I giornali in tempo di dittatura |
In un regime
totalitario, la stampa è un elemento di questo regime, in un regime unitario, la stampa non può essere estranea a questa
unità...
Partendo da questo incontrovertibile dato di fatto si ha
immediatamente una bussola di orientamento per quanto concerne l'attività
pratica del giornalismo fascista. Ciò che è nocivo si evita e ciò che è utile al
Regime si fa...
Il giornalismo italiano è libero perché serve soltanto una
causa e un regime; è libero perché, nell'ambito delle leggi del Regime, può
esercitare, e le esercita, funzioni di controllo, di critica, di propulsione."
(Benito Mussolini, Discorsi del 1928, Edizioni "Alpes", Milano 1929, pp.
251-261)
Si chiudeva così il processo di fascistizzazione anche nel settore
della stampa, iniziato sei anni prima all'indomani dell'ascesa di Mussolini a
Capo del governo. L'occasione per esprimere il suo pensiero sul ruolo della
stampa italiana l'ebbe in occasione dell'adunata organizzata a Palazzo Chigi,
presenti settanta direttori di quotidiani nazionali, il 10 ottobre 1928.
Inizialmente il fascismo aveva utilizzato una doppia strategia per addomesticare
la stampa: da una parte la violenza e l'illegalità delle squadre armate che
assaltavano le sedi e colpivano fisicamente giornalisti e direttori, dall'altra
l'instaurazione di provvedimenti legislativi tesi a limitare la libertà di
stampa attraverso la trasformazione autoritaria delle leggi dello stato
liberale.Tra il 1922 e il 1925 Mussolini mira ad ottenerne l'obbedienza dei
direttori. Un allineamento forzato, anche sotto la minaccia delle squadre, che
accresce il grigiore delle pagine dei quotidiani, progressivamente appiattiti
attorno alle parole del fascismo. Passaggio cruciale per il capo del governo,
quello di riuscire, attraverso l'inserimento di suoi uomini nei posti chiave
dell'agenzia, a controllare l'agenzia di stampa "Stefani" i cui notiziari
riempiono i quotidiani italiani. Sempre più i giornali d'opposizione, che erano
sopravvissuti alla prima ondata squadristica, si trovavano assediati dal governo
e dai fascisti. L'occasione per restringere ulteriormente la libera stampa
capita all'indomani dell'attentato a Mussolini, avvenuto a Bologna il 31 ottobre
1926, quando il Ministro dell'interno Federzoni ordina ai Prefetti di sospendere
per ragioni di ordine pubblico tutti i fogli d'opposizione. Contemporaneamente
squadre fasciste assaltano le sedi di molti giornali non
allineati.
Addomesticata gran parte della stampa, restava l'obiettivo più
ambizioso di procedere verso la fascistizzazione della società italiana. Era
indispensabile fare della stampa lo strumento principale per l'orga-nizzazione
del consenso e per l'attuazione della propria politica interna e estera. Si
trattava, quindi, non solo di controllare i giornali ma di renderli essi stessi
strumenti in mano al governo. Non mancano i problemi anche all'interno della
stampa fascista. I fogli locali, ad esempio, rispondevano quasi sempre ai ras
provinciali o a posizioni squadristiche intransigenti che certo non agevolavano
l'immagine unitaria e tranquillizzante considerata necessaria per affermare il
primato del regime.
L'instaurazione della dittatura procede comunque a grandi
passi. Il 5 novembre il consiglio dei ministri delibera lo sciolgimento dei
partiti antifascisti e, con essi, di ciò che resta della stampa d'opposizione.
Inizia così "l'era fascista", rappresentata anche dall'introduzione di un nuovo
calendario fascista che ha nel 28 ottobre 1922 la sua data di partenza, che
sancisce la fine dell'età liberale. Ma la fine della stampa d'opposizione non
era sufficiente per giungere al completo controllo dei mezzi d'informazione.
Viene intensificato il processo di epurazione all'interno delle redazioni. Il 26
febbraio 1928 con reale decreto il governo istituisce l'albo professionale. Tre
mesi prima, nel dicembre 1927, sindacato ed editori avevano stipulato un accordo
che impegnava questi ultimi ad assumere praticamente solo giornalisti iscritti
al sindacato fascista.
La tendenza dei giornali in periferia sarà in genere
quella di tendere verso la fusione con il giornale organo del Partito, altri
sceglieranno di chiudere.
La fase di consolidamento
del regime è accompagnata anche dal cambio e dal controllo dei direttori e dei
vertici della stampa nazionale. A partire dagli anni Trenta parte la fase di
modernizzazione della stampa quotidiana con il duplice obiettivo di accrescere
il prestigio del regime fascista e raffinare la propaganda di massa, strumento
essenziale per la dittatura.
Il processo è favorito dall'innovazione
tecnologica. Le nuove rotative sono in grado di stampare meglio e più
rapidamente, trascinando con sé anche gli altri settori della stampa: rotocalchi
e periodici popolari. La diffusione dell'automobile e lo sviluppo della rete
stradale migliorano la distribuzione dei giornali sul territorio, mentre i piani
di ampliamento della rete telefonica ne consentono un impiego più puntuale per
migliorare la qualità delle informazioni che giungono alle redazioni, al posto
del vecchio e più lento telegrafo.
La modernizzazione non riguarda solo il
piano tecnico, ma anche quello editoriale e giornalistico. Nei quotidiani
trovano sempre più spazio specialisti e personaggi della cultura, introducendo
caratteristiche proprie dei settimanali nei quotidiani. La valorizzazione della
"terza pagina" ne è l'esempio più evidente.
I giornali svolgono per tutto il
resto degli anni Trenta un ruolo fondamentale nella formazione dell'opinione
pubblica durante il regime e nel celebrare le "imprese del fascismo."
Lo
scoppio della seconda guerra mondiale acuisce l'accentramento dittatoriale sui
mezzi d'informazione e, in generale, l'uniformità dei giornali. Il governo
interviene attraverso una doppia censura, quella del Ministero della guerra e
quella del Ministero della cultura popolare (Minculpop), mentre in provincia
spuntano fogli dei fasci locali che richiamano allo spirito squadristico del
primo fascismo nel tentativo di rafforzare la mobilitazione generale per la
guerra.
Con la nascita della Repubblica sociale italiana, dopo la caduta di
Mussolini e i 45 giorni del governo Badoglio, il neofascismo repubblicano si
pone il problema di riprendere un efficace controllo di ciò che rimane dei mezzi
d'informazione, malgrado i gravi problemi organizzativi e operativi che
caratterizzano l'attività dei ministeri di Salò. Il prevalere delle posizioni
più intransigenti nel fascismo e la scelta di trasformare il Partito fascista
repubblicano in partito armato porta con sé, tra l'altro, l'applicazione della
censura preventiva della stampa.
Sono anche i mesi in cui nasce e si
infittisce la stampa clandestina: fogli volanti, giornalini partigiani, ma
soprattutto i giornali politici che fanno riferimento ai partiti e alle diverse
anime che costituiscono il fronte antifascista e che diverranno, nel dopoguerra,
strumenti importanti per la rinascita dello stato democratico.
Fonte: www.comune.parma.it/ art.di Marco Minardi
| Pagina sui mass media | Propaganda (pagina iniziale) | Mussolini |