ECCIDIO DELLE FOSSE ARDEATINE |
L'origine:
l'attentato di via Rasella (resoconto sommario) (numero delle vittime) (relazione sull'eccidio) |
II mattino successivo, alle nove, il Kappler aveva un colloquio con il
Commissario di P.S. Alianello, che pregava di chiedere, con la massima urgenza,
al vice capo della polizia Cerruti se la polizia italiana era in grado di
fornire cinquanta persone. II Cerruti poco dopo gli comunicava che avrebbe
mandato da lui il Questore Caruso perché prendesse accordi in merito alla
consegna di cinquanta uomini. Alle 9,45 il Caruso, accompagnato dal Ten. Koch,
che in quel tempo svolgeva funzioni di polizia non ben definite, si presentava
dal Kappler. Questi spiegava ai due come, per completare una lista di persone da
fucilare in conseguenza dell'attentato di Via Rasella, aveva bisogno di
cinquanta persone arrestate a disposizione della polizia italiana e spiegava i
criteri in base ai quali egli aveva già compilato una lista di 270 persone. A
conclusione di questo colloquio si stabiliva che il Questore Caruso avrebbe
fatto pervenire al Kappler per le ore 13 un elenco di cinquanta persone.
Nell'elenco compilato dal Kappler con l'aiuto dei suoi collaboratori numerosi
erano i detenuti per reati comuni e gli ebrei arrestati per motivi razziali; fra
gli altri poi una persona assolta dal Tribunale Militare tedesco e due ragazzi
di 15 anni, dei quali uno arrestato perché ebreo. Alle 12 circa l'imputato si
recava nell'ufficio del Gen. Maeltzer il quale qualche ora prima gli aveva fatto
sapere che l'attendeva per tale ora. Mentre quel generale lo informava che
I'ordine della rappresaglia proveniva da Hitler giungeva il Maggiore Dobrik del
battaglione "Bozen", che era stato convocato qualche ora prima. Il Ten. Col.
Kappler informava il generale di aver compilato una lista di persone che gli
consegnava. A questa lista, diceva, dovevano aggiungersi i nominativi di
cinquanta persone che, per le ore 13, gli sarebbero stati dati Questore Caruso,
scelti fra i detenuti che questi aveva a sua disposizione Complessivamente,
quindi, si raggiungeva il numero di 320 persone, pari al decuplo dei militari
tedeschi che fino a quel momento erano deceduti. Il generale Maeltzer, informato
dall'imputato dei criteri adottati nella compilazione della lista, si rivolgeva
al Dobrik dicendogli che spettava a lui eseguire la rappresaglia con gli uomini
che aveva a sua disposizione Quest'ufficiale esponeva una serie di difficoltà
(il fatto che i suoi uomini erano anziani, poco addestrati all'uso delle armi,
superstizioni, ecc.) con l'evidente scopo di sottrarsi al compito affidatogli.
Due giorni dopo, difatti, il ten. col. Kappler riferiva questo episodio al
generale Wolf per fare un addebito al maggiore Dobrik. "Dissi - egli afferma
parlando di questo colloquio (vol, V 37 retro) - che Dobrik, al quale sarebbe
toccato di eseguire la fucilazione, si era tirato indietro, e con ciò io
presentavo ufficialmente le mie lagnanze contro Dobrik a Wolf.
Stante le difficoltà poste dal Dobrik, il Gen Maeltzer telefonava al Comando
della 14.ma armata e parlava con l'allora Col. Hanser, al quale, dopo aver
prospettato quanto detto da quell'ufficiale, chiedeva venisse comandato un
reparto di quell'armata per l'esecuzione. L'Hanser rispondeva testualmente:" La
polizia è stata colpita, la polizia deve far espiare". Il Gen. Maeltezer
ripeteva ai due ufficiali presenti quella frase quindi dava ordine al Kappler di
provvedere lui all'esecuzione. Congedatosi dal Gen. Maeltzer, il Kappler si
portava nel suo ufficio in Via Tasso. Qui chiamava a rapporto gli ufficiali
dipendenti e li informava che fra qualche ora avrebbero dovuto eseguirsi la
fucilaione di 320 persone in conseguenza dell'attentato di Via Rasella. Al
termine della riunione il Kappler impartiva l'ordine che tra tutti gli uomini
del suo comando di nazionalità tedesca, dovessero partecipare all'esecuzione.
Contemporaneamente ordinava al Cap. Schultz di dirigere l'esecuzione e gli dava
disposizioni particolari in merito alla modalità dell'esecuzione medesima.
"Dissi poi a Schultz - egli afferma (vol VII f.29 ) - che per la ristrettezza
del tempo, si sarebbe dovuto sparare un sol colpo al cervelletto di ogni vittima
e a distanza ravvicinata per rendere sicuro questo colpo, ma senza toccare la
nuca con la bocca dell'arma." Quindi s'iniziava l'esecuzione: cinque militari
tedeschi prendevano in consegna cinque vittime, le facevano entrare nella cava,
che era debolmente illuminata da torce tenute da altri militari posti ad una
certa distanza l'uno dall'altro, e le accompagnavano fino in fondo, facendole
svoltare in un'altra cava che si apriva orizzontalmente; qui costringevano le
vittime ad inginocchiarsi e, quindi,ciascuno di essi sparava contro la vittima
che aveva in consegna. II Kappler partecipava, una prima volta, alla seconda
esecuzione, che egli racconta brevemente." Vicino l'autocarro - egli dice (vol.
VII, f. 31 retro) presi in consegna una vittima, il cui nome veniva da Priebke
cancellato su di un elenco da lui tenuto. Altrettanto fecero gli altri quattro
ufficiali. Conducemmo le vittime sullo stesso posto e, con le stesse modalità
vennero fucilate un pò più indietro delle prime cinque. Narrazione analoga
dell'esecuzione è fatta dall'imputato Clemens. "Quando sparai io - egli afferma
(vol. VII, f. 108) - le cinque vittime furono portate nella cava da soldati noi
ci disponemmo dietro e, all'ordine sparammo un colpo solo. Le vittime erano in
ginocchio e, dopo che caddero, alcuni soldati trasportarono i cadaveri verso il
fondo delle caverne dove si trovavano già i cadaveri delle prime. lo poi uscii
dalla cava e non rientrai più, ma ritengo che le altre esecuzioni siano avvenute
allo stesso modo. Gli altri imputati confermavano sostanzialmente le modalità
descritte. II tetro spettacolo dei cadaveri che, dopo le prime esecuzioni, si
presentava alla vista delle vittime, quando queste entravano nella cava e
s'inginocchiavano per essere fucilate, è espresso sinteticamente dal teste Amon,
il quale fu presente all'esecuzione, ma non sparò erché non ebbe la forza.
"Avrei dovuto i sparare - egli dice - (ud. del 12-6-1948) ma quando venne
alzata la fiaccola e vidi i morti svenni... Rimasi inorridito a uello
spettacolo. Un mio compagno mi diede un colpo e sparò per me". Le vittime dei
primi autocarri provenivano dal carcere di Via Tasso, le altre dal carcere di
Regina Coeli. Ivi si trovava il Ten. Tunàth accompagnato dall'interprete S. Ten.
Koffler, del comando di polizia tedesca di Roma il qualel provvedeva a fare
avviare alle cave Ardeatine i detenuti del terzo braccio a disposizione
dell'autorità militare tedesca. Ultimato il prelevamento di questi detenuti, il
Tunath si rivolgeva al Direttore del carcere per avere i cinquanta che erano a
disposizione della polizia italiana e che, secondo precedenti accordi, dovevano
essere consegnati dal Questore Caruso. Poiché ancora non era giunta la lista se
ne faceva richiesta telefonica Caruso, da cui si aveva promessa di un sollecito
invio a mezzo di un funzionario. Il tempo trascorreva senza che giungesse tale lista. II Tunath telefonava ancora alla Questura e parlava con il Commissario
Alianello, al quale violentemente diceva " che se non si mandava subito l'elenco
avrebbe preso il personale carcerario" (dich. Alianello, ud. del 26-6-1948)·
Dopo un po' di tempo il Tunath, stanco di aspettare, incominciava a prelevare
dei detenuti maniera indiscriminata. Poco dopo, sull'imbrunire arrivava il
Commissario Alianello con una lista di cinquanta nomi datagli dal Questore
Caruso, che consegnava al Direttore del carcere. Questi cancellava undici nomi,
precisamente quelli indicati con i numeri progressivi da 40 a 49 e con i numeri
21 e 27 e li sostituiva con altri undici nomi relativi a persone che erano state
portatedal Ten. Tunath e che non erano comprese nella lista. La cancellatura
degli ultimi nominativi della lista era determinata dal fatto che la
compilazione di questa stata fatta iniziando dalle persone ritenute più
compromesse per continuare con quelle che si trovavano in posizione migliore, il
depennamento dei nomi indicati con i numeri 21 e 27 veniva effettuato invece
perché l'una persona era ammalata grave all'ospedale e l'altra non si riusciva a
trovarla. Tutti gli imputati prendevano parte all'esecuzione sparando una o più
volte, il Kappler, dopo circa mezz'ora dall'inizio dell'esecuzione e dopo aver
partecipato ad una fucilazione, si allontanava recandosi agli uffici in Via
Tasso. Espletate alcune pratiche ritornava alle cave Ardeatine e partecipava ad
altra fucilazione. Gli altri imputati rimanevano sul posto sino alla fine
dell'esecuzione. Questa aveva termine alle ore 19 circa. Subito dopo si facevano
brillare delle mine, chudendosi in questo modo quella parte della cava nella
quale i cadaveri ammucchiati fino all'altezza di un metro circa, occupavano un
breve spazio.
Nella fucilazione delle Cave Ardeatine, nel modo in cui fu effettuata, va
esclusa la sussistenza di un giustificato motivo. L'attentato di Via Rasella
giustificava, come si è detto, un'azione di rappresaglia o di repressione
collettiva, a seconda della qualificazione giuridica che l'esercito occupante
avesse attribuito all'attentato, condotta nel modo voluto dalle norme e dalle
consuetudini internazionali; ma, dato che furono fucilate persone in numero di
gran lunga sproporzionato a quello dei militari tedeschi uccisi nell'attentato e
senza che avessero alcun rapporto di solidarietà con gli attentatori,
I'esecuzione delle Cave Ardeatine rimase scissa dalla causa giustificatrice.
Un'azione la quale giustifica un determinato evento non può assumersi come causa
giustificatrice di un evento più grave che sia stato voluto coscientemente
dall'agente.
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