ECCIDIO DELLE FOSSE ARDEATINE

L'origine: l'attentato di via Rasella
Alle 14 del 23 marzo 1944 una cassa di acciaio degli utensili caricata con 12 chili di esplosivo fu messa su un carro di uno spazzino, tutto fu studiato dai partigiani del G.AP. (Gruppo dell'Azione Patriottica del Comitato di Liberazione Nazionale) per colpire la colonna tedesca che sarebbe passata in quella strada.
L'esplosione provocòtrentadue morti tedeschi adagiati in fila da un lato della strada e due morti italiani, un uomo e un bambino di circa 10 o 12 anni. Di questi poco o niente si erano preoccupati per un considerevole periodo di tempo...

(resoconto sommario)  (numero delle vittime)  (relazione sull'eccidio)

II mattino successivo, alle nove, il Kappler aveva un colloquio con il Commissario di P.S. Alianello, che pregava di chiedere, con la massima urgenza, al vice capo della polizia Cerruti se la polizia italiana era in grado di fornire cinquanta persone. II Cerruti poco dopo gli comunicava che avrebbe mandato da lui il Questore Caruso perché prendesse accordi in merito alla consegna di cinquanta uomini. Alle 9,45 il Caruso, accompagnato dal Ten. Koch, che in quel tempo svolgeva funzioni di polizia non ben definite, si presentava dal Kappler. Questi spiegava ai due come, per completare una lista di persone da fucilare in conseguenza dell'attentato di Via Rasella, aveva bisogno di cinquanta persone arrestate a disposizione della polizia italiana e spiegava i criteri in base ai quali egli aveva già compilato una lista di 270 persone. A conclusione di questo colloquio si stabiliva che il Questore Caruso avrebbe fatto pervenire al Kappler per le ore 13 un elenco di cinquanta persone. Nell'elenco compilato dal Kappler con l'aiuto dei suoi collaboratori numerosi erano i detenuti per reati comuni e gli ebrei arrestati per motivi razziali; fra gli altri poi una persona assolta dal Tribunale Militare tedesco e due ragazzi di 15 anni, dei quali uno arrestato perché ebreo. Alle 12 circa l'imputato si recava nell'ufficio del Gen. Maeltzer il quale qualche ora prima gli aveva fatto sapere che l'attendeva per tale ora. Mentre quel generale lo informava che I'ordine della rappresaglia proveniva da Hitler giungeva il Maggiore Dobrik del battaglione "Bozen", che era stato convocato qualche ora prima. Il Ten. Col. Kappler informava il generale di aver compilato una lista di persone che gli consegnava. A questa lista, diceva, dovevano aggiungersi i nominativi di cinquanta persone che, per le ore 13, gli sarebbero stati dati Questore Caruso, scelti fra i detenuti che questi aveva a sua disposizione Complessivamente, quindi, si raggiungeva il numero di 320 persone, pari al decuplo dei militari tedeschi che fino a quel momento erano deceduti. Il generale Maeltzer, informato dall'imputato dei criteri adottati nella compilazione della lista, si rivolgeva al Dobrik dicendogli che spettava a lui eseguire la rappresaglia con gli uomini che aveva a sua disposizione Quest'ufficiale esponeva una serie di difficoltà (il fatto che i suoi uomini erano anziani, poco addestrati all'uso delle armi, superstizioni, ecc.) con l'evidente scopo di sottrarsi al compito affidatogli. Due giorni dopo, difatti, il ten. col. Kappler riferiva questo episodio al generale Wolf per fare un addebito al maggiore Dobrik. "Dissi - egli afferma parlando di questo colloquio (vol, V 37 retro) - che Dobrik, al quale sarebbe toccato di eseguire la fucilazione, si era tirato indietro, e con ciò io presentavo ufficialmente le mie lagnanze contro Dobrik a Wolf.
Stante le difficoltà poste dal Dobrik, il Gen Maeltzer telefonava al Comando della 14.ma armata e parlava con l'allora Col. Hanser, al quale, dopo aver prospettato quanto detto da quell'ufficiale, chiedeva venisse comandato un reparto di quell'armata per l'esecuzione. L'Hanser rispondeva testualmente:" La polizia è stata colpita, la polizia deve far espiare". Il Gen. Maeltezer ripeteva ai due ufficiali presenti quella frase quindi dava ordine al Kappler di provvedere lui all'esecuzione. Congedatosi dal Gen. Maeltzer, il Kappler si portava nel suo ufficio in Via Tasso. Qui chiamava a rapporto gli ufficiali dipendenti e li informava che fra qualche ora avrebbero dovuto eseguirsi la fucilaione di 320 persone in conseguenza dell'attentato di Via Rasella. Al termine della riunione il Kappler impartiva l'ordine che tra tutti gli uomini del suo comando di nazionalità tedesca, dovessero partecipare all'esecuzione. Contemporaneamente ordinava al Cap. Schultz di dirigere l'esecuzione e gli dava disposizioni particolari in merito alla modalità dell'esecuzione medesima. "Dissi poi a Schultz - egli afferma (vol VII f.29 ) - che per la ristrettezza del tempo, si sarebbe dovuto sparare un sol colpo al cervelletto di ogni vittima e a distanza ravvicinata per rendere sicuro questo colpo, ma senza toccare la nuca con la bocca dell'arma." Quindi s'iniziava l'esecuzione: cinque militari tedeschi prendevano in consegna cinque vittime, le facevano entrare nella cava, che era debolmente illuminata da torce tenute da altri militari posti ad una certa distanza l'uno dall'altro, e le accompagnavano fino in fondo, facendole svoltare in un'altra cava che si apriva orizzontalmente; qui costringevano le vittime ad inginocchiarsi e, quindi,ciascuno di essi sparava contro la vittima che aveva in consegna. II Kappler partecipava, una prima volta, alla seconda esecuzione, che egli racconta brevemente." Vicino l'autocarro - egli dice (vol. VII, f. 31 retro) presi in consegna una vittima, il cui nome veniva da Priebke cancellato su di un elenco da lui tenuto. Altrettanto fecero gli altri quattro ufficiali. Conducemmo le vittime sullo stesso posto e, con le stesse modalità vennero fucilate un pò più indietro delle prime cinque. Narrazione analoga dell'esecuzione è fatta dall'imputato Clemens. "Quando sparai io - egli afferma (vol. VII, f. 108) - le cinque vittime furono portate nella cava da soldati noi ci disponemmo dietro e, all'ordine sparammo un colpo solo. Le vittime erano in ginocchio e, dopo che caddero, alcuni soldati trasportarono i cadaveri verso il fondo delle caverne dove si trovavano già i cadaveri delle prime. lo poi uscii dalla cava e non rientrai più, ma ritengo che le altre esecuzioni siano avvenute allo stesso modo. Gli altri imputati confermavano sostanzialmente le modalità descritte. II tetro spettacolo dei cadaveri che, dopo le prime esecuzioni, si presentava alla vista delle vittime, quando queste entravano nella cava e s'inginocchiavano per essere fucilate, è espresso sinteticamente dal teste Amon, il quale fu presente all'esecuzione, ma non sparò erché non ebbe la forza. "Avrei dovuto i sparare - egli dice - (ud. del 12-6-1948) ma quando venne alzata la fiaccola e vidi i morti svenni... Rimasi inorridito a uello spettacolo. Un mio compagno mi diede un colpo e sparò per me". Le vittime dei primi autocarri provenivano dal carcere di Via Tasso, le altre dal carcere di Regina Coeli. Ivi si trovava il Ten. Tunàth accompagnato dall'interprete S. Ten. Koffler, del comando di polizia tedesca di Roma il qualel provvedeva a fare avviare alle cave Ardeatine i detenuti del terzo braccio a disposizione dell'autorità militare tedesca. Ultimato il prelevamento di questi detenuti, il Tunath si rivolgeva al Direttore del carcere per avere i cinquanta che erano a disposizione della polizia italiana e che, secondo precedenti accordi, dovevano essere consegnati dal Questore Caruso. Poiché ancora non era giunta la lista se ne faceva richiesta telefonica Caruso, da cui si aveva promessa di un sollecito invio a mezzo di un funzionario. Il tempo trascorreva senza che giungesse tale lista. II Tunath telefonava ancora alla Questura e parlava con il Commissario Alianello, al quale violentemente diceva " che se non si mandava subito l'elenco avrebbe preso il personale carcerario" (dich. Alianello, ud. del 26-6-1948)· Dopo un po' di tempo il Tunath, stanco di aspettare, incominciava a prelevare dei detenuti maniera indiscriminata. Poco dopo, sull'imbrunire arrivava il Commissario Alianello con una lista di cinquanta nomi datagli dal Questore Caruso, che consegnava al Direttore del carcere. Questi cancellava undici nomi, precisamente quelli indicati con i numeri progressivi da 40 a 49 e con i numeri 21 e 27 e li sostituiva con altri undici nomi relativi a persone che erano state portatedal Ten. Tunath e che non erano comprese nella lista. La cancellatura degli ultimi nominativi della lista era determinata dal fatto che la compilazione di questa stata fatta iniziando dalle persone ritenute più compromesse per continuare con quelle che si trovavano in posizione migliore, il depennamento dei nomi indicati con i numeri 21 e 27 veniva effettuato invece perché l'una persona era ammalata grave all'ospedale e l'altra non si riusciva a trovarla. Tutti gli imputati prendevano parte all'esecuzione sparando una o più volte, il Kappler, dopo circa mezz'ora dall'inizio dell'esecuzione e dopo aver partecipato ad una fucilazione, si allontanava recandosi agli uffici in Via Tasso. Espletate alcune pratiche ritornava alle cave Ardeatine e partecipava ad altra fucilazione. Gli altri imputati rimanevano sul posto sino alla fine dell'esecuzione. Questa aveva termine alle ore 19 circa. Subito dopo si facevano brillare delle mine, chudendosi in questo modo quella parte della cava nella quale i cadaveri ammucchiati fino all'altezza di un metro circa, occupavano un breve spazio.
Nella fucilazione delle Cave Ardeatine, nel modo in cui fu effettuata, va esclusa la sussistenza di un giustificato motivo. L'attentato di Via Rasella giustificava, come si è detto, un'azione di rappresaglia o di repressione collettiva, a seconda della qualificazione giuridica che l'esercito occupante avesse attribuito all'attentato, condotta nel modo voluto dalle norme e dalle consuetudini internazionali; ma, dato che furono fucilate persone in numero di gran lunga sproporzionato a quello dei militari tedeschi uccisi nell'attentato e senza che avessero alcun rapporto di solidarietà con gli attentatori, I'esecuzione delle Cave Ardeatine rimase scissa dalla causa giustificatrice. Un'azione la quale giustifica un determinato evento non può assumersi come causa giustificatrice di un evento più grave che sia stato voluto coscientemente dall'agente. 


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