeno un anno dei 12 di
istruzione e/o formazione obbligatoria”; ciò anche allo scopo di non lasciare
“minori” sul piano della qualità della formazione iniziale e della successiva
carriera i docenti che insegnano in questo grado di scuola;
3) ipotizzare
un’articolazione unitaria della scuola dai 6 ai 14 anni che avvalori le
specificità delle età evolutive della fanciullezza e della preadolescenza sul
piano degli ordinamenti, del piano degli studi e dell’organizzazione del
servizio; ciò significa promuovere, nella cornice ordinamentale della scuola
primaria quinquennale e della scuola secondaria di I grado triennale, un piano
degli studi unitario, continuo e progressivo organizzato in cicli biennali,
dove si realizzi un più efficace raccordo tra l’ultimo anno della scuola
primaria e il primo della secondaria di I grado e, nondimeno, tra l’ultimo
biennio della scuola secondaria di I grado e gli studi liceali o professionali
successivi, al fine di stimolare una spinta qualitativa verso l’alto
dell’intero sistema di istruzione e di formazione;
4)
eliminare
la cosiddetta “onda anomala” determinata dall’attuazione della legge 30 per i
gravi problemi che essa solleva anzitutto sul piano educativo e metodologico,
per gli alunni, le famiglie ed i docenti, e, in secondo luogo, a livello
organizzativo, edilizio, finanziario, anche per lo Stato e gli Enti locali;
5) progettare una
scuola secondaria superiore di elevata qualità culturale ed educativa,
prevedendo anche la possibilità di completarla con eventuali anni di
specializzazione non universitaria;
6) identificare
la natura pedagogica, l’identità curricolare e la fisionomia istituzionale di
un percorso graduale e continuo di Istruzione/Formazione secondaria e superiore
parallelo a quello di Istruzione secondaria e superiore, dai 14 ai 21 anni, con
esso integrato a livello di funzioni di sistema e ad esso pari in dignità
culturale ed educativa, abilitato a rilasciare tre titoli di studio
corrispondenti a standard nazionali concertati in sede nazionale (Qualifica,
Diploma di formazione secondario,
Diploma professionale superiore);
7) predisporre
piani di studio/standard nazionali obbligatori che, mentre rispettano forma e
sostanza dell’art. 8 del Dpr. 275 e delle altre leggi ordinarie e
costituzionali in materia, consentano più di ora sia percorsi e completamenti
personalizzati da parte delle famiglie e degli studenti, sia una maggiore
verifica comparativa nazionale dei risultati;
8)
dar
corso ai punti precedenti avvalorando l’autonomia degli istituti del sistema di
istruzione e di formazione, facendo sempre prevalere, sia sul piano delle
verifiche dell’apprendimento sia su quello del soddisfacimento dell’obbligo per
tutti i giovani di 12 anni di istruzione/formazione, i vincoli di risultato su quelli procedurali e di
percorso;
9) prevedere linee di formazione iniziale degli insegnanti in relazione ai cicli scolastici e di Formazione ipotizzati.
Il
Grl, per adempiere al mandato di studio ricevuto, ha proceduto lungo quattro
direzioni di ricerca.
Anzitutto,
ha elaborato una propria ipotesi complessiva di revisione del sistema educativo
di istruzione e di formazione (art. 1, c.1, legge 30/2000) che tenesse conto
delle raccomandazioni del Ministro.
In
secondo luogo, ha voluto verificare la congruenza, i punti deboli e forti, la
praticabilità e il consenso di tale ipotesi di revisione complessiva del
sistema educativo di istruzione e di formazione attraverso lo svolgimento di Gruppi Focus e attraverso il confronto
critico con sessanta consigli di classe e di istituto distribuiti, a campione,
sul territorio nazionale. Le date e le sedi di svolgimento, l’elenco delle
persone coinvolte e le sintesi critiche di queste audizioni sono riportate nel
I Capitolo della Parte II del presente Rapporto. Sia i Gruppi Focus, che hanno visto ogni volta la partecipazione di opinion leader nazionali, di accademici
e di rappresentanti del mondo della scuola e dell’associazionismo culturale e
professionale (docenti, dirigenti e, infine, genitori e studenti)[1],
sia i risultati della consultazione dei sessanta consigli di classe e di
istituto hanno permesso di assestare in
itinere, in base alle osservazioni ricevute, numerosi elementi di dettaglio
e qualche tratto strutturale della ipotesi iniziale. Il risultato finale di
questo lavoro di confronto è iconizzato nei quattro schemi allegati, uno di
sintesi complessiva, gli altri tre dedicati al segmento secondario e superiore,
schemi poi spiegati e giustificati nei due Capitoli che compongono la Parte I
del presente Rapporto.
In
terzo luogo, il Grl ha preparato con l’Istat un’indagine che, con rigorosa
metodologia scientifica, indagasse l’opinione di docenti, genitori e studenti
sulle scelte qualificanti contenute nell’ipotesi di riforma nel frattempo messa
a punto. Lo scopo assegnato a questa indagine non è stato ovviamente quello di
ottenere elementi da utilizzare per il perfezionamento dell’ipotesi stessa,
bensì quello di offrire ai decisori politici e all’opinione pubblica
informazioni sul grado di adesione a determinate scelte tecniche e di impianto adottate dal Grl.
Infine,
ha chiesto a enti, associazioni, centri di ricerca, riviste che coltivano per
mandato o per vocazione istituzionale i problemi culturali, ordinamentali e
professionali della riforma del sistema educativo di istruzione e di formazione
un giudizio su tutte le raccomandazioni date dal Ministro al Grl, nonché un’eventuale loro concreta proposta
di riforma del sistema educativo di istruzione e di formazione che tenesse
conto, in tutto o in parte, di tali raccomandazioni.
Questo Rapporto del Grl, che segue
quello elaborato dal Presidente Giuseppe Bertagna, è articolato in 3 parti:
1. Una sintetica
presentazione del modello elaborato dal Grl tenendo conto dei principi generali
enunciati dal Ministro;
2. Le
raccomandazioni che il Grl ritiene di dover rivolgere al Ministro sulla base
non soltanto delle proprie proposte, ma anche e soprattutto delle principali
posizioni emerse dai momenti di confronto critico che è stato sviluppato,
alcune integrative, altre alternative a
quelle inizialmente messe a punto ;
3. I punti
principali e qualificanti della proposta di organizzazione della formazione
iniziale dei docenti, sui quali il Grl ha trovato unanime consenso.
Parte Prima – La proposta del Grl
Il Grl ha proceduto all’elaborazione
della proposta di riforma del sistema educativo di istruzione e di formazione
iconizzata nei quattro schemi allegati (il primo di sintesi, gli altri tre
esplosione analitica delle sezioni del primo rispettivamente dedicate
all’istruzione secondaria e superiore, alla formazione secondaria e superiore a
tempo pieno o in alternanza), sforzandosi di rispettare e di concretizzare i
principi ispirativi generali riportati di seguito.
C’è
comunque un’avvertenza generale di cui è necessario prendere atto.
Le
proposte e la loro discussione non sono state esplicitamente contestualizzate
rispetto alle competenze istituzionali attuali, né soprattutto rispetto al loro
ridisegno in conseguenza alle modifiche del titolo V della Costituzione
comprendente il referendum sulla legge sul federalismo.
Già
ora istruzione e formazione professionale sono attribuite alle Regioni, che con
la legge 18 ottobre 2001, n. 3 acquistano altresì capacità di legislazione
concorrente anche in materia di istruzione.
Il confronto con le Regioni, dunque, è
non solo prioritario e fondamentale, ma imprescindibile già nel momento stesso
della progettazione del nuovo sistema
educativo di istruzione e di formazione.
In
termini più circoscritti, ma non meno rilevanti sul piano del metodo e su
quello di merito, sarà poi necessario un confronto con il Ministero del Lavoro,
con il Ministero delle Attività Produttive e con le parti sociali in ordine al
tema della formazione in alternanza
scuola/lavoro, che va comunque tenuto concettualmente e di fatto distinto
dall’ apprendistato. Quest’ultimo, a differenza del primo, è
infatti un contratto di lavoro a causa mista (che pone in capo
all’imprenditore un obbligo di retribuzione e insieme di formazione) e come tale coinvolge direttamente la
responsabilità della parti sociali.
Il
Grl è consapevole di tutti questi problemi di compatibilità e di intreccio di
competenze, anche se non rientrava tra i suoi compiti entrare nel merito della
loro soluzione.
L’art. 1 c.1 della legge 30/2000 parla
di “sistema educativo di istruzione e di formazione”. Anche nel suo prosieguo, la legge presuppone che, mentre
l’istruzione e la formazione siano due dimensioni diverse, ambedue siano
educative e debbano costituire un “sistema educativo”.
L’art. 68, c. 1 della legge n. 144/99,
istituendo “l’obbligo di frequenza di attività
formative fino al compimento del 18° anno”, parla di “sistema della formazione professionale regionale” come
uno dei “percorsi” all’interno dei quali i giovani possono espletare tale
obbligo.
L’art. 3, punto n del nuovo art. 117 della
Costituzione, introdotto con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3,
mutuando l’espressione dal Titolo II, art. 33 della Costituzione del 1948,
riserva a legislazione esclusiva dello Stato “le norme generali sull’istruzione”. Introduce,
poi, una distinzione tra “istruzione”, che colloca
a legislazione concorrente tra Stato e Regioni, e “istruzione e formazione professionale” che è legislazione esclusiva
regionale.
Il combinato disposto di tutte queste
norme consente di ricavare alcuni orientamenti che spiegano anche il senso
della proposta di revisione della legge 30/2000 avanzata negli schemi prima
riportati e illustrata in queste pagine.
Per un verso, istruzione e formazione
sono due processi diversi. La stessa legge costituzionale, del resto, traccia
un confine tra “istruzione” tout court
e “istruzione e formazione”. In termini epistemologici, si può ritenere che il
fine prioritario dell’istruzione, la sua differenza specifica, possa collocarsi
nel conoscere, nel teorizzare. Avrebbe a che fare con le
idee e con le relazioni intellettuali formali tra le conoscenze. La formazione,
invece, avrebbe più a che fare col produrre,
con l’operare, con il costruire: immettere le idee (le
conoscenze) nella realtà, mediante apposite operazioni di progettazione e di
trasformazione che diventano poi pratiche professionali esperte; potremmo dire
trasformare stati ideali in stati reali.
Per l’altro verso, però, istruzione e
formazione sono anche due processi unitari e sempre integrati. L’unità e
l’integrazione deriva loro da due circostanze.
Anzitutto, dal fatto che non si può
conoscere senza produrre, operare e costruire, e viceversa. Nessuno è in grado
di elaborare theoría senza téchne, e nessuno può produrre nulla se
non concepisce idee e non ha conoscenze da concretizzare. In secondo luogo,
dalla constatazione che ambedue i processi sono chiamati ad essere educativi, nel senso che l’uno e l’altro
sono invitati a promuovere nel modo più integrato, armonico, simultaneo e
progressivo possibile tutte le dimensioni della personalità di ciascuno, non
soltanto una di esse.
Questa crescente integrazione tra i due
percorsi e processi risponde all'esigenza della società attuale, caratterizzata
da un sempre maggiore uso delle conoscenze a scopi produttivi e sociali, per
cui la produzione è a un sempre più alto contenuto di conoscenza. Questo
processo ha cambiato il significato del termine professionalità, che è ormai
passata dal campo dell'addestramento pratico a quello della conoscenza
sperimentale di tipo scientifico e tecnologico. Di conseguenza essa si basa
ormai su un asse culturalmente solido, in grado di dare una chiave
interpretativa unitaria ai giovani, da spendere non solo sul lavoro, ma nei
vari momenti dell'esperienza di vita. In seguito a ciò il sistema della
formazione deve essere ripensato e riorganizzato superando quella che oggi è
impropriamente definita formazione di primo livello e dando vita a una
formazione che "scommetta" sulle competenze più rare e meno presenti
sul mercato, meno esposte alla concorrenza internazionale, in modo da mantenere
costante, e possibilmente aumentare, il differenziale positivo di
professionalità della forza lavoro del
sistema paese rispetto a quella dei
paesi caratterizzati da un' elevata disponibilità di manodopera.
La legge costituzionale 18 ottobre, n.
3 ha certamente innovato numerosi e rilevanti aspetti del governo e della
gestione del “sistema educativo di istruzione e di formazione”. Non spettava
tuttavia al Grl, per gli ovvi limiti delle sue prerogative, entrare, in
relazione all’espletamento del compito che gli è stato affidato, nel merito
delle competenze che, con la nuova norma, sono di riserva esclusiva statale o
regionale, oppure sono a legislazione concorrente.
Consapevole dei limiti del proprio
ruolo e della propria funzione, il Grl ha preferito fermarsi a suggerire
ipotesi di modifica dei dispositivi riformatori inaugurati dalla legge 30/2000,
tali da rispondere, per un verso, a caratteri di unitarietà/organicità e, per
l’altro, soprattutto, a domande culturali, sociali e professionali considerate
rilevanti e da soddisfare, nel rispetto delle competenze istituzionali dei
soggetti che devono gestire il sistema suddetto nelle sue articolazioni
interne.
In questa prospettiva ha segnalato come
strategico per lo sviluppo del paese e per la maturazione dei singoli soggetti
in età evolutiva il raggiungimento dei due seguenti obiettivi:
Ø
la disponibilità di un sistema educativo nel quale esistano
e si intersechino percorsi di istruzione e percorsi di formazione, ambedue a
livello secondario e superiore;
Ø
l’obbligo per tutti i cittadini italiani, come
irrinunciabile conquista di civiltà, di seguire, all’interno di questo sistema,
un itinerario formativo di 12 anni o almeno fino all’ottenimento di una
qualifica.
La costruzione
di un sistema di questo genere va fatta tenendo fermo il principio che essa deve essere il risultato di una
collaborazione e di un interscambio tra sistemi ben definiti e non ibridi, ciascuno dei quali abbia cioè un profilo
chiaro e una missione riconoscibile.
Ora per quanto
riguarda il sistema dell’istruzione questo, ovviamente, non è un problema,
viste la sua storia e la sua tradizione e considerata la funzione che gli è
stata sempre riconosciuta nell’ambito della società. Diverso è il discorso
relativo al sistema della formazione, che è da costruire e da consolidare, in
quanto in Italia l’istruzione tecnica e
professionale( e ancor più la formazione professionale) sono state sempre
guardate con sufficienza (data anche la scarsa propensione della nostra cultura
a riconoscere un qualsiasi valore formativo e teorico alle tecnologie e alle
attività che presuppongono abilità e competenze di tipo manuale e operativo) e
che non ha, di conseguenza, a tutt’oggi un’identità precisa.
Il primo obiettivo che ci si deve proporre è dunque
quello di dare senso specifico e dignità culturale propria a questo percorso di
formazione, sottolineando non soltanto il suo valore intrinseco, ma anche il
contributo che la sua presenza può dare all’innalzamento del livello e della
qualità anche dell’istruzione scolastica. Quest’ultima
in Italia risulta caratterizzata, e spesso compromessa nella sua efficacia,
dalla scarsa attenzione all’esigenza di tener conto di una dimensione operativa del sapere, che occorre distinguere, sul piano
concettuale e pratico, dalla terminalità del
sapere medesimo, cioè dalla sua finalizzazione alla capacità di svolgere uno
specifico lavoro o di esercitare una determinata professione. Operativizzare il sapere significa individuare una dimensione della formazione che tenga conto
del nesso tra sapere e saper fare, tra le conoscenze acquisite e la capacità di
affrontare e risolvere con successo problemi concreti in cui quelle conoscenze
siano in qualche modo implicate, che riesca dunque a tradurre le nozioni e i
concetti in schemi d’azione e comportamenti pratici. La presenza, all’interno
di un unico sistema educativo di istruzione e di formazione caratterizzato da
contatti, interscambi e da un sistema di passerelle che renda effettivamente
possibile e agevole il passaggio tra le sue componenti, di un percorso di formazione, potenziato e
al quale sia riconosciuta la sua specifica funzione, può, in questo senso,
contribuire a rendere più efficace l’istruzione scolastica, inclusa,
ovviamente, quella liceale. Come pure, per converso, quest’ultima può aiutare
il sistema della formazione a rafforzare, al proprio interno, quella dimensione
di cultura generale e di pensiero critico, necessaria per mettere in condizione
di affrontare gli imprevisti, le situazioni inedite e per stimolare la capacità
di ricreare, almeno parzialmente e da nuovi punti di vista, i contesti in cui
si vive e si opera. In una parola, per arricchire la formazione di tutte quelle
abilità e competenze che oggi costituiscono un corredo indispensabile per poter
operare con successo in un mondo del lavoro sempre più vario e diversificato e
caratterizzato da mutamenti sempre più rapidi e intensi.
Nell’epoca
della globalizzazione, della complessità e dell’assunzione a norma
costituzionale del principio di sussidiarietà, d’altra parte, risulterebbe
eccentrico prevedere che le componenti nelle quali si articola il sistema
educativo dell’istruzione e della formazione, solo perché governate e gestite
da soggetti istituzionali diversi e con procedure normative differenti, si
possano presentare come realtà isolate ed autoreferenziali, incapaci di
lavorare in rete e di ottimizzare servizi e risorse reciproche nel tempo e
nello spazio, ponendosi come obiettivo comune l’innalzamento del livello
culturale complessivo dei cittadini.
Proprio l’esigenza di mantenere, sia pure in questa logica di rete e di interconnessione, ben chiare la fisionomia e le funzioni specifiche delle due componenti, nelle quali si dovrebbe articolare il sistema educativo di istruzione e di formazione, pone però di fronte a un dilemma di grande incidenza e impatto sociale e di cui sarebbe sbagliato sottovalutare l’importanza: quello della localizzazione del momento della scelta tra l’istruzione scolastica e la formazione. Nell’ipotesi di sistema, elaborata dal Grl, questa scelta è collocata a 14 anni, e non più a 15, come prevede la legge n. 9 del 20/01/1999, che innalza da otto a dieci anni l’obbligo di istruzione, fissandolo, “fino all’approvazione di un generale riordino del sistema scolastico e formativo” in 9 anni. Nello spirito della proposta avanzata questo abbassamento di un anno del momento della “biforcazione” tra i due sistemi e dell’opzione tra l’uno e l’altro è strettamente e in modo imprescindibile connesso all’obiettivo di un effettivo e concomitante innalzamento della qualità dei due sistemi, in particolare di quello della formazione, in modo da porre coloro che decidono di entrare in quest’ultimo nella medesima condizione di effettuare scelte confacenti alla propria responsabilità e al proprio progetto di vita dei loro coetanei che optano per l’altro percorso, quello dell’istruzione.
A ulteriore
garanzia di questa condizione di pari opportunità stanno, in primo luogo,
l’istituzione, all’interno di entrambi i sistemi, di servizi di sviluppo e
recupero degli apprendimenti che rendano non solo possibile in linea di
principio, ma concretamente realizzabile il passaggio dell’alunno dall’uno
all’altro; e in secondo luogo la possibilità di accedere all’università, o al
sistema della formazione superiore, da entrambi i percorsi.
Un ulteriore
aspetto che occorre tenere presente nel valutare il modello proposto dal Grl, e
che ne ha condizionato le scelte, è l’impossibilità di comporre, all’interno di
un unico quadro coerente, esigenze e istanze che, prese singolarmente, appaiono
del tutto ragionevoli e condivisibili. Si prendano, in particolare, in
considerazione i seguenti principi generali:
Ø
è saggio e prudente evitare una scolarizzazione precoce,
dando rilievo all’importanza che il bambino, prima di accedere a un vero e
proprio percorso di apprendimento di tipo cognitivo e alla logica già
strutturata dei piani di studio pensati per il sistema di istruzione, “impari
il difficile mestiere dell’alunno”, abituandosi a stare in gruppo, a seguire le
indicazioni dei maestri, a sviluppare relazioni positive e non conflittuali con
gli altri, a maturare sotto il profilo della capacità operativa e manuale e di
quella che oggi viene chiamata “l’intelligenza emotiva” ecc. Ciò consiglia di
mantenere e valorizzare, aggiornandola, la nostra peculiare tradizione sociale
e pedagogica, espressa negli Orientamenti
per l’attività educativa, ribadendo la funzione essenziale della scuola
dell’infanzia e la sua partecipazione insostituibile alla funzione critica
generale del sistema educativo. Sulla base di queste premesse il Grl ha
riscontrato un compatto e deciso orientamento contrario all’ingresso a 5 anni
nella scuola primaria, nell’ambito comunque di un comune riconoscimento della
necessità di definire in modo più preciso ed avvertibile i “traguardi di
sviluppo” da conseguire al termine della scuola dell’infanzia;
Ø
è inopportuno “compattare” e ridurre a un unico ciclo di 7
anni la scuola primaria e l’istruzione secondaria di I grado perché ciò, oltre
agli inconvenienti determinati dall’ “onda anomala”, determinerebbe la
mescolanza (che rischia di degenerare in confusione) tra approcci, metodologie
di insegnamento ancora troppo diversi ed eterogenei. Su questo punto non solo
le consultazioni sviluppate nei Gruppi
Focus, ma anche il confronto
critico con i consigli di classe e di istituto e l’indagine dell’Istat hanno
fatto registrare una massiccia convergenza di opinioni;
Ø
è importante evitare qualsiasi forma di canalizzazione precoce,
offrendo a tutti la possibilità non solo di acquisire una buona formazione di
base, ma di “saggiare” anche il percorso didattico ed educativo dell’istruzione
secondaria superiore, prima di decidere, eventualmente, di abbandonare la
scuola;
Ø
è fortemente sconsigliabile, se non addirittura
inaccettabile, ridurre il percorso dell’istruzione secondaria di II grado,
perché ciò rischierebbe di “svendere” il prezioso patrimonio educativo e
culturale della nostra tradizione liceale e di intaccarne la credibilità, il
prestigio e, soprattutto, l’efficacia. Anche su questo punto forze politiche e
sociali, opinion leader, accademici e
rappresentanti dell’associazionismo culturale e professionale si sono espressi
in modo netto e deciso;
Ø
è, al contrario, fortemente consigliabile fissare in 12 anni
la durata complessiva del percorso della istruzione e/o formazione
preuniversitaria (o, nell’ipotesi del Grl, che precede l’ingresso nel sistema
della formazione superiore) consentendo così anche ai nostri giovani di accedere
all’università (o a una formazione superiore che riprenda e consolidi
l’esperienza degli IFTS, facendola evolvere verso assetti istituzionali più
stabili) in coincidenza con il compimento della maggiore età. Anche questa
ipotesi ha fatto registrare un grado di consenso molto elevato.
Come detto il
problema nasce quando, dai singoli segmenti così formulati, si cerca di passare
a una logica e a un’architettura di sistema, che esige, per elementari ragioni
di coerenza del quadro, di far cadere qualcuna di queste ipotesi. Quali? E’
sulla risposta a questa domanda che il grado di consenso si abbassa in modo
drastico ed emergono problemi di varia natura.
In questa
situazione o ci si arrende e si sceglie di lasciare le cose come stanno,
abbandonando ogni ipotesi di riforma, perlomeno per quel che concerne
l’architettura generale del sistema, o si decide di imboccare una strada
precisa, scommettendo sulla rilevanza e la riuscita di un fattore di
cambiamento, capace di introdurre nel quadro delineato elementi di dinamismo e
innovazione tali da smorzare le controindicazioni inizialmente associate
all’opzione in suo favore.
Questo fattore
viene da taluni individuato nell’anticipo di un anno dell’ingresso nella scuola
primaria, che avrebbe l’indubbio vantaggio di rendere compatibile l’ipotesi di
un 8+5 con il diffuso desiderio di fissare a 18 anni l’iscrizione
all’università o l’accesso alla formazione superiore. In questo caso, se non si
ricorre ad annualità comuni, resta comunque fissata a 14 anni, sia pure alla
conclusione di un percorso di nove anni di scolarità obbligatoria, come prevede
la legge 9, la scelta tra i due canali del sistema educativo di istruzione e di
formazione, sempre che non si ritenga di eliminare drasticamente il problema
attraverso la trasformazione (di nome, ma anche di fatto?) in licei di tutti
gli istituti tecnici e professionali.
Questa
ipotesi, come detto, viene fortemente avversata da tutti coloro che ritengono
nocivo, per un equilibrato sviluppo del bambino, anticipare l’età della scolarizzazione.
E’ forse però quella che renderebbe meno problematico trovare un punto di
equilibrio e convergenza tra le esigenze contrapposte, in quanto non andrebbe a
intaccare la durata della scuola secondaria di II grado, pur consentendo il
mantenimento dell’opzione in favore di un ciclo complessivo della scuola
primaria e della secondaria di I grado di 8 anni, e lascerebbe inalterato il
principio cardine della legge 9 circa l’estensione del percorso di scolarità
obbligatoria.
La commissione ha scelto, come anticipato, una diversa opzione, basata sulla rilevanza e la potenzialità innovativa di un altro fattore, la creazione di un percorso, solido e innervato di contenuti culturali robusti e profondi, di formazione secondaria, parallelo a quello liceale e scommettendo sulla prospettiva di una solidarietà cooperativa e di una fattiva collaborazione tra tutte le esperienze e i luoghi formativi nei quali si possono raggiungere i livelli di maturazione educativa, culturale e professionale che dovrebbero contraddistinguere l’esercizio della cittadinanza per ogni singola persona.
A favore di
questa opzione sta, nella valutazione del Grl, il fatto che oggi nel mondo del
lavoro è sempre più rara la
richiesta della semplice applicazione
di routines codificate e definite in
ogni dettaglio, mentre cresce a dismisura la domanda di competenze e
professionalità capaci di misurarsi con
procedure aperte (veri e propri frames,
contenenti i soli dati indispensabili per identificarli ma “passibili” di
letture e realizzazioni diverse) che non solo ammettono, ma presuppongono un
intervento attivo da parte degli agenti interessati, che si traduce,
concretamente, nell’attitudine a completarle e definirle, ricreandone gli aspetti mancanti
in funzione del tipo di problema da risolvere. Questi agenti si trovano così di fronte non solo alla possibilità,
ma alla necessità di “pensare altrimenti”,
rispetto alle routines e alla procedure codificate e formalizzate, ma non, ovviamente, in modo arbitrario e
incondizionato e senza tenere conto, in concreto, del contesto e dei vincoli
che la realtà dell’organizzazione in cui operano pone loro. Per rispondere
a questa duplice esigenza (capacità di pensare altrimenti, da un lato, e di
tenere nella debita considerazione questi vincoli) essi debbono saper “leggere” e interpretare correttamente la
situazione nella quale si trovano ad agire e, contestualmente, saper introdurre
in essa gli elementi di variazione necessari per far fronte agli imprevisti che
si affacciano con sempre maggiore frequenza.
In una fase
storica nella quale il lavoro è sempre meno caratterizzato da automatismi e da
reazioni balistiche (quelle reazioni a uno stimolo o a un complesso di stimoli
così immediate e veloci che il feedback sensoriale arriva troppo tardi per
effettuare correzioni di sorta e nelle quali siamo in presenza di moduli e
circuiti cablati, caratterizzati
dall’interdizione del ricorso al feedback) il pensiero critico e la cultura,
necessaria a farlo emergere e a svilupparlo, sono componenti imprescindibili di
qualsiasi indirizzo di formazione.
C’è un altro aspetto che va segnalato
a questo proposito, e cioè il fatto che
lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione rende
sempre più frequente ed efficace il ricorso alle simulazioni, cioè a processi e
modalità di elaborazione nei quali i concetti, i meccanismi, i processi, i
fattori postulati da una teoria non vengono descritti da parole o da simboli
matematici, ma vengono incorporati in un programma di computer. Il programma
gira nel computer e riproduce i fenomeni che la teoria intende spiegare. Mentre
quindi le teorie scientifiche tradizionali spiegano i fatti tramite l’uso di
simboli, le simulazioni riproducono i
fatti ricreandoli nel computer, e
così facendo li spiegano. La differenza rispetto a un linguaggio
simbolico/formale è che mentre i simboli sono oggetti fisici che hanno - o
producono nella mente di chi li interpreta – un significato, corrispondono cioè
a qualcosa nell’esperienza o nella realtà esterna, i simboli di un linguaggio
di programmazione hanno significato solo in virtù del loro corrispondere a
operazioni eseguite dal computer.
Cresce in tal
modo l’importanza della dimensione operativa
del sapere: le simulazioni non
procedono secondo il metodo dell’analisi, bensì secondo quello della sintesi,
in quanto partono da specifiche componenti e
studiano cosa succede quando esse vengono poste in relazione reciproca e
fatte interagire. Si tratta, però,-e questo è il punto- di una dimensione
operativa non immediata e diretta, bensì altamente sofisticata, che richiede il
possesso di linguaggi formalizzati e di
tecniche fortemente specializzate. Tant’è vero che si registra un’alleanza
sempre più stretta tra calcolo e simulazione, come dimostra il crescente
successo e la sempre maggiore efficacia della modellistica matematica, di quel processo, cioè, che si sviluppa
attraverso l’interpretazione di un problema originato da discipline, quali, ad
esempio, la fisica, la chimica, la biologia, le scienze dell’ingegneria, la
medicina, l’economia, la rappresentazione dello stesso problema mediante il
linguaggio e le equazioni della matematica, l’analisi di tali equazioni, nonché
l’individuazione di metodi di simulazione numerica, appunto, idonei ad
approssimarle, ed infine, l’implementazione di tali metodi su calcolatore
tramite opportuni algoritmi”. Grazie a
questo processo un problema del mondo reale viene trasferito dall’universo che
gli è proprio in un altro habitat in
cui può essere analizzato più convenientemente, risolto per via numerica, indi
ricondotto al suo ambito originario previa visualizzazione ed interpretazione
dei risultati ottenuti. E’ evidente che la corretta impostazione di un processo
di questo genere richiede la capacità di identificare caratteristiche comuni in
campi differenti, così che idee generali possano essere prima elaborate e poi
applicate a situazioni fra loro assai diverse. Questa capacità è la concreta
espressione di ciò che comunemente si
chiama astrazione, in quanto implica l’attitudine a fare emergere sottili divergenze
e a portare alla luce analogie a priori impensabili; a sviluppare modelli per
sistemi astratti e dimostrarne le proprietà fondamentali. Un’ulteriore prova, questa, del fatto che oggi è sempre più difficile separare la
dimensione propriamente operativa del sapere, che fa riferimento, sul piano de
processi di apprendimento, al “mostrare” più che al “dire”, da quella più
specificamente riflessiva, astratta e critica.
Una formazione
che voglia essere efficace e avere successo non può quindi ignorare
quest’ultima dimensione; anzi la deve valorizzare sempre più e porre in modo
sempre più deciso alla base dei processi di insegnamento/apprendimento
sviluppati all’interno di essa.
Ecco perché il
Grl non ritiene comunque penalizzante, o gravida di rischi di emarginazione o
di intollerabili discriminazioni sociali, la scelta a 14 anni tra l’istruzione
liceale e una formazione così intesa:
e scommette non solo sulla possibilità, ma sulla necessità, oggi, anche per le
esigenze poste dalla dinamica del mondo del lavoro e dallo sviluppo del sistema
economico nel suo complesso, di porre le basi di un sistema di formazione di
questo tipo. Si può in proposito rilevare che l’istituzione di un percorso di
questa natura non risponde a una semplice logica
adattiva di risposta alle richieste di professionalità che emergono dal
mercato del lavoro, ma può assumere, proprio per la sua forte connotazione
culturale, una funzione di stimolo e di innovazione, creando le condizioni per
modificare forme e contenuti delle professionalità esistenti e anticipando bisogni e dinamiche
economiche e sociali ancora in fase embrionale e non compiutamente emerse.
Il pensiero
scientifico contemporaneo chiarisce che si può parlare, correttamente, di
progettualità quando si imposta un rapporto chiaro ed equilibrato tra un
complesso, più o meno esteso, di vincoli e lo spettro delle opportunità che
questi vincoli lasciano aperte. Ciò significa, concretamente, basarsi sulla
considerazione del fatto che nessun progetto può neppure cominciare a prendere
forma se non si indicano i cardini sui quali poggia la sua elaborazione e realizzazione; ma che, d’altra parte,
questi cardini non limitano
semplicemente i possibili, ma costituiscono a loro volta delle opportunità che partecipano in modo
integrante alla costruzione di una struttura nuova e determinano all'occasione
uno spettro di conseguenze insieme intelligibili e inedite. Da questo punto di
vista i vincoli non s'oppongono più
alla produzione del nuovo ma ne costituiscono la condizione.
Qualisasi
progetto di riforma di un sistema per giunta complesso e integrato, com’è la
scuola, non può che partire, in conformità a quest’esigenza, da una chiara
indicazione dei vincoli e dei cardini del progetto medesimo, che non possono
essere indeboliti o addirittura eliminati senza compromettere la stabilità e la
“tenuta” dell’intero sistema proposto. Una volta individuati con chiarezza
questi vincoli, si può cominciare a concentrare l’attenzione sullo spettro
delle possibilità compatibili con essi, che offre un ventaglio di scelte più o
meno ampie, in conformità alla natura dei vincoli medesimi, ma comunque tale da
lasciare adito a opzioni e scelte diverse.
Per rendere il
più possibile chiaro ed esplicito il senso della propria proposta e indicare i
punti di necessaria rigidità di essa, accanto a quelli che consentono invece un
approccio più flessibile e lasciano aperte alternative di varia natura, il Grl
presenta il proprio modello distribuendo i temi e i problemi affrontati e le
soluzioni ipotizzate secondo la ripartizione vincoli/opportunità.
Il sistema dei
vincoli può essere così schematizzato:
Ø
Innalzamento della qualità e del livello complessivo del
sistema scolastico da realizzarsi, in primo luogo, attraverso l’obbligo di
istruzione e/o formazione per almeno 12 anni (o, nell’ipotesi minima, fino
all’ottenimento di una qualifica), articolato in obbligo di istruzione dai 6 ai
14 anni con successiva possibilità di scelta, all’interno del sistema educativo
di istruzione e di formazione, tra il percorso dell’istruzione secondaria di
secondo grado e il percorso della formazione, senza nessuna canalizzazione,
comunque intesa e definita, prima dei 14 anni;
Ø
Articolazione del ciclo dell’obbligo di istruzione in una
scuola primaria, che resta ordinamentalmente quinquennale, e in una scuola
secondaria di I grado, che rimane triennale, fortemente collegate tra loro in
un percorso continuo e progressivo, sul modello degli istituti comprensivi, e
in più suddiviso in cicli biennali. Questa soluzione consente un immediato
ampliamento dello studio secondario rispetto a quello primario attraverso la
saldatura tra la V elementare e la I media e quindi contiene in sé la
possibilità di riorganizzare l’intero sistema di istruzione e formazione in articolazioni
differenti da quelle del modello previsto dal Grl. Non è ad esempio azzardato
ipotizzare che, qualora gli interventi proposti funzionino, si possa pervenire,
in tempi ragionevoli, a due cicli di 6 anni ciascuno, frutto, appunto, della
saldatura, da una parte, tra l’ultimo anno della scuola primaria e il primo
della secondaria di I grado e, dall’altro, tra l’ultimo biennio di quest’ultima
e il ciclo quadriennale della scuola secondaria di II grado. L’organizzazione
in cicli biennali è fatta apposta per operare questa eventuale transizione da
una soluzione immediata, che tenga conto degli attuali vincoli della realtà di
fatto, a una che, via via che il sistema scolastico si assesta, si riorganizza,
migliora la propria funzionalità ed efficacia, si riveli più conforme alle
nuove esigenze. In questo senso, non è nemmeno escluso, in base ai risultati
delle misure di riforma che si propongono, che il consolidato professionale dei
docenti e dell’esperienza di apprendimento degli alunni possa portare anche
verso una soluzione non di sei più sei, bensì di quattro, più quattro, più
quattro, oppure alla conferma della scelta per ora proposta come più
ragionevole. È buona regola d’azione, del resto, in qualsiasi riforma, essere
attenti all’ evoluzione sostanziale delle cose, piuttosto che costringerle
dentro schemi pregiudiziali formali. Ciò, è bene ribadirlo, sempre nel rispetto
di due vincoli che il Ministro ha posto e che il Grl ha recepito volentieri:
l’obbligo per tutti di acquisire almeno una Qualifica in 12 anni di istruzione
e/o formazione o, comunque, entro il 18° anno di età, e l’esclusione di
qualsiasi “canalizzazione” o scelta prima dei 14 anni di età, cioè prima che
tutti abbiano compiuto un percorso formativo di 8 anni, comunque internamente
articolato e organizzato. L’ultimo biennio della scuola secondaria di I grado, rigorosamente uguale per tutti, deve
avere un forte carattere orientativo, in modo da consentire a ciascuno,
attraverso moduli didattici specifici, incontri con docenti e allievi
dell’istruzione secondaria di II grado e della formazione, di poter anche
sperimentare forme e contenuti tipici dell’apprendimento e dell’esperienza
formativa dei diversi indirizzi di studio successivi e di avere, di
conseguenza, la possibilità di effettuare scelte consapevoli;
Ø
Potenziamento del percorso della formazione secondaria, sia
essa a tempo pieno o in alternanza, e istituzione, accanto al sistema
universitario, di un sistema di formazione superiore, che come detto
generalizzi l’attuale sistema degli IFTS, ancora agli inizi, e lo faccia
evolvere verso assetti istituzionali meglio definiti e più stabili, e preveda
itinerari differenziati per durata e terminalità (da 1 a 6 semestri a tempo
pieno o da 1 a 8/9 se posti in alternanza scuola-lavoro), in modo da rispondere
alla richieste, da parte del mondo produttivo, in primo luogo di diversi
livelli di professionalità, e in secondo luogo sia di figure polivalenti, in
grado di inserirsi in organizzazioni più complesse, sia di figure più
specialistiche, che rispondono al bisogno di competenze più marcate dal punto
di vista operativo;
Ø
Organizzazione della didattica in cicli biennali, sia per
favorire una maggiore flessibilità, con effettive possibilità di
riarticolazioni interne sulla base dell’esperienza acquisita e delle esigenze
che possono via via emergere, sia per assumere, nei confronti dei cosiddetti
debiti formativi, un atteggiamento che permetta di combinare e contemperare, in
modo coerente, rispetto delle differenze dei diversi ritmi di apprendimento e
rigore. Il primo principio trova concreta applicazione nel considerare non
preclusiva, ai fini del passaggio dalla prima alla seconda classe di ogni
biennio, la presenza anche di più debiti; il rigore si esprime nell’obbligo di
colmare, durante il secondo anno del biennio medesimo, per ottenere il
passaggio al successivo, i debiti registrati l’anno precedente, con la
tolleranza per uno. Nel caso in cui i debiti siano emersi nel corso del secondo
anno del biennio, lo studente ha l’obbligo di recuperarli (sempre con la
tolleranza per uno) l’anno successivo. Tra i debiti da prendere in
considerazione vi è anche il mancato conseguimento degli obiettivi relativi a
un comportamento del soggetto in classe, che attesti il raggiungimento del
livello di maturità sociale e di responsabilità consono all’età;
Ø
Piena attuazione dell’art.6, c.1, del D.M. 509/99 che
obbliga l’università a verificare se chi chiede l’immatricolazione possiede
davvero la preparazione iniziale necessaria per frequentare il corso di laurea
prescelto in maniera proficua. Nell’ipotesi del Grl, questo obbligo si estende
anche ai corsi di formazione superiore, che debbono verificare l’effettivo
possesso, da parte di chi desidera l’accesso, delle conoscenze, delle
abilità e delle competenze stabilite. All’uno e all’altro canale, università e
formazione superiore, si può accedere indifferentemente sia dal percorso dei
licei, sia da quello della formazione secondaria. Viene altresì proposta l’attivazione di un servizio di attività
formative propedeutiche, svolte in collaborazione con istituti della scuola
superiore di II grado, da docenti di quest’ultima appositamente selezionati dai
diversi corsi di laurea, che provveda a “riallineare” la preparazione dello studente ai livelli qualitativi richiesti
per l’accesso. Questi moduli avranno durata variabile, da un mese a un intero
anno, e sono aggiuntivi alle normali attività previste nel piano degli studi
universitario. La certificazione dell’avvenuto recupero dei debiti, e quindi
l’ammissione ai corsi universitari che danno diritto ai crediti per il
conseguimento della laurea, dovrà essere il risultato di una valutazione, se
non comune, almeno condivisa, tra i docenti cui sono stati affidati i moduli di
riallineamento e quelli universitari. Questo cardine è il risultato del
tentativo di dare concreta espressione e attuazione a un principio generale,
cui il Grl ha cercato di ispirare tutta la costruzione del proprio modello: la
scelta di operare nella “zone di confine” tra i cicli in cui è attualmente
articolata la scuola italiana, al fine di ridurre le eccessive “linee di
demarcazione” che li separano, con conseguenti gravi difficoltà e disagi per
gli studenti negli anni di passaggio dall’uno all’altro (dalla scuola
elementare alla scuola media inferiore; da quest’ultima alla scuola superiore;
e appunto, dai licei o dagli istituti tecnici e professionali all’università);
Ø
Affidamento al Servizio Nazionale per la Qualità del Sistema
Educativo di Istruzione e di Formazione, all’inizio della 1°, 3° e 5° primaria,
della 2° media, della 1° e della 3° secondaria, nonché alla fine della 3° media
e dell’ultimo anno della secondaria, il
compito di predisporre verifiche sistematiche sulle conoscenze e sulle abilità
degli allievi, richieste dai piani di studio nazionali. La scelta di operare le
verifiche nazionali all’inizio del ciclo scolastico successivo, piuttosto che
alla conclusione del precedente, è motivata dal desiderio di attribuire alle
verifiche un carattere più promozionale che descrittivo e sommativo. Ciò non toglie
che, con appuntamenti di questa natura,
le scuole possano contare su numerosi ed eloquenti stimoli per la pratica
dell’autovalutazione e di una programmazione educativa e didattica
autocorrettive;
Ø
Riorganizzazione dell’attività didattica sulla base di
modalità capaci di assicurarle maggiore flessibilità ed efficacia. Si tratta,
in particolare, di ridurre il numero delle discipline, mantenendolo entro una
soglia che sia compatibile con la reale possibilità, da parte dello studente,
di assimilare il linguaggio, la trama concettuale, i contenuti essenziali e lo
statuto epistemologico di ciascuna di esse, e di assicurare, nel contempo,
l’attivazione di uno spazio di lavoro interdisciplinare che permetta
l’acquisizione concreta di tutte quelle conoscenze, abilità e competenze che
non rientrano nei confini delle discipline prescelte e sono, tuttavia, da
considerarsi irrinunciabili ai fini di una formazione completa degli studenti.
La combinazione di questi due
approcci deve essere tesa a favorire la costruzione della conoscenza secondo
una forma duale, in virtù della quale
essa, da una parte, rimanga
ancorata al contesto utilizzato e da questo in genere attivata; dall’altra, ne
risulti svincolata, in modo da poter essere proiettata su altri contesti,
considerati, per qualche aspetto, analoghi al precedente. Ne escono in tal modo
rafforzate l’attitudine al trasferimento
analogico da un contesto a un altro, basata sulla capacità di “vedere” un
materiale di apprendimento relativo a una particolare conoscenza in situazioni
differenti da quella originaria e abituale, e l’ astrazione, cioè la
capacità di identificare caratteristiche comuni in campi differenti. Legare
strettamente un concetto a un solo contesto rende più difficile lo sviluppo di
queste capacità: ciò non significa, ovviamente, negare non solo l’utilità, ma
anche la necessità di un lavoro di riflessione e di codificazione all’interno
di un contesto specifico, al fine di cogliere gli elementi essenziali che ne
caratterizzano gli apporti concettuali o metodologici. Si parla di forma duale
proprio per sottolineare, da un lato, che la base di conoscenza da fornire allo
studente deve essere codificata in termini precisi all’interno di uno specifico
linguaggio e di un dominio teorico ben definito, in modo da offrire cardini di
riferimento significativi e stabili: dall’altro, però, che questa stessa base
deve essere sufficientemente flessibile da consentire l’allargamento dello
sguardo ad altri contesti e da favorire la capacità di generalizzare quanto già
costituito, prendendo in considerazione altre situazioni e altre problematiche;
Ø
Articolazione delle ore annuali di lezione in due
sottoinsiemi: uno di 25 ore settimanali (825 annuali), a loro volta distinte in
20 ore settimanali (660 annuali) a quota nazionale e 5 settimanali (165
annual)i a quota locale, pensate non tanto come aggiuntive, bensì come intensive
rispetto alle precedenti; e il secondo di 300 ore annuali. Il primo
sottoinsieme è riservato alle discipline che caratterizzano i diversi piani di
studio, ai contenuti che le istituzioni del sistema educativo sono tenuti ad
insegnare e a far acquisire e alle attività che esse devono svolgere ed è utile
soprattutto alla determinazione dell’organico funzionale di istituto con
docenti dotati di determinate classi di abilitazione. Il secondo fa invece
riferimento al percorso che, in mancanza di un termine più adatto, il Grl ha
chiamato dei Laboratori (nelle scuole
secondarie: Informatica, Attività motorie e sportive, Attività espressive,
Lingue, Attività di progettazione di artefatti manuali o simbolici, di
interventi di azione sociale, di soluzioni produttive e gestionali, del proprio
progetto di vita, professionale e no, ecc.). L’ espressione “in mancanza di
meglio” serve a dissipare un possibile equivoco, e cioè che il percorso
obbligatorio possa o debba strutturarsi senza attività laboratoriali. Si tratta
di un eventuale fraintendimento da dissipare, in quanto, al contrario, queste
attività debbono costituire una costante di tutto l’insegnamento. I Laboratori
nell’accezione del Grl sono uno spazio didattico che per gli istituti è
comunque obbligatorio istituire, da soli o in collaborazione tra loro, mentre
gli studenti e le famiglie decidono se, quando, come ed eventualmente in quale
scuola ne vogliono usufruire, fatto salvo il dovere per le scuole, al termine
del percorso formativo, di accertare il raggiungimento del livello previsto di
conoscenze, abilità e competenze anche in relazione a questi contenuti,
accertamento che entra, ovviamente, a far parte della valutazione complessiva
finale. La scelta degli studenti e delle loro famiglie è da intendersi legata
alla possibilità che queste abilità e competenze (linguistiche o informatiche,
ad esempio) siano già state conseguite altrove e in altro modo a un livello
tale da garantire una positiva valutazione finale. Tra questi Laboratori in
ogni ordine e grado scolastico deve essere prevista anche l’attivazione di uno
specifico dedicato al Recupero e sviluppo degli apprendimenti, la cui funzione
risulta strategica alla scopo non solo di concretizzare il diritto, appunto, al
recupero o allo sviluppo in discipline e attività previste nei rispettivi piani
di studi , ma anche alla transizione
reciproca tra il sistema educativo di formazione e quello di istruzione e viceversa.
Esso dà quindi espressione e contenuto concreto alle cosiddette “passerelle”,
intese come strumento utilizzato dalle scuole per facilitare il passaggio da un
percorso di studi ad un altro.
E’ importante
sottolineare, al termine di questa rassegna dei vincoli, che costituiscono i
cardini del progetto del Grl, la funzione di questa ripartizione dell’orario
scolastico nei due sottoinsiemi indicati. La legge 15 marzo 1997, n. 59, quella
che conferisce personalità giuridica agli istituti e dà loro l’autonomia amministrativa, organizzativa, didattica e di
ricerca e progettazione educativa, introduce, importanti elementi di novità,
soprattutto sul piano organizzativo, nel sistema dell’istruzione, Essa
definisce l’autonomia organizzativa come uno strumento finalizzato “alla
realizzazione della flessibilità, della diversificazione, dell’efficienza e
dell’efficacia del servizio scolastico, alla integrazione e al miglior utilizzo delle risorse e delle strutture,
all’introduzione di tecnologie innovative e al coordinamento con il contesto territoriale” (art. 21, comma 8).
Essa stabilisce, dunque, il principio generale secondo il quale, per un miglior
governo dell’intero sistema, le
decisioni in merito ai sottoproblemi devono essere prese localmente, in modo decentrato,
là dove sono richieste.
A tal fine,
ogni singolo Istituto scolastico deve assumere la funzione di nodo dal quale partono e verso il quale
convergono processi di servizio in transazione continua con l’ambiente esterno
(istituzioni, comunità sociale, famiglie, datori di lavoro, mercato del lavoro,
ecc.). Questa centralità rispetto all’ambiente sociale in cui esso è radicato è
ancor oggi occultata, e almeno in parte
depotenziata, dall’omogeneità regolamentare e dal fatto che, entro
l’Istituto, continua spesso a prevalere una vista ‘micromolecolare’, centrata
sul rapporto tra singolo insegnante e resto del mondo. L’autonomia scolastica, intesa come
capacità di ogni singolo Istituto di integrare la propria strategia con quella
di comuni, province, regioni, implica capacità di governare, localmente e in
modo decentrato, appunto, l’interscambio con l’esterno sulla base di un
progetto strategico conforme alle specifiche esigenze ambientali.
La realizzazione di un progetto di questo
genere non deve, ovviamente, significare caduta in un localismo asfittico. Essa deve invece costituire il risultato di
un’operazione di sapiente bilanciamento tra lo sforzo di procedere in
profondità in un contesto limitato (quello del territorio di riferimento,
appunto), interpretandone al meglio le tradizioni, le vocazioni e le esigenze,
e la capacità di ampliare l’orizzonte complessivo entro il quale si sviluppano
i processi formativi, attraverso quello scambio di informazioni, di esperienze,
di conoscenze con ambienti anche molto lontani nello spazio fisico che il
lavoro in rete rende disponibile. In questo senso il progetto formativo deve
rappresentare la concreta espressione della tendenza verso la glocalizzazione, che caratterizza molti
dei processi culturali, sociali ed
economici in atto, ponendosi come punto di equilibrio tra le spinte verso la
globalizzazione e il bisogno di appartenenza a un luogo circoscritto e ben
definito.
In questo
quadro l’articolazione dell’orario nei due sottoinsiemi indicati, oltre ad
avere una funzione e un valore intrinseci dal punto di vista della didattica e
della sua organizzazione, acquista anche un importante significato generale, di sistema. Essa tende infatti a
controbilanciare un possibile rischio di un’autonomia male intesa e
interpretata: il pericolo, cioè, che un istituto, contraddicendo lo spirito
della legge, possa tendere a rinchiudersi in se stesso, all’interno delle
proprie mura, anziché diventare quel nodi di relazioni e di interscambio con le
altre istituzioni scolastiche e con il territorio nel suo complesso che,
appunto, il legislatore ha previsto. In questo senso, affiancare a un percorso
obbligatorio, che si regge organizzativamente sulla dimensione dell’istituto e
della classe, un percorso laboratoriale di rete, spostato in un’ ottica di
territorio e dell’ottimizzazione delle risorse in esso presenti, costituisce un
chiaro invito e uno stimolo affinché, all’interno della rete scolastica del
contesto di appartenenza, ogni singolo istituto sviluppi al meglio la propria
identità, tradizione e vocazione, raccordandosi, per il resto, ad altre scuole,
indipendentemente dall’ordine e grado di appartenenza.
Il ventaglio delle opportunità.
Il “pacchetto”
di vincoli elencato lascia aperto, come detto, uno spettro piuttosto ampio di
opportunità, all’interno del quale il Grl ha operato delle scelte e fornito
delle indicazioni, senza però attribuire ad esse lo stesso valore strategico
dei cardini su cui si regge il modello proposto.
Le più
significative e rilevanti di queste opportunità sono le seguenti:
Ø
La scelta relativa alla riqualificazione e alla
generalizzazione della scuola dell’infanzia che, pur rimanendo, secondo la
propria tradizione ed identità pedagogica, non obbligatoria e unitariamente
triennale nell’articolazione delle attività educative, entrerebbe a far parte a
pieno titolo, grazie al cosiddetto credito
cui darebbe diritto l’iscrizione ad essa per la sua intera durata e con
effettiva frequenza, del complessivo sistema educativo di istruzione e di
formazione, predisposto dalla Repubblica, e del percorso di 12 anni valido ai
fini della soddisfazione del diritto/dovere di istruzione e/o formazione. Il
Grl ha, in proposito, tenuto a precisare due aspetti. Il primo consiste nella
possibilità di utilizzare questo credito solo alla fine di questo percorso (e
in nessun caso nella scuola primaria, o in quella secondaria di I grado) e in particolare da coloro che, una volta
acquisita una qualifica garantita nei suoi standard qualitativi dalla Repubblica
al termine di un percorso di istruzione e di formazione di 11 anni, non
intendano più rimanere all’interno del sistema di istruzione e/o formazione,
fruendo dei suoi livelli successivi, soprattutto di quelli in alternanza. Il
secondo è che questo credito ha comunque
un valore intrinseco, indipendente dalla sua utilizzazione pratica, secondo
le modalità e nei limiti che sono stati appena chiariti, in quanto la frequenza
della scuola dell’infanzia costituisce di per sé un rilevante guadagno sotto il
profilo della formazione e dello sviluppo della persona;
Ø
La scelta di identificare sempre, in ogni gruppo docente di
una classe della scuola primaria, un docente coordinatore che, fatto salvo il
ruolo insostituibile dell’équipe pedagogica nei compiti di insegnamento, assuma
una funzione temporalmente prevalente nel I biennio (21 ore di insegnamento
frontale in una classe e 3 delle sue ore di servizio dedicate al coordinamento
dell’équipe pedagogica della classe stessa. L’insegnamento frontale del docente
coordinatore di una classe scenderà fino a un minimo di 15 ore nel II biennio,
per cui sarà affiancato da un altro docente, oltre che da quelli che
insegneranno anche nei Laboratori, dai maestri di religione cattolica e
sostegno. in V istruzione primaria, infine, sempre coordinando ai fini dell’unità
delle prestazioni didattiche di classe l’attività dei colleghi dei Laboratori,
di Religione e di Sostegno, il docente coordinatore dividerà le 25 ore
settimanali obbligatorie di insegnamento frontale con altri due colleghi
(Lingua, Matematica e scienze, Storia, geografia e studi sociali).
Naturalmente, il docente che coordina nel primo biennio, potrà essere
coordinato nel secondo e nel terzo, e viceversa. Saranno poi le scuole a
decidere se e come chi comincia l’insegnamento nel primo biennio possa proseguire
con la stessa classe fino alla V e a trovare le formule organizzative e
gestionali più adatte a garantire il principio della continuità didattica dei
docenti e della progressiva diminuzione dell’orario frontale del docente
coordinatore dalla 1° alla 5° classe;
Ø
La proposta di articolare il percorso dei Licei in otto
indirizzi: Classico, Linguistico, Scientifico, Tecnologico, Economico,
Umanistico, Musicale, Artistico. Ogni istituzione scolastica può prevedere
anche la coesistenza di più Licei:
Ø
La proposta di prevedere per l’area della formazione
secondaria, le seguenti tipologie di percorso
formativo:
-
percorsi
triennali mirati (3 anni; 1+3 anni se frequentato in alternanza
scuola-lavoro) che portano al conseguimento di una Qualifica professionale che
rende possibile un inserimento nel mondo del lavoro senza ulteriori fasi di
formazione; dal percorso mirato si può proseguire successivamente in modo
diretto al percorso di specializzazione corrispondente, mentre per proseguire
negli altri percorsi è necessario frequentare un modulo integrativo; si tratta
di percorsi che si dovranno intrecciare fortemente con il contesto locale e nei
quali dovranno trovare maggiormente espressione le specificità regionali;
-
percorsi
triennali polivalenti (3 anni), che portano al conseguimento di una
Qualifica professionale a banda più larga; dal percorso di formazione
polivalente si può accedere a tutti i percorsi di specializzazione previsti nel
settore ed al quarto anno del percorso di Diploma tecnico frequentando un
modulo integrativo;
-
percorsi
annuali di specializzazione (1 anno a tempo pieno dopo
la Qualifica; 2 anni se condotti in alternanza scuola-lavoro) che permettono di
conseguire il titolo di specialista nel settore già approfondito con la
Qualifica e che hanno lo stesso valore del Diploma; con questo titolo è possibile,
oltre che l’uscita nel mondo del lavoro, proseguire nei percorsi corrispondenti
della formazione superiore;
-
percorsi
quadriennali di tecnico
polivalente (2 anni +2), che portano al conseguimento del Diploma; con
questo Diploma è possibile, oltre che l’uscita nel mondo del lavoro, proseguire
nei percorsi corrispondenti (con una banda più larga) della formazione superiore; l’accentuata
polivalenza di questo percorso rende tuttavia fortemente consigliabili momenti
ulteriori di professionalizzazione per il completamento della preparazione.
All’interno di un sistema così articolato e che prevede dunque ampi margini di
flessibilità una continuità maggiore dovrà essere sviluppata tra i percorsi
quadriennali per il Diploma ed i percorsi di formazione superiore. Infine,
tutti i percorsi che portano ad una Qualifica più professionalizzante potranno
essere svolti in alternanza scuola-lavoro, sia pure prevedendo una maggiore
durata del percorso;
Ø
La proposta relativa all’istituzione del
“Portfolio delle competenze”. Dai 3 ai 18 anni, ogni allievo che frequenta il sistema
educativo di istruzione e di formazione è accompagnato da un apposito portfolio
delle competenze. Esso comprende la scheda di valutazione e la scheda di orientamento.
La prima è redatta sulla base delle indicazioni fornite dal Ministero e, eventualmente, dagli altri organi della
Repubblica per quanto di loro competenza, a proposito “degli indirizzi generali
circa la valutazione degli alunni e il riconoscimento dei crediti e dei debiti
formativi” (art.8, Dpr. 275/99, comma 1, punto g). La seconda è costruita dalle
scuole e dai responsabili del processo educativo seguito dagli allievi, e si
stratifica lungo il percorso formativo. Al fine di offrire indicazioni di
orientamento fondate sulle reali risorse personali, ancorché non pienamente
espresse attraverso i tradizionali
apprendimenti disciplinari, nel portfolio, gli operatori scolastici, insieme
alle famiglie e ai ragazzi stessi,
aggiornano indicazioni e dati, raccolti in ordine ai seguenti aspetti:
- prove scolastiche significative, capaci di descrivere le più spiccate capacità e competenze dell’allievo, specie sul piano logico-scientifico-matematico, linguistico-espressivo e storico-sociale;
- osservazioni dei docenti sui metodi di apprendimento del ragazzo, con la rilevazione delle sue caratteristiche originali nelle diverse esperienze di apprendimento, disciplinari e interdisciplinari;
- commenti su lavori personali ed elaborati significativi, scelti dal ragazzo in collaborazione con il docente, ritenuti esemplificativi di attitudini e di risorse personali;
- indicazioni che emergono da un questionario attitudinale compilato da ciascun studente;
- qualità e attitudini del ragazzo, individuate negli incontri insegnanti-genitori, anche grazie all’aiuto di appositi questionari;
-
indicazioni che emergono da un progetto personale di vita,
elaborato dallo studente e consegnato al docente, relativo alla sua futura collocazione nella società e in una o
più attività professionali.
La scheda per l’orientamento assume un particolare significato nei due anni terminali della scuola media. Occorre mettere in condizione il ragazzo di effettuare una scelta tra istruzione e formazione secondarie sulla base non solo delle competenze acquisite, ma soprattutto delle capacità rimaste impregiudicate o sottoutilizzate durante tutto il periodo della scolarizzazione precedente (nelle attività scolastiche e di laboratorio). Le indicazioni che la scuola offre in ordine alla prosecuzione degli studi non possono, perciò, limitarsi ad indicare la tipologia degli indirizzi dell’istruzione o della formazione secondarie più adatti allo studente, ma dovranno soprattutto argomentare precise indicazioni di percorso, coerenti con quanto rilevato nelle varie voci del portfolio e compatibili con gli interessi, le attitudini e le capacità del ragazzo. In tale modo, l’orientamento verso gli istituti dell’istruzione e della formazione secondarie si configura come una precisa assunzione di responsabilità da parte della scuola. Essa dovrà monitorare, negli anni successivi, seguendola diacronicamente, in collaborazione con le scuole successive, la carriera dell’allievo e verificare se e fino a che punto il consiglio orientativo espresso sia stato pertinente. Ogni scuola secondaria di I grado potrà così migliorare il proprio complessivo know how orientativo.
Lo stesso discorso, con gli adattamenti del caso, si deve riproporre per i due anni terminali dell’istruzione e della formazione secondarie, sia per i corsi di Qualifica, al 3° anno, sia per quelli di Diploma, a tempo pieno o in alternanza. Viste le caratteristiche di serietà e di rigore degli accessi all’istruzione e alla formazione superiori, è importante che i Licei e gli Istituti abbiano acquisito, durante il percorso, credibilità orientativa agli occhi dei giovani, cosicché il loro consiglio orientativo finale non sia tanto percepito come un atto burocratico, ma come la migliore corrispondenza possibile tra attese e capacità personali e vincoli di realtà.
Opzione
border line
Come si può facilmente rilevare, l’ipotesi della riduzione a 4 anni del percorso della scuola secondaria di II grado non rientra né tra i cardini del progetto predisposto dal Grl, né tra le opzioni. Non è un caso o una dimenticanza. Il fatto è che, all’interno del modello proposto del Grl, questa è una soluzione che scaturisce automaticamente dalla combinazione di due delle raccomandazioni avanzate dal Ministro: quella di fissare a 12 anni la durata del percorso di istruzione/formazione obbligatorio per tutti i giovani e quella di riportare da 7 a 8 anni il percorso che precede il ciclo della scuola secondaria superiore e della formazione. Dal momento però che si tratta, com’è del tutto evidente, di una scelta particolarmente delicata, che ha un rilevante significato politico, e non solo nel senso della politica culturale, il Grl pensa di lasciarla alla valutazione e alle decisioni delle istituzioni, del mondo della scuola, della società civile, delle forze politiche e sociali.
In proposito il Grl si limita soltanto ad alcune osservazioni di principio:
Ø l’eventuale scelta di mantenere a 5 anni la durata dei licei, riducendo a 4 quella dei percorsi della formazione, avrebbe il chiaro sapere, che il Grl ha cercato in tutti i modi di evitare, di una gerarchia qualitativa tra i due sottosistemi. Il rischio sarebbe cioè quello di certificare, in modo implicito ma non per questo meno netto, che la formazione costituisce un canale di serie B, rispetto all’eccellenza rappresentata dalla istruzione liceale;
Ø all’eventuale mantenimento di un percorso secondario di II grado di 5 anni (scelta da estendere, per le ragioni appena dette, anche alla formazione) si potrebbe arrivare, come si è già avuto modo di rilevare, in due modi: lasciando invariata agli attuali 13 anni la durata dell’itinerario complessivo dell’istruzione/formazione e posticipando al 19° anno di età l’iscrizione all’università o alla formazione superiore, oppure anticipando al 18° anno questo evento e, contestualmente, al 5° anno di età l’ingresso nel mondo della scuola. Entrambe le opzioni si prestano a controindicazioni, puntualmente emerse nei Gruppi Focus, nella consultazione dei sessanta consigli di classe e di istituto, e nel questionario cui hanno risposto gli enti, le associazioni, i centri di ricerca e le riviste consultati. Anche la riduzione a 4 anni del percorso degli studi liceali ha però scatenato una tempesta di reazioni preoccupate.
Il Grl ha fatto propria l’ipotesi di questa riduzione puntando, ancora una volta, sulla riuscita di una difficile scommessa: quella di una riorganizzazione dell’attività didattica, che ne migliori l’efficacia, attraverso le misure e gli interventi proposti, e, contestualmente, di un innalzamento verso l’alto della scuola primaria e della scuola secondaria di II grado, tale da compensare, attraverso una migliore preparazione in ingresso, gli effetti negativi della contrazione della durata. A proposito di quest’ultima va poi sottolineato che, attualmente, nei cinque anni di liceo, si ha un numero di ore complessivo di lezioni tra le 900 e le 980 annue, comprensive delle attività di sperimentazione, pari quindi a un massimo di 4900 ore nel quinquennio. Nel modello del Grl si avrebbe un numero complessivo di ore pari a 1.125 (825+300 annue), che è obbligatorio per le scuole istituire, anche per quanto riguarda l’organico, con un totale dunque di 4.500 ore nei quattro anni. La riduzione sarebbe, di conseguenza, di 400 ore al massimo. Non è poco, ma forse non è neppure così allarmante come sembra emergere da alcuni commenti e valutazioni, soprattutto se si tiene conto del fatto che avremmo comunque, nei 12 anni di obbligo di istruzione e/o formazione, un totale di 13.500 ore di lezione, contro le 12.740 distribuite negli attuali 13 anni.
Il Grl non intende comunque vincolare le sorti della sua proposta di architettura complessiva del sistema dell’istruzione e/o formazione e di riordino dei cicli a questo unico aspetto, certo importante ma non così determinante ai fini della stabilità del modello presentato. E’ per queste ragioni e in questo spirito che ha deciso di estrapolare dalla lista dei vincoli e delle opzioni questo aspetto, inserendola in questo apposito paragrafo, riservato alle opzioni “border line”.
Parte Seconda - Raccomandazioni del gruppo di lavoro
No. |
Temi |
Raccomandazioni |
Grado
di consenso: F = forte M = medio D = debole |
1 |
Obbligo formativo fino a 18
anni |
Proponiamo
che il quadro di riferimento per la costruzione del sistema scolastico sia
l’obbligo formativo dai 6 ai 18 anni
( o almeno fino all’ottenimento di una qualifica). Questo principio deve
avere la precedenza sul concetto di
obbligo scolastico e pertanto lo vanifica. L’obbligo
formativo si articola in obbligo scolastico dai 6 ai 14 anni con successiva
possibilità di scelta, all’interno del sistema interconnesso di educazione
pubblica, tra il percorso dell’istruzione secondaria di secondo grado e il
percorso della formazione, senza nessuna canalizzazione, comunque intesa e
definita, prima dei 14 anni. |
F |
2 |
Scuola dell’infanzia |
Proponiamo
che la scuola dell’infanzia, pur rimanendo, secondo la propria tradizione ed
identità pedagogica, non obbligatoria e unitariamente triennale
nell’articolazione delle attività educative, entri a far parte a pieno titolo
del complessivo sistema educativo di istruzione e di formazione. |
F |
2.1 |
Credito formativo |
Suggeriamo
di considerare la frequenza del triennio della scuola dell’infanzia come un
credito valido ai fini della soddisfazione del diritto/dovere di istruzione
e/o formazione. Questo credito può
essere utilizzato solo alla fine del percorso di istruzione e/o formazione (
e in nessun caso nella scuola primaria, o in quella secondaria di primo
grado) e in particolare da coloro che, una volta acquisita una qualifica
garantita nei suoi standard qualitativi dalla Repubblica al termine di un
percorso di istruzione e/o formazione di 11 anni, non intendano più rimanere
all’interno del sistema di istruzione e/o formazione, fruendo dei suoi
livelli successivi. |
D |
|
3 |
Scuola
primaria/Scuola media |
Proponiamo
di conservare l’articolazione vigente dell’obbligo scolastico in una scuola
primaria, che resta ordinamentalmente quinquennale, e in una scuola
secondaria di primo grado , che rimane triennale. |
F |
|
3.1 |
Continuità verticale tra scuola
elementare e scuola media |
Raccomandiamo
fortemente di collegare in un percorso, continuo e progressivo, la scuola
elementare e la scuola media. L’articolazione didattica e programmatica tra
questi due ordini di scuola si consegue con l’organizzazione di un biennio di
transizione che comprende l’ultimo
anno della scuola elementare ed il primo della scuola media , biennio che
deve permettere di saldare tra loro la quinta elementare e la prima media. In
questa prospettiva, raccomandiamo lo sviluppo ulteriore del modello degli
istituti comprensivi. |
F |
|
3.2 |
Valorizzazione della scuola
media |
Raccomandiamo
fermamente di prestare un’attenzione prioritaria alla riqualificazione della
scuola media. La scuola media è l’anello più sensibile dell’impianto
scolastico attuale. La sua funzione di introduzione allo studio secondario
nonché di raccordo con i percorsi di istruzione di secondo grado e/o di formazione ne fa un elemento critico del
sistema scolastico. In
particolare invitiamo a fare della scuola media una scuola d’orientamento:
l’ultimo biennio della scuola secondaria di primo grado, rigorosamente uguale
per tutti, deve avere un forte carattere orientativo, in modo da consentire
scelte consapevoli del percorso successivo. A questo scopo proponiamo la
generalizzazione del portfolio come strumento privilegiato di orientamento. Invitiamo fermamente a considerare la funzione
d’orientamento verso gli istituti dell’istruzione e della formazione
secondarie come una precisa assunzione di responsabilità da parte della
scuola e come uno dei compiti principali della scuola media. Raccomandiamo
che ogni scuola secondaria di primo grado si organizzi per monitorare, negli
anni successivi, la carriera dei suoi allievi, seguendola diacronicamente, in
collaborazione con le scuole successive per verificare se e fino a che punto
il consiglio orientativo espresso sia stato pertinente. |
F |
|
3.3 |
Organizzazione in cicli
biennali |
Proponiamo
un’organizzazione della didattica e dei programmi d’insegnamento in cicli biennali,
sia per favorire una maggiore flessibilità, con effettive possibilità di
riarticolazioni interne, sia per favorire il rispetto dei ritmi
d’apprendimento e il ricupero delle insufficienze. Il terzo ciclo biennale
comprende la quinta elementare e la prima media e deve essere concepito come
un tutto integrato, gestito in comune dai docenti delle due classi. |
F |
|
3.4 |
Ritmi d’apprendimento e
ricupero dei debiti formativi |
Per
rispettare i ritmi d’apprendimento, favorire i ricuperi dei debiti e
qualificare il lavoro del team pedagogico proponiamo che la presenza di più debiti formativi tra il primo e il secondo anno di ogni biennio non
precluda il passaggio da un anno all’altro. I
debiti registrati l’anno precedente
devono essere colmati durante il secondo anno del biennio medesimo, per
ottenere il passaggio al successivo, con la tolleranza per uno. Nel caso in cui i debiti siano emersi nel
corso del secondo anno del biennio, lo studente ha l’obbligo di ricuperarli
(sempre con la tolleranza per uno) l’anno successivo. |
F |
|
3.5 |
Team pedagogico |
Invitiamo
a identificare sempre, in ogni gruppo docente di una classe della scuola primaria, un docente coordinatore
che, fatto salvo il ruolo insostituibile del team pedagogico nei compiti di
insegnamento, assuma una funzione temporalmente prevalente nel primo biennio ( 21 ore di insegnamento frontale
in una classe e 3 delle sue ore di servizio dedicate al coordinamento del
team della classe stessa). Proponiamo
che l’insegnamento frontale del docente coordinatore di una classe scenda fino ad un minimo di
15 ore nel secondo biennio, per cui sarà affiancato da un altro docente. Proponiamo
che in quinta, il docente coordinatore divida le 25 ore settimanali
obbligatorie d’insegnamento frontale con altri due colleghi ( Lingua,
Matematica e scienze, Storia-geografia e studi sociali). Il coordinatore
nelle quinte classi inoltre avrà la responsabilità di assicurare i
collegamenti con i docenti della prima media, di pianificare e organizzare
con loro i programmi d’insegnamento, l’orientamento e la valutazione degli
studenti. |
F |
|
4 |
Licei |
Raccomandiamo
che l’accesso agli studi liceali sia proposto dai consigli di classe
dell’ultimo anno della scuola media sulla base dei risultati conseguiti dagli
studenti, tenendo conto dei consigli d’orientamento e del contenuto del
portfolio . La decisione dei consigli di classe va trasmessa alle direzioni
dei licei rispettivi. Studenti
e famiglie possono opporsi alle
decisioni dei consigli di classe. L’opposizione va registrata nel portfolio e
discussa con le famiglie. In ogni modo, il passaggio agli studi liceali è
condizionato dal ricupero dei debiti formativi nel primo anno di liceo. |
|
|
4.1 |
Tipi di licei |
Suggeriamo
di articolare il percorso dei Licei in otto indirizzi: Classico, Scientifico,
Linguistico, Economico, Umanistico, Musicale, Artistico, Tecnologico. |
M/F |
|
4.2 |
Durata dei licei |
Proponiamo
che la durata dei licei sia quadriennale. Questa proposta si giustifica solo
se l’impianto complessivo del sistema scolastico diventa coerente sin
dall’inizio della scuola elementare, se l’organizzazione in cicli biennali è
applicata in modo rigoroso, se i docenti coordinatori fanno il loro mestiere
coscienziosamente, se i ritmi d’apprendimento sono rispettati ed i debiti
formativi sono sistematicamente ricuperati. Questi interventi sono tali da
potere ragionevolmente contare su un innalzamento verso l’alto delle
prestazioni e della qualità del servizio scolastico e quindi compensano,
attraverso una migliore preparazione in ingresso, gli effetti negativi della
contrazione della durata. |
D/M |
|
4.4 |
Organizzazione in bienni |
Proponiamo
che l’organizzazione pedagogica degli studi liceali quadriennali sia
suddivisa in due bienni gestiti, per quel che riguarda i ritmi
d’apprendimento, i ricuperi dei debiti formativi, il passaggio da una classe
all’altra, con gli adattamenti del caso, in modo analogo ai bienni della
scuola di base. |
M/F |
|
4.5 |
Transizione verso il settore
terziario universitario e non universitario |
Raccomandiamo
che i due anni terminali degli studi liceali siano concepiti con la
preoccupazione dominante di orientare gli studenti verso gli studi superiori.
Gli studi liceali non devono concludersi solo con un diploma, bensì anche con
un consiglio d’orientamento attendibile, discusso e vagliato con ogni
studente, che sia percepito come la migliore corrispondenza possibile tra
attese e capacità personali e vincoli di realtà. |
M |
|
4.6 |
Accesso agli studi universitari
o alla formazione superiore |
Raccomandiamo
la piena attuazione dell’articolo 6, c. 1, del D.M 509/99 che obbliga
l’università a verificare se chi chiede l’immatricolazione possiede davvero
la preparazione iniziale necessaria per frequentare il corso di laurea
prescelto in maniera proficua. Proponiamo
che questa norma sia applicata anche per l’accesso agli istituti di formazione superiore che debbono verificare l’effettivo
possesso, da parte di chi desidera l’accesso, delle conoscenze e delle
abilità stabilite. Proponiamo
l’attivazione di un servizio di attività formative propedeutiche, svolte in
collaborazione dagli istituti secondari e da quelli terziari, che provvedano
a riallineare la preparazione dello studente ai livelli qualitativi richiesti
per l’accesso. Queste attività dovranno essere svolte da docenti delle scuole
secondarie di secondo grado appositamente selezionati dai diversi corsi di
laurea o di formazione superiore. Questi
moduli avranno durata variabile, da un mese a un intero anno e sono
aggiuntivi alle normali attività previste nel piano di studi universitario o
di formazione superiore. |
M/F |
|
5 |
Istruzione
tecnica e professionale |
Raccomandiamo
vivamente la preservazione e il potenziamento dell’istruzione tecnica e
professionale che in molti casi ha raggiunto vette di eccellenza
considerevoli. Invitiamo
le autorità scolastiche a riconoscere il valore di queste formazioni ed a
consentire gli investimenti necessari per qualificarle ulteriormente. |
F |
|
5.1 |
Aree di formazione |
Raccomandiamo
di prevedere la costituzione di istituti di formazione secondaria nelle
seguenti dieci aree: Area
agricola/ambientale; Area
tessile/sistema moda; Area
grafica/multimediale; Area
chimica e biologica; Area
meccanica; Area
elettrica-elettronica-informatica; Area
edile e delterritorio; Area
turistico-alberghiera; Area
aziendale-amministrativa; Area
sociale/sanitaria All’interno
di ogni area devono essre possibili percorsi graduali e flessibili per
rispondere nel modo migliore ai bisogni del territorio, agli stili e ai ritmi d’apprendimento, alle
attese del mondo produttivo |
F |
|
5.2 |
Tipologie dei percorsi |
Raccomandiamo di prevedere per l’area della
formazione secondaria le seguenti tipologie di percorso formativo: Percorsi triennali mirati ( 3 anni; 1 +3 anni se
frequentato in alternanza scuola lavoro) che portano al conseguimento di una
Qualifica professionale che rende possibile un inserimento nel mondo del
lavoro senza ulteriori fasi di formazione. Dal percorso mirato si può
proseguire successivamente in modo diretto al percorso di specializzazione
corrispondente, mentre per proseguire negli altri percorsi è necessario
frequentare un modulo integrativo. Percorsi triennali polivalenti (3 anni) che portano al
conseguimento di una Qualifica professionale a banda più larga che permette
di accedere a tutti i percorsi di specializzazione previsti nel settore o al
quarto anno di Diploma tecnico frequentando un modulo integrativo. Percorsi annuali di
specializzazione
( 1 anno a tempo pieno dopo la Qualifica; 2 anni se condotti in alternanza
scuola-lavoro) che permettono di conseguire il titolo di specialista nel settore già approfondito con la
Qualifica e che hanno lo stesso valore del Diploma. Percorsi quadriennali di
tecnico polivante
(2 anni + 2) che portano al conseguimento del Diploma |
F |
|
5.3 |
Integrazione dei sistemi
d’istruzione e di formazione |
Raccomandiamo
la massima articolazione tra il sistema d’istruzione e quello della
formazione mediante la costituzione di passerelle che permettano ad ogni
momento del percorso d’istruzione e/o formazione di cambiare d’orientamento e
d’indirizzo. In ogni caso nessun percorso deve costituire un vicolo cieco, in
quanto ogni percorso, anche quello più specificamente rivolto al mondo del
lavoro, prevede passerelle in orizzontale o in verticale , sostenute se
necessario da moduli integrativi. Il
sistema d’istruzione e/o formazione deve essere in grado di offrire la
possibilità di completare la preparazione seguita per facilitare la
transizione da un indirizzo all’altro di studio o formazione. La
realizzazione di passerelle tra i vari tipi di istruzione e/o formazione
implica il computo dei crediti formativi accumulati dagli studenti nei
percorsi curricolari da loro seguiti
previa verifica delle competenze acquisite. |
|
|
5.4 |
Accesso agli studi universitari
o alla formazione superiore |
Valgono
per i diplomati degli istituti tecnici e professionali gli stessi principi
proposti per i diplomati dei licei ( raccomandazione 4.7). |
F |
|
|
|
|
|
|
6 |
Formazione
professionale |
|
|
|
|
|
|
|
|
6.1 |
Formazione in alternanza |
Raccomandiamo vivamente la creazione di un sistema di
formazione in alternanza in aggiunta o in sostituzione dell’attuale
apprendistato sul posto di lavoro. Le modalità di alternanza tra scuola e
lavoro possono variare e debbono essere diversificate a seconda delle
professioni. Proponiamo
che la formazione in alternanza inizi dopo avere frequentato il primo anno di
corsi di qualifica e di diploma secondari o di formazione professionale. La
formazione in alternanza deve offrire una combinazione adeguata di
apprendimento sul posto di lavoro con un tutore aziendale e di apprendimento
teorico e di cultura generale in sede scolastica. La
durata della formazione in alternanza varia a seconda delle professioni e si
estende tra i due ed i tre anni. La
formazione in alternanza porta a tre livelli di qualificazione: la qualifica, il diploma e il diploma tecnico
post-secondario rilasciato dalla formazione superiore |
D |
|
6.2 |
Transizione verso altri tipi di
formazione secondaria superiore e
verso il settore terziario
universitario e non universitario |
Proponiamo
di riconoscere alla formazione in
alternanza un valore equivalente alle altre modalità di formazione. A questo
scopo , la formazione in alternanza deve permettere a chi la effettua di
accedere, nei tempi e nelle modalità adeguate, con moduli di sostegno
appositi, a tutti gli altri tipi di formazione secondaria, di presentarsi
alle prove di Diploma, nonché di accedere ai moduli di preparazione alle
prove d’ammissione agli istituti di formazione superiore |
F |
|
|
|
|
|
|
7 |
Formazione
superiore |
|
|
|
|
|
|
|
|
7.1 |
Istituti di formazione
superiore |
Raccomandiamo
fermamente l’istituzione di un sistema di formazione superiore accanto al
sistema universitario costituito da una serie di istituti di specializzazione
professionale ad alto livello, paragonabili a scuole universitarie
professionali. Proponiamo
che l’accesso agli istituti di
formazione superiore sia autorizzato
previa verifica dell’effettivo possesso, da parte di chi desidera l’accesso,
delle conoscenze e delle abilità stabilite per seguire i corsi di
specializzazione. Gli
istituti di formazione superiore possono comprendere un’ampia gamma di specializzazioni differenziate per
durata e terminalità ( da 1 a 6 semestri a tempo pieno da 1 a 8/9 se posti in
alternanza scuola-lavoro) |
F |
|
|
|
|
|
|
8 |
Curricoli |
|
|
|
|
|
|
|
|
8.1 |
Modulo di organizzazione dei
piani di studio del sistema d’istruzione |
Raccomandiamo
che i piani di studio del sistema d’istruzione – fatta eccezione per la
scuola dell’infanzia – siano strutturati in due parti articolate tra loro: una
prima parte nella quale si specifica il profilo educativo, culturale e
professionale terminale degli allievi, tenendo conto degli obiettivi generali
del processo educativo fissati nell’articolo 8, c. 1 del Dpr. 275/99; una
seconda parte nella quale si esplicitano gli obiettivi specifici
d’apprendimento obbligatori su tutto il territorio nazionale per ogni ciclo
biennale o quadriennale. |
F |
|
8.2 |
Modulo di organizzazione del
sistema di formazione |
Raccomandiamo
che i piani di studio del sistema di formazione siano costruiti in modo
analogo ai piani di studio del sistema d’istruzione specificando il profilo
educativo, culturale e professionale finale degli allievi che devono essere
concertati con le parti sociali a livello locale, regionale e nazionale, e il
mondo del lavoro Tali
profili devono assicurano una valenza nazionale dei programmi di formazione
all’interno del sistema scolastico e nel sistema di formazione regionale
(punto m art. 117 della Costituzione). Ogni
piano di studio comporta inoltre obiettivi specifici d’apprendimento la cui
funzione è quella di garantire la qualità dei programmi di formazione. La parte nazionale e quella delegata alla
progettualità locale nella
formulazione di questi obiettivi sarà determinata in funzione della normativa
in via di definizione. Nondimeno, nel contesto del decentramento alle regioni
raccomandiamo che si istituisca un chiaro sistema nazionale di qualifiche. Gli
obiettivi specifici d’apprendimento vanno fissati per ogni biennio del
percorso formativo con lo scopo di facilitare gli scambi e i trasferimenti
tra il sistema d’istruzione e quello della formazione. |
F |
|
8.3 |
Dotazione oraria |
Proponiamo che l’articolazione delle ore annuali di
lezioni sia ripartita in due sottosistemi: uno obbligatorio di 25 ore
settimanali (pari a 825 ore all’anno)
e il secondo facoltativo di 10 ore settimanali al massimo (pari a 300 ore all’anno). Le
25 ore settimanali obbligatorie sono riservate alle discipline che caratterizzano i diversi piani di
studio, ai contenuti da insegnare e da apprendere. Esse sono suddivise in 20
ore settimanali a quota nazionale (pari a 660 ore all’anno) e 5 ore settimanali ( pari a 125 ore
all’anno) a quota locale. Proponiamo che questa quota sia pensata non tanto
come aggiuntiva, bensì come intensiva rispetto alle precedenti. Le
10 ore settimanali del percorso facoltativo sono ore laboratoriali. Le scuole
sono tenute a istituire e organizzare in rete o da sole Laboratori per
ampliare l’offerta formativa , per sviluppare le competenze e personalizzare
gli apprendimenti. La frequenza di questi spazi didattici che sono i
Laboratori è facoltativa per gli studenti e le famiglie che possono decidere
se usufruire o meno di queste opportunità. Il
ventaglio di laboratori è variabile secondo gli ordini d’ insegnamento e i
tipi di scuola ed è prestabilito nei programmi. Anche
le attività laboratoriali devono essere proposte in base a curricoli precisi
che fissino obiettivi d’apprendimento chiaramente identificabili che
funzionino come vincoli inaggirabili per tutti gli allievi. I
programmi dei laboratori possono essere o biennali o quadriennali. |
F |
|
|
|
|
|
|
9 |
Valutazione |
|
|
|
|
|
|
|
|
9.1 |
Valutazione degli apprendimenti
|
Raccomandiamo
la creazione di un sistema di testing per valutare gli apprendimenti e le
competenze degli alunni in determinati momenti del corso di studio in
determinate classi. Suggeriamo una valutazione nazionale degli alunni all’inizio di ogni biennio, ovverossia
all’inizio della prima elementare, della terza, della quinta, della seconda
media, della prima e della terza secondaria. |
M |
|
|
Estensione della valutazione |
Dal
punto di vista della valutazione del sistema scolastico , queste valutazioni
potrebbero prendere in esame un campione probabilistico di allievi.
L’indagine campionaria indica quali risultati ottengono gli studenti in
generale, a seconda delle regioni e della classe sociale di appartenenza, con
riferimento a standard fissati nazionalmente per le discipline scolastiche
prese in considerazione. Questi dati presentano un interesse politico ma non
possono essre sfruttati né dalle scuole, né dai docenti né dalle famiglie
perché indicano solo i risultati che si conseguono in media per regione, per
provincia, per discipline scolastiche. Raccomandiamo
l’attuazione di un sistema di valutazione per l’intera coorte delle classi
prese in considerazione per potere fornire ad ogni scuola i propri risultati
nonché per effettuare confronti con i
punteggi di altre scuole della stessa regione. Per effetturae un confronto
equo, proponiamo a questo riguardo che i punteggi siano normalizzati in
rapporto all situazione socio-economica degli studenti delle classi valutate. Raccomandiamo
che i risultati della valutazione siano messi a disposizione dei docenti e
dei genitori sotto forma di medie delle scuole. E’ essenziale che i dati
ponderati siano resi pubblici. |
|
|
9.2 |
Valutazione della condotta |
Proponiamo
di ripristinare il voto in condotta ma di modificarne completamente il senso
e le modalità. La valutazione della condotta mira ad attestare il
raggiungimento del livello di maturità sociale e di responsabilità consono
all’età. Suggeriamo che questo apprezzamento si avvalga di schede apposite
configurate in funzione dell’età degli alunni e degli studenti. |
F |
|
9.3 |
Portfolio |
Proponiamo
l’adozione sistematica durante tutto il percorso scolastico del portfolio
delle competenze che comprende una scheda di valutazione ed una
d’orientamento. Il portfolio che raccoglie la produzione significativa del bambino, dell’alunno e
dello studente è costruito con la
loro partecipazione diretta e diventa in questo modo uno strumento di
autovalutazione. Raccomandiamo
che per rendere efficace l’uso del portfolio si organizzino in priorità corsi
di aggiornamento per tutti i docenti
su questa tecnica di valutazione. |
M |
|
|
|
|
|
|
10 |
Formazione
iniziale dei docenti |
|
|
|
|
|
|
|
|
10.1 |
Formazione di base unica |
Raccomandiamo
una formazione di identica durata per tutti gli insegnanti (dalla scuola
dell’infanzia alla scuola secondaria) per garantire pari dignità della
professione docente. L'identica
durata dovrà essere tuttavia articolata in modo differenziato (e cioé con una
distribuzione variabile dei crediti secondo il tipo di abilitazione
cui dà accesso) intorno a tre nuclei principali: contenuti disciplinari,
competenze nelle scienze dell'educazione, abilità e tirocinio professionali. Nel profilo professionale terminale della
preparazione di tutti i docenti va incluso il trattamento dei soggetti
portatori di handicap e di altre
forme di diversità con un numero di crediti adeguati secondo il tipo di
abilitazione. |
F |
|
10.2 |
Laurea specialistica e lauree
specialistiche per l’insegnamento |
Raccomandiamo
che la formazione iniziale dei docenti delle scuole di ogni ordine e grado si
sviluppi, come tutte le lauree specialistiche, su un arco di 300 crediti
universitari (CFU) e che, alla fine di questi percorsi, si acquisisca una
laurea specialistica abilitante all’insegnamento in una specifica scuola e,
se di grado secondario, in una specifica classe di concorso. Potrebbe essere
una nuova classe che si aggiunge alle attuali 104 classi di lauree
specialistiche. |
F |
|
10.3 |
Abilitazione |
Raccomandiamo
la creazione di un rapporto attivo tra titolo abilitante e inserimento in
ruolo con obbligo di restare per altri 60/90 CFU in formazione nei primi anni
di servizio (con pari responsabilità nel giudizio finale di conferma in ruolo
tra Università e sistema scolastico) |
F |
|
|
|
|
|
|
Per
quanto riguarda la formazione iniziale dei docenti, il Grl ha trovato unanime
consenso sui punti seguenti, che vengono segnalati al Ministro come principi generali sui quali incardinare
un sistema della formazione a regime:
Ø
formazione di identica durata per tutti gli insegnanti
(dalla scuola dell'infanzia alla scuola
secondaria) per garantire la pari dignità della professione docente;
Ø
l'identica durata dovrà essere tuttavia
articolata in modo differenziato (e cioé con una distribuzione variabile dei
crediti, secondo il tipo di abilitazione cui la formazione stessa dà accesso)
intorno a tre nuclei principali: contenuti disciplinari, competenze nelle
scienze dell'educazione, abilità e tirocinio professionali;
Ø
scelta preferenziale per il livello della laurea specialistica (300 CFU), a condizione
che sia abilitante;
Ø
necessità di costituire un’ apposita classe
specialistica per la formazione iniziale dei docenti di ogni ordine e grado,
che si sviluppi su un arco di 300 crediti universitari (CFU) e alla fine della
quale si acquisisca una laurea specialistica abilitante all’insegnamento in uno
specifico grado scolastico e, se di grado secondario, in una specifica classe
di concorso. Potrebbe essere una nuova classe che si aggiunge alle attuali 104
classi di lauree specialistiche;
Ø
creazione di un rapporto attivo tra titolo
abilitante e inserimento in ruolo con obbligo di restare per altri 60/90 CFU in
formazione nei primi anni di servizio (con pari responsabilità nel giudizio
finale di conferma in ruolo tra Università e sistema dell’istruzione e/o
formazione);
Ø
inclusione nel profilo professionale terminale
anche della preparazione di tutti i docenti per il trattamento dei soggetti
portatori di handicap e di altre forme di diversità;
Resta
invece aperto il problema del "dove" attivare le lauree
specialistiche, problema rispetto al quale il Gdl non ha espresso una propria
opinione, limitandosi a presentare le seguenti tre soluzioni possibili, che
ovviamente non prevedono più la presenza della Ssis, in quanto l'ipotesi di
lavoro proposta esclude il livello della specializzazione post lauream
triennale:
Ø
nelle Facoltà affiancate da un Servizio per la
formazione dei docenti per le attività tirocinio, gestione e certificazione dei
crediti in servizio;
Ø
in un apposita Struttura d'Ateneo creata
mediante il concorso delle Facoltà;
Ø
lasciando piena libertà alle Università di
adottare le soluzioni preferite, vincolandole unicamente al rispetto dei
profili, dei crediti e delle tabelle della laurea (o lauree) specialisca/che.
[1] Scuola dell’infanzia e primaria (7-8 settembre 2001): Bertolini Pietro; Laneve Cosimo; Mantovani Susanna; Prioreschi Mariangela (AIMC); Riboldi Mario (DIESSE); Morgano Luigi (FISM); Cerini Giancarlo (CIDI); Frabboni Franco; Scurati Cesare.
Scuola secondaria di I grado (14 settembre 2001): Vico Giuseppe; Sacchi Giancarlo
(UCIIM); Moscato M.Teresa; Federici Elvira (CIDI); Pieraccini Paola (DIESSE);
Mirti Rosa Anna (FIDAE); Rembado Giorgio (ANP); Cavalli Alessandro; Sandrone
Boscarino Giuliana; Santerini Milena.
Scuola secondaria di II grado
(21 settembre 2001): Polacco Fabrizio (Prisma); Lepri Luciana (Nova Spes);
Lupidi Sciolla M.Teresa (UCIIM); Chiesa Domenico (CIDI); Grassi Onorato; Galli
della Loggia Ernesto; Biuso Alberto; Frugoni Chiara; Longo Giuseppe; Ferroni
Giulio; Barbiellini Amidei Gaspare; Tognon Giuseppe; Benadusi Luciano.
Piani di studio (28 settembre 2001):
Pontecorvo Clotilde; Corradini Luciano (UCIIM); Notarbartolo Daniela (Diesse);
Martini Angela; Cavallera Hervé Antonio; Barattelli Bianca; Arpinati Anna
Maria; Berti Enrico (S.F.I.); Savagnone Giuseppe; Sbordone Carlo (U.M.I.); Pirani
Mario; Allulli Giorgio (ISFOL); Barbiellini Amidei Gaspare.
Problemi di sistema (5 ottobre 2001):
Besozzi Elena; Margiotta Umberto; Malizia don Guglielmo; Campaniello Felice
(EDS); Panebianco Angelo; Dell’Aringa Carlo (ISFOL); Somaini Eugenio; Pirani
Mario.
Formazione secondaria (6 ottobre 2001):
Zoccatelli Mario; Bettoni Costanza; Allulli Giorgio (ISFOL); Lucisano Pietro;
Pellerey don Michele; Bianchet Giorgio (Ordine dei Periti Insdustriali);
Guaralda Fiorenzo (Ordine dei Geometri); Guglielmo Alberto; Bassi Marino;
Pitton Luigi; Gandini Giorgio (Confap); Bordignon don Bruno; Colombo don
Stefano; Caputi suor Rosetta; Elicio suor Angela.
Formazione iniziale dei docenti
(26 ottobre 2001): Galliani Luciano; Orefice Paolo; Luzzatto Giunio; Bonetta
Gaetano; Tranfaglia Nicola; Anzellotti Gabriele; Contini M. Grazia; Gammaldi
Caterina (CIDI); Moscato M. Teresa (Uciim); Zanniello Giuseppe; Viganò Renata
Maria; Bertinetti Paolo; Caspani Andrea (DIESSE).
Formazione superiore (27 ottobre 2001):
Federighi Paolo; Mattioli Patrizia (CGIL Formazione); Dessì Massimo (CISL
Emilia Rom.); De Maio Adriano; Egidi Massimo; Fiegna Guido; Pinchera Aldo;
Antonelli Giulia; Totolo Anna; Castagna Angelo (ENAIP)
La riforma e gli studenti (9 novembre
2001): Antonio De Napoli (Movimento
Studenti Cattolici); Matteo Pasquali (Movimento
Studenti Cattolici); Ivana Bartoletti (Studenti.Net);
Mattia Stella (Studenti.Net); Andrea
Pastina (Confederazione Degli Studenti);
Francesco Borrelli (Confederazione Degli
Studenti); Alessandro Coppola (Unione
Degli Studenti); Giovanni Ricco (Unione
Degli Studenti); Simone Paini (Alternativa
Studentesca); Flavio Mannini (Alternativa Studentesca);
Matteo Marchese
(Movimento Studenti
Dell’azione Cattolica); Flaminia Fossati (Liste Per La Libertà Della Scuola);
Lorenzo Fontolan (Liste Per La Libertà
Della Scuola); Daniele Funicelli (Liste
Per La Libertà Della Scuola); Giuliano Visconti (Gioventù Studentesca); Chiara Ricagni (Gioventù Studentesca).
La riforma e i genitori (10 novembre 2001): Richiedei Giuseppe (Age); Meloni Enzo (Agesc); Schettini Perillo Stefania (Agesc); Nava Mambretti Angela (Cgd); Viviano Matteo (Cgd); Santolini Luisa (Forum delle famiglie); Viscovi Mario (Faes); Rossi Mirella (Faes).