“Non scommettere sulla
pace non connotata da scelte storiche concrete: è un bluff. Non scommettere sulla pace
che prenda le distanze dalla giustizia: è peggio della guerra. Non scommettere sulla pace che si proclami estranea al problema della salvaguardia
del creato: è amputata. Non scommettere sulla pace
che sorrida sulla radicalità della nonviolenza: è infida. Non scommettere sulla pace
che non provochi sofferenza: è sterile. Non scommettere sulla pace
come ‘prodotto finito’: scoraggia” Tonino Bello |
SCUOLA
DI SOLIDARIETA’ 2001-2002
Lunedì
7 Gennaio 2002
Saluzzo
- Corso Piemonte 56
“LA
PACE IN UN MONDO GLOBALIZZATO”
intervento
di Enrico Peyretti
SALUZZO
– Parlare di
pace in tempi di guerra per educare alla pace e resistere alla globalizzazione
della violenza. È stata una vera e propria lezione quella di Enrico Peyretti,
lunedì 7 gennaio, a Saluzzo, quarto incontro della Scuola di solidarietà ed
uno dei numerosi appuntamenti che la Diocesi ha organizzato in questo Mese della
pace.
“La
pace in un mondo globalizzato” era il tema della serata, scelto dagli
organizzatori prima dell’11 settembre, al quale i tragici eventi dell’11
settembre e la conseguente guerra in Afghanistan tuttora in corso, hanno
conferito una drammatica attualità.
Il
relatore ha illustrato il significato corrente di globalizzazione che si traduce
dal punto di vista economico in reclutamento facile di lavoro nei luoghi in cui
più conviene al profitto e meno al diritto (con spostamento della produzione
dove i lavoratori non sono organizzati né difesi facendo leva sul fatto che è
meglio lavorare per poco che morire di fame). La globalizzazione esclude quindi
la parificazione dei diritti umani e l’avvicinamento delle condizioni di vita
degli uomini. «Il divario tra ricchi e
poveri aumenta: qualcuno sostiene che i poveri stanno meglio rispetto al
passato, ma ciò che offende, umilia e provoca ira negli offesi è l’enorme
disparità di condizioni».
Parlando
di pace il prof. Peyretti ha distinto, sulla scorta del libro di Norberto Bobbio
“I problemi della guerra, le vie della pace”, tre categorie: la pace “di
soddisfazione”, basata sulla fiducia reciproca, quella “di impotenza” (che
ha caratterizzato il periodo della guerra fredda) e quella “di potenza” che
è in realtà una specie di guerra perché vede il dominio di una parte
sull’altra, mentre la vera pace richiede la parità.
E
ancora “pace negativa” (ovvero non-guerra) e “pace positiva” quando non
c’è (o è ridotta al minimo) violenza strutturale e culturale. Perché
parlando di pace non si deve pensare soltanto alla violenza fisica o diretta che
è quella che più indigna e provoca reazione, ma anche a quella strutturale (in
campo giuridico, economico) e culturale (la violenza nelle idee, che attenta
alle convinzioni, alle tradizioni ed è la più profonda) che sovente sono
presenti anche in tempi apparentemente pacifici.
Distinzioni
che aiutano a capire come il significato della parola pace, un termine
universalmente condiviso e sovente abusato, non sia in realtà univoco. Che
aiutano ad andare oltre la definizione di pace di Sant’Agostino, secondo il
quale la pace è ”tranquillità dell’ordine”, per accogliere al suo
interno e valorizzare la realtà dei conflitti, intesi non come “guerra”, ma
come divergenza di idee, tensione tra le persone, i gruppi umani, che può anche
essere molto utile e stimolante. Come diceva Gandhi “il conflitto è occasione
di verità”. Dipende da come lo si gestisce.
E
su questo punto si gioca la vera partita: «Pace
è la capacità di gestire i conflitti in modo costruttivo e non distruttivo.
Nel nostro piccolo, dopo l’11 settembre, avevamo elencato 10 alternative alla
guerra» dice il prof. Peyretti, membro del Movimento internazionale della
riconciliazione, del Movimento non violento e socio attivo del Centro studi per
la pace e la nonviolenza Sereno Regis di Torino.
Dal
punto di vista storico il prof. Peyretti ha passato in rassegna la pace dopo il
1945 (ricordando che la portata del 6 agosto di quell’anno, quando la bomba
atomica venne sganciata su Hiroshima, fu molto più sconvolgente dell’11
settembre scorso). Negli anni immediatamente successivi nacque l’Onu che ha
tra i suoi principali obiettivi la liberazione dal flagello della guerra, venne
redatta la Costituzione italiana che all’articolo 11 ripudia la guerra come
soluzione delle controversie. Nel 1963, la Pacem in terris di Giovanni XXIII,
negava l’idea che la guerra possa essere strumento di giustizia e intravvedeva
la fine della cultura del dominio.
Ma
tutte queste speranze, che sembrava dovessero concretizzarsi dopo il 1989, in
seguito alla caduta del comunismo, sono naufragate invece nel cosiddetto
“decennio orribile” caratterizzato da guerre asimmetriche e dal riaffermarsi
della guerra come strumento di giustizia, come i fatti dell’Afghanistan hanno
di recente dimostrato.
E
non c’è pudore nell’affermare esplicitamente con il Nuovo modello di difesa
italiano, “la difesa dei nostri interessi ovunque nel mondo fossero
attaccati”; difesa non di diritti, ma di interessi (tra cui le fonti
energetiche) e di privilegi economici, per mantenere lo stato attuale,
caratterizzato da una profonda diseguaglianza. «E
la globalizzazione nella diseguaglianza, nell’esclusione, è una guerra. È
ormai chiaro a tutti che questo tipo di globalizzazione funziona a patto che non
sia di tutti. Per questo penso che in realtà i “no global” sono i G8, chi
rifiuta di riconoscere il Tribunale internazionale, i protocolli di Tokyo. E i
veri globalizzatori sono gli anti-G8».
Un’analisi
critica serrata, dunque, ma accompagnata da segni di speranza: «In questo periodo il mio slogan è: Disperati, non disperiamo. Tutti
possono fare qualcosa nel proprio ambiente. Uno dei punti nevralgici è la
frattura tra oriente e occidente perciò occorre impegnarsi nel dialogo
islamo-cristiano, per affermare il rispetto nelle differenze. E per fare questo
non è necessario conoscere l’arabo. Bisogna aiutare l’autocoscienza critica
negli Stati Uniti. C’è un’altra America, rappresentata dai genitori di quel
ragazzo ucciso nelle Twin towers che hanno detto chiaramente “Non in mio
nome”, rifiutando la guerra; ci sono intellettuali come Noam Chomsky che
portano le prove del fatto che gli Usa sono lo stato più terrorista del mondo.
E non dimentichiamo, come suggerisce padre Zanotelli che "votiamo ogni
volta che facciamo la spesa”».
susanna
agnese
Enrico Peyretti - Nato a Torino nel 1935, ha insegnato Storia e Filosofia nei licei.
Dall'origine,
nel 1971 fino al 2001 ha diretto "Il foglio", mensile di
riflessione sulla vita civile, culturale e religiosa e sugli orientamenti del
nostro tempo, che esce regolarmente.
Attivo
nella cultura di pace, membro del Movimento Internazionale della
Riconciliazione, del Movimento Nonviolento, dell'IPRI (Italian Peace Research
Institute), socio attivo del Centro Studi per la pace e la nonviolenza
"Sereno Regis" di Torino.
Tiene
dal 1989 una rubrica sul quindicinale "Rocca", fa parte della
redazione di "Servitium" (quaderni di ricerca spirituale), ha
collaborato a diverse altre riviste di impegno ed alle attività culturali, a
Torino, del Centro Studi Piero Gobetti e del Centro Evangelico di Cultura.
Ha
presentato contributi a vari convegni nazionali di ricerca sulla Difesa Popolare
Nonviolenta e al convegno "Resistenza nonarmata" (Roma,
novembre 1994). Ha contribuito ad istituire e far funzionare la Scuola di Pace
“Ernesto Balducci", attiva a Torino dal 1993 al 1997. Ha tenuto lezioni
nella Scuola di Pace di Boves, in quella di Fiesole, in molti corsi di
aggiornamento per insegnanti ed ha collaborato con molti enti di servizio civile
per la formazione degli obiettori di coscienza.
Cura
dal 1994 una bibliografia sulle lotte nonarmate e nonviolente nella storia, "Difesa
senza guerra", di cui ha pubblicato una breve presentazione in "Effe",
rivista delle librerie Feltrinelli, (1998), ed è pubblicata nell’ “Annuario
della Pace” (Ed. Asterios, Venezia 2001).
Collabora
alla ricerca in corso "Lotte nonviolente nella storia".
Ha
curato il volume di Autori vari (tra cui Balducci, Bori, Gozzini, Turoldo,
Piana, ecc.) "Al di là del «non uccidere»", Ed. Cens,
Liscate-Milano 1989.
Ha
pubblicato i volumi "Dall'albero dei giorni (soste quotidiane su fatti e
segni)", Ed. Servitium, Sotto il Monte 1998; "La politica è
pace", Ed. Cittadella, Assisi 1998; "Per perdere la
guerra", Ed. Beppe Grande, Torino 1999.
TEL.
0175 46367 E-MAIL caritas@saluzzo.chiesacattolica.it