M.A.I.
Accordo Multilaterale
sugli Investimenti
Che cos'è
Il M.A.I. è un accordo che per la prima volta nella storia si propone
di regolamentare l'intera economia mondiale. Unificare tutte le leggi degli
stati in materia economica. In pratica ciò si concretizza nell'esatto
contrario, cioè deregolamentare, smantellare, cancellare tutto ciò
che nei vari stati del mondo si è fatto per arginare il potere
dell'economia e per far sì che i benefici di questa si distribuissero
il più possibile nello stato sociale.
Inizialmente in tale impresa dovevano essere coinvolti tutti gli stati membri
dell'organizzazione mondiale del commercio (WTO), tuttavia dopo che furono
sollevate parecchie riserve da parte di vari paesi in via di sviluppo, la
trattativa fu ristretta ai soli 29 paesi membri
dell'OCSE, che in sostanza raduna le nazioni più industrializzate del pianeta.
Il nodo dell'accordo verte sulle pari opportunità di investimenti
di diverse nazioni del mondo su di un qualsiasi territorio del pianeta,
cioè sulla non discriminazione tra aziende estere e nazionali nell'ambito
del trattamento economico. Questo che a prima vista sembrerebbe un innocente
enunciato è la foglia dietro cui si vorrebbe nascondere l'intenzione
di legittimare la posizione di privilegio da parte del potere economico su
quello politico.
Le conseguenze
"Scriviamo la Costituzione di un'economia mondiale unificata".
È possibile scrivere un accordo che congeli l'economia di un pianeta? Qualcuno
pensa di sì.
Il M.A.I. prevede un apertura dei mercati tesa a consentire alle multinazionali
accesso illimitato a tutti i mezzi di produzione e a tutte le forze lavoro,
a tutto ciò che la terra e la gente di un determinato territorio abbiano
da offrire. L'obiettivo è favorire gli investimenti, qualsiasi essi
siano, non importa se conducano a creare posti di lavoro o ad eliminarli.
Per investimento si intende solo ciò che genera profitto.
Le novità di questo genere di accordo sono molte.
La più evidente è che in futuro non sarà più
possibile opporsi a tali speculazioni, perchè non saranno più
riconosciuti i diritti derivanti dall'autodeterminazione di una società.
Anzi una volta firmato questo patto qualora un'amministrazione di qualunque
livello vi si opponesse, potrà essere citata per danni.
Inoltre tale accordo pone una seria ipoteca su tutte quelle leggi che si
esprimono in tutela del lavoro, dell'ambiente, della piccola economia e di
tutte quelle forme di tutela dedicate a proteggere l'enonomia di regioni
svantaggiate.
Aggiornamento
Bloccato all'OCSE dal circolo virtuoso che si è instaurato tra
contraddizioni interne ai negoziatori e pressioni esterne di associazioni,
NGOs e campagne, il MAI è in attesa di risorgere all'Organizzazione
Mondiale del Commercio o, meno probabilmente, di essere riesumato in un
accordo bilaterale USA-UE che prenderebbe il nome di TEP (Transatlantic
Economic Partnership). Sono mesi di transizione, dunque, in cui peró campagne e NGOs, incassato il primo parziale successo, non stanno certo con
le mani in mano. Intanto si sta avviando una riflessione piuttosto
rilevante sul perché stavolta si è vinto, seppur, ripetiamolo, in modo
provvisorio. Vi sono interessanti contributi sul salto di qualità
realizzato questa volta dalla società civile che ha portato il Financial
Times a parlare di guerriglia telematica e rivolta virtuale capace di
frenare le lunghe (ma fragili) leve del neoliberismo. Soprattutto peró la notizia è che ` in atto a livello internazionale una
sorta di "scrittura collettiva" di un MAI DEI POPOLI E DELL'AMBIENTE, cui
stanno lavorando canadesi e indiani, francesi e statunitensi, intellettuali
ben noti a tutti noi come Martin Khor, Vandana Shiva, Susan George. Vi sono
al momento sul tappeto cinque proposte di riscrittura dell'Accordo dal
punto di vista dei cittadini: naturalmente sarebbe assai importante
arrivare a definire una piattaforma unica di tutta la società civile
anti-MAI a livello mondiale.
La campagna italiana
Da quando, circa 8 mesi fa, il tavolo promotore della Campagna ha
individuato nel M.A.I. un nodo cruciale delle attuali politiche
internazionali di liberalizzazione dei capitali e dei profitti delle
imprese, molto è stato fatto a livello di società civile anche nel nostro
Paese.
La Campagna ha raccolto da subito il consenso e l'interesse di molte
associazioni che, anche grazie ad internet, avevano già preso coscienza dei
rischi impliciti nell'accordo e del suo impianto decisamente
antidemocratico, contrario a qualsiasi tutela dei diritti locali,
ambientali, sociali. A queste si sono aggiunti tutti coloro che, impegnati
sui temi della solidarietà, della pace e dello sviluppo si sono avvicinati
a questi temi grazie alla circolazione di materiali, ai contatti della
segreteria nazionale e all'impegno di molti gruppi locali nella diffusione
delle informazioni e nell'opera di sensibilizzazione.
Dalla pubblicazione della lettera aperta al governo (Il manifesto, agosto
'98) ad oggi abbiamo raccolto oltre 150 adesioni. In alcune province si sono costituiti dei
coordinamenti e sono state intraprese iniziative presso le istituzioni, la
stampa locale, i cittadini.